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Autore: SabrinaSala    28/05/2015    16 recensioni
Il proiettile lacerò l’aria. Poi la carne.
Sorpreso, André si portò una mano al petto. La giubba blu intrisa di sangue.
-Oscar… - mormorò in un soffio. E in quel nome c’era tutto. Dolore, sgomento, paura… Paura di perderla. Adesso. Di perdere lei, la sua vita… Dopo averla finalmente trovata - Oscar… - ripeté.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Saint-Just, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12 - Brividi
 
 
 
La pioggia che aveva mondato Parigi per due lunghi giorni si era lentamente asciugata in un sole pieno e brillante. Il cielo, di un azzurro profondo e luminoso, sovrastava una città pronta a svegliarsi.
Impegnata con Bernard e alle prese con la complicata situazione dei propri uomini, accolti in blocco nella Guardia Nazionale guidata da La Fayette, Oscar si era presa quella che Alain aveva definito “ una pausa di riflessione”.
Al suo fianco, l’uomo percorreva a cavallo il breve tratto di strada che ancora li separava da casa Chatelet, gli occhi socchiusi alla luce del mattino a cogliere ogni sfumatura del proprio comandante. Era bella, Oscar, lo era sempre stata. Forte e fragile, sorrise, Alain.  Averla avuta sotto agli occhi fino a quel momento e non averla mai guardata, accontentandosi del riflesso impresso nello sguardo di André. Ora che quel riflesso era scomparso, Oscar si era finalmente mostrata ai suoi occhi nocciola per quello che era, per la straordinaria e più cocciuta creatura che mai avesse incontrato. La rabbia era scivolata via, spazzata dalla pioggia, lasciando al suo posto una rinnovata complicità.
Fischiò, attirando involontariamente l’attenzione del comandante.
Cancellando i propri pensieri e turbamenti con una risata, Alain si portò una mano dietro la nuca e la superò raggiungendo per primo le stalle improvvisate, nei pressi di quella che stava diventandogli ormai familiare come la propria casa.
Rosalie li accolse sulla soglia.
-Madamigella Oscar! –,  richiamò – C’è una visita per voi. –
Oscar represse un lieve sussulto ma ad Alain non sfuggì l’esitazione del suo passo. Certo di aver colto il suo pensiero.
Introdotti nel salotto al piano terra, riconobbero uno dei valletti di casa Boullet.
Delusione mista a sollievo passò rapace sui loro volti.
L’uomo, ignaro del turbamento che aveva procurato, riportò l’invito di Monsieur Boullet e terminò l’ambasciata chiedendo informazioni sulla salute della donna.
-Vi prego di volermi comunicare la vostra risposta, Madamigella. Monsieur Boullet mi ha chiesto espressamente di attendere la vostra conferma. –
Conferma? Alain sollevò un sopracciglio, passando con lo sguardo dal valletto a Oscar.
-Ditegli che accetto volentieri e che ho apprezzato molto il suo interessamento. –  rispose lei con voce ferma mentre con lo sguardo abbassato sui guanti che stava elegantemente sfilandosi sembrava intenta a non lasciarsi sfuggire nemmeno una cucitura. In realtà era  impegnata a nascondere il rossore che sentiva aggredirle le guance.
Inchinandosi, l’uomo prese commiato pronto a lasciare Parigi, seguito fin sulla porta  dallo sguardo attento di Alain e dalla padrona di casa.
Una volta soli, il soldato, comodamente appoggiato alla mensola del camino come suo solito nonostante i rimbrotti di Rosalie, sfilò da una tasca l’ennesimo stecchino e lo introdusse tra le labbra dischiuse.  
-Certo che si è abituato in fretta a fare il signore, il nostro soldatino! – ridacchiò  in tono beffardo. – Non sarà facile fargli perdere questi brutti vizi! -  
Oscar si costrinse a non guardarlo negli occhi. Sapeva che la stava mettendo alla prova e decise di ignorarlo.
-Rosalie -, pregò invece rivolgendosi alla signora Chatelet - Vorrei fare un bagno, se non ti dispiace. – espresse slacciando il colletto della giubba impolverata e avvertendo il sapore di terra tra le labbra sottili.
Rosalie si accese di un sorriso malizioso, iniziando una spola dalla cucina alla sala da bagno, mentre Alain, represso un sussulto,  girò sui tacchi, annunciando che si sarebbe occupato dei cavalli.
-Non attardarti, Alain… - lo apostrofò Oscar, ignara di averlo messo lei stessa alla prova . - L’invito a cena di questa sera comprende anche te. –
Alain volse appena la testa fino a scorgerla con la coda dell’occhio. Le labbra piegate nel solito sorrisetto sarcastico.
-Pensate di avere bisogno di me, stasera,  comandante?- domandò con un pizzico di malizia.
Oscar non rispose subito, fissando quella figura imponente. Quelle spalle larghe e forti tra le quali aveva trovato un fraterno conforto.
-Sì. – ammise.
Alain accentuò il sorriso, spinto da qualcosa che gli partiva dal centro dello stomaco. Affondò le mani in tasca e si portò baldanzosamente sulla porta.
-Come se fossi già qui! – affermò.
 Indurla ad ammettere di avere bisogno di lui era stato sciocco, ma le sue parole lo avevano riempito di orgoglio.
Stupido! Stupido testone! Si disse appena uscito dal campo visivo di Oscar e incrociando Rosalie, con il suo carico di sali da bagno, profumi e asciugamani, le rubò una pezzuola rispondendo con un cenno della mano alle sue veementi proteste.
 
