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Autore: The Ghostface    28/05/2015    1 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 16
 
<Cos’ho fatto?>
Continuava ad affliggersi mentre guidava la motocicletta.
Il rombo del motore era come il tumulto del mare, il manubrio rialzato le dava un senso di forza quando inforcava quel cavallo di ferro, l’Harley Davidson divorava la strada kilometro dopo kilometro senza nemmeno accorgersene, tutto sembrava indicare una sola cosa, in quella moto: potenza.
Eppure il vento che le scompigliava i lunghi capelli non riusciva a spazzar via dalla sua testa quei cupi pensieri.
L’amava, oh cazzo quanto l’amava… quanto le mancava Corvina.
Terra non poté fare a meno di pensarci: quegli occhi d’ametista, quei capelli così soffici, quel profumo inebriante, quella voce roca e seducente, quelle sue cosce color madreperla che sembravano non dover finir mai…
Aveva perso tutto.
Tutto per un unico nome.
Ed era scappata.
Ma che altro avrebbe potuto fare? O fuggire o confessare.
Confessare… quando aveva desiderato in quei due giorni di poter tornare indietro e dire tutto ciò che sapeva…un’infinità di volte.
Forse se l’avesse fatto questa notte l’avrebbe passata a scoparsi Corvina, ma anziché essere a cavalcioni della maga, era una sella di pelle quella che aveva tra le gambe.
<Perché sono stata così impulsiva?! Forse così si sarebbe resa conto di quanto la amo… forse saremmo andate oltre al sesso e alle coccole… avremmo avuto qualcosa di davvero profondo a legarci, come da ragazze…perché ho lasciato i Titans, perché proprio quando lei era disposta a far partire una relazione, una vera…è inutile commiserarmi, ma non posso fare nient’altro: quel triste fiore scuro ormai l’ho perso>
Il motore smise di cantare, e anche la testa di Terra fu riscossa dai suoi tortuosi pensieri.
Scese dalla moto guardandosi intorno, la luna era a tre quarti, brillava fioca avvolta delle nuvole, l’inquinamento luminoso non faceva vedere una stella.
Che cielo schifoso.
<Eccomi. Sono arrivata>
Era arrivata al vecchio cantiere abbandonato, dove solo due giorni fa avevano assassinato Ghostface…o almeno questo era quello che lui voleva fagli credere.
Avanzò furtiva nel buio, senza far rumore si introdusse nel capannone che un tempo conteneva la vasca, ora colma di duro cemento e sotto quella corazza di pietra stava lui…Ghostface.
Stese le mani sul cemento, distese la mente, appianò ogni suo pensiero, concentrandosi al massimo: gli occhi e i palmi le brillarono di una luce innaturale, i capelli si sollevarono come in assenza di gravità, strinse i denti e adagio alzò le mani verso l’alto.
Un blocco di forma circolare si staccò lentamente dal resto, brillando come le sue mani ed imitandone il movimento.
Era di forma cilindrica largo circa un metro, lungo due, saliva con estrema lentezza, centimetro dopo centimetro dopo centimetro ma alla fine Terra riuscì a sollevarlo completamente per aria una volta fatto questo lo posò al suolo e attese.
Una mano emerse dall’apertura.
Le dita scheletriche si chiusero attorno al bordo, come artigli.
Un’altra mano la raggiuse, stavolta realmente munita d’artigli, attaccate alle mani uscirono poi le braccia e dopo di esse, preceduta da un’imprecazione, spuntò fuori il canuto capo di Ghostface.
Il vecchio sgusciò completamente fuori dalla sua tomba raddrizzandosi in tutta la sua altezza, ad ogni movimento la colonna vertebrale scrocchiava rudemente.
Terra storse il viso all’udire tali suoni.
 Ghostface si stiracchiò ancora una volta per il lungo facendo stridere ogni vertebra del suo corpo.
Crack.
-Ahh…era ora!- commentò dopo che si fu rimesso a nuovo –Dopo 51 ore passate lì dentro uno si ritrova con collo tutto incriccato! 51 ore passate rannicchiato su me stesso, senza un cazzo da fare, senza nulla da bere o mangiare…mi sembrava di essere tornato nei lager. Cazzo, sto morendo di sete, hai mica da bere?-
Terra, che si era premunita, andò a prendere una bottiglietta d’acqua dai borsoni che pendevano a lato della moto, Ghostface se la scolò tutta in un sol fiato.
