Capitolo 21: La 'nostra'
domenica.
Il venerdì dopo le
lezioni, i miei amici ed io
ci ritrovammo riuniti attorno al tavolino di un bar.
"Allora,
che si fa questo fine settimana?", chiese Chad appoggiandosi
allo schienale della sedia di plastica con le mani dietro la
testa.
"Che ne dite se andiamo a pattinare?", chiese
Kelsi.
I ragazzi strabuzzarono gli occhi.
"Neanche se
sulla pista ci trovassi Jennifer Lopez, io quei cosi infernali ai
piedi non li metterò mai", disse Chad beccandosi
un'occhiataccia da Taylor.
"Beh, amico, se ci fosse davvero
J. Lo, non me lo farei ripetere due volte, fidati", lo riprese
Bryce.
"Okay, come non detto, però era una bella idea",
disse Martha un po' delusa.
"Allora andiamo al cinema",
propose Ryan.
Tutti erano d'accordo, ma, naturalmente, nacquero
delle discussioni sul film da vedere.
Sarebbe piaciuto anche a me
andare assieme a tutti loro, però, purtroppo, si stavano
organizzando per domenica pomeriggio.
"Mi dispiace, ma ho già
preso degli impegni per quel giorno".
"Ma come? Non puoi
mancare".
"Lo so, Tay, ma ho promesso a mia mamma di
accompagnarla a fare spese, quindi non posso proprio venire".
Odiavo mentire.
"Non c'è proprio modo di rimandare o di
darle buca?".
"No, mi dispiace. Sarà per un'altra
volta".
"Va bene".
Mi spiaceva veramente non
poter passare il pomeriggio assieme ai miei amici, ma, in compenso,
Kelsi mi aveva fatto venire una bella idea...
Alle 14:03 di
domenica il campanello di casa mia suonò.
"Vado io",
precedetti mia madre. "Sei in ritardo".
"Di due
minuti", protestò Troy.
"Di tre. Il tuo orologio è
indietro. Mamma, io vado". Non aspettai neanche la sua risposta
e mi chiusi la porta dell'ingresso alle spalle.
"Allora? Dove
hai deciso di andare?".
Sul mio viso comparve un largo
sorriso e gli comunicai la destinazione.
"Cosa?! No!",
disse deciso".
"La mia scelta non è discutibile".
"Ci
vedranno tutti", disse per dissuadermi.
"Infatti andremo a Santa Fe, ci vuole
poco più di un'ora. Non dirmi che hai paura".
Di tutta
risposta mise in moto l'auto e sfrecciò verso la nostra
destinazione.
Erano circa le 15:30 quando arrivammo davanti al
palazzetto del ghiaccio della capitale.
Prendemmo un paio di
pattini ciascuno e ci avvicinammo verso pista.
"Ancora non
capisco come tu abbia potuto convincermi a venire qui".
"Perché
tu, al contrario di me, non resisti al mio fascino".
"No,
è perché io mantengo troppo spesso le mie promesse".
Entrai
all'interno della pista ghiacciata e mi feci un paio di giri prima di
ritornare al punto di partenza. "Che cosa fai? Pensi di rimanere
lì impalato tutta la giornata?".
"No, ho deciso di far
compagnia a queste bambine", disse indicando un gruppo di
ragazzine sedute al bordo della pista.
"Non hanno bisogno di
sapere come diventeranno parte dei loro coetanei tra qualche anno.
Sono troppo piccole".
"Spiritosa".
"Non
dirmi che non sai muoverti sui pattini?!", gli chiesi facendo
finta di stupirmi.
"Era tutto calcolato, eh?".
"Ma
che dici? Come potevo saperlo?".
Si avvicinò a me
barcollando e mi mise le mani sulle spalle per trovare l'equilibrio.
"Allora dovrai aiutarmi tu".
"Tu che chiedi aiuto
per queste cose?".
"Beh, se non vuoi farlo, peggio per
te. Avremmo potuto imparare l'uno dall'altra".
Detto ciò si
staccò dalle mie spalle e attraversò tutta la pista. Fece un giro
completo e tornò indietro, fermandosi a pochi centimetri da me.