***
 
Nell’intimità della stanza da bagno, sprofondata in una vasca d’acqua calda, Oscar teneva gli occhi chiusi. Le braccia sollevate all’altezza delle spalle e appoggiate sul bordo tiepido. Avviluppata dalla volute di vapore che scaldavano la pelle esposta all’aria.
I pensieri continuavano a condurla là dove si era fermato anche il suo cuore. Casa Boullet.
L’invito di Serge era tanto inatteso quanto gradito. Che avesse letto il diario? Che fosse emerso qualcosa da quelle pagine capace di scuotere la sua coscienza?
Un brivido improvviso le percorse le spalle e istintivamente si eclissò nell’acqua ancora tiepida. Riemerse, passandosi le mani sul viso e sugli occhi che erano stati così gonfi. Si poteva piangere tanto?
Per un attimo avvampò al pensiero di quanto dovesse essere apparsa fragile agli occhi di Alain. Ma l’imbarazzo passò in fretta perché quell’uomo era riuscito là dove tanti avevano fallito. Si era avvicinato al suo cuore stanco e malato e lo aveva curato.
Il rude Alain, ridacchiò ricordando il loro primo incontro… Quando si era trasformato nel migliore amico che un uomo potesse desiderare? Quante cose non sapeva su Alain… Quante non ne sapeva ancora su André, nonostante il tempo trascorso insieme…
Si levò in piedi, emergendo dall’acqua come una dea. Avvertendo un piacevole fremito nell’ esporsi all’aria fresca della stanza e le gocce d’acqua rincorrersi su quella pelle nuovamente levigata e pulita.
Pensò istintivamente ad Eloise, sempre così perfetta… Che Serge avesse… No!
Afferrò gli asciugamani che Rosalie aveva appoggiato sulla toletta accanto alla vasca e si avvide delle iniziali ricamate negli angoli. Aggrottò la fronte.
Rosalie, Eloise… Due perfette padrone di casa. Due donne pienamente consapevoli della propria femminilità. E lei? Era mai stata consapevole del suo essere donna, lei? Domanda sciocca!
Per un attimo di sentì inadeguata.  Poi, dalle volute di vapore, emerse finalmente la sua coscienza che dal centro dello stomaco si riversò in gola in un’emozione che parve strangolarla.
Lei era Oscar. Nient’altro che Oscar…
  
***
 
Rosalie depose delicatamente la giacca blu sullo schienale della poltrona. Sfiorò con le dita i ricami dorati, i bottoni e i fregi arabescati che ne caratterizzavano il davanti. Poi le mostrine e le medaglie.
Sospirò. Ma non aveva rimpianti. Solo gratitudine nei confronti di quella donna straordinaria. Aprire a lei e a quello strampalato di Alain la propria casa non era stato  che un modesto “risarcimento” per tutto quello che Oscar aveva fatto in passato. Sperò sinceramente che quella donna tornasse a sorridere. E questo sarebbe stato possibile solo se André fosse tornato al suo fianco.
Lanciò un’occhiata dalla finestra. La piccola carrozza scura che Alain aveva procurato chissà dove e chissà come, insistendo per mettersi a cassetta stretto nell’immancabile uniforme blu,  aveva inghiottito Oscar e tutte le sue aspettative.
Sospirò nuovamente… Se solo avesse indossato l’abito che aveva scelto per lei…
 
