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Autore: _unintended    28/05/2015    1 recensioni
I My Chemical Romance, due anni dopo la fine. Nessuno avrebbe mai pensato che si sarebbero ritrovati, in un assurdo scherzo del destino, nel posto più impensabile al mondo.
Separati. Soli. Alla ricerca di una via d'uscita nel caos più totale.
Un labirinto impossibile, un gioco mortale, in una corsa contro il tempo, contro il mondo intero e contro le loro stesse scelte passate.
E no, non è proprio la situazione giusta per pensare a vecchi amori e rancori, ma c'è Gerard e c'è Frank... e sappiamo tutti come va sempre a finire.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CHAPTER 8
 
GERARD
 
Non so spiegare il brutto presentimento che percepisco addentrandomi sempre di più nei meandri di questo dannato labirinto. È come se il mio istinto si fosse convinto da solo che sta per succedere qualcosa di brutto.
Dio, Frank, perché sei scomparso in quel modo.
È tipico di lui. Non sa cosa fare, non sa cosa dire, si sente messo alle strette o vuole evitare una discussione, e quindi scappa. Scappa via, inventa una scusa e si allontana, cambia discorso, o fugge proprio come ha fatto prima.
E così le nostre “questioni” rimangono sempre in sospeso.
Come se non bastasse, all’improvviso partono le prime note di The Light Behind Your Eyes. È una fottuta tortura.
Sento la mia voce risuonare tre le due pareti del corridoio e all’improvviso la odio, mi odio, odio tutto questo e odio il fatto di aver scritto una canzone del genere, una canzone che mi fa venir voglia di buttarmi da un balcone per quanto è dolorosa, una canzone che mi riporta alla mente ricordi e memorie che vorrei dimenticare per sempre.
…with every passing day, I’d be lying if I didn’t say that I miss them all to much…”
Lo sento, lo sento nelle mie parole e nel mio tono di voce quando ho registrato questa canzone. Sento la tristezza, la rassegnazione, il bagaglio di tutto ciò che avevamo passato negli ultimi mesi, i nostri litigi e i nostri silenzi, e poi la rottura finale. Soprattutto sento la stanchezza. Un’infinita, profonda, inconsolabile stanchezza.
Ero stanco. Eravamo stanchi, stanchissimi di tutto, e ci siamo fermati. Semplice. Semplicissimo, davvero.
E allora perché continuiamo tutti a sentire questo vuoto nel petto, quest’insoddisfazione senza nome e la mancanza di qualcosa che ci siamo preclusi per sempre?
…If I could be with you tonight I will sing you to sleep, never let them take the light behind your eyes…”
Mi piaceva l’idea che avessimo tutti una luce segreta, particolare, dietro i nostri occhi. Una luce nascosta, una luce che non tutti potevano vedere, e che pochi potevano interpretare e capire.
Ed è buffo, perché quando pensavo a quella luce pensavo a mia figlia.
Pensavo a Bandit, ai suoi occhi a mandorla, ai suoi sorrisetti buffi e ai suoi atteggiamenti vanitosi e impertinenti. Pensavo che era proprio lei l’esempio da seguire, il modello a cui ispirare le parole di quella canzone, la persona per cui cantavo tutte le sere fino a farla addormentare. Certo, non le avrei mai detto che un giorno saremmo crollati tutti, nessuno escluso, e che saremmo tutti svaniti nelle tenebre. Ma con quella canzone… con quella canzone io raccontavo tutto ciò che avrei voluto dirle, le mie spiegazioni per quello che poi sarebbe successo dopo, la mia risposta alla sua domanda “Papà, ma perché Frank e Ray non vengono più a trovarci?”.
“Be strong and hold my hand, time becomes for us you’ll understand…we’ll say goodbye today and we’re sorry how it ends this way…”
Voglio tapparmi le orecchie. Voglio sprofondare, voglio morire, voglio sparire per sempre e non provare più nulla di tutto questo.
Perché appena svolto l’angolo trovo Frank in un mare di sangue.