"Sei
uno stupido! Potevi dirmelo prima che sapevi pattinare".
"Non
me l'hai chiesto", mi rispose con una scrollata di spalle. "E
sei saltata troppo in fretta alle conclusioni".
Lo fissai per
qualche secondo senza riuscire a dire niente, poi mi mossi e ripresi
a pattinare.
Uffa! E io che credevo di metterlo in difficoltà per
una volta. Quello ne sapeva sempre una più del diavolo.
Mi fermai sul
bordo della pista cercando di sbollire un po' la rabbia che avevo,
quando mi si avvicinò qualcuno. Era un ragazzo alto dai capelli
neri.
"Tutto bene?", mi chiese.
"Certo,
perché?".
"Mi sembri un po' giù. Una carina come te
non dovrebbe essere triste in una giornata come questa".
"Non
ho niente, tranquillo".
"Davvero? Meglio così. Allora
ti va di venire a pattinare?".
Quel tipo non mi piaceva per
niente. Sembrava viscido.
"No, grazie, non mi va".
"Dai,
non fare la difficile, vieni".
"Ho detto che non mi
va".
Mi mise una mano sul braccio e si avvicinò
prepotentemente. Cominciavo ad avere paura.
"Non farti
pregare, avanti".
"Ho detto di no! E comunque non ti
conviene continuare così. Il mio ragazzo è un tipo piuttosto
geloso, e se ti vede potrebbe prendersela molto a male".
Indicai
Troy dall'altra parte della pista.
"Sei venuta accompagnata,
allora. Beh, vorrà dire che mi toccherà stare da solo. Ciao".
Quasi
mi venne da ridere nel vedere la sua espressione avvilita mentre si
allontanava. Feci un sospiro di sollievo.
"Li allontani
proprio tutti, eh?".
Non mi ero neanche accorta che nel
frattempo Troy si era avvicinato a me. Vedendo la mia espressione
seria perse subito il sorriso. "Cosa ti ha
fatto?".
"Niente".
"Dimmi la verità".
"Ci
ha provato, okay? E l'ha fatto perché ero qui da sola, tu dove
cavolo eri?! Quello avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa mentre tu eri
per i fatti tuoi a rimorchiare chissà chi!". Dovevo aver alzato
un po' troppo la voce, infatti gran parte delle persone presenti
sulla pista ci stava guardando.
Sapevo di essere diventata
isterica, che quella era una reazione esagerata e di star accusando
Troy di colpe che non aveva, ma odiavo trovarmi nella situazione che
avevo vissuto poco prima.
"Okay, okay, calmati adesso.
Vieni", mi disse Troy nel tono più tranquillo possibile
prendendomi per mano e portandomi al bordo dell'arena.
Ci
togliemmo i pattini e uscimmo. L'aria fresca mi fece riprendere un
po' del mio autocontrollo.
Stavamo camminando da qualche minuto,
quando riuscii a parlare con voce calma e sobria. "Scusa, non è
stata colpa tua".
"Sì, invece".
"Cosa?
Perché?".
"Tu eri con me e avrei dovuto accorgermi di
quello che stava accadendo. Anzi, non avrei proprio dovuto permettere
che succedesse".
Nella sua voce percepii una nota di
amarezza. Allungai il passo e mi fermai davanti a lui fermandolo.
"Se
non la pianti di dire cavolate ti mollo qui e torno a casa in
autostop. Purtroppo esistono cafoni che pensano di poter fare
qualsiasi cosa vogliano solo perché si credono in grado di
farlo".
"Io sono uno di quelli, no?".
"No".
"Allora
hai cambiato idea".
"Può essere".
"Stai
bene?", mi chiese sfiorandomi la guancia con le dita della
mano.
"Sì. Allora, dove andiamo? Io ho fame".
"Non
vuoi tornare a casa?".
"No. Io non mi muovo di qui se
prima non mangio".
"D'accordo", disse sorridendo di
nuovo.
Camminammo qualche minuto prima di comprare un paio di hot
dog.
"Vedo che non tieni molto alla linea", mi disse
Troy poco dopo aver finito di mangiare.
"Non mi piacciono le
diete, troppe privazioni".
"Beh, non ne hai
bisogno".
