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Autore: felpato 22598    28/05/2015    0 recensioni
questa è una one shot che mi è venuta di getto dopo alcuni eventi che mi sono capitati di recente, la dedico alla mia fantastica ragazza, sperando che la apprezzi e che capisca che siamo passati oltre, e che io tengo tantissimo a lei.
ti amo N.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un caldo pomeriggio di fine Agosto, e nell'aria attraverso la calura già si iniziava a sentire il sentore dell'imminente ritorno a scuola; scuole diverse, anni diversi, c'era veramente da chiedersi come quei due si fossero conosciuti. Lui frequentava il Liceo Classico, aveva sempre avuto la passione per le lettere e per la storia; lei invece andava, o meglio, sarebbe andata alla fine di quell'estate al Liceo Artistico. Difatti tra di loro vi erano due anni di differenza di età, così lui stava per iniziare il terzo anno di scuola superiore, mentre lei era appena uscita dalle medie; si erano conosciuti un pomeriggio in cui un amico di lui aveva insistito moltissimo per andare a trovare una sua amica ad un centro commerciale, e lì avevano trovato anche lei; era stata una sorta di colpo di fulmine, la sera dopo lui la invitò ad uscire e si misero assieme così, senza neanche dirselo.

Sembrava andare tutto nel migliore dei modi fra i due, che stavano assieme ancora da meno di un mese e già sembravano conoscersi da una vita; lui si era aperto completamente a lei, dicendole quello che non aveva mai detto a nessun altro, tutto quello che aveva sempre tenuto dentro e che adesso aveva trovato una valvola di sfogo, una persona di cui si fidava ciecamente e che, almeno lui pensava, gli sarebbe stata sempre vicino. Lui cercava sempre di esserle vicino qualsiasi cosa accadesse, qualsiasi problema avesse, la incoraggiava a parlare con lui, per una volta nella sua vita si sentiva veramente importante per qualcuno, e la cosa gli piaceva molto: era una situazione nuova, era già stato con altre ragazze prima ma era ancora troppo giovane per capire cosa volesse dire stare con un'altra persona, cosa significasse veramente un legame sentimentale. Tutt'ora era troppo giovane per capirlo. Per capire che il colpo di fulmine non esiste, che l'amore non nasce all'improvviso come la passione, ma che va coltivato, fatto crescere con la fiducia, la conoscenza e l'affetto, perché altrimenti la giovane pianta di una coppia ancora ai boccioli sarebbe appassita prima di mettere i primi fiori. Tutto questo lo avrebbe imparato presto a sue spese.

Passeggiavano mano nella mano, lentamente, e parlavano; fino a quel giorno nel loro rapporto non vi era stato un giorno triste, un giorno in cui non avessero passato tutto il tempo a baciarsi e a scambiarsi parole dolci, ma quel giorno era diverso; lui lo sentiva, c'era qualcosa di strano in lei rispetto a come era di solito. Sembrava molto più triste, svogliata, come se ci fosse qualcosa che non andava. Ma non capiva, non riusciva a capire. Tutte le volte che avevano parlato, le ore passate al telefono, tutte le volte che le aveva chiesto come stava e lei non gli aveva mai detto niente di male; nemmeno ora che erano assieme e che avrebbe potuto parlarne con lui diceva niente; semplicemente teneva la testa bassa sul terreno e camminava strascicando i piedi, con quell'aria triste negli occhi che hanno solo quelle persone che cercano di nasconderlo.

“C'è qualcosa che non va?” le chiese lui, la sua voce suonava quasi ingenua in quella domanda.

Lei alzò gli occhi, lo guardò e sorrise, ma i suoi occhi non sorridevano con le sue labbra. “Va tutto bene, non ti preoccupare.”

“No, non va tutto bene. È tutto il pomeriggio che sei triste, cosa c'è che ti opprime?”

“Non c'è niente che non va. Tutto a posto.” il tono di lei si era fatto più freddo mentre abbassava di nuovo lo sguardo, e cominciava ad accelerare il passo.

“Hei, aspetta!” con la mano, che lei aveva liberato dalla presa della sua, le afferrò il polso e la tirò indietro per fermarla.