Non realizzo subito cosa ho sotto i miei occhi. Impiego un secondo per bloccarmi e rimanere immobile prima che i miei piedi sfiorino il sangue sul pavimento. Impiego due secondi per lasciare che il mio sguardo si posi sul corpo a terra a qualche metro da me e sul coltello a qualche passo da lui, e realizzare cosa sta succedendo. Impiego altri due secondi a concentrarmi sulla canzone che sta ancora rimbombando nelle mie orecchie, e il mio cuore va a ritmo perché ehi, a quanto pare sta battendo veloce, velocissimo e non riesco a capire cosa succede non riesco davvero a capire perché il sangue defluisce dal mio volto e iniziano a sudarmi le mani e voglio solo morire voglio solo morire voglio morire con lui.
“…But if you promise not to cry… then I’ll tell you just what I would say if I…”
E un piccolo pezzettino del mio cervello continua a pensare alla canzone, a questa parte che ho sempre amato, quella in cui la musica esplode letteralmente e riesce a farmi tremare e riesce a lasciarmi un brivido lungo la schiena per quanto è bella, e penso che come ultimo progetto Conventional Weapons è davvero una gran figata e che sì, Frank aveva ragione, ce ne siamo andati col botto così come avevamo iniziato, e poi penso che Frank è qui.
Frank è qui. Ai miei piedi.
Morto.
Ed è proprio quando la canzone esplode, che esplodo anche io.
All’inizio non me ne rendo conto, ma sto correndo. Corro e inciampo, scivolando con un piede nel sangue, e prima che me ne accorga sono caduto a terra, e le mie mani scivolano nella pozza, e cercano un appiglio, e provo a rialzarmi, e provo a ragionare lucidamente, e provo a raggiungere Frank, a tendergli la mano, provo a….
Finalmente sono lì. Sono accanto a lui, inginocchiato vicino al suo corpo esanime. È sdraiato di pancia in giù, e non riesco a vedergli il volto. Poso una mano tremante sulla sua spalla.
È tutto un incubo è tutto un incubo è tutto un incubo è tutto un incubo.
Rantolo qualcosa di incomprensibile anche alle mie orecchie. Forse sto provando a pronunciare il suo nome, ma ho la gola troppo secca, la lingua impastata, i pensieri annebbiati.
Ci rinuncio, e cerco invece di voltare il corpo. Improvvisamente sono debole, non ho più forze, e devo impiegare tutte le energie residue nel mio corpo per riuscire a mettere Frank a pancia in su.
Soffoco un gemito.
“I’ll fail and lose this fight, never fade in the dark… just remember you will always burn as bright…”
No no no no nononono.
Frank ha gli occhi aperti. Vuoti. Vitrei. Completamente morti.
Ha il viso insanguinato, e il sangue proviene da una profonda ferita sul petto da cui il sangue ormai ha smesso di sgorgare, perché non c’è più sangue, perché è completamente dissanguato, perché è morto.
-Frank…. – riesco finalmente a sibilare.
When I’m here no longer… you must be stronger and…”
Vaffanculo.
Accarezzo la guancia fredda di Frank. È successo è successo è successo io lo sapevo e avrei dovuto fare qualcosa prima, avrei dovuto fermarlo, avrei dovuto rimanergli accanto e proteggerlo perché è quello che ho sempre fatto, perché è quello che il mio istinto mi ha sempre comandato di fare ed è quello che avrei dovuto continuare a fare e invece siamo stati lontani per tutto questo tempo e ora non avremo più la possibilità di rimediare perché lui non è più qui non è più qui non è più qui.
Lascio i miei pensieri liberi di ingripparsi, attorcigliarsi l’uno sull’altro e ricominciare da capo.
Sono completamente scollegato dal mio corpo e dalla mia mente. Sono in un luogo astratto, sono nel vuoto più totale, tutt’attorno a me è vuoto, cammino nel vuoto, io sono il vuoto.
Moriremo.
Moriremo tutti qui.
È solo questione di tempo.
Devo tornare da Mikey e Ray.
Devo restare con Frank.
Devo trovare una pistola e spararmi in bocca.