-Ci voleva proprio!- esclamò passandosi il dorso della mano sui baffi ancora gocciolanti –C’era un caldo infernale lì dentro, e che buio. Pensavo ti fossi dimenticata di me, sai l’ossigeno iniziava a scarseggiare-
La bionda, ormai abituata all’eccentrico individuo, si passò una ciocca dietro l’orecchio –Esagerato. C’era aria a sufficienza per tre giorni-
-C’erto che però potevi fare un po’ più di spazio-
-Ti ho lasciato dei cunicoli per l’aria…che altro volevi, non siamo mica al Grand Hotel-
Ghostface sbuffò, sollevando un ciuffo di capelli bianchi –Credimi, l’ho notato- ribatté con le braccia incrociate.
Senza far caso alla risposta sarcastica, Terra gli pose la domanda che da tempo gli frullava in testa –Jonathan…come facevi a sapere che ti avrei aiutato? Insomma, non sapevi neanche cosa ci facevamo qui, quella sera, non avevamo predisposto nulla, io ti ho aiutato d’istinto ma cosa ti ha fatto supporre che avrei lasciato uno spazio vuoto sotto lo strato di cemento?-
Ghostface sorrise, nonostante il buio della sua “cella” e le tenebre della notte portava ancora i misteriosi occhiali scuri sul viso…la ragazza fu grata per questo, non riusciva a immaginare nulla di più raccapricciante di quegli occhi di ghiaccio illuminati dalla tremolante luce lunare che filtrava dalle lamiere.
-Ho sperato che ti ricordassi del favore che ti ho fatto. E visto che sei una ragazza sveglia ho immaginato che avresti capito il momento in cui avrei avuto bisogno di te, e ho contato sul fatto che fossi anche abbastanza onesta da pagare il tuo debito, cosa che è avvenuta. Lo so, è stato un gioco rischioso ma ha funzionato, quando sei come me la vita perde valore, sono questi rari rischi che corro che mi fanno sentire ancora l’aria che respiro e non come un fantasma che si rifiuta di lasciare il suo corpo-
Terra lo guardò, indecisa se essere giudicarlo completamente pazzo o ammirare quella sua bizzarra ma sensata filosofia.
Ghostface lo notò, con un gesto quasi paterno le scompigliò i capelli, già arruffati per la corsa in moto –Bel lavoro, biondina-
Terra sorrise lisciandosi la chioma poi, quasi distrattamente, gli occhi le caddero sul costume indossato da Ghostface, sporco, strappato in più punti e con pezzi di cemento raggrumato che gli davano un’aria da cotoletta impanata.
-Ti ho portato degli abiti nuovi- svelta si diresse nuovamente verso i borsoni della moto, tirando fuori un paio di pantaloni neri, una maglia pesante grigia dal collo alto e lo spolverino da becchino che indossava sempre quando non era in costume –Spero che non compromettano il tuo look- aggiunse scherzosa, porgendoglieli.
Ghostface li guardò, non proprio entusiasta-Ah…ben gentile- senza però prenderli, superò la ragazza e il suo sguardo andò a posarsi sulla possente moto parcheggiata lì vicino.
-Alighieri!- esclamò andando ad abbracciare il mezzo –La mia bella Harley, la mia piccina…mi sei mancata, sai? Papà ti ha pensato tanto tanto tanto…-
-Uh-uhm- il commento seccato della geocinetica interruppe il tenero quadretto di ricongiungimento familiare; a quanto pare era più felice di vedere la moto che lei.
Il vecchio pazzo balzò in piedi, schiarendosi nervosamente la gola con un paio di colpi di tosse soffusi, imbarazzato dalla situazione –Ehm…grazie per averla portata qui…e per i vestiti…e per avermi salvato la vita. Suppongo che ora siamo pari-
-Non c’è di che-
-Come hai fatto ad avere le chiavi?-
-Semplice- un sorrisetto furbesco comparve sul viso di Terra mentre estraeva le chiavi dalla tasca e ne faceva roteare l’anella che le teneva insieme nell’indice –Da quando sei “morto” Slade ha pensato bene di risparmiare sui regali dandomi la tua moto- con un gesto della mano lanciò il mazzo di chiavi al vecchio, che l’afferrò al volo.
-Però ha tolto le chiavi del covo, visto che io ho le mie. E per favore, cambia portachiavi, quello è a dir poco osceno e degradante-
Ghostface non diede peso alle parole e ribatté tenendo ben saldo tra due dita il portachiavi metallico raffigurante una donnina nuda un po’ scolorita –Questo portachiavi è stata l’unica figura femminile che io e i miei compagni abbiamo visto per mesi, in Vietnam, e il soldato a cui l’ho preso probabilmente ci teneva ancor di più visto che la troietta in questione stampata quassù è sua moglie…cioè, vedova-
A questo Terra non seppe cosa rispondere, dimenticava fin troppo facilmente che troppi orrori e troppe guerre avevano ridotto in poltiglia la psiche di quell’uomo.
Non riusciva a capirlo ma per lo meno provava a compatirlo.
-Ti anche portato qualcos’altro- iniziò per cambiare discorso –Ta-daa!- esclamò tirando fuori dal borsone la spettrale maschera deforme.
-La mia maschera…- Ghostface la guardò quasi non la riconoscesse, come se quel volto inciso sul metallo fosse solo l’altra faccia della medaglia… Ghostface e Jonathan…non sapeva neppure più lui chi era, anzi, lo sapeva: Jonathan era morto nei lager nazisti… lui era Ghostface!
-Fa sempre piacere vedersi allo specchio- commentò quello prendendola – Ma mi chiedevo non è che hai anche portato…-
Non ci fu bisogno di finire la frase –Nel bagagliaio- lo interruppe lei indicandolo col pollice, con l’aria soddisfatta di chi sa di aver studiato il giorno dell’interrogazione.
-Ti adoro-  il vecchio alzò il sellino della moto e all’interno trovò i suoi pistoloni, due pugnali (tra cui quello con cui aveva accoltellato Slade) una mazzetta di soldi e il suo caro coltellaccio d’adamantio, che nonostante il cielo cupo scintillò come in un assolato pomeriggio d’agosto.
-Bene…- ghignò –Ehi! Mancano le mie spade! E la balestra!-
-Quelle non ci stavano, ho dovuto lasciarle al covo, e già ne passerò di brutte quando Slade si renderà conto che è sparito il tuo spadino di adamantio…ma inventerò una scusa- si giustificò la bionda.
-A proposito di Willy…come sta? L’ultima volta se non sbaglio gli avevo scarnificato la gamba- domandò il vecchio, passando il polpastrello sul filo della lama indistruttibile, tagliandosi, manteneva il filo in modo incomparabile quell’arma.
-È guarito- rispose quella facendo spallucce.
Ghostface si voltò incredulo verso di lei-Come? In soli due gironi?-
-In soli due minuti- lo corresse lei –Ti ha fatto qualcosa, non so bene cosa, ma ha estratto un concentrato del tuo fattore di guarigione e l’ha chiuso in provetta, basta iniettarselo per guarire sul momento da ferite o malattie. Ne ha una bella scorta-
-Bastardo- ringhiò a denti stretti il vecchio –Ho passato ore in quella camera di tortura per diventare un medicinale, pensavo servisse solo per te…-
Terra lo guardò per nulla sorpresa, anzi, con uno sguardo scontato –Da lui ti aspettavi altro? Ognuno gioca per sé ricordi?-
-Ben detto- rispose Ghostface – Mi sono perso altro?-
-Nulla di che…ti ricordi quando ti ho raccontato che andavo a letto con Corvina?-
Il vecchio sorrise –Quest’immagine ha popolato le mie fantasie per parecchi giorni-
Terra sospirò con dolore, ripensando a quanto le era successo –Beh ho rovinato tutto…e ora non so più cosa fare della mia vita- abbassò il capo, cadendo nuovamente nella depressione che ormai l’accompagnava sempre da quando si erano lasciate.
-Ti sei risposta da sola- intervenne lui –Questa è la TUA vita, Terra: fai quel cazzo che ti pare e fottitene degli altri. Si vive una volta sola e, almeno per voi, non così a lungo.
Goditi la giovinezza e gioca la tua partita…- di colpo il viso dell’uomo si fece più cupo…minaccioso- E d’ora in poi anch’io giocherò da solo. Ho perso fi troppo tempo con queste scaramucce tra colleghi, adesso andrò dritto al mio obbiettivo- non c’era nulla di divertente nel suo tono, per nulla rassicurante, sembrava quasi una minaccia velata che inquietò Terra nel profondo del suo animo, anche se la ragazza si sforzò di non darlo a vedere.
Lo guardò smarrita –E quindi ora che farai? Sparirai dalla circolazione?-
-Sparire?- rise sarcastico – No, non ho mai messo nulla da parte per la pensione-
Indossò gli abiti puliti datigli da Terra, che girò lo sguardo, di uomini nudi ne aveva visti più di quanti una lesbica potesse desiderare.
-E allora che farai?-
Il vecchio si sistemò lo spolverino sulle spalle e inforcò la Harley; bisognava ammettere che, nonostante i timori della bionda, i vestiti nuovi erano in perfetta sintonia col suo macabro stile.
-Farò quello per cui sono tornato a Jump City. Ho atteso fin troppo per attuare i miei veri progetti-
Il motore tuonò e il fanale si accese, il mostro di ferro riprese a pulsare di vita.
-Qui le nostre strade si separano, ti auguro buona fortuna, biondina. Mi raccomando: non metterti sulla mia strada, è una pessima strada e io non freno mai. Se mi capisci…-
Terra deglutì, aveva capito eccome cosa Ghostface intendesse dire.
Il vecchio ruotò l’impugnatura del manubrio e la motocicletta si mosse, l’Alighieri fece due giri attorno a Terra, schizzando fango dappertutto.
-Aspetta! E io come torno a casa?!- esclamò la ragazza.
-C’è un sacco di terra attorno a te, inventati qualcosa!-
Ghostface diede un altro colpo d’acceleratore e la moto si diresse sull’asfalto, in breve non fu più distinguibile tra le ombre dei pioppi che costeggiavano la strada, anche le luci dei fanali si fondevano con quelle della città notturna.
Terra lo perse di vista e rimase sola, nel buio e nel silenzio, a riflettere <Vivi la tua vita… che posso dire? Ha dannatamente senso, in fondo che ho da perdere? Alla peggio mi sbattono in galera che è sempre meglio che restare con quel bastardo di Slade.
Quello stronzo! Si crede tanto sveglio ma non si è ancora accorto che mi piace la fica.
Cielo, quanto lo odio!! Beh, se questo è il mio destino tanto vale giocare fino all’ultima carta per cambiarlo…e far innamorare di me Corvina.
Mi dispiace per te, BB, ma siamo tu o io: e come dice un vecchio saggio “ questa è la MIA vita>
 
-Azarath metrion zinthos-
Le parole più dolci che potesse udire.
La Torre era illuminata, come ogni notte; chissà quanto spendevano di bollette…
C’era solo una persona sul tetto, non si vedeva bene il viso ma chi altri poteva essere sul tetto a quell’ora della notte se non lei?
Si avvicinò.
-Azarath metrion zinthos-
Tre parole un solo significato: pace.
Assoluta e profondissima pace.
Finalmente Corvina non sentiva altro, nulla avrebbe potuto smuoverla da quella dimensione trascendente di quiete assoluta, eccetto…
-Ciao-
…una voce.
Corvina spalancò gli occhi, davanti a lei, in piedi su di un blocco di roccia levitante stava lei: Terra.
Aveva un sorriso enigmatico, pareva essere triste, allegra, determinata, intimorita e coraggiosa allo stesso tempo.
Gli occhi azzurri, chiari come il cielo, ispiravano innocenza e sincerità; doti che alla ragazza in questione mancavano.
La maga balzò in piedi, da sotto il cappuccio il viso color luna si contrasse in una smorfia d’ira, perdendo tutte le sue fattezze umane: la bocca si allargò a dismisura, zanne ricurve sostituirono i suoi bei denti bianchi ben allineati, perle in fila tra le sue labbra, al posto della lingua piatta e tenera che più volte aveva baciato, Terra vide uscire da quelle fauci orchesche ben tre lingue squamose, serpentiformi, a loro volta munite all’estremità di  piccole bocche irte di minacciosi denti aguzzi.
Sibilavano e stridevano come unghie sulla lavagna.
Era diventata incredibilmente alta, oltre i quattro metri, completamente nascosta dal suo mantello, divenuto sempre più scuro, da cui però s’intravvedevano sporgenze tutt’altro che ordinarie in un corpo umano.
Ma la cosa più spaventosa di quell’infernale trasfigurazione erano i quattro occhi demoniaci che brillavano da otto il cappuccio di una luce inumana, talmente forte che pareva bruciare l’anima.
Prima ancora che potesse accorgersene, Terra si ritrovò avvolta tra le spire di uno spigoloso tentacolo di tenebra sgusciato fuori dal mantello della maga.
L’arto oscuro la stava stritolando, una minima pressione in più le avrebbe spezzato tutte le ossa, la punta, avvinghiata attorno alla gola, le soffocava la voce e le smorzava il respiro.
-Perché sei tornata?!? Come osi farti vedere dopo quello che mi hai fatto!!?? Tu sapevi tutto!!- la voce cavernosa e distorta non aveva più nulla di umano in sé.
Terra avrebbe voluto parlarle, spiegarle, ma le sue corde vocali erano strozzate contro l’esofago, non riusciva ad emettere un fiato.
Sentiva il bisogno d’aria farsi sempre più impellente.
Gli occhi le lacrimarono rigandole le guance, cadendo sul tentacolo scuro.
Quando Corvina sentì quelle lacrime bagnarle la pelle qualcosa in lei cambiò, la stretta si allentò leggermente permettendo a Terra di svuotare i polmoni e riprender fiato.
Ma il sollievo durò poco, la strega tornò a strangolarla, stringendo con maggiore forza attorno al corpo facendola gemere di dolore; Corvina avvicinò furiosamente il suo viso, schiumate di rabbia, a quello paonazzo di Terra.
–Cosa vuoi?!- ruggì tenebrosa
-S-solo…arf…parla...re- biascicò a stento la bionda –Ho…t...tante cossse da…dir…ti- riusciva a stento a respirare, le parole erano appena sussurrate, quasi incomprensibili, e pronunciarle le costava fatica e dolore.
Il demone davanti a lei sembrò turbato, tentennò un poco poi il tentacolo oscuro lasciò la presa, il viso mostruoso tornò alle sue affascinanti fattezze, Corvina tornò alla sua altezza naturale e al suo solito bellissimo aspetto…ma lo sguardo truce era rimasto immutato dagli occhi rosso sangue a quelli freddi d’ametista, uno sguardo per Terra insostenibile.
Incrociò le braccia piena di sdegno, guardando la bionda dall’alto in basso, lei era caduta a carponi tossendo violentemente con voce così roca che pareva si stesse raschiando la gola dall’interno.
-Sentiamo- tagliente, avvelenato, freddo, crudele, sferzante, carico d’odio…il tono sembrava qualcosa di simile a questo, ma molto peggiore.
A fatica Terra trovò la forza di alzarsi, le gambe non la sorreggevano, mosse alcuni passi insicuri e barcollanti ma Corvina anziché prestarle aiuto si allontanò da lei, arretrando.
-Io…coff coff…ho fat-to un sacco di caz…ergh…zate, prima di tut-te: ti ho mentito. Ma ti prego- supplicò gettandosi in ginocchio ai suoi piedi, con gli occhi lucidi e le mani congiunte –Lascia che provi a rimediare. Io ti amo Corvina, TI AMO!! Lo sai cosa significa? Cosa provo per te? Quello che ho fatto…non ho avuto altra scelta, mi hanno costretta, ho dovuto, non ho mai voluto farti del male, io non voglio che tu soffra…lascia che te lo dimostri. Chiedimi qualsiasi cosa, qualsiasi! Dovessi morire, la farò!-
Corvina l’osservò dubbiosa, un’altra accurata recita? No, le sue emozioni erano sincere, il suo sguardo era sincero, il suo cuore era sincero, tutto in lei era sincero…lo si leggeva con chiarezza solo guardandola.
Ma il cuore dell’uomo (e della donna) è instabile e volubile, Corvina questo lo sapeva e sapeva che non si sarebbe fidata stavolta…ma le avrebbe comunque dato una possibilità.
-Vuoi farti perdonare?- la bionda annuì tre le lacrime –Allora devi raccontarmi tutto. Tutto per filo e per segno. Non tralasciare nulla, neppure il più piccolo dettaglio. Dimmi tutto quello che sai di questa storia…se mentirai, lo saprò-
-V-va bene…ma non ti piacerà quello che sentirai- l’avviso l’altra.
Terra raccontò tutto ciò che era successo dal suo risveglio, e quanto le avevano raccontato in seguito.
Disse dell’alleanza tra Ghostface e Slade, delle minacce fatte a Robin, delle bio-sonde iniettate ai suoi figli; ammise che l’omicidio di Iella era pianificato anche se doveva essere Cyborg la vittima designata, però lei non era coinvolta in questo.
Le disse dell’intromissione degli Hive e del loro accordo con Slade per sbarazzarsi del vecchio, di quel tenebroso uomo che accompagnava i cinque giovani fuorilegge, lei non lo conosceva e non seppe descriverlo se non come “misterioso, astuto e pericoloso”, parlò dell’adamantio, di come Jonathan le avesse restituito i ricordi, e infine racconto di come lei, Slade e gli Hive avessero ucciso Ghostface… a quelle parole un sorriso estasiato apparve sulle labbra della maga, un sorriso che fece sentir male Corvina: come poteva provar gioia per la morte di un uomo? Tredici anni fa non sarebbe mai successa una cosa del genere. Eppure era vero, lei era felice che fosse morto.
Ma la felicità fu subito smorzata quanto Terra dovette confessare che proprio lei l’aveva salvato.
Aveva salvato la Morte incarnata.
Corvina era allibita, non pensava ci fosse un disegno così complesso e ben pianificato dietro gli eventi che le stavano distruggendo la vita, apparentemente una serie di sfortunate situazioni, invece…tutto era stato studiato nei minimi particolari da due brillanti menti del crimine, tuttavia troppo diverse per poter coesistere, per fortuna sua e dei suoi amici.
Slade era subdolo, schematico, preciso, misterioso e attento, agiva nell’ombra senza frasi notare fino all’ultimo.
Ghostface predisponeva le sue trappole e i suoi intrighi, era cinico ed emotivo, studiava l’avversario, era imprevedibile e molto astuto, ma non pianificava mai una fine, lasciava che fosse il corso degli eventi a concludere ciò che lui aveva messo in moto.
Scosse la testa nervosa, con le dita premute sulla tempia –Quindi anche Slade è coinvolto?-
-Sì- rispose la geocinetica –È stato lui a girare quel video. Lui ha scritto il copione, ricreato l’ambiente del tuo salotto, scritturato gli attori e infine con un programma speciale ha modificato le immagini facendole passare per autentiche agli scanner. È tutto finto, organizzato e studiato per dividervi. Insieme siete forti ma divisi perdete gran parte del vostro potenziale… se poi vi mettete l’uno contro l’altro diventate facili prede.
Robin sa queste cose ma non può dirvele, Ghostface ha in mano i suoi figli…e i tuoi-
-E tu lo hai liberato!!- ringhiò Corvina afferrandola per il bavero della maglietta –Non volevo! Me l’ero dimenticata!...mi sono successe talmente tante cose in così poco tempo…mi è passato di mente- Terra la stava implorando, cercando di giustificarsi, ma la maga rimase inclemente, alzò l’altra mano col pugno serrato da far sbiancar le nocche, già pallide di loro.
Terra chiuse gli occhi e strinse i denti, pronta a incassare il meritato colpo…che però non arrivò mai.
Corvina si placò da sé e la lasciò andare, era come se tutta la sua energia vitale fosse fluita via in un batter di ciglia, con sorpresa della bionda si accasciò in ginocchio di fronte a lei.
Rimasero in silenzio.
Immobili per alcuni minuti, nella più completa staticità, tutto taceva, Corvina col capo reclinato su se stessa, coi capelli che le cadevano in faccia, nascondendo il bel viso, e Terra rimasta lì imbarazzata, inginocchiata a sua volta di fronte alla ragazza che amava, a fissarla senza capire –Corvina…- disse timorosa allungando una mano come per accarezzare un cane feroce, gliela mise sulla spalla, stringendola saldamente ma con gentilezza, era lì per lei, questo Corvina doveva capirlo.
Il tocco rassicurante e la voce delicata ruppero quel momento, erano rimaste ferme e silenziose come una fotografia per chissà quanto tempo, quel gesto riscosse la maga dal suo sonno cosciente.
-N-non posso prendermela con te…- mormorò con voce strozzata -Ma sapere che Ghostface...p-può uccidere i miei figli in qualsiasi momento…mi uccide l’anima…- iniziò a singhiozzare.
-No! Non può più- intervenne Terra rassicurante, sollevandole il viso e asciugandole gli occhi, ora la bionda sorrideva serenamente.
Corvina smise subito di disperarsi, alzò gli occhi fissandola incerta ma in fondo a quegli occhi tristi brillava la speranza.
-Il detonatore è ancora al covo di Slade, sotto la centrale nucleare abbandonata, Ghostface non può tornarci, non senza far saltare la sua copertura e lui di sicuro non vuole perdere questo vantaggio. È ancora lì ne sono sicura…- tentennò un attimo poi aggiunse con parole salde, senza ombra di esitazione –Io posso portartelo-
Corvina sgranò gli occhi, la bocca spalancata per l’insperata sorpresa era incurvata in un sorriso così sentito da spaccare i timpani.
-T-tu faresti questo per me? Dopo tutte quelle cose che ti ho detto, dopo che per poco non ti ammazzavo?- senza perder tempo a risponderle, Terra scattò in avanti e la strinse forte in un caldo abbraccio che la riscaldò dal freddo vento notturno .
-Io ti amo Corvina. Per te farei qualsiasi cosa- le due si alzarono restando una con le braccia intrecciate attorno alla vita dell’altra.
Restarono così a fissarsi per alcuni secondi,  loro visi erano così vicini che potevano sentire il reciproco respiro sulle labbra.
Terra la strinse più forte, senza però farle male, chiuse gli occhi e allungò le labbra.
Corvina poggiò un dito su di esse, arrestandone la corsa verso le sue, fermando il bacio.
La bionda aprì gli occhi fissandola confusa con quegli specchi d’acqua.
-Devi fare un’altra cosa per me…- disse soffusamente la mezzo-demone –Portami le prove che quel video è falso…ti prego-
All’altra finì il cuore in gola all’udire queste parole: sapeva fin troppo bene le conseguenze che avrebbero portato quelle prove.
-S-se io te le consegno…- la voce della bionda era fievole e tremolante come la fiamma di una candela, un sussulto sarebbe bastato a spezzarla –Tornerai da lui?-
Terra avrebbe dato qualsiasi cosa per non doverla guardare negli occhi ma sapeva che fissarla in quelle ipnotiche iridi viola era l’unico modo per ottenere una risposta, una sincera.
Ferendosi il cuore si costrinse a guardarla.
Non si era mai sentita così nervosa come in quel momento, era messa faccia a faccia col destino, col futuro suo…e del suo amore.
Da quell’unica risposta sarebbe dipeso tutto.
Quasi non riusciva a sostenere quello sguardo, perché ci metteva tanto a rispondere? Forse anche lei era dubbiosa? Anche lei in contrasto con se stessa?
Ma mentre Terra si perdeva in queste false speranze la risposta arrivò sicura e tagliente, una frustata morale.
-Sì-
Abbassò la testa, serrando i denti tra loro, sentì il cuore andargli in frantumi nel petto, la lama di un coltello in visibile dilaniarlo e poi affondare ancora e ancora in quel che ne restava.
Non seppe soffocare il dolore e silenziosi cristalli d’acqua iniziarono a gocciolare dai suoi occhi del medesimo colore.
-P-perché dovrei farlo…- biascicò con voce rotta –Se…se so che così ti perderò…-
Con un gesto delicato della mano Corvina sollevò il viso della giovane in lacrime davanti a lei, dolcemente le asciugò gli occhi, le loro iridi si incontrarono ancora una volta.
-Perché so che tu mi ami…- disse avvicinando la sua bocca a quella di Terra,
Un ultimo bacio.
Un bacio d’addio con cui chiudevano quella che era stata un breve e intensissima relazione.
Con quel gesto Terra capì quello che non aveva capito in tutti quegli anni: tra loro era finita.
Fu un bacio lungo, prolungato da entrambe, goduto da entrambe, a Terra sembrò il più dolce e il più doloroso che avesse mai ricevuto.
Un delizioso veleno.
Quando infine le loro labbra si separarono, dopo tanti e tanti sussurrati bacetti per rendere meno dura la definitiva separazione, la bionda abbracciò con quanta forza aveva la maga, che superati i primi istanti d’incertezza ricambiò con un più tenero abbraccio.
-Perché non puoi amarmi come ti amo io?- singhiozzò Terra soffocando lacrime e singulti sul mantello di Corvina.
Lei le accarezzò i lunghi capelli di grano, morbidi e delicati –Una forza maggiore me lo impedisce. Io vorrei ricambiarti, Terra, ma non posso. Quella forza che ti spinge implacabile verso di me, mi spinge a mia volta verso BB. Non posso fare a meno di assecondarla, è come un fuoco che mi arde dentro, che ci arde dentro. E fa male. L’unico modo per spegnerlo è andare verso colui o colei a cui siamo spinti -
-Ma chi spegnerà il mio di fuoco se tu vai via…?- insistette l’altra senza accennare a volersi separare dal corpo sinuoso della maga –Come farò senza di te?-
Corvina continuò a consolarla, sussurrandole all’orecchio –Il tempo è medico di tutti i mali, estinguerà anche questo fuoco. E un giorno, prima di quanto immagini ti innamorerai di nuovo, della più bella ragazza del mondo e lei s’innamorerà di te- le due si separarono un poco, tenendosi sempre per gli avambracci alla fioca luce lunare, filtrata dalla coltre di nubi –Ma quella donna non sono io. Terra avrai sempre un posto nel mio cuore…- le disse sincera, col cuore in mano.
-E nulla più?- domandò la bionda, ben conscia della risposta.
-E nulla più-
Terra si separò definitivamente, si girò guardando la città dall’altro della T-Tower mentre una delicata brezza notturna le asciugava le guance.
Tutte le luci delle città si specchiavano sul mare nero…una vista stupenda per darsi un’addio.
-Capisco…- mormorò con un fil di voce – Avrei tanto voluto tornare nei Titans…ma pensò che farò meglio a lasciare Jump City, quando tutto questo sarà finito…-
La mano rassicurante di Corvina si appoggiò sulla sua spalla –Mi dispiace che tu debba soffrire così…non lo meriti- disse la maga profondamente toccata, si sentiva responsabile di quel dolore e ne soffriva a sua volta ma anche lei doveva vivere la sua vita e seguire il suo cuore.
-N-Non importa…- rispose Terra massaggiandosi il gomito –Almeno tu sarai felice…io sopravvivrò- un debole sorriso affiorò sulle sue labbra sottili, ma era sincero, sincero e sentito quel sorrisetto triste appena accennato.
-Domani sera, alle sette- aggiunse –Incontriamoci al Pizza Arriba. Lì ti darò tutto-
-Grazie, Terra- disse Corvina abbracciandola un’ultima volta –So quanto tu stia soffrendo…ma così mi stai veramente salvando la vita. Grazie di cuore…- alzò il viso e  incrociò i suoi occhi lucidi di pianto –M-magari dopo ci prendiamo una pizza insieme…-
-Sarebbe fantastico- rispose Terra nascondendo sofferenza e delusione dietro un traballante sorriso triste.
Un sorriso, un po’ più forte del primo, comparso su quel viso felice eppure affranto.
-A-adesso devo andare…- disse la bionda risalendo sul suo blocco di terra –Ho…ho bisogno di stare un po’ da sola- il blocco si allontanò lentamente, ma non troppo, dal tetto della Torre.
-Ti chiamo io, Corvina. A presto…amore mio- le ultime due parole furono solo accennata, troppo fievoli perché la maga potesse udirle.
Si persero nel vento.
-A presto-
 
 
 
Vi ricordate quando nel capitolo 14 ho detto che avevo mandato Ghostface in pensione?
Lo Stato, il diavolo lo porti, ha spostato l’età di pensionamento a 300 anni e quindi l’ho riassunto.
Era troppo presto per farla finita, no?
Comunque, ultimamente sono andato a rileggermi i capitoli di Ghostface e Revenge, e tralasciando i primi capitoli di Ghostface (scritti ancora da un inesperto dilettante) mi sono reso conto che erano molto più corti e anche “scorrevoli” rispetto agli ultimi capitoli di Alive.
Perciò ho deciso di fare un “ritorno alle origini” semplificando un po’ i capitoli e abbreviandoli per renderli più leggeri.
È solo un esperimento (fatemi sapere se sbaglio) ma tentar non nuoce.
 
Ghostface.
  
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