“Ahi!” si girò di scatto e portò l'altra mano su quella di lui, come per cacciarlo via; rimasero un paio di secondi così, a guardarsi negli occhi, poi lui abbassò lo sguardo, spostando la manica dal polso della ragazza.

I tagli rossi apparvero ai suoi occhi, dolorosi come frustate e orrendi, profondi come abissi porpora e pieni di angoscia e di incomprensione, cadde vorticando nella voragine vermiglia fino a perdere la cognizione della velocità della caduta ed avere la nausea, il forte odore metallico del sangue che lo picchiava sul viso con la ferocia di un animale in gabbia.

Si svegliò nel suo letto, sentendosi come se ci fosse arrivato al termine della caduta vertiginosa del suo sogno; era sudato, aveva il respiro pesante e stava tremando. Si passò una mano fra i capelli, seduto, facendo un respiro profondo per stabilizzare la situazione e calmare il tremito.

Dannazione…

Maledetto incubo, si era ripromesso di non pensarci più. Non ora che stava con N.

La storia con la ragazza del sogno era finita da mesi ormai. Dopo quell'episodio non erano durati molto, il loro rapporto era andato sfaldandosi e deteriorandosi, fino a che lei non lo aveva lasciato. Un mese e mezzo. Quel tempo erano durati. Con N. aveva già sorpassato quel limite, e stavano assieme da più di due mesi ormai; la differenza fondamentale era, forse, che avevano preso del tempo per conoscersi prima di mettersi assieme; avevano imparato ad apprezzare i pregi e i difetti l'uno dell'altra, ad amarsi davvero. Lo aveva aiutato molto. Ora sapeva cosa fare della sua vita, solo grazie a lei.

Eppure quell'incubo non era venuto dal nulla, aveva un motivo. Era cominciato qualche giorno prima. N. gli diceva sempre un sacco di cose su di lei, e gli raccontava anche dei suoi problemi, cosa che lo rassicurava molto. Aveva capito che non esiste una vita senza problemi, e se una persona non te ne parla è solo perché non tiene a te o non si fida abbastanza da condividere il suo peso con te.

Qualche giorno prima aveva iniziato a preoccuparsi; erano lì, seduti l'uno davanti all'altra, sui bassi gradini di legno del loro luogo preferito. Lei aveva lo sguardo basso, le braccia lasciate andare sulle gambe incrociate, e quell'aria negli occhi che hanno le persone quando sono tristi, ma non vogliono darlo a vedere.

“Qualcosa non va?” questa volta la sua voce non era ingenua, era anzi decisa e grave.

“No, niente...” abbassò ancora di più lo sguardo.

“Hei…” le sollevò la testa con una mano e la guardo negli occhi, troppo tristi; “che hai?”

“Niente, sul serio...” sorrise. Gli occhi però erano tristi.

“Sicura?”

“Si, stai tranquillo. Non è per te.”

Quelle parole lo avevano colpito come una pugnalata nel ventre. “Non è per te.” Allora c'era qualcosa. Ma perché non voleva dirglielo? Cosa c'era che non andava in lui? Aveva sbagliato qualcosa? Lui aveva messo tutto se stesso in quella relazione, lei era il suo mondo, il suo universo, il suo tutto; e ora scopriva che per lei non era lo stesso. Che per lei lui era probabilmente una delle tante persone. Non importante, non la sola.

Aveva entrambe le mani nei capelli, chiuse intorno alle ciocche scomposte dal sonno agitato, e seduto sul bordo del letto singhiozzava con la testa bassa.

All'improvviso il suono della sveglia lo fece trasalire; non sapeva da quanto tempo si era svegliato, forse da dieci minuti, forse da un ora o forse anche di più. Silenziò la sveglia e si alzò in piedi; stava per iniziare una nuova giornata. Sfoderò un sorriso a labbra chiuse, il migliore che gli veniva, e si preparò ad andare incontro al mondo. Per un altro giorno, aspettando la sera e poi la giornata dopo, come nella speranza che le cose andassero meglio.

   
 
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