“I failed and lost this fight…”
Ho fallito.
Ho.
Fallito.
 
Non so dopo quanto tempo riesco a riprendermi abbastanza per capire che non posso più restare qui.
-Aiuto. Ti prego. Ti prego aiutami.
Non so chi sto invocando. Mi piace pensare di stare chiedendo aiuto a qualche entità superiore, e non a quel bastardo che ha fatto sì che succedesse tutto questo.
Ma forse è davvero così. Sono disposto a strisciare ai suoi piedi, a supplicarlo, a dargli in cambio qualunque cosa, ma per favore per favore deve aiutarmi.
Frank è morto.
Non riesco a dare un senso compiuto a questa frase.
Frank. È. Morto.
Cosa?
Guardo il coltello sul pavimento. Non capisco cosa ci faccia qui, non capisco chi abbia potuto accoltellare Frank, non capisco davvero più nulla, so soltanto che è un coltello, e che la mia mano lo sta stringendo improvvisamente con troppa forza e non vuole lasciarlo.
Penso vagamente che sto sbagliando qualcosa, e che forse non è il modo giusto di reagire alla cosa.
Ma quale cosa? Cosa è successo?
Non capisco non capisco non capisco ma la lama è troppo allettante e si sta avvicinando pericolosamente alla mia gola e sì lo voglio lo voglio voglio svanire per sempre non so perché non so davvero perché ma ormai stare qui non ha più senso.
Nessun.
Senso.
La lama mi bacia delicatamente la gola, e sento un rivolo caldo scendere giù fino al petto.
Spingo leggermente.
Chiudo gli occhi.
Sì.
-No!
Continua continua continua devi solo premere più a fondo dai non lasciarti distrarre non aprire gli occhi non farlo non farlo non farlo.
È la voce di Frank.
Apro gli occhi.
Sta correndo verso di me con un’espressione terrorizzata e stravolta e vedo che zoppica leggermente e ha del sangue sul pantalone, ma sul petto non ha nulla.
Sul petto non ha nulla.
 Aggrotto la fronte.
C’è qualcosa che non quadra.
Abbasso di nuovo lo sguardo. Non c’è più il sangue attorno a me, nemmeno una goccia. E non c’è nessun corpo. E nessuna canzone.
Il coltello però è ancora nelle mie mani, ed è ancora sulla mia gola, e realizzo soltanto adesso che mi sta facendo male.
Lascio cadere il coltello e torno a guardare Frank, che si inginocchia finalmente accanto a me con il respiro ansante.
-Cosa diavolo stavi facendo? – mi chiede, in un mix di ira e stupore e terrore.
Apro la bocca per parlare, ma non ne esce alcun suono. Lo squadro da capo a piedi. È proprio lui, in carne ed ossa, e i suoi occhi sono vivi, e respira e si muove ed è accanto a me ed è preoccupato per me e oh, cristo.
-Gerard? Ti senti bene? Dove sono gli altri?
Sbatto le palpebre.
Silenzio.
Poi lo abbraccio.
Mi butto letteralmente addosso a lui, che barcolla sotto il mio peso e posa le mani dietro di sé per reggersi. Io continuo a stringerlo, fregandomene di tutto, sentendo pian piano la nebbiolina che mi aveva offuscato il cervello dileguarsi, e ringraziando non so chi per poterlo stringere di nuovo tra le braccia e sentire il suo respiro sul mio collo e il suo petto contro il mio.
-Ehi ehi ehi – dice, sorpreso, ma poi sento le sue braccia ricambiare e accerchiarmi la vita. –Credevo ci fossimo fanculizzati a vicenda – ride, ma percepisco il sollievo nella sua voce, misto a qualcos’altro.
-Mi dispiace. Mi dispiace tantissimo, ti prego perdonami – sussurro contro la sua spalla, afferrandogli forte la maglietta tra le dita.
E l’abbraccio cambia improvvisamente. Le sua stretta si fa più vigorosa e intensa, il suo respiro irregolare, e il mio con lui. Sento i battiti dei nostri cuori intrecciarsi e inseguirsi, l’uno più veloce dell’altro, e so che dovremmo staccarci prima che sia troppo tardi ma no, Frank è qui e lo sto abbracciando quando poco fa era morto ai miei piedi, e chissenefrega del resto.
