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Autore: Kuroi Namida    27/05/2015    2 recensioni
Uno sguardo di fuoco e uno di ghiaccio, un incontro che cambierà le loro vite e una passione in comune: il basket.
Uno scontro tra due personalità, una lotta per dimenticare il passato e una battaglia per la vittoria assoluta.
Nessuno sa cosa succederà.
Genere: Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Seijuro Akashi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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SALVEEEEEE!!!!!! Scusate il ritardo, ma ho davvero avuto un sacco di cose per la testa tra scuola, lavoro e concorsi, quindi vi prego: PERDONATEMIII!!!!!!!! Il cappy che state per leggere non ha descrizioni dettagliate, è una specie di “riassunto” veloce, giusto per farvi capire la situazione, più avanti avrete sprazzi più precisi. Spero riusciate a capire quello che racconto, sennò fatemelo sapere ok?????

Buona lettura ;)

 

 

 

 

 

 

 

Era una giornata speciale per la piccola Ebony. Quattro mesi prima, il giorno del suo sesto compleanno, il padre le aveva dato una busta. Dentro c'era un bel biglietto scritto da lui, in cui le diceva che l'avrebbe portata a vedere la sua prima partita di basket: la finale del campionato.

Finalmente il grande giorno era arrivato e la piccola non stava più nella pelle, continuava a correre per la strada avanti e indietro, ridendo come una pazza e guardando con occhi sgranati i tifosi che si avviavano allo stadio. Il padre faceva fatica a frenarla e tutte le volte che la figlia gridava il nome della squadra che andavano a tifare con quella sua vocina, non resisteva dallo scoppiare a ridere.

Aveva scelto di andare a piedi per permettere alla bambina di vivere l'emozione di tutte quelle persone unite e perchè sapeva che in macchina avrebbe fatto un bel macello.

Stavano percorrendo una strada tranquilla quando all'improvviso comparve un furgone nero dai finestrini oscurati. Stincò vicino al marciapiede proprio al loro fianco e scesero degli uomini coperti da cappucci. Uno di loro prese la bimba che stava camminando qualche passo davanti al padre, mentre altri due bloccavano l'uomo. Lui tentò di liberarsi e di raggiungere la figlia, tuttavia i rapitori glielo impedirono. Caricarono la coppia sul furgone e con una sgommata sparirono. I pochi testimoni presenti avvertirono immediatamente la polizia, che si mise subito in movimento. Per prima cosa fu avvertita la Signora Fairy, che era rimasta a casa a sbrigare delle questioni lavorative. La donna, non appena seppe dell'accaduto, chiamò degli amici fidati e li mise al lavoro, decisa a ritrovare immediatamente le persone a lei care.

 

 

 

 

 

Ebony non aveva idea da quanto fossero in viaggio, appena portati di peso nel veicolo le avevano messo un cappuccio in testa e avevano preteso il silenzio. Non che avesse intenzione di parlare, tuttavia voleva sentire la voce del suo papà.

-Papi?

Subito ricevette uno schiaffo attraverso la stoffa.

-Taci mocciosa!

Un movimento brusco la colpì leggermente al braccio.

-Non toccarla dannato!

-Fai silenzio anche tu dottore, o le farò ancora più male!

Un altro schiaffo le prese il viso, poi scese un silenzio carico di rabbia mentre la piccola piangeva.

Viaggiarono per quelle che sembravano ore, diretti chissà dove, senza soste e con i muscoli sempre più indolenziti a causa della posizione scomoda.

Quando si fermarono la piccola era esausta, aveva passato tutto il viaggio a piangere in silenzio e a tentare di cambiare posizione di tanti in tanto, ma non era riuscita a trovare sollievo. Senza troppe cerimonie li tirarono in piedi e li trascinarono lungo una strada di campagna, poi entrarono da qualche parte e dopo alcune svolte e aprimenti di porte, si fermarono e tolsero loro le corde e i cappucci.

Si ritrovarono in una stanza spoglia, con le pareti rovinate e vecchie. Aveva un soffitto molto alto e su una parete c'era una finestrella dai vetri sporchi da cui entrava luce appannata.

Contro una parete c'era un letto malconcio e rotto, quasi a centro stanza si ergeva una sedia coi braccioli di legno e nell'angolo alla loro sinistra era piazzata una gabbia.

Prima che padre o figlia potesse muoversi uno degli uomini prese la piccola per i capelli e la trascinò verso la gabbia, dove la costrinse a entrare, mentre altri due portavano l'uomo alla sedia e ve lo legavano sopra. Quando furono sicuri che non potevano scappare, uscirono dalla stanza e chiusero la porta a chiave.

 

 

 

 

Erano passati otto mesi da quando Ebony e il padre erano prigionieri di quegli uomini. Ogni mese si erano spostati, stando attenti a non lasciare la minima traccia e sebbene sapevano di essere ancora in America, i due non avevano idea di dove si trovassero.

Anche il perchè del loro rapimento rimaneva un mistero per loro, mistero a cui avevano dato sempre meno importanza, impegnati com'erano a sopravvivere e resistere alle torture continue.

Dopo due mesi la piccola Eb aveva smesso di piangere, parlare, urlare o supplicare, il suo viso pieno di vita si era spento e rabbia, paura, dolore si erano impossessati del suo essere, mentre la mente e il corpo entrarono in uno stato di tensione continua. Aveva cominciato a capire le ore osservando la quantità di luce che penetrava dalle finestrelle sporche, le abitudini degli uomini e pian piano il suo cervello aveva iniziato a “spaccarsi”.