***
 
Il leggero ondeggiare della carrozza cullava la ridda di pensieri che le affollavano la mente, rimettendoli ordinatamente al loro posto.  Ma quando la vettura si fermò, Oscar non poté trattenere un sussulto. Erano già arrivati? Si sporse dal finestrino, riconoscendo il tratto di strada che aveva percorso tante volte, negli ultimi giorni. Casa Boullet era in vista, ma non ancora abbastanza vicina. Perché si erano fermati?
Nemmeno il tempo di richiamare Alain, seduto in cassetta, che lo vide  aprire lo sportello della piccola carrozza e occuparne l’abitacolo.
Immobile di fronte a lei,  leggermente piegato in avanti, Alain la fissava in silenzio.
-Solo un momento comandante. - rispose alle sue tacite domande,  continuando a fissarla. Poi aggrottò la fronte e un attimo dopo dilatò lo sguardo come colto da un’idea improvvisa.
-Aspettate! – disse. E sollevate  entrambe le mani,  le portò all’altezza della sua scollatura.
Oscar si ritrasse istintivamente, addossandosi allo schienale del sedile,  ma in quello spazio angusto, la sua ritrosia non poté nulla contro la decisione dell’uomo.
Le dita afferrarono, allargandoli, i laccetti che stringevano i lembi dello scollo. Con gesti sapienti, cercarono e si fecero strada tra la stoffa in eccesso, sfiorandole accidentalmente il seno. Un lavoro capace e paziente  modificò l’apertura facendo affiorare la pelle bianca di lei.
Oscar raddrizzò le spalle, attraversata da un brivido.
-Ecco, così va decisamente meglio – mormorò lui, la voce roca,  rimasto con le mani a mezz’aria e  un sorriso che stentava ad imprimersi sulle labbra.
Rapido come era entrato, Alain sgattaiolò fuori dall’abitacolo prima che lei potesse reagire e fermandosi nel quadro della porta, sciorinò il saluto militare. – Con tutto il rispetto, comandante. Ma siamo qui con una missione precisa. – affermò chiudendo lo sportello.
E accidenti a voi, con quella camicia stretta al collo non ci saremmo mai riusciti!
Scherzare. Dissimulare il turbamento con il sarcasmo e le solite battute sagaci. Tutt’altro che facile. Dopo aver giocato con quella scollatura e aver lanciato uno sguardo impertinente al risultato ottenuto.
Tornato in cassetta, inspirò profondamente e, cercando di controllarsi,  lanciò i cavalli al galoppo.
 