Poi geme. Leggermente, quasi impercettibilmente, ma lo sento e mi stacco di colpo, ricordandomi del sangue che avevo visto poco fa sulla sua gamba destra.
Lo guardo, e lui fa un sorriso di scuse. –Credo sia penetrato abbastanza a fondo….
E improvvisamente capisco che dobbiamo fare qualcosa. È una ferita di coltello, profonda circa due centimetri, e continua a sanguinare copiosamente inzuppandogli il pantalone.
Ansima. Leggo nei suoi occhi il dolore.
Come ho potuto anche per un momento dimenticarlo. Sono un idiota. –Che cosa è successo? – chiedo, ma immagino sia qualcosa di simile a ciò che è accaduto a me.
-Io… io non lo so, mi hanno lanciato il coltello e stavo per scendere da quella dannata finestra, e proprio quando mi ha colpito mi sono lanciato e poi mi sono ritrovato qui, in uno di questi corridoi. Ho sentito i tuoi singhiozzi, sembrava fossi disperato, e ho corso fino a trovarti.
Mi rendo conto d’un tratto che devo aver pianto, e mi passo istintivamente una mano sulle guance per asciugare le lacrime residue. Scuoto la testa, imbarazzato, evitando il suo sguardo. –Chi ti ha lanciato il coltello?
Esita un attimo. –Danny, Tom e Roland.
So chi sono. Frank me ne parlò i primi anni, una sera in un pub, quando eravamo entrambi troppo ubriachi per badare alle nostre parole. Era seduto in braccio a me, col cappuccio calato a coprirgli occhi e quella felpa troppo grande che io adoravo, e le sue parole erano soffocate contro il mio collo.
Mi disse che al liceo era stato vittima di bullismo. Mi disse che lo consideravano una checca, che pochi gli erano davvero amici, mi disse dello stupido soprannome con cui poi avrebbe chiamato la sua chitarra, in una sorta di vendetta sarcastica, e mi disse quanta merda avesse subito in quegli anni.
Dopo quello sfogo, finimmo a letto insieme. Io gli sollevai il mento, lo guardai negli occhi e lo baciai, perché lo desideravo disperatamente e perché volevo proteggerlo a costo della mia vita. Perché lui era Frank Iero, ed era capitato nella mia vita per caso e ne aveva fatto un pasticcio, ma lo amavo.
Lo fisso, non capendo. –Cosa?
-Non lo so, immagino fossero allucinazioni. Ma mi hanno colpito davvero. Eravamo nella mia vecchia scuola, e mi hanno inseguito fino in palestra. Ho cercato di fuggire dalla finestra ma mi hanno preso. E poi mi sono ritrovato di nuovo qui. A te cosa è successo?
Scuoto il capo. –Te lo dico dopo. Ora dobbiamo medicare quella ferita.
Mi levo la maglietta del pigiama sotto lo sguardo attonito di Frank. Sotto di essa ho la canottiera, così tolgo anche quella e poi mi infilo di nuovo la maglietta.
Con la stoffa tra le mani, indico la gamba di Frank. –Devi… devi sollevarti il pantalone.
Lui obbedisce, sollevandolo fino alla coscia e mostrando la gamba tatuata. Rabbrividisco alla vista della ferita, ma inizio a ripulirla del sangue e poi la fascio con la canottiera, stringendo forte e provocandogli un gemito di dolore.
-Sssh, ora andrà meglio.
Gli riabbasso il pantalone delicatamente, indugiando per un istante di troppo sulla sua caviglia nuda.
Incrocio il suo sguardo.
Il respiro mi si blocca in gola.
-Sarà meglio andare – mormora improvvisamente Frank, e lo aiuto ad alzarsi.
So perfettamente che fasciargli il taglio non basta, ma non abbiamo altri mezzi a disposizione.
Dobbiamo uscire da questo posto il prima possibile.