"Un complimento? Ultimamente mi
stupisci".
"Sono un ragazzo dalle mille sorprese".
"Dai,
andiamo, mio eroe". Lo presi per mano e cominciai a camminare
senza neanche sapere dove mi stessi dirigendo. Per fortuna Troy aveva
una specie di navigatore satellitare in testa, perché, se avessimo
seguito il mio scarso senso dell'orientamento, saremmo finiti come
minimo in un altro Stato, in Colorado o che so io.
Facemmo un giro
per la città visitando anche la Plaza, la piazza
principale.
Nonostante tutto, la giornata trascorse piuttosto
tranquilla, e dovetti ammettere a me stessa di essermi divertita
parecchio.
Verso le 18:00 ci avviammo verso casa. Mi faceva male la testa e mi
sentivo davvero stanca. Mi addormentai svegliandomi appena venti minuti
dopo.
"Perché siamo fermi?", chiesi notando che non ci
stavamo muovendo.
"Un ingorgo. A quanto pare c'è stato un
incidente", mi spiegò Troy.
"Non ci voleva",
sbuffai.
"Sei carina mentre dormi".
"E tu
mentre guidi". Afferrai la mia borsa e pescai il cellulare.
"Devo chiamare mia madre, non penso che riusciremmo ad arrivare
a casa tanto presto".
La telefonata durò qualche
minuto.
"Cosa le hai detto?", chiese Troy quando la
conversazione finì.
"Hai sentito, no?".
"Intendevo,
dove le hai detto che saresti andata oggi?".
"In giro
con amici, e non è una bugia".
"Già".
La fila
di auto si mosse, ma si procedeva a passo d'uomo. Troy accese la
radio.
"Odio il silenzio", disse.
"Scusa, dovrei
essere più di compagnia".
"Nah, tu sei di compagnia",
disse allungando la mano e afferrando la mia.
"Come no",
dissi sarcastica.
"Non ti sottovalutare".
"Beh,
almeno pareggio il tuo smisurato ego".
Sorrise, e io non
potei fare a meno di imitarlo.
"Così mi piaci di più",
disse guardandomi.
"Uffa! Non si va avanti", sbuffai
guardando attraverso il finestrino.
Senza dire una parola Troy
mise la freccia e girò il volante imboccando una strada laterale.
"Cosa stai facendo?", gli chiesi.
"Questa
strada è più lunga, ma almeno si procede".
"A quanto
pare non sei stato l'unico che ha avuto questo colpo di genio",
dissi notando altre auto davanti a noi.
"Non ti accontenti
mai".
Proseguimmo abbastanza velocemente per un po' di
tempo.
"Mi piace andare in auto quando fuori è buio",
dissi tenendo lo sguardo fisso sulla strada. "E'
rilassante".
"Certo, per te che non guidi".
"Vuoi
che prenda il tuo posto?".
"No, ci tengo alla mia
auto".
"Non sarai uno di quelli che crede al mito della
donna al volante?".
"Dipende dalla donna", disse
guardandomi sarcastico.
"Che tipo".
Erano già le
19:20, probabilmente saremmo riusciti ad arrivare a casa entro
un'ora. In quel momento, però, mi sorpresi di pensare che non avrei
voluto che quella giornata finisse tanto presto. Scrollai la testa
per non pensarci.
"Cosa c'è?", mi chiese Troy notando
il mio gesto.
"Niente, stavo pensando".
Ad un tratto
si sentì il suono di una musichetta.
"Dimmi". Rispose
Troy al suo cellulare accostando sul lato destro della corsia. "No,
stasera non posso venire, ho un impegno con degli amici. Facciamo
un'altra volta, okay? Ciao".
"Un impegno con degli
amici, eh?".
"Sì, gli stessi tuoi", mi rispose
riponendo il cellulare nella tasca della giacca.
"Ti ho
offeso?".
"No, capisco che tu non voglia dire a tua
madre di me, nessuno lo fa, ed è meglio così".
Mi sentivo
in colpa. Anche se non lo dava a vedere, sospettavo che se la fosse
presa.
"Mi spiace, davvero".
"A me no. Il
segreto rende tutto più eccitante".
"Scemo. Comunque,
perché non riparti? Stare fermi qui per strada non è il massimo",
dissi per cambiare discorso.
"Non ti piaceva andare in auto
di notte?".
"Sì, ma fermarsi in mezzo al niente dove
potrebbe succedere qualsiasi cosa, non è di certo una delle cose che
preferisco".
"Queste strade hanno fascino".
"Anche
nei peggiori film horror ce l'hanno, poco prima che i protagonisti
vengano sventrati o decapitati".
"Sempre positiva tu,
eh?".
"Bisogna sempre pensare al peggio se si vuole
apprezzare pienamente il meglio".
"Questa non
la sapevo".
"C'è sempre qualcosa da
imparare".
"Già. Se dovesse succederti qualcosa, non
sei sola".
"Il mio salvatore".
"Te l'ho già
detto che quando sei con me...".
"Non deve accadermi
niente", conclusi la sua frase.
"Esatto", disse
sporgendosi verso di me. "Hai qualcosa in
contrario?".
"No".
"Bene". Rimase
qualche secondo in quella posizione guardandomi fisso. In
quell'istante avrei voluto avvicinarmi a lui, ma non lo feci. Non ne
avevo il coraggio. Ma che cavolo mi stava prendendo?! "Meglio
andare, se non vogliamo passare la notte a sfuggire ad assassini
violenti".
"Non prendermi in giro".
Rimise in
moto.
Arrivammo ad Albuquerque verso le 20:30.
"Non ci
avrei mai creduto, ma mi sono divertita".
"Wow, io invece non
credo di aver sentito queste parole uscire dalla tua bocca".
"Eppure
l'hai sentito. Adesso vado, ci vediamo domani".
"Sì, a
domani".
D'impulso mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio
sulla guancia. Il perché di quel gesto era sconosciuto anche a
me.
Lui si girò e mi sfiorò le labbra con le sue, in attesa di
una risposta da parte mia, che non tardò ad arrivare.
"E
questo?", chiese lui.
"Beh, credo sia un 'grazie' ",
risposi con una scrollata di spalle. "E il tuo?".
"Un
'prego' ", disse sorridendo.
In quel momento mi resi conto
che Troy aveva abbandonato il sorriso sarcastico e traditore per fare
posto ad uno caldo e sincero. Certo che le cose erano davvero
cambiate da quando l'avevo conosciuto...
"Allora...
Ciao".
"Ciao".
Aprii la portiera e la richiusi
col cuore che batteva forte.
Sì, le cose erano davvero
cambiate...
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Fine
ventunesimo capitolo.
Spero vi sia piaciuto e che non vi
abbia annoiato troppo. In effetti è un pochino lungo, ma non ho
voluto dividerlo a metà, quindi ho incluso tutto ciò che volevo
scrivere. Ditemi come vi sembra, e fatelo in tanti!! Ultimamente le
recensioni scarseggiano un po'!!
RINGRAZIAMENTI :
romanticgirl:
beh, il fatto che ti ritrovi in Gabriella, mi fa piacere, significa che
i miei personaggi sono verosimili e si adattano ad una realtà
contemporanea!!^^
Ecco soddisfatta la tua curiosità... spero non ti abbia deluso la loro
domenica... fammi sapere!!^^
Angels4ever
: arrivata a questo punto non potevo non farli avvicinare, non credi?
In effetti non hai tutti i torti, questo Troy è complicato da
capire, ma prometto che piano, piano Gabriella riuscirà a
scoprire qual'è la sua vera personalità e a portarla a
galla ;P
Per miracolo sono riuscita davvero ad aggiornare prima dell'inizio
della scuola, ma purtroppo non so quando riuscirò a pubblicare
il capitolo 22... appena torno a scuola sono piena di verifiche e
interrogazioni... aiuto!! eheh!! Baci!!^^
Grazie mille, le vostre recensioni mi fanno molto piacere!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella
prossima puntata:
"Cosa significa che non le conosci?", chiesi.
"Non voglio che tu sappia troppo di quelle cose".
"Perchè?".
"Non ne voglio parlare. Non con te".
"Pensi che non capirei?".
"Penso che mi odieresti".
"Tu dici?".
"Sì".
Angel_R