Bastava che guardasse una persona e ne capiva le intenzioni prima che muovesse un muscolo. In base a quello la sua mente creava all'istante una strategia, ma essendo una bambina si trattava per lo più di mordere nel momento giusto, sgusciare via dalle mani o tirare pugni e calci,....

Grazie all'aver capito le abitudini degli uomini, appena arrivava l'ora, faceva un cenno al padre e insieme si preparavano al dolore. Durante i momenti in cui erano da soli, l'uomo le raccontava delle storie, o semplicemente le parlava, così da distoglierle la mente da quanto stava succedendo.

Poi però accadde l'irreversibile: il giorno del suo settimo compleanno, la sua mente si sgretolò.

Come al solito all'ora stabilita gli uomini entrarono nella stanza, quel giorno erano in tre: due andarono alla sedia e si prepararono a torturare il padre, mentre il terzo andò alla gabbia.

Ebony si strinse al fondo e tentò di allontanarsi il più possibile dalla mano che l'altro aveva proteso verso di lei, nel tentativo di prenderla. Dovette allungarsi parecchio per riuscire a sfiorarla e quando lo fece lei lo addentò con forza, facendolo gridare dal dolore, la rabbia e la sorpresa. La piccola non mollò la presa, finchè non si sentì strappare con forza in avanti, allora lo lasciò e approfittando del momento sgattaiolò fuori e corse verso il padre. Lui, libero dalle corde, riuscì a liberarsi dei due e le andò incontro, la agguantò e si accovacciò a terra, facendole da scudo con il corpo. Gli uomini irati iniziarono a tempestarlo di pugni, frustate, calci, mazzate,...... L'uomo senza un gemito rimase immobile sulla figlia, mentre il suo sangue le scorreva sul viso come lacrime rosse. L'aspetto del padre era orribile: le guance scavate e il viso pallido, gli occhi sporgenti e i capelli scompigliati e rovinati dal troppo tempo senza poterli lavare. Il corpo debole era magro come un chiodo, con le costole sporgenti e gli abiti laceri erano ormai troppo larghi. Il respiro era debole e rantoloso, probabilmente aveva anche la febbre dovuta alle infezioni e iniziava a perdere lucidità.

Alla fine, stanchi di prenderlo a pugni senza alcun risultato, uno di loro afferrò un pugnale e lo calò sull'uomo, più e più volte, finchè non si ritrovò completamente zuppo di sangue.

Intanto la piccola aveva sgranato sempre di più gli occhi sentendo il padre farsi sempre più pesante su di lei. Quando smise di respirare lo scrollò mugugnando e tentò di svegliarlo. Vedendo che non lo faceva, tutti i sentimenti che aveva tenuto a bada fino a quel momento fuoriuscirono e si impossessarono del suo corpo. La sua coscienza si rintanò in fondo alla mente, piena di dolore, rabbia e terrore, mentre una calma glaciale prendeva il controllo e una furia omicida si propagava in lei.

Tutto si fece chiaro come il sole: ogni suono, ogni colore, ogni odore. I suoi occhi spenti si fecero grigio piombo e lo sguardo salì verso i suoi aguzzini. Vide un lampo di esitazione e paura attraversare i loro volti mentre la guardavano, ma si riebbero subito e una volta spostato il cadavere del padre furono su di lei.

Il giorno dopo, dopo lunghe ricerche e svariati fallimenti, finalmente la madre li ritrovò. L'FBI irruppe nel covo dei criminali e li mise in manette, trovarono il corpo senza vita del dottore seppellito in una semplice fossa e in una stanza spoglia ma sporca di sangue incontrarono la bambina.

Nemmeno i medici osarono avvicinarsi, la piccola se ne stava in un angolo, in piedi, con sguardo vuoto e inespressivo e a qualsiasi rumore o movimento scattava, posando i suoi occhi privi d'anima sull'interessato e minacciando chi tentava di andarle vicino con il linguaggio del corpo. Appena seppe che la figlia era viva, Mae si precipitò sul posto e corse nella camera, bloccandosi però sulla soglia.

-Che...significa?

Al suono della sua voce il grigio piombo la penetrò guardingo e un medico presente la accompagnò fuori dalla stanza.

-Cos'è successo alla mia bambina?

-Il suo cervello deve aver subito uno shock e aver “portato” la coscenza in un luogo sicuro. Se ce lo permette, vorremmo il suo permesso per spararle un sonnifero. Non garantisco nulla, ma col tempo sua figlia dovrebbe tornare in sé.

-Un sonnifero? È proprio necessario? Posso provare ad avvicinarla io? Sono sua madre dopotutto, non dovrebbe esseresi dimenticata di me!

L'uomo esitò un momento evitando di guardarla, poi incrociò i suoi occhi.

-Credo che in questo momento sua figlia la consideri una perfetta estranea, mi dispiace.

La donna si portò le mani alla bocca e pianse, quindi tornò nella stanza. Di nuovo fu investita da quello sguardo vuoto ma attento. Il medico aveva ragione, la bambina davanti a lei non era la creatura che aveva amato, ma un corpo senz'anima, spezzato dalla sofferenza. Non facendocela più chiuse gli occhi e si accasciò a terra, quindi col capo annuì. Un attimo dopo sentì un suono leggero e un tonfo, quando sollevò lo sguardo appannato vide il corpicino della bambina a terra privo di sensi.

   
 
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