-Ho lasciato Mikey e Ray per venire a cercarti. Se non si sono mossi da lì…
Io e Frank ci guardiamo. So che stiamo pensando la stessa cosa. Se noi due abbiamo vissuto quelle esperienze e ne siamo usciti a malapena vivi, non oso immaginare cosa può essere successo a mio fratello e a Ray.
-Mi dispiace di essermene andato in quel modo – dice Frank.
-Dispiace a me di aver urlato così.
Ci scambiamo un sorriso mesto, poi imbocchiamo il corridoio dal quale sono arrivato io.
Inutile dire che la strada che pensavo di aver memorizzato, non è più la stessa. Camminiamo per un po’, e io svolto ad ogni bivio senza esitare, credendo di ricordare dove mi sono separato da Mikey e Ray, ma a un certo punto ci ritroviamo di fronte l’ennesima porta nera e so che non abbiamo via di scampo.
Se lui vuole che apriamo questa porta, la apriremo. Non abbiamo altra scelta. E so che non ci farà ritrovare Mikey e Ray se non gli obbediamo.
-Dannazione – impreco sottovoce. Sento la mano di Frank sul mio polso. È pallido come un cencio, e vedo la sua mascella tesa e le mani strette a pugno per il dolore.
Mi fa un cenno abbastanza chiaro. –Apri questa cazzo di porta e facciamola finita.
Non ci aspettiamo davvero ciò che troviamo all’interno.
È vuota, completamente vuota, fatta eccezione per un letto nel bel mezzo della stanza, e un tavolino di legno con alcune boccette e delle garze sulla sua superficie.
Io e Frank ci fissiamo, perplessi.
È ovvio. È una trappola. È una fottuta trappola e noi dobbiamo uscire di qui.
Ma quando realizzo che quella roba sul tavolino potrebbe aiutarmi a medicare Frank, non ci penso due volte.
Corro verso il centro della stanza, fermandomi accanto al tavolino e cominciando a frugare tra la roba che c’è qui sopra. Trovo un disinfettante, dei cerotti, alcune garze pulite e un antidolorifico. –Frank, vieni! – esclamo, e aspetto che mi raggiunga zoppicando e si sieda sospettosamente sul letto, tastando il materasso.
-Sei sicuro che…?
Sospiro. No. Non sono sicuro, non sono affatto sicuro, e ho una mezza idea di cosa significhi un letto nel bel mezzo di una stanza vuota con me e Frank al suo interno, ma ignoro tutti questi pensieri e penso soltanto alla gamba di Frank.
-Hai bisogno di cure. Appena avrò finito, ce ne andremo di qui e troveremo Mikey e Ray.
Sì, come no.
Lui annuisce, non ancora del tutto convinto, ma lascia che mi inginocchi ai suoi piedi e inizi ad armeggiare con la sua gamba.
Butto via la canottiera ormai inzuppata di sangue e disinfetto per bene la ferita, applicandoci poi delle garze pulite, infine faccio ingoiare una pillola di antidolorifico a Frank.
-Va meglio, ora?
Lui annuisce. –Grazie – mormora con un piccolo sorriso.
-Bene, io direi che….
Non so cosa succede poi. Solo che sento la mano di Frank sulla mia guancia, e sbianco totalmente.
Lo fisso.
Lui mi fa un sorrisetto nervoso e toglie la mano. –Scusami, io…
Afferro la sua mano e la stringo forte tra le mie. –Non scusarti – dico con voce bassa e roca.
Frank distoglie subito lo sguardo. –Gee, dobbiamo andare, davvero.
Mi alzo improvvisamente, allontanandomi. –Sì, sì hai ragione. Andiamocene.
Frank continua a fissarmi senza muovere un muscolo.
Non so cosa mi prende, non so cosa ci prende. È come se sentissi tutto in modo amplificato. I suoni, gli odori, la presenza di Frank e ciò che provo.
È questa stanza. Me lo sento.
Torno a guardare Frank. Ci separano tre metri di distanza, ma è come se lo sentissi vicinissimo, qui di fronte a me, col suo respiro sul collo, occhi negli occhi.
Resisti resisti resisti resisti.
Faccio un respiro profondo. La tensione è così palpabile che mi sembra di soffocare. Indico la sua gamba. –Ce la fai a camminare?
Lui si solleva barcollando, appoggiandosi al tavolino, ed io mi avvicino per aiutarlo.
Mi blocca. –Ce la faccio.
Camminiamo entrambi verso la porta, io dietro di lui, pronto a sostenerlo in caso che non ce la faccia davvero.
Frank posa una mano sulla maniglia.
Silenzio.
Perché esita dannazione apri quella porta usciamo di qui ti prego ti prego ti prego.
Si volta di colpo verso di me. –Non mi hai ancora detto cosa hai visto prima che arrivassi io.
Deglutisco. –Niente di importante.
-Stavi piangendo.
-Non è importante, davvero. E poi sei arrivato in tempo.
-Ciò non toglie che io ti ho raccontato cosa mi è successo, mentre tu…
Non lo lascio neanche finire di parlare. –Ho visto te.
Mi osserva in silenzio. Non posso sostenere il suo sguardo.
-Ho visto te. Morto.
Apre la bocca, ma ora tocca a me parlare. –Eri morto. In una pozza di sangue. C’era un coltello accanto a te e tu avevi gli occhi aperti e mi fissavi e c’era The Light Behind Your Eyes  in sottofondo e io volevo morire. Volevo morire perché nulla mi sembrava avere più senso, perché tu eri lì e non avrei mai più potuto parlarti, guardarti negli occhi, toccarti, sentirti e….
Smetto di parlare perché Frank ha smesso di respirare.
C’è un istante di completo smarrimento nel quale i miei occhi cercano i suoi, e soltanto quando si agganciano l’un altro mi lascio finalmente scappare l’ultima parola della mia frase.
-…baciarti.
Frank respira nella mia bocca e non me ne rendo conto fino a quando non sento le sue ciglia sfiorare le mie guance.
Tra di noi c’è uno spazio di due millimetri, e lo so perché li ho contati, perché l’unica cosa che riesco a pensare è avvicinati avvicinati avvicinati di più.
-Questo è un altro regalo di Natale? – riesco a sussurrare con il cuore in tumulto.
Frank solleva un angolo della bocca. –Forse. – e quest’ultima parola la dice proprio un istante prima di baciarmi.
Posa le sue labbra sulle mie, e la prima cosa che penso è che sì, questo è il mio posto, questo è sempre stato il mio posto, e penso che il calore di quest’attimo è così prezioso e raro che vorrei imbottigliarlo e portarlo con me per sempre.
Le sue labbra sono morbide, calde, invitanti, le sue ciglia mi accarezzano le gote, le sue braccia mi circondano il collo e il suo petto si scontra col mio, lasciandomi sentire il suo cuore che batte batte batte batte troppo veloce.
È tutto troppo veloce. Prima era una sorta di rallenty, come nei film, e c’era abbastanza tempo per lasciarmi assimilare il fatto di star baciando Frank e godermi appieno questo momento.
Ma un attimo dopo ritorna tutto ad essere il doppio più veloce del normale, e ho a malapena il tempo per ricambiare il bacio che il mio corpo reagisce e spingo Frank contro il muro, posando le mani ai lati della sua testa e immobilizzandolo in una gabbia.
Giuro che non l’ho fatto apposta.
Però ehi, siamo occhi negli occhi e non voglio perdermi assolutamente nulla
Torno a baciarlo, sempre lentamente ma in modo più intenso, assaporando tutta la sua bocca, intrecciando la mia lingua con la sua, mordendogli il labbro e spingendo le mie mani tra i suoi capelli e dio, quanto mi era mancato tutto questo.
Frank solleva istintivamente la gamba sana e la allaccia con la mia, io gliela afferro con una mano e mi spingo di più contro di lui, lasciando che le nostre erezioni si tocchino e tornando con la mente a tutte quelle volte in passato in cui non perdevamo tempo e ci lanciavamo l’uno sull’altro proprio come ora.
