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Autore: PeaceS    24/04/2015    5 recensioni
Sequel di 3.00am
Lord Voldemort sembra scomparso: nascosto nell'ombra e in attesa di recuperare le sue forze, ricorda ai suoi avversari sporadicamente la sua presenza. Sono passati due anni e le premesse di Angelique si sono avverate: lui non è nel pieno delle sue forze e Albus Potter viaggia ininterrottamente per trovare un modo - un piano - che possa salvarli tutti. Nel mentre, Chrysanta Nott ritorna, ma il suo cuore appartiene già a qualcuno.
Il tempo passa e la verità sta per venire a galla: la vera identità di Scorpius sta lottando per uscire e lei, nonostante cerchi di cancellare ciò che è stato, sa che non sarà così facile.
Jackie Alaia e Joanne Smith giocano con i morti e Dalton Zabini con un libretto che, due anni prima, aveva reso Lily un mostro senz'anima.
Alice Paciock è passata al lato oscuro e si dice che suo fratello, ora, sia in giro per Londra... a dissanguare innocenti - e cercare di evitare l'unica donna che avesse mai amato, Roxanne Weasley.
Lucy Weasley, invece, è sempre più vicina al suo destino. E tra Mangiamorte, Demoni e Angeli, sente il fuoco dell'inferno cercare di bruciarla da dentro.
Lucifero è dentro lei.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Il trillo del Diavolo

 

 

« Io non credo in Lucifero. »
Peccato. Perché lui crede in te.

 

C'era una melodia, nell'aria. Una musica così dolce e armoniosa da rapirle il cuore e lo sguardo – ora impegnato a fissare l'uomo al centro del parco innalzato di fronte a lei.
Le sue dita si muovevano leggiadre sul violino di cedro scuro e un sospiro le sfuggì dalle labbra: quello era esattamente il trecentosessantacinquesimo giorno di fila che si ritrovava in quel teatro dalle pareti d'oro massiccio e i tendaggi di un forte rosso porpora.
Trecentosessantacinque giorni in cui le poltrone allineate una dopo l'altra non avevano cambiato forma o erano state occupate da qualcuno che non fosse lei.
Trecentosessantacinque giorni in cui quell'uomo vestito di nero le suonava un'opera diversa ogni volta, ispirandosi a grandi violinisti Babbani.