***
 
 -Mademoselle Oscar François de Jarjayes e Monsieur Alain de Soissons!-
Alain sollevò un sopracciglio, superando con una falcata il valletto che li aveva annunciati e seguendo il comandante all’interno del salottino.
Al loro ingresso, Serge si alzò dalla poltrona stagliandosi, in tutta la propria altezza, contro la vetrata che dava sul cortile, tra Madame ed Eloise ferme al suo fianco. L’ampia camicia bianca, incrociata morbidamente sul petto ampio e robusto.
-Oscar! – la accolse avvicinandosi alla donna apparsa sulla soglia, fasciata in aderenti pantaloni verdi e carezzata da una fluttuante camicia dalla scollatura generosa.
Non c’era delusione nel suo sguardo, constatò Oscar in dubbio fino all’ultimo sull’abito da indossare, ma una decisa ammirazione.  E avvertì un brivido quando colse proprio quello  sguardo  scendere e indugiare subito sotto al mento, scivolare lungo il suo collo e insinuarsi compiaciuto nell’apertura dello scollo.
La piega leggera che increspò un angolo delle sue labbra, le disse che la mossa di Alain era stata apprezzata.
Alle sue spalle, il soldato dissimulò una risatina tra due colpetti di tosse, distraendola e distogliendo la sua attenzione dal  rapido movimento di Serge che le prese elegantemente una mano sfiorandone il dorso con un bacio. Il fremito di lei a quel contatto si trasmise alle labbra di lui.
-Ho dovuto mandarvi a chiamare… - la rimproverò l’uomo con voce ferma, sollevando su Oscar uno sguardo magnetico.
Lei avvertì l’implicita richiesta di una spiegazione in quella frase apparentemente “scherzosa”. Scambiò un’occhiata con Eloise, ancora ferma dove Serge l’aveva lasciata.
Era bellissima, esaltata dall’abito verde che ne metteva in luce le forme armoniose. I capelli scuri, liberi da ogni costrizione, le incorniciavano il viso, scivolando lungo la linea del collo giù fino alla vita.
Riportando lo sguardo in quello di Serge, fermo di fronte a lei, in attesa di quella risposta chinò leggermente il capo.
-La delicata situazione di Parigi mi ha trattenuta in città. – si scusò.
Eloise mosse impercettibilmente le labbra, serrandole. Colpita dalle parole della donna. Sarebbe stato facile imputarle la colpa di quella forzata lontananza. E invece…
Madame Boullet colse l’occasione per chiedere aggiornamenti sulla situazione cittadina, sorprendendosi di quanto Oscar e Alain le riportarono.
-Molte famiglie nobili stanno lasciando la città, Madame… - rimarcò Eloise. –Preferendo raggiungere i possedimenti a nord. – continuò. – Non è così, comandante? – si rivolse direttamente ad Oscar argomentando il discorso che si era protratto fino al termine della cena.
Oscar annuì.
-Il timore diffuso di piccole ribellioni e ritorsioni, nei confronti delle famiglie più abbienti, sta portando nobili e aristocratici ad allontanarsi. –
Rabbuiato da quei discorsi che poteva capire solo a metà, Serge invitò tutti a trasferirsi di nuovo nel salottino, liberando la sala da pranzo.
Facendo strada vi entrò per primo e dirigendosi alla finestra aprì  le ante che davano sul cortile.
L’aria fresca della sera lambì la pelle accaldata di Oscar, ferma a qualche passo da lui ad osservarne la figura slanciata. Le dava le spalle, le braccia aperte a trattenere le ante spalancate. Inspirava l’aria a pieni polmoni.
Poi l’uomo si volse.
-Vorrei parlare con voi, Oscar. – disse fissandola negli occhi. E rivolgendo uno sguardo all’uomo che sempre l’accompagnava continuò. –Con permesso, Alain. –
Il soldato sostenne il suo sguardo fermo, avvertendo un brivido corrergli lungo la schiena. Lo stesso brivido che lo aveva percorso qualche sera prima quando, piombato fradicio in casa Boullet, aveva preteso di parlare direttamente con lui pregandolo di accettare il diario che gli aveva portato e di leggerlo attentamente. Annuì, stranamente imbarazzato dal riguardo che  aveva mostrato nei suoi confronti.
Con un cenno ad Eloise, Serge si accomiatò anche dalla fidanzata e sospinse  Oscar in cortile guidandola con una mano appoggiata  sulla schiena all’altezza della vita.
 
***
 
Pur senza allontanarsi troppo, per godere del bagliore proveniente dalla casa, i giardini offrivano un fresco e piacevole rifugio. E per la seconda volta, un delizioso riparo dagli sguardi indiscreti…
Oscar avvertiva la presenza di Serge alle proprie spalle, qualche passo più indietro. Il suono del suo incedere ritmico sul selciato era inconfondibile. In silenzio, aspettava che l’uomo parlasse, cercando di tenere la mente sgombra dai pensieri. Troppi potevano essere gli argomenti che avrebbe voluto trattare dopo aver letto il diario al quale non aveva ancora fatto riferimento.
-Quando ho visto la carrozza… - iniziò lui con tranquillità. – Mi sono chiesto chi ne sarebbe sceso -
Oscar si arrestò e si volse e i passi di lui si fermarono con lei, così come il rumore di quei sassolini smossi sotto la suola delle scarpe.
-L’ufficiale… o la demoiselle. – sorrise lui guardandola fisso negli occhi.
Oscar sollevò un sopracciglio:
-E chi avete visto? – domandò la donna, carezzando l’aria della sera con li timbro affascinante della sua voce roca.
Gli occhi di Serge brillarono.
-Oscar. – rispose, accentuando il sorriso e sostenendo il suo sguardo – Semplicemente, Oscar… - concluse.
Oscar raddrizzò le spalle, cercando di scrollarsi di dosso un  vago senso di imbarazzo. La stava corteggiando? Non era mai stata corteggiata.  Così come non aveva mai affrontato certi discorsi con André.
Arrossì involontariamente. Quella notte, la loro unica notte, era impressa a fuoco nella sua memoria. Ne custodiva i ricordi gelosamente, avvertendoli prepotentemente riaffiorare sulla pelle al solo pensiero. Desiderando un riscontro, un ulteriore prova di tutte le sensazioni che l’avevano travolta e che André le aveva fatto inaspettatamente provare. Gliel’avrebbe chiesta, quella prova, se non fosse scomparso, quel quattordici luglio. Non a parole, forse, ma gliel’avrebbe chiesta… e invece. Oltre a quello non avevano avuto modo di condividere altro. Non ne avevano avuto il tempo. Neppure i pensieri, le sensazioni, i sentimenti che quella notte erano esplosi.
“Il corteggiamento è come una partita a carte” le aveva detto Alain. “Ti guardi negli occhi, giochi un po’ con l’adulazione, menti spudoratamente, ti sbilanci e poi ti ritrai. Fino a scoprire completamente le tue carte”
Stupido Alain!  Pensò e piegò istintivamente le labbra in un sorriso sarcastico, socchiudendo gli occhi e non accorgendosi così di apparire dannatamente e inconsapevolmente irresistibile.
Si volse, riprendendo a camminare, e dietro di lei sentì i passi di Serge seguirla con un’urgenza che prima non c’era.
-Ho letto il diario che mi avete mandato… - le disse.
Lei dilatò lo sguardo, senza fermarsi e scivolando tra i tronchi sottili degli alberi che costeggiavano il vialetto. Non voleva voltarsi, non ancora, temendo le proprie emozioni. Preferiva attendere il resto di quella confessione. Temeva quel momento. E al tempo stesso lo aspettava con ansia crescente.
Arrivata a casa Boullet, quella sera,  le era apparso chiaro come Serge fosse ancora presente, ma aveva colto nell’uomo una diversa tensione. Una tensione che adesso, forse, avrebbe trovato una spiegazione.
-Conoscete l’uomo che lo ha scritto? – domandò Serge inaspettatamente.
Oscar annuì.
–Deve aver sofferto molto. – affermò lui, ferendola.
Oscar non aveva idea di cosa fosse scritto in quel diario come non aveva idea che André ne tenesse uno. Forse più di uno…
-Per amore. Intendo. – continuò lui. –Sapete che parla spesso di una donna?-
Oscar sussultò, rallentando il passo ma non accennando a fermarsi.
-L’argomento principale dei suoi scritti. – riprese Serge, imperterrito. –Ha taciuto il suo nome. Forse per non comprometterla. Ma quella donna doveva essere speciale. -
-Non ne avevo idea. – rispose lei con un filo di voce, interrompendo quella sequela di battute dolorose.
-Mi sarebbe piaciuto conoscerla. – la trafisse l’ultima.
Oscar avvertì i passi di Serge fermarsi e, arrestandosi a sua volta, si volse. La fissava.
-Credo che un po’ vi somigli. – sostenne lui – Algida e bellissima, così appare agli occhi del mondo, eppure pronta ad accendersi di passione. – continuò. Ma prima di procedere lasciò che il silenzio ammantasse quelle parole dei più diversi significati.
Al corrugarsi della fronte di lei, Serge specificò:
-Non fraintendete… Lui la descrive come una leonessa fiera e capricciosa. Una forza della natura dolcissima, che si svela, giorno dopo giorno, al suo sguardo assetato. La luce del mattino e l’ultima stella che illumina la notte. -
Oscar avvampò, catturata dallo sguardo magnetico di lui. Si volse e riprese a camminare, furiosa e tremante. Consapevole che André non avrebbe potuto scrivere quelle parole dopo la loro notte insieme, a riprova del sentimento che nutriva per lei da sempre. La vista le si offuscò.
-Fermatevi, Oscar! – la richiamò  Serge afferrandole un braccio e costringendola a voltarsi di nuovo.
-Io e voi dobbiamo parlare… - disse spingendola con forza contro il tronco dell’albero più vicino.
Oscar dilatò lo sguardo, rivivendo la medesima scena di qualche giorno prima. Allora, involontaria conseguenza di un duello. Ora, dettata dalla consapevolezza e dalla decisione di un uomo carico di tensione. Ora come allora, il cuore sembrava volerle uscire dal petto, mentre i respiri scivolavano gli uni dentro quelli dell’altro. Ancora.
Trattenendola per un braccio, Serge sollevò la mano libera e prima con il dorso poi, man mano che scendeva, con il pollice, le sfiorò le gote, il mento,  il collo… seguendo il gesto delicato e voluttuoso con lo sguardo torbido di desiderio che quella donna gli evocava. Un desiderio trattenuto…
Il pollice si soffermò sull’incavo alla base del collo, sulle clavicole, sfiorando le stoffa leggera della camicia. Candida barriera che lo separava dalla pelle altrettanto candida ma calda di lei.  I volti tanto vicini da sfiorarsi in una danza di sguardi.
Oscar fu colta da un fremito.
-Avete freddo? Tremate… - mormorò lui sulle sue labbra. Lo sguardo sceso rapidamente là dove avrebbe potuto cogliere quello che un brivido di freddo avrebbe messo implacabilmente in evidenza.
Il leggero inarcarsi delle sue sopracciglia e la piega accentuata delle labbra, le dissero che inequivocabilmente che quel che temeva si era avverato.
Poi avvertì le sue labbra sfiorare inaspettatamente l’orecchio destro e lo sentì inspirare il profumo dei suoi capelli.
-Vedete? – le mormorò con il volto affondato tra quelle chiome bionde, provocando una serie di piccole vibrazioni sulla pelle vicino all’orecchio. –E’ di questo che dobbiamo parlare… - terminò scostandosi un poco da lei. Sforzandosi di non cedere al nuovo attacco di emicrania.
Dopo un attimo di silenzio, che concesse ad Oscar il tempo di riprendersi, Serge continuò:
-Non è corretto. Tutto questo non è giusto… per Eloise. – e mentre pronunciava il nome della fidanzata rimaneva incatenato agli occhi chiari di lei. – Come posso non sentire nulla per la mia fidanzata e fremere di desiderio al solo pensare a voi? – le sfiorò i capelli in una carezza – Ai vostri capelli, ai vostri occhi, al vostro respiro… - si distaccò completamente da Oscar lasciandola libera di sollevare la schiena dal tronco ruvido dell’albero, ma senza mai smettere di fissarla negli occhi, ora che una piega amara gli serrava le labbra.
Bellissimo e infelice, pensò Oscar racchiudendolo nel proprio sguardo. Possibile che fosse il suo destino? Il loro destino?
-Se c’è stato qualcosa tra noi… se siamo stati amanti, è il momento di dirmelo. – pregò lui ferendo con quelle parole il silenzio della notte scivolata improvvisamente tra le pieghe della sera.
Oscar impallidì.
Amanti? Amanti ai danni di Eloise? Era questo che pensava? Era di questo che si era convinto?
-Non posso credere di essere stato tanto ignobile da tradire la mia fidanzata… - mormorò in un lamento.
 -Ma devo credere ai vostri occhi, Oscar e a questo reciproco trasporto. –
L’ombra della notte avviluppava Oscar, trattenendola nel proprio abbraccio, e impedendo all’uomo di scorgere il fremito leggero delle sue labbra.
-Non sono uno stolto, Oscar! Non siete qui per un favore a un ufficiale caduto in disgrazia… né a un amico.  – continuò Serge impietoso. – Non è con quegli occhi che si guarda un amico… - decretò afferrandola per le braccia.
Istintivamente, Oscar volse il capo e lo sguardo per cercare conforto lontano da lui, ma la le sue mani le presero il volto costringendola a guardarlo:
-Oscar! Voi sapete di me più di quanto volete dirmi. – affermò. – Ma adesso, io vi prego di non tacermi nulla. –
 
 
   
 
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