Il bacio diventa più passionale, più energico, quasi violento, ma all’improvviso Frank si stacca e inizia a leccarmi il collo e io gemo incontrollabilmente perché non me ne frega più nulla di nessuno, perché ogni cosa è dimenticata, ogni pensiero, ogni preoccupazione, tutto.
Siamo io e lui, l’uno nell’altro, come non succedeva da anni.
Ed è sempre stato così. Alla fine ci ritrovavamo sempre in una posizione simile, stanchi di scontrarci, stanchi di attaccarci a vicenda, e desiderando soltanto trovare conforto nell’unico posto che riuscisse ad offrircelo gratuitamente, senza riserve, facendoci sentire completi.
Frank morde una parte particolarmente sensibile del mio collo e io lo stringo di più, schiacciandolo contro il muro, e prima che possa fermarle le mie mani corrono a sollevare la sua maglietta, e puff, sparita.
Gli accarezzo il petto con un dito, ricordando i contorni familiari del suo corpo, e constatando con piacere che non è cambiato affatto. È sempre lui, è sempre Frank, ed è sempre stato perfetto per me.
Lascio scorrere le mie mani lungo le braccia, le spalle, e poi giù fino alla pancia e poi di nuovo su e Frank regge il mio sguardo intenso, lo regge davvero perché non abbiamo più nulla da nasconderci, più nulla da tenere segreto l’uno all’altro, e sono felice, dannazione, qui, nel posto più assurdo della terra, sono felice.
Frank torna a baciarmi, avventandosi sulla mia bocca, annientandomi totalmente, aggrappandosi alla mia maglietta e graffiandomi la schiena e non so cosa vorrei fare, mi sento quasi impotente, potrei fare tutto e niente e non so davvero dove mettere le mani perché è passato troppo, troppo, troppo tempo e ho paura che stiamo sbagliando ancora.
Stiamo sbagliando ancora.
È come un secchio d’acqua ghiacciata che mi viene versato improvvisamente sulle spalle.
Mi stacco così di colpo che Frank crolla in avanti, sbilanciato, e mi fissa scioccato. –Cosa…
Indietreggio velocemente, portandomi una mano alla fronte e cercando di regolare il respiro.
Poi mi precipito fuori.
Apro la porta, tuffandomi letteralmente all’esterno, inspirando aria diversa e sperando che lo stomaco la smetta di fare capricci e il mio cuore smetta di battere così veloce e la mia mente smetta di rievocare l’immagine del petto nudo di Frank.
Mikey.
Ray.
Mikey e Ray Mikey e Ray Mikey e Ray Mikey e Ray.
Mi concentro solo su di loro.
Frank si precipita dietro di me e la porta si chiude finalmente alle nostre spalle. Anche lui ora ha lo sguardo più lucido, più ragionevole.
Si infila la maglietta.
Ci fissiamo per qualche istante.
E poi tacciamo.
Sì, proprio come sempre. Come se non fosse successo nulla. Davvero. Nulla.
Siamo tornati a circa mezz’ora fa, quando ancora l’unico modo che avevamo per affrontare un discorso era non affrontarlo affatto.
Perfetto.
-Dobbiamo trovare Mikey e Ray – gli dico, e lui annuisce.
Ora non posso permettermi di pensare a nient’altro.
 
 
 
 
WOWOWO amike
Ho fatto il prima possibile as always, vbb.
Finalmente la scuola sta finendo, il che significa che avrò più tempo per scrivere e tempi più brevi nell’aggiornare, ye.
Ho voluto dedicare una piccola particina di questo capitolo a Bandit, in occasione del suo bday, perché è una bimba che adoro/invidio e basta, aweggio troppo e elaboro i peggiori film mentali immaginando come possa essere avere come padre Gerard Way, rido.
Come promesso vi ho regalato un po’ di frerard molto scottante che non guasta mai, ma ehi, non dimentichiamoci di quei poverini di Mikey e Ray che stanno patendo chissà quali sofferenze ora, ohw *sorride malignamente*
Alla prossima!
M.
   
 
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