Le uniche luci che illuminavano la sala provenivano dalle sue spalle – da una fonte che non era mai riuscita ad identificare – e quel volto era sempre rimasto celato nel buio: nascosto ai suoi occhi e lasciandola quasi brancolare nell'oscurità
« Sei mia » e con quelle parole la musica cambiò, diventando cupa e triste.
Lucy Weasley indietreggiò di un passo, intimorita e l'uomo sul palco rise – facendola tremare per quel suono acuto e quasi straziante.
Trecentosessantacinque giorni e come sempre l'opera cambiò e divenne macabra, folle, irosa, terrorizzandola fino a strapparle il respiro.
« Solo mia » e l'uomo aggiunse note a quelle originarie – modificandone la bellezza e rendendola quasi letale.
Trecentosessantacinque giorni e i suoi occhi neri come l'inferno vennero illuminati dal fuoco, mentre la terra tremava sotto i suoi piedi e le sue urla diventavano inudibili.
« Ora. Ora è scaduto il tempo e tu... e tu sarai irrimediabilmente mia.
Eternamente mia » un tono basso, graffiante – umano, ma parallelamente e mortalmente disumano.
Quella voce le accarezzava le membra come il miele la gola, rapendo ogni papilla gustativa per il suo sapore quasi abusivo e facendo accapponare la pelle per il troppo, per l'eccesso di stucchevolezza di cui era famoso.
Come l'eccesso di perfezione che traspariva da ogni singola parola. L'eccesso di assurdo, di mostruosità, che rappresentava anche la più piccola molecola dell'essere che le si poneva davanti.
Non aveva mai in vita sua sentito o visto niente di simile e in quel momento, come negli altri momenti che le era concesso di vederlo, le sembrava di ritrovarsi dinnanzi a qualcosa, qualcuno, di ultraterreno: non poteva addurre un termine diverso da quello o fornire altra spiegazione.
Lui non era né angelico né demoniaco.
In realtà non sapeva nemmeno se lui fosse reale o frutto della propria immaginazione: Lucy sapeva solo che ogni notte lui le suonava qualcosa che parlava di amore. Morte. Dramma. Pazzia.
L'Orlando Furioso terminò in un modo totalmente diverso e Lucy si svegliò di scatto prima di essere inghiottita dalla voragine che si era aperta ai suoi piedi: seduta, al centro del letto, urlò.
La camicia da notte le si era attaccata alla pelle tanto aveva sudato, ma si ritrovò ugualmente a tremare – con la testa tra le mani e i capelli che le coprivano il volto, pallido.
Trecentosessantacinque giorni che sognava, ininterrottamente. Appena chiudeva gli occhi la musica iniziava e quell'uomo cominciava a tormentarla, cercando di strapparle la lucidità.
Mai, mai in vita sua aveva sofferto di insonnia o aveva avuto sogni così molesti: era un anno oramai che non godeva di una dormita ristoratrice e le giornate stavano diventando sempre più pesanti.
« Ennesimo incubo? »
Qualcuno si mosse al suo fianco e il fruscio delle lenzuola la fece sobbalzare appena – con una mano sul cuore galoppante.
Lucy si spostò i capelli madidi di sudore dagli occhi azzurri cerchiati di nero e annuì, esausta. Scalcio le coperte e rabbrividì quando toccò con i piedi nudi il parquet di legno, ora gelido.
« Come se fosse una novità » sbottò acida, alzandosi di scatto e ignorando il sospiro alle sue spalle.
Si diresse verso la finestra spalancata e Jackie girò il capo verso di lei – sbadigliando rumorosamente e scompigliandosi i capelli castani.
« Che ore sono? » borbottò, stropicciandosi gli occhi e cercando di riprendere lucidità.
« Le cinque »
Voglio morire. E anche in modo molto doloroso. E voleva anche dormire.
Ma da quando viveva con Lucy era impossibile anche fare quello.
Voglio morire, ripeté mentalmente – rilasciando un gemito esasperato e cercando di soffocarsi con il cuscino sulla faccia.
« Camomilla? » borbottò, stiracchiandosi e guardandola issarsi sulla panca sotto la finestra e sporgersi con il viso fuori – all'aria fresca. Come se non riuscisse a respirare.
« E cannetta » rispose la rossa, socchiudendo lo sguardo e tenendosi in bilico con le braccia ancorate al marmo.
Jackie sospirò. Il rapporto tra lei e Lucy era pressoché indescrivibile.
Si amavano. Si odiavano. Facevano sesso con la stessa frequenza con cui si lanciavano oggetti e alternavano i baci con le botte. L'alcool con l'erba. La lucidità con le lacrime.
Si amavano. Si odiavano.
« Sei ancora qui? » sbraitò Lucy, trafiggendolo con un occhiata gelida e beccandosi in risposta un « sto andando. Sto andando, cazzo! » con tanto di piedini sbattuti per terra.
Si amavano. Si odiavano. Senza domande e risposte. Con tutto e niente.
Lucy afferrò il pacchetto di sigarette Babbane sul ripiano di marmo della finestra e si sedette sulla panca – accendendosene una.
Erano passati due anni da quando Hogwarts era finita e ognuno di loro aveva preso la propria strada: chi, più o meno, aveva raggiunto i propri obiettivi – o realizzato i suoi sogni – e di Voldemort nessuna traccia.
Due anni e tre attacchi in croce, sentiti appena, come se volesse solo ricordare loro che lui esisteva. Stava nascosto – tranquillo, ma c'era e pesava sulle loro teste come una pesantissima spada di Damocle.
Aspirò dal filtro e ricacciò indietro il fumo, creando una piccola nuvola dinnanzi a sé prima che si dissolvesse.
Mia
Lucy subì un violento capogiro e si aggrappò alla mensola di marmo, rovesciando la pupilla e annaspando pericolosamente.
Tic tac. Lo senti?
È il tempo, sta scorrendo. E mi sta portando da te” respirò quella voce nell'aria – strappandole un singhiozzo.
Era impossibile. Era la stessa voce del sogno, ma lei non stava dormendo, ne era sicura; aveva gli occhi spalancati, il cuore in tumulto e il respiro bloccato in gola – ma non stava dormendo.
« No. No! » strillò, portandosi le mani alla testa esasperatamente.
“Dormi, amor mio” soffiò ancora quella voce infernale – celestiale – mentre lei sentiva la testa vorticare sempre di più.
« No... » gemette la rossa, sentendo qualcosa di bagnato rigarle le guance.
Si toccò lo zigomo e socchiuse gli occhi. Stava piangendo. Ed era sveglia.
E lui le stava parlando.
Dormi” bisbigliò ancora e lei sentì le forze venirle meno sempre di più.
Era terribilmente e nauseamente sveglia. E lui era lì – lo sentiva, lo percepiva.
Urlò ancora e prima che cadesse all'indietro, perdendo i sensi, sentì il suono di cocci infranti e due braccia stringerla, impedendole l'impatto con il suolo.

 

   
 
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