Un passaggio per l'Oriente
In
seguito a quanto era accaduto il giorno precedente in quel mare, la
comparsa dell'Olandese, l'affondamento del galeone spagnolo, l'arrivo
della nave della Compagnia delle Indie Orientali, Barbossa e gli
altri non si sentivano tranquilli, al punto da decidere di rimandare
le ore di sonno per restare in allerta.
Will
non perse l'occasione per parlare da solo con l'antico nemico che
ancora stentava a considerare un alleato.
-
Mastro Turner, non vi hanno assegnato una cabina? - gli
domandò
quello non appena lo vide comparire al suo fianco con l'aria di uno
che non sapesse bene cosa fare in quel momento.
-
Sì, ma non è abbastanza grande – gli
comunicò
il ragazzo.
-
Vi aspettavate un letto matrimoniale?! - ribatté il pirata
con
tono irriverente. Il giovane restò interdetto e offeso da
quella battuta che metteva in dubbio il suo onore, così
replicò con voce stizzita: - Io ed Elizabeth non siamo
sposati!
-
Oh...e allora? - continuò l'uomo con la stessa intonazione
di
prima. Will comprese che ci provava gusto a vedergli perdere la
pazienza, perciò preferì cambiare immediatamente
discorso e atteggiamento: - Mi diceste che ho ancora tante cose da
imparare di questo mondo . Sono pronto ad ascoltarvi –
affermò
incrociando le braccia.
“Ne
avreste davvero tante”pensò Barbossa non capendo
come mai se
quei due erano stati ad un passo dalle nozze, sembrava che cercassero
di evitarsi invece di stare insieme.
-
Chiedete pure, allora – disse poi mostrandosi disponibile
anche se
un po' sospettoso per le possibili domande che quel pirata in erba
gli avrebbe rivolto.
-
Quel consiglio della Fratellanza...come facciamo a riunirlo? - fu la
prima questione da lui mossa.
-
Cantando una canzone – si limitò a proferire il
capitano.
-
Una canzone?! - esclamò Will dopo qualche secondo sentendosi
preso in giro. Gibbs, che era nel frattempo sopraggiunto
iniziò
a cantare: - Yo oh, la gloria corre nell'aldilà, nel volto
vivo o morto lei ti seguirà...
Neanche
nei suoi sogni più assurdi avrebbe mai immaginato di
trovarsi
in una situazione simile: dovevano affrontare una potente flotta
guidata dall'Olandese Volante richiamando in aiuto altri pirati
(quelli che sarebbero scampati alla persecuzione attuata dalla marina
britannica!) mettendosi semplicemente a cantare! E cosa avrebbero
potuto fare poi tutti insieme, ammesso che si fossero realmente
trovati d'accordo?Non sarebbero stati mai organizzati e validi come
gli esperti soldati arruolati sulle navi della marina britannica e
della Compagnia delle Indie Orientali! Avrebbe voluto esternare tutte
queste considerazioni ma non gli sembrò utile farlo in quel
momento, per non far vacillare il già fragile equilibrio che
si era creato tra lui e quei filibustieri. Voleva inoltre credere che
avessero qualche idea per sperare tanto di riuscire a sbaragliare gli
avversari, o comunque , di sopravvivere.
-
Inizieremo a cantare a Tortuga? - chiese con poca convinzione.
-
Se farete tutto quello che vi ordino ci saranno buone
possibilità
di riuscita – dichiarò Barbossa scrutandolo con
sguardo
diffidente . Il giovane reagì facendo cenno di sì
con
la testa, tenendo gli occhi bassi e i denti stretti.
Durante
quella notte e nel giorno successivo soffiò un forte vento,
nonostante il mare fosse calmo, che conferì all'imbarcazione
una velocità maggiore del previsto, tanto che, dopo appena
un
giorno e mezzo di navigazione, fu avvistata la sagoma dell'isola di
Tortuga. Era primo pomeriggio quando Marty, appollaiato sull'albero
più alto, comunicò alla ciurma l'avvistamento,
rompendo
il silenzio che regnava a bordo e inducendo l'equipaggio ad
affrettare le operazioni necessarie all'approdo e all'ancoraggio.
Will,
non sapeva bene perché, aveva la sensazione che in tutto
ciò
c'entrasse in qualche modo quella donna misteriosa che si faceva
chiamare Tia Dalma, che Barbossa aveva portato con sé
apparentemente senza un motivo e con la quale si appartava a
discutere evitando che le loro parole giungessero alle orecchie degli
altri. Si era fermato a guardarla mentre tirava fuori dalla
scollatura dell'abito un grande ciondolo metallico a forma di cuore,
quando fu scosso dalla voce del Capitano : - Andate a chiamarla voi
Miss Swann o preferite che mandi qualcun altro?
-
Vado io – affermò scendendo velocemente
sottocoperta.
Proprio nelle scalette incrociò la ragazza: - Siamo arrivati
–
le comunicò.
-
Sì, l'ho sentito – rispose lei distogliendo lo
sguardo verso
il boccaporto, al che lui la fece passare e continuò a
scendere. Elizabeth si interrogò sul perché lo
avesse
fatto dato che,una volta sul ponte, si era accorta che erano
già
tutti lì, ma tanto ormai erano giorni che il suo
comportamento
le appariva insolito. Era come se fosse tormentato da un qualcosa di
cui non le voleva parlare e non poteva fare a meno di pensare che si
trattasse di suo padre: incontrarlo dopo tanti anni aveva
probabilmente riaperto in lui un dolore che a lungo aveva tentato di
trascurare per costruirsi una vita onesta e serena. Stava a lei in
quel momento consolarlo, rassicurarlo, ma non riusciva più a
guardarlo negli occhi dopo quello che aveva fatto: gli aveva mentito,
aveva agito con la mentalità egoista e opportunista di un
vero
pirata, proprio quel genere di condotta che Will odiava. Lui aveva
salvato Jack dalla forca, rischiando la vita e la libertà,
dopotutto; lei, invece, lo aveva lasciato al kraken, con l'inganno
per di più. Mentre ripensava a ciò, tremando per
il
rimorso e la rabbia, il fidanzato risalì rapidamente e come
una furia si scagliò contro Barbossa: - Dove sono finiti?
-
Prego? - rispose quello cadendo dalle nuvole e accarezzando la
scimmietta.
-
Dove sono quei marinai? - ripeté con sdegno.
-
Abbiamo dovuto alleggerire il carico – si
giustificò il
filibustiere con una espressione tra l'ironica e la dispiaciuta che
lasciò sia Will che Elizabeth scioccati. Il pirata colse il
loro sgomento e aggiunse: - Se volete stare dalla nostra parte non
dovete avere scrupoli a togliere di mezzo ogni possibile ostacolo!
La
giovane aristocratica si sentì molto colpita da quelle
parole:
rispecchiavano quello che aveva pensato nell'istante in cui con un
bacio aveva incatenato Jack all'albero maestro per evitare che la sua
presenza potesse mettere a rischio la vita sua e di Will.
-
E quei marinai costituivano un ostacolo per voi? - domandò
Turner con disprezzo.
-
Mettiamola così: adesso nessuno sa che siamo a Tortuga
–
spiegò con tranquillità il Capitano e nessuno si
schierò dalla parte del fabbro.
Tortuga
era sempre lo stesso porto di mare infestato da delinquenti di ogni
sorta, uomini, giovani e vecchi, senza futuro, menomati, ubriachi,
reietti e donne, ora elegantemente vestite, ora dai costumi volgari,
che vendevano il loro corpo anche in pieno giorno. L'aria era
appestata dall'intenso odore dell'alcol e del sudiciume, le stradelle
ricoperte da una spessa melma marrone e viscida in cui quella
gentaglia talvolta riposava, senza curarsi minimamente della propria
salute.
I
nove appena sbarcati si trovarono ad attraversare quelle vie
maleodoranti e brulicanti di ladri, taglia gola e donnacce che
cercavano di ostacolare il loro cammino con proposte e minacce che
essi evitarono finché giunsero ad una baia semi deserta dove
erano ancorate poche barche e un veliero dalla colorazione
sgargiante, probabile bottino di un arrembaggio.
-
Io vado a negoziare per la nave, voi pensate al resto –
stabilì
Barbossa.
-
Dobbiamo rubare? - domandò Elizabeth.
-
Se questi non vi basteranno, sì – rispose il
pirata
lanciandole un sacchettino di cuoio che una volta aperto si
rivelò
pieno di pietre, gioielli e qualche moneta. A Ragetti, Pintel e Gibbs
si illuminarono gli occhi alla vista di tanto luccichio.
-
Voi farete a modo vostro – li ammonì il Capitano,
così
si formarono due gruppi, uno composto da Pintel, Ragetti, Cotton e
Marty e l'altro formato da Will, Elizabeth, Tia Dalma e Gibbs. Questi
ultimi camminarono insieme per qualche metro non vedendo attorno a
loro altro che bettole, ostelli e uomini che spingevano carretti con
pesce e carne, così che, stanco e nauseato da quel posto,
Will
si decise a chiedere: - Signor Gibbs dove dobbiamo andare per trovare
un po' di armi e vestiti di ricambio?
-
Sinceramente, ragazzo, io conosco solo le taverne di questo luogo
–
affermò facendolo sbuffare; voltandosi si scontrò
con
una donna con ricci capelli rossi, un trucco accentuato e un vestito
verde scuro con ricami gialli: - Ciao! - lo salutò con
enfasi,
guadagnandosi lo sguardo ingelosito di Elizabeth.
-
Ti ricordi di me? - continuò quella appoggiando una mano
alla
spalla sinistra del giovane e sbattendo le ciglia.
-
No, mi dispiace; deve avermi scambiato per qualcun altro –
obiettò
imbarazzato.
-
Non è vero!Sei stato qui poco più di una
settimana fa.
Cercavi Jack Sparrow. Lo hai trovato poi? - gli chiese la donna
accompagnando le sue parole con molteplici moine.
-
No, non l'ho ancora trovato, signora – si ritrasse Turner
allontanandosi.
-
Bé, neanche qui è più venuto
– dichiarò
quella con tono dispiaciuto – Comunque io sono sempre a
disposizione – disse ancora. Will fece improvvisamente dietro
front
sotto lo sguardo contrariato della fidanzata e tornò dalla
donna chiedendole: - Voi vivete qui, giusto?
-
Sì – affermò lei con aria interessata,
alzandosi il
corsetto.
-
Allora sareste in grado di indicarci chi potrebbe venderci armi,
abiti e provviste? - la sollecitò con tono speranzoso.
-
E tu cosa mi daresti in cambio? - fu la sua replica mentre lo
squadrava dalla testa ai piedi. Elizabeth prese cinque penny e li
mise in mano alla donna che già l'aveva infastidita sin
troppo
con il suo atteggiamento provocante nei confronti del fidanzato: -
Questi vi bastano? - quella li contò e li
conservò
dentro il bustino, poi parlò: - Proseguendo sempre dritto
fino
ad una locanda che si chiama “Pecora nera” girate a
sinistra, poi
a destra e troverete chi vi aiuterà. Si chiama Bruce lo
Storpio. Desiderate altro?
-
No, grazie. Ci è stata utilissima! - concluse Gibbs con un
inchino e un sorriso, copiato da Will, quindi i quattro si
allontanarono seguendo l'indicazione ricevuta e in pochi minuti
giunsero ad una casupola che cadeva a pezzi e apparentemente vuota.
Mastro Gibbs batté il pugno sulla porta pronunciando il nome
suggerito dalla donna incontrata e allora si avvertirono dei rumori
dall'interno e apparve un uomo, non molto alto, robusto, con i
capelli grigi, lunghi ed estremamente sporchi che si reggeva su una
stampella, essendo privo della gamba sinistra.
-
Quanto avete con voi? - esclamò non appena uscì
fuori.
Elizabeth nascose la sacca e sé stessa dietro Will che
ribatté: - Dipende da quello che avete voi. Ci occorrono
nove
pistole, dieci spade, molte munizioni e anche vestiti.
-
Di qua – si limitò a dire l'uomo rientrando in
casa. I
quattro lo seguirono e videro che in realtà quella non era
una
casa ma solo una facciata perché all'interno c'era una vera
armeria con tanto di fabbri al lavoro e armi accatastate un po'
ovunque. Gibbs, Will ed Elizabeth cominciarono a scegliere ognuno la
propria sciabola mentre Tia Dalma restò impassibile al
centro
del cortile in cui i raggi del sole trapelavano dalle fessure del
soffitto realizzato con tavole di legno. Messo da parte quanto
serviva, i pirati si apprestarono a pagare lo Storpio.
-
Se mi lasciate le donne vi posso dare anche tutta la baracca. Lo
sapete quanto mi fruttano?Non ce ne sono così belle qui! -
propose questo ridacchiando sguaiatamente.
-
Anche se ti uccido ora posso ottenerla – lo
minacciò Will
con il pugnale alla gola, dopodiché gli sganciò
due
pietre e se andò insieme agli altri tenendo stretta a
sé
Elizabeth per un braccio. La ragazza era sempre più stupita
da
quanto stesse cambiando quel timido fabbro che una volta stava sempre
con gli occhi bassi e usava un tono pacato con chiunque; il suo nuovo
temperamento la affascinava e allo stesso tempo la impauriva: come
avrebbe reagito di fronte alla sua dichiarazione di colpevolezza per
la morte di Sparrow? Nel dubbio si strinse a lui guardandolo di tanto
in tanto senza riceverne l'attenzione e continuarono a camminare
così
sottobraccio fino a quando arrivarono alla baia dove avevano lasciato
Barbossa. Poco dopo li raggiunsero anche Pintel, Ragetti, Cotton e
Marty, carichi di cassette contenenti bottiglie di liquