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Autore: PeaceS    29/05/2015    4 recensioni
Sequel di 3.00am
Lord Voldemort sembra scomparso: nascosto nell'ombra e in attesa di recuperare le sue forze, ricorda ai suoi avversari sporadicamente la sua presenza. Sono passati due anni e le premesse di Angelique si sono avverate: lui non è nel pieno delle sue forze e Albus Potter viaggia ininterrottamente per trovare un modo - un piano - che possa salvarli tutti. Nel mentre, Chrysanta Nott ritorna, ma il suo cuore appartiene già a qualcuno.
Il tempo passa e la verità sta per venire a galla: la vera identità di Scorpius sta lottando per uscire e lei, nonostante cerchi di cancellare ciò che è stato, sa che non sarà così facile.
Jackie Alaia e Joanne Smith giocano con i morti e Dalton Zabini con un libretto che, due anni prima, aveva reso Lily un mostro senz'anima.
Alice Paciock è passata al lato oscuro e si dice che suo fratello, ora, sia in giro per Londra... a dissanguare innocenti - e cercare di evitare l'unica donna che avesse mai amato, Roxanne Weasley.
Lucy Weasley, invece, è sempre più vicina al suo destino. E tra Mangiamorte, Demoni e Angeli, sente il fuoco dell'inferno cercare di bruciarla da dentro.
Lucifero è dentro lei.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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I.

 

 

 

 

« Non è stato uno svenimento. »
Joanne Smith chiuse con un clic la sua borsa di pelle nera, lasciando il fonendoscopio al collo e sedendosi con un sospiro pesante sullo sgabello posto accanto l'isolotto d'acciaio nella cucina moderna di Lucy.
Era stata buttata giù dal letto alle cinque di mattina, le cinque, e si era preoccupata non poco quando aveva visto il pallore di Lucy e lo stato comatoso in cui era stata riversa per più di un'ora.
La guardò, accigliandosi.
« Ma certo che lo è stato. Ho avuto un capogiro e sono svenuta, tutto qua; sarà un semplice calo di zuccheri. » mormorò la ragazza dai capelli rossi, accettando di buon grado la seconda camomilla che le stava porgendo Jackie. Evitò il suo sguardo, concentrandosi sul liquido ambrato nel tazzone di ceramica tra le sue dita.
« La gente non resta svenuta per più di un'ora, Lucy, tranne se non ha subito danni celebrali. E tu non sei nemmeno caduta! » s'infervorò Joe, fulminandola con gli occhi neri e chiedendosi cosa avesse nel cervello.
Certo che non era svenuta. Lei esercitava la professione di medimaga da quasi due anni e sapeva riconoscere i sintomi di uno svenimento, punto.
« Mi dici perché l'hai chiamata? » sbottò la Weasley verso il fidanzato – trattenendosi dallo bestemmiare in Turco e soffiando sulla bevanda bollente.
Jackie roteò gli occhi, massaggiandosi le tempie con una smorfia sulla bocca; con mani tremanti si accese la sua tanto sospirata canna, tirando così forte dal filtro da soffocarsi quasi con il fumo.
« Perché questo tossico di merda è quasi morto d'infarto quando ti ha vista in quelle condizioni, cherie » cinguettò Dalton, che di stare tra le palle non smetteva mai.
La barba incolta sul viso, gli occhi sempre più chiari – la pelle più scura, il corpo sempre più possente. I lineamenti ora duri, più vicini a quelli di un uomo, fecero attorcigliare le viscere a Joe. Diventava sempre più poco suo e, quasi ironicamente, visceralmente e indissolubilmente suo.
Più lei lo allontanava – impaurita – più lui si avvicinava. Più le donne lo fissavano, lo apprezzavano, lo adoravano, più Joe innalzava un muro tra di loro e lui cercava di scavalcarlo – testardo.
« Almeno lei è un dottore... tu chi cazzo sei? La sua mascotte? » sibilò Lucy, incattivita, strappando un sorrisetto strafottente a Zabini. Questo fece spallucce ridacchiando, angelico.
« Questo coso » e qui indicò Jackie con il pollice, facendo fremere le narici « passa troppo tempo con Joe. Volevo solo controllare che fosse tutto apposto » se ne uscì, come se non avesse appena ammesso di pensare che la propria fidanzata lo tradisse con il suo, di fidanzato.
« Ma va all'inferno, Zabini! » sbottò Lucy – lasciando cadere la questione con uno sventolio di mano.
Va all'inferno, Zabini, aveva detto prima di rovesciare l'iride e annaspare pericolosamente.
Va all'inferno, Zabini, aveva detto prima di cadere nuovamente all'indietro – urlando con le mani portate alla testa. Di nuovo. Ancora.
Jackie l'afferrò prontamente, come un'ora prima, e guardò Joe con gli occhi intrisi di preoccupazione.
« C'è qualcosa che non va. C'è proprio qualcosa che non va e sono sicura al cento percento che lei ne conosce la causa. » bisbigliò Joe, aiutando Jackie a sdraiare Lucy su un fianco e fissandola con la fronte corrugata.
Cosa stava nascondendo con così tanta scrupolosità?
E, cosa più importante... perché lo stava nascondendo?

 

 

✞ ✞ ✞

 

Il Ministero della Magia Inglese era diventato – a detta dei funzionari più anziani e alcuni infiltrati che credevano il Ministro ed Harry Potter due stupidi – un vero e proprio “bordello”.
Tralasciando, anche se secondo il reliquos de populo non c'era proprio nulla da tralasciare, le modifiche all'edificio, il vero e proprio scandalo avveniva per il via vai incredibile delle persone.
Gli Auror reclutati da quasi tutto il mondo erano di un numero impressionante e le sezioni aumentate a vista d'occhio: se prima l'esercito non superava le cento persone, ora si parlava di cinquecento e passa Auror. Il Ministero era stato ingrandito e gli uffici moltiplicati. E il Ministro, del reliquos de populo, se ne strasbatteva le palle – così, detto in modo molto fine ed educato.
Comunque, quella mattina non tirava una buona aria – o almeno per il reliquos de populo – che ancora cercava cogliere falle tra i neuroni del nuovo Ministro.
Per esempio, Jhonatan Atwood era sempre stata una persona relativamente tranquilla e pacata e molto raramente aveva perso il controllo in ventisette anni di vita.
Incassava rifiuti, insulti e altre ridicolezze simili senza batter ciglio e quasi nulla riusciva – di solito – a scalfire la dura maschera di ferro che teneva posata sui lineamenti duri e impassibili del viso.
Di solito, quando capiva l'antifona o quando una missione era troppo difficile persino per una persona suadente come lui, lasciava semplicemente perdere con un'alzata di spalle e ritornava alla sua vita di sempre.
Di solito, non perdeva tempo dietro cose impossibili e ci rinunciava e basta – come se non ci avesse nemmeno provato.
« La mia proposta è più valida di tutte quelle merdate che lei, con tutto rispetto Signor Ministro, ha impilato maniacalmente una sopra l'altra » sibilò duro Jhonatan, mostrando un sorriso da iena e trattenendosi dallo sputare in faccia al caro Signor Ministro e andarsene con aria di trionfo.
Insomma, Atwood raramente perdeva il controllo – la rabbia era per gli sciocchi e lui certamente non lo era.
Ma...ma...
« A me, invece, caro Atwood, con tutto il rispetto, mi sono sembrate più sensate quelle merdate impilate lì che la sua proposta del cazzo » rispose Hermione Granger, versandosi del tè in una tazzina dipinta oro e argento e fissandolo con un sopracciglio scuro alzato oltre l'attaccatura dei capelli.
Ma...ma...
« E, sempre con tutto il rispetto, ora avrei cose più importanti da fare oltre che sentirti lamentare di una proposta rifiutata » continuò – ricambiando il sorriso e centellinando la bevanda con una calma snervante.
Ma Hermione Granger era capace di far perdere la pazienza anche ad un santo.
Ma porca di quella grandissima sozzona di Morgana! Quella maledetta della Granger era una spina nel fianco e se un giorno, il Lord Oscuro, gli avesse commissionato un omicidio nei suoi confronti... Jhonatan non ci avrebbe pensato su due volte: con la bacchetta alla mano si sarebbe catapultato al Ministero e avrebbe lasciato di lei solo un mucchietto di cenere ed ossa. Cenere e ossa che avrebbe portato a casa e conservato come trofeo.
« Mi sta gentilmente mandando a fare in culo, Signor Ministro? » domandò a denti stretti, corrucciando le sopracciglia grosse e nere e arricciando il naso aquilino.
« Oh, che perspicacia » cinguettò Hermione, congiungendo le mani sotto al mento e fissandolo con gli occhi bruni carichi di ironia.
Perché? Perché? Perché diavolo l'Oscuro Signore ci metteva tanto a compiere una strage?
E chi, chi aveva deciso che proprio lui doveva essere il burocratico della comitiva?
Erano o non erano un gruppo di famigerati assassini?
« Perfetto » sbraitò furioso, alzandosi in tutto il suo metro e novanta e cercando di non spezzarsi tutti i denti – uno dopo l'altro – per la rabbia.
Insomma, era una persona relativamente calma quando si trovava almeno a quaranta metri di distanza da Hermione Granger, il nuovo e stronzissimo e odiosissimo Ministro della Magia.
« Arrivederci e a mai più! » urlò, sbattendosi con forza la porta di mogano alle spalle e – fortunatamente, avrebbe detto – senza vedere il sorrisetto divertito che aveva increspato le labbra piene del nuovo e stronzissimo e odiosissimo Ministro della Magia.
Hermione finì di sorseggiare il suo tè alle rose, chiedendosi se davvero Lord Voldemort stesse sondando il terreno tramite quei soggetti idioti: credeva davvero che lei non sapesse del marchio nero impresso sul braccio di Atwood?
Lo sapeva mezza Londra che quell'idiota era passato al lato oscuro appena aveva saputo che le chiappe di Tu-sai-chi avevano assunto forma e vita umana.
« Ancora lui? »
Hermione alzò lo sguardo sull'uomo che aveva appena varcato la soglia, afferrando quelle merdate – come le aveva apostrofate gentilmente Atwood – e aprendosele sotto al naso con gli occhiali che le accarezzavano la punta del naso alla francese.
« Sì. Probabilmente è veramente così stupido da pensare che non mi sia accorta del suo tentativo di leggermi nel pensiero. O mi crede così sciocca da poter accettare le sue proposte di nuovi membri tra il consiglio degli anziani... senza anzianità » mormorò la riccia, scuotendo esasperata il capo e ignorando i riccioli ribelli che sfuggivano ripetutamente dalla crocchia severa che – quella mattina – aveva aggiustato già dieci volte.
« Vuole nuovi membri tra il consiglio degli anziani senza anziani? » borbottò Harry, soffermandosi sull'uscio della porta.
Sicuramente, quello era l'ufficio più inusuale che in passato, al Ministero, si era mai visto: se le pareti erano rimaste immutate, i colori rosso e oro – con i quadri di ragazzi dai capelli rossi, uomini in divisa e un altro con la testa bionda che quasi spiccava a contrasto con il resto – non lo era di certo.
La poltrona rosso carico, le sedie a forma di puff, il cestino pieno di carte...
« Vuole Mangiamorte in grado di prendere decisioni all'interno del Ministero della Magia. Peccato che Atwood abbia dimenticato che io sia sposata con un ottimo legiliments...e che in due anni, oltre a farci sesso, mi abbia anche impartito lezioni – molto utili devo dire » cinguettò Hermione, girando soddisfatta la pagina di uno che chiedeva addirittura l'abolizione della Gazzetta del Profeta.
Beh, non che fosse una cattiva idea...
« Fai sesso con Malfoy? » sbottò Harry James Potter, che a quarantanove anni suonati credeva ancora che la sua migliore amica – sposata oramai da due anni – non facesse sesso con il suo nemico secolare.
« No, giochiamo a scacchi » soffiò la Granger, ignorando il colorito giallognolo che aveva assunto il bambino sopravvissuto.
« Quì c'è gente che addirittura mi chiede la tua testa » ridacchiò frivola, quasi emozionata per l'incarico che era riuscita a guadagnarsi con una sola candidatura.
Sei ancora la strega migliore del secolo, mezzosangue, non ne sei fiera?”
Probabilmente Malfoy non l'aveva mai vista piangere in quel modo dall'emozione e non aveva nemmeno mai sentito così tanto dolore per uno scappellotto sulla nuca.
« Dov'è la novità? » domandò Harry, roteando gli occhi smeraldini e sedendosi sul puff rosso dietro la scrivania di mogano – proprio di fronte alla sua migliore amica, che lo stava ignorando alla bella e meglio.
Si accese la pipa di legno intarsiato che gli aveva regalato sua moglie un Natale prima ed Hermione lo fulminò con lo sguardo quando si accorse dell'odore sgradevole che stava appestando il suo ufficio.
« Aguamenti »
E benvenuta doccia mattutina! Harry Potter si ritrovò fradicio d'acqua dalla testa fino ai piedi: i jeans, la t-shirt bianca e il giubbotto di pelle nera cominciarono a gocciolare sul pavimento e lui fissò impassibile la donna seduta in un semplicissimo e sobrissimo tailleur color panna di fronte a lui.
« Sei impazzita!? » strillò, spettinandola con la forza dell'ugola.
Scrollò i capelli neri – ora striati di bianco ed Hermione rise, scuotendo il capo.
« No. Evita semplicemente di fumare quella roba nel mio ufficio! » ridacchiò, alzando gli occhi bruni al cielo.
Senza trucco, senza nulla che la rendesse diversa dall'undicenne che aveva conosciuto: solo le rughe d'espressione, qualche zampa di gallina ad invecchiarle il volto da eterna adolescente. Bella, con le gambe scoperte e le scarpe alte. Bella, con i riccioli ribelli che le coprivano il volto pallido – ma pur sempre stupendo.
« Albus è ancora in Romania. » lo informò, sospirando nel vederlo indurire la mascella e assottigliare lo sguardo smeraldino.
Si sedette, furioso e si scompigliò i capelli: a quarantanove anni suonati si sentiva un imbranato. Si sentiva poco padre, come quando si è alle prime armi e quel bambino tra le braccia di tua moglie è solo fonte di terrore.
Terrore di non essere abbastanza. Terrore di poterlo ferire. Terrore di non essere il padre che tu hai sempre desiderato per te.
« A fare cosa, maledizione! Vorrei sapere che cazzo fa ogni volta che parte e non si fa vedere o sentire per mesi e mesi! » ed Hermione insonorizzò la stanza prima che le sue urla si sentissero anche oltre oceano.
« È stato visto con ogni essere esistente sulla faccia della terra! Mannari, vampiri, demoni, fottuti alchimisti psicopatici e addirittura alcune Amazzoni! In che cazzo di guaio si è cacciato? » strillò ancora Potter, alzandosi con un tic nervoso e calciando la sedia dietro di sé.
La calciò con così tanta forza da romperla in mille pezzi – affannando e urlando parole senza senso.
Perché non parlava con lui? Perché Albus si era chiuso in quel maledetto guscio, escludendolo dalla sua vita?
« Sta cercando qualcosa, Harry. Le persone con cui ho parlato avevano paura... paura di dire cosa lui stava cercando – ma mi hanno detto che non sta stringendo amicizia con questi esseri così, per perdere tempo » disse la Granger, agitando la bacchetta verso la teiera e versando del té in una seconda tazza.
La spinse verso di lui e incrociò le dita sotto il mento.
« Tuo figlio sa qualcosa, Harry. Qualcosa che non vuole dirci, ma fondamentale » continuò il Ministro, guardandolo con gli occhi bruni determinati. Grandi. Belli. Battaglieri.
La sua leonessa... sempre pronta a combattere. Sempre pronta a sacrificarsi per gli altri.
Harry sospirò, distrutto e la donna – quando lui si accomodò sulla sedia magicamente aggiustata – gli accarezzò con dolcezza una mano, tranquillizzandolo.
« Albus non è uno stupido. Sai bene che è l'unico dei tuoi figli ad essere nato con un po' di sale in zucca e non credo che stia compiendo qualche sciocchezza. » bisbigliò, benevola e l'uomo non poté che concordare con lei.
Al non aveva né il temperamento impulsivo di James né la rabbia esplosiva di Lily: era un ragazzo molto coscienzioso e se stava facendo quello che stava facendo, oltre ad esserci un motivo valido, sicuramente non stava andando allo sbaraglio.
« Giù le mani, coccodé »
E Draco Malfoy fece la sua entrata trionfale, sbattendosi la porta di mogano alle spalle e trascinandosi appresso una cosetta minuscola – che scalciava a tutta forza.
« Oh, buongiorno anche a te, uccello della malora! » sbuffò Harry, allontanando la mano dalla Granger e afferrando di volata la bambina dalle mani del nemico secolare.
« Sciao, sio! » cinguettò quella, poggiando la manina sulla sua guancia e fissandolo con gli occhi grigi spalancati dalla gioia.
La stessa forma della mamma – grandi quasi da mettere paura – ma dello stesso colore del papà. Un grigio che confinava nell'azzurro, lo stesso azzurro che tanto tempo fa aveva impedito persino a Draco di riconoscere suo fratello.
I capelli erano ricci e bruni e le arrivavano sulle spalle piccole e fragili: Narcissa era magra come un chiodo, alta per la sua età – ma abbastanza lenta nel fare le cose. Harry cominciava a credere che avere Malfoy come padre cominciasse a mostrare i suoi frutti: la bambina aveva il gene della madre, certo, ma era stato completamente oscurato dal ruolo paterno di Malfoy.
« Ciao, principessa! Sai che diventi sempre più bella? » rise il Salvatore del Mondo magico, arruffandole la chioma e dandole un bacio veloce sulla guancia. La bambina rise – deliziata.
E certo. Solo gli stivali di quella bambina costavano quanto il suo vecchio stipendio da Auror, per non parlare della gonna di tulle bianca e la camicetta di seta verde. Sembrava proprio che a Malfoy piacesse spendere il suo patrimonio per lei – ed Hermione non metteva bocca, lasciandolo fare come se Narcissa fosse una bambola da acchitare e mettere in mostra e non una bambina di due anni.
« Che ti aspettavi? È pur sempre mia figlia. » e con un sogghigno Draco si passò le mani tra i crini biondi, causandogli un conato di vomito.
« Possibile che tu non riesca a prenderti cura di una bambina per due ore consecutive? » sbuffò Hermione, alzando gli occhi bruni al cielo e strappando un risolino ad Harry.
« Io? » sbraitò indignato Malfoy Senior, storcendo la bocca in una smorfia.
Lui. Pff, proprio a lui. Ma quella maledetta Mezzosangue sapeva quanto fosse faticoso mantenere quella piccola peste?
Non solo aveva per metà sangue Malfoy nelle vene – anche se non era suo, era pur sempre il suo stesso sangue – ma per metà c'era anche quello della Granger... ed era tutto dire!
Quella bambina era dispettosa, saccente, molesta, terribilmente dolce quando voleva e altrettanto fastidiosa se si metteva d'impegno e chissà perché – proprio non riusciva a capirlo – con lui quel caratterino si mostrava in tutta il suo splendore.
« Sì, proprio tu! » sbuffò la Granger, accarezzando il volto della sua bambina con tenerezza.
Insomma... era uscito da quell'ufficio nemmeno due ore prima e ora gliela riportava più schizzata di prima!
« Le ho fatto fare colazione e poi l'ho portata allo zoo... cos'altro dovevo fare quando si è messa ad urlare che voleva la sua mamma?
La gente cominciava a credere che fossi un pedofilo pervertito! » sbottò l'uomo ed Harry si trattenne dal dire che Malfoy, in passato, era stato un pedofilo pervertito. Anche se all'epoca aveva diciassette anni come la sua migliore amica.
« Sei un impedito. » sbottò la donna, firmando uno dei fascicoli aperti davanti al naso e afferrandone un altro.
Narcissa si era già accoccolata tra le braccia di Harry e Malfoy mise uno di quei bronci che, Hermione già sapeva, sarebbe sparito solo con del sesso riappacificatore.
Incrociò le braccia al petto e lo vide fissarla con gli occhi arrabbiati.
« Cosa? Cosa c'è? » urlò la Granger, spazientita ed Harry tossì – a disagio.
Okay, Malfoy era pur sempre il suo nemico secolare e lui godeva nel vedere la sua migliore amica trattarlo alla stregua di un Serpeverde rincoglionito dall'età... ma quando lui si arrabbiava, le loro liti diventavano furiose e a lui proprio non piaceva assistergli.
Tra moglie e marito, diceva sempre Ginny, mai mettere dito.
« C'è che non puoi trattarmi male solo perché tua figlia è insopportabile! »
E lì, Harry, seppe che stava per scoppiare una bomba; afferrò Narcissa di volata e uscì dall'ufficio prima di sentire lo schianto di una sedia che cadeva in mille pezzi contro un muro.
« Mia figlia non è insopportabile... ma a due anni è già più intelligente di te, visto che sa troppo bene come prenderti per il culo. Prima ti sfrutta e poi con due moine si fa portare da me! » sibilò la Granger – con il volto chiazzato di rosso.
Malfoy sogghignò, spaparanzandosi su un puff d'argento e ignorando i cocci di legno sulla sua testolina bionda.
« Calmati, leonessa. Mi serviva solo un modo per togliermi Potter dalle palle. » cinguettò melenso quella serpe, sbattendo civettuolo le ciglia e accendendosi una delle sue sigarette alla menta.
Hermione lo fulminò con lo sguardo.
« Sei un maiale schifoso. E spegni immediatamente quella cosa! » sbraitò il Ministro, portandosi le dita alle tempie e chiedendosi cosa avesse fatto di male nella vita per meritarsi un marito del genere.
Piagnucolò, esasperata.
« Non parlavo di sesso, anche se l'idea di farlo su quella scrivani...» iniziò Malfoy, venendo interrotto da un'occhiata assassina dalla sua dolcissima mogliettina.
« Scordatelo. » lo troncò in netto, strappandogli un sospiro.
Dolcissima un corno! Quella quando voleva era peggio della Mcgranitt.
E con quello aveva detto tutto.
« Comunque – continuò, allargando le narici – ho fatto quella cosa che mi avevi chiesto... » disse vago, guardandosi con nonchalance le unghia curate e suscitando nella moglie un odio profondo. Quasi come quello che li portava alle mani ai tempi di Hogwarts.
Stronzo con manie di grandezza, pensò con stizza, togliendosi gli occhiali dal naso e fissandolo in attesa.
« Non mi chiedi nulla? » domandò Draco, angelico, dopo un minuto di silenzio tombale.
La Granger subì un tic nervoso all'occhio destro.
« Dove vuoi che appenda il tuo pene, tesoro? Nella nostra camera da letto, nel salone o proprio qui, in ufficio? Esposto in una teca di vetro, come monito a tutti coloro che in futuro avranno coraggio di sfidarmi... » mormorò, stucchevole, godendo nel vedere suo marito sbiancare rapidamente.
Ora, Draco, aveva proprio il colorito di un cadavere.
« Ho parlato con Ross e stamattina non era molto felice. Sembra proprio che la Paciock sia entrata nelle grazie dell'Oscuro Signore e questo non va giù a chi si è fatto il culo solo per fare in modo che lui si fidasse. » iniziò, aspirando dal filtro dalla sigaretta nonostante la minaccia precedente.
Accavallò le gambe e annuì allo sguardo preoccupato che sua moglie gli rivolse.
« Dicono che abbia conoscenze sulla magia oscura che travalicano persino quella di alcuni prediletti dell'Oscuro e alcune delle stragi sporadiche che sono avvenute nell'ultimo anno siano proprio opera sua. » continuò l'ex Serpeverde, creando alcuni rivoli di fumo con le labbra sottili.
Hermione si passò una mano sulla faccia: com'era possibile? Come, come poteva qualcuno che aveva vissuto nella loro stessa casa e combattuto al loro fianco tradirli senza alcun rimorso o risentimento?
Come poteva Alice Paciock uccidere innocenti, quando due anni prima aveva ucciso per fare in modo che non accadesse?
« E ci sono novità anche su Potter. »
Hermione alzò gli occhi di scatto e li incatenò a quelli del marito, seri e gelidi. Le sue iridi erano due pozze ghiacciate e lei rabbrividì – come non le capitava da anni in sua presenza.
« Potter Junior è nella merda, Granger. Mi dici cosa cazzo si è cacciato in testa? » sibilò, ora duro.
Nonostante fosse figlio di chi da adolescente gli aveva reso la vita un inferno, Draco aveva stabilito un legame con i più piccoli dei Potter che aveva sorpreso persino lui; se considerava Lily un vero portento e quasi perfetta per suo figlio, Albus per lui era diventato un cucciolo da difendere.
Piccolo e mingherlino com'era, con gli occhioni da cucciolo e la sbadataggine che era tutta di Harry undicenne, aveva risvegliato in lui un lato paterno che – con l'autonomia e l'indipendenza di Scorpius – aveva quasi dimenticato.
« Di cosa stai parlando? » domandò Hermione, che tutto d'un tratto sembrava invecchiata di dieci anni.
Draco sospirò, stanco.
« Sta stringendo amicizia con persone che non sono proprio raccomandabili, Hermione. Una notte si ritrova a dormire con i demoni e il giorno dopo pranza con un druido.
Si trova tra gli esperimenti degli alchimisti e intento a cercare di catturare Marid e Jinn come se ne valesse la sua vita.
Mi hanno persino detto che nelle prime ore del mattino, dalle foreste della Romania sembra che sia passato al Venezuela, per chiedere di incontrare i Coronado – la famiglia di vampiri che detiene il potere in tutto il Sud-America. » mormorò, spegnendo con stizza la sigaretta nella tazza dove minuti prima aveva bevuto Harry.
Stava cercando informazioni, dopo quelle parole Hermione ne aveva la conferma. Le persone con cui era venuto a contatto, non avevano meno di duecento e passa anni ed esperienze e conoscenze secolari alle spalle.
« Non è solo, vero? » domandò la donna, poggiando il mento sulle mani congiunte e cominciando a vedere chiaro.
Draco scosse il capo.
« No, certo che no. Ogni tanto, quando si crede solo e con una rarità impressionante, parla con una donna. Il mio informatore non è mai riuscito a vederla in faccia, dice che è sempre coperta da un mantello nero e spesso – anche se sono nei pressi del deserto e all'ombra ci sono quaranta gradi. » disse Malfoy, suscitandole uno strano vuoto allo stomaco.
Perché le cose si facevano sempre più difficili? E perché nel mezzo ci si trovava proprio Albus, che a malapena aveva partecipato alla battaglia distruttrice di due anni prima?
I misteri s'infittivano e diventava tutto sempre più complicato. La guerra li aveva cambiati così radicalmente e si erano quasi messi gli uni contro gli altri.
Merlino, in che guaio si erano cacciati?
« È a Londra! » e Roxanne Weasley entrò come un tornando, tallonata da Harry e la sua segretaria. Una segretaria non molto efficiente, visto che lì dentro entravano tutti quanti senza alcun permesso.
« Non sono riuscita a fermarla, signor Ministro, mi dispiace! Ho cercato di dirle che stamattina non riceveva visite e che il signor Potter e il signor Malfoy erano un'eccezione, ma non ha voluto ascoltarmi! Mi ha scavalcata ed è entrata... » piagnucolò Jassie, rischiando di far colare il trucco nero dagli occhi.
Eppure ai colloqui sembrava così professionale e addetta al lavoro che voleva offrirle – rivelandosi alla fine troppo debole per respingere, oltre i visitatori molesti, anche l'intera famiglia Weasley.
« Non importa, Jassie, torna alla tua scrivania. » sbuffò Hermione, vedendola annuire e portarsi una ciocca di capelli biondo grano dietro l'orecchio.
« Sì, signora. » mormorò, dileguandosi nella sua camicia bianca e nei suoi pantaloni neri e classici.
Hermione fulminò Roxanne con un occhiata.
« Dammi un buon motivo per cui ti sei catapultata qui, Roxie o giuro che avrai uno di quei richiami che ti scorderai di andare in missione per i prossimi tre mesi. » sibilò, stizzita.
Non voleva comportarsi in quel modo, ma doveva. I ragazzi dovevano capire che sì, lei era pur sempre della famiglia, ma aveva un ruolo e come tale dovevano rispettarlo.
« Lui è a Londra. » annaspò Roxanne, pallida sotto l'incarnato color moka.
Lui è a Londra. Hermione la guardò – sorpresa.
« Ne sei sicura? »
Come poteva non esserlo? Era da quando se n'era andato che cercava informazioni su di lui e dopo mesi che sembrava essere diventato invisibile, aveva cominciato a far parlare di sé per la scia di sangue che si lasciava alle spalle.
Franck. Il suo piccolo e adorabile Franck.
Era lì, a Londra, magari a pochi passi da lei e Roxanne avrebbe mosso mari e monti per ritrovarsi faccia a faccia con lui.
« Rox... Franck non è quello di una volta e io non posso mandarti nella Tana del lupo come nulla fosse e poi c'è una questione molto importante che non credo tu possa dimenticare. » la riprese Hermione, afferrando Narcissa per le braccia e issandosela sulle gambe.
« Quale sarebbe, di grazia? » disse tra i denti, con la divisa d'Auror quasi stropicciata per la furia con cui l'aveva infilata.
Era lunedì ed era il suo giorno libero, ma appena le era arrivata quella telefonata... “lui è quì”, non aveva potuto fare altro che lasciare Aaron dormire nel letto e correre lì, dall'unica persona che poteva fornirle i mezzi necessari per raggiungerlo.
« Aaron. » rispose la Granger e Roxanne sbatté con violenza le mani sulla sua scrivania, facendo sobbalzare Narcissa e arrivando ad un solo metro dal suo viso.
« Me ne strabatto le palle di Aaron, Hermione. Può fare quello che cazzo gli pare, non mi riguarda. Ho solo bisogno di questa maledetta missione. » affannava, spezzettando le frasi e guardandola con gli occhi iniettati di sangue.
Aveva bisogno di ritrovarsi faccia e faccia con lui, quella era la verità. Aveva bisogno di constatare ancora una volta che mostro fosse diventato – come l'amore fosse sparito una volta morta l'anima.
« Non posso, Roxanne. Sei troppo coinvolta e lo sai bene. » Hermione fissò la nipote con sguardo deciso, ma sentiva le mani tremare sui fianchi della sua bambina, tranquillamente rannicchiata sul suo grembo.
« Bene, signor Ministro, allora mi scusi il disturbo! » sogghignò Roxanne, ironica, simulando un mezzo inchino e scuotendo i lunghi capelli bruni.
Uscì a passo di carica, nel silenzio più totale ed Hermione guardò Harry con un moto di comprensione.
« Farà da sola, ne sono sicura. Parla con Aaron e pregalo di starle alle calcagna... quella ragazza ha la testa così dura e si caccerà in un guaio più grosso di lei.
Franck non è più lo stesso e non esiterà a farle del male appena se la ritroverà davanti. » sospirò verso il suo migliore amico, massaggiandosi le tempie e chiedendosi cosa avesse fatto di male nella vita per meritare tutto ciò.
Harry le accarezzò con dolcezza il capo e sorrise, incoraggiante. « Lui le vuole davvero bene, Hermione. Sai che Aaron farebbe di tutto per proteggerla e sono sicuro che le impedirà di fare qualche sciocchezza » bisbigliò, annuendo alle sue stesse parole.
Fortunatamente, Aaron Krueger faceva parte dei cacciatori, l'ultima categoria aggiunta da Hermione. Donne e uomini venivano addestrati unicamente per uccidere, bloccare e combattere vampiri e lupi mannari e naturalmente, Roxanne si era allenata notte e giorno per entrarci.
Lì aveva conosciuto Aaron, ventinove anni e un immensa gioia di vivere. Era stato amore a prima vista da parte di lui... e un ottimo rimpiazzo da parte di lei – che vedeva in lui un passato che non riusciva a dimenticare.
Harry uscì dall'ufficio del Ministro, lasciando moglie e marito da soli e si affrettò ad entrare nell'ascensore che lo avrebbe condotto al quinto piano, dove si trovava la sezione di Aaron.
Era incredibile come quel ragazzo riuscisse ad ignorare i consigli delle persone e badare solamente al bene di Roxanne. Lui la amava in un modo dolce, gentile – che a lei ricordava il piccolo Franck.
« Pà. »
James gli sputò mezza ciambella al cioccolato in faccia quando lo salutò, entrando in ascensore con la divisa perfettamente ordinata e i capelli castani ritti in testa. Come sempre.
« Grazie per avermi lavato la faccia. Tua madre non ti dice sempre di non parlare con la bocca piena?
Non per maleducazione, caro James, ma per fare in modo che il tuo interlocutore non si ritrovi il cibo da te masticato spiaccicato sulla fronte! » sbraitò Harry, passandosi la manica del giubotto sulla faccia e guardandolo con aria schifata.
James sogghignò.
« Sfusa. » borbottò ancora, il cibo metà tra le gengive e l'altra metà ancora sulla faccia di suo padre.
Potter Senior alzò le mani al cielo, chiedendosi tra sé e sé cosa avesse fatto di male per meritarsi un figlio del genere.
« Mi chiedo tu da chi abbia preso. » sbottò, guardandolo di traverso attraverso gli occhiali rotondi.
James lo indicò con il mento, ostentando quel ghigno irrisorio sulla bocca sottile e suscitandogli l'orticaria.
Tse. Altro che lui. James era uguale al suo omonimo ed Harry cominciava a sentirsi come Piton.
« Ma stamattina ti sei pettinato i capelli? Sembra che tu abbia messo le dita nella presa della corrente! »
L'ascensore si aprì e James sorseggiò tranquillamente il suo caffè al caramello, sorridendo pacioso e seguendo il padre lungo il corridoio di marmo.
« Io... ma a quanto sembra nemmeno tu ti sei guardato allo specchio, prima di uscire. » ridacchiò il ragazzo, beandosi dell'acidità che procurava a suo padre di prima mattina.
« Sparisci, mentecatto. » sibilò Harry, spalancando la Sala meeting dei cacciatori e alzando gli occhi al cielo nel ritrovarsi più di duecento occhi puntati addosso.
« E voi così vi allenate? » borbottò, portando le mani ai fianchi e guardando con occhio critico quella banda di scansafatiche.
Chi se ne stava spaparanzato sui divanetti accatastati ad ogni angolo della Sala, chi fumava sul tavolo di cedro lungo parecchi metri, chi si rollava le canne sotto le finestre – dopo lunghe battaglie da parte di Hermione, ora vere – e chi sul palco innalzato proprio al centro della stanza sfogliava distrattamente riviste scandalistiche o porno cinesi.
« Oh, salve signor Potter! » Laurie Sheeley scattò sull'attenti, scuotendo la lunga chioma di capelli neri e guardandolo con gli occhi scintillanti e la mano sulla fronte a mo' di saluto militare.
« Ciao, Laurie... » ricambiò Harry, grattandosi imbarazzato la nuca e cercando di non guardarla in viso.
Laurie Sheeley. Laurie Sheeley era diventata la spina nel fianco di Ginny Weasley quando con la magia si era rinchiusa con suo marito in uno sgabuzzino e aveva cercato di violentarlo.
Oh sì, Laurie era cinquantasette chili di solo culo. Rigorosamente afroamericana, con la bocca carnosa e gli occhi straordinariamente verde foglia, era diventata la donna più odiata dalle donne di casa Potter\Weasley.
« Cercavo Aaron. » mise immediatamente in chiaro Harry, guardando tutto interessato il pavimento.
Laurie assunse un espressione delusa. « Oh. » disse solamente, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi – che fino a poco tempo prima aveva tenuto strette dietro la schiena per accentuare la scollatura profonda.
Harry arrossì ancora.
« Salve, signor Potter! » Aaron Krueger venne illuminato da una luce angelica ed Harry si appuntò mentalmente di ricordarsi di baciarlo sulla fronte appena fossero stati soli.
Salvezza mia!
« Proprio te cercavo, cucciolo! »
Alto un metro e ottanta per settantacinque chili, era stato soprannominato dalla sezione dei cacciatori proprio “cucciolo” per gli occhioni neri che ammansivano anche il più cattivo dei vampiri e la dolcezza che usava con chiunque – anche con il re dei stronzi.
« Ne sono felice. » cinguettò quello, sorridendogli pienamente e strappandogli un sospiro d'angoscia.
Non lo sarebbe stato ancora a lungo. Aaron sapeva di vivere nell'ombra di Franck e non faceva nulla per uscirne.
« Mi dispiace, Aaron. » mormorò a voce bassa, facendo in modo che solamente lui potesse sentirlo.
Krueger sentì il cuore venirgli meno e capì immediatamente cosa intendesse dirgli il signor Potter.
« È tornato... » bisbigliò ed Harry annuì, dispiaciuto.
Era tornato. Lui era tornato.
E il cuore gli si fermò definitivamente nel petto.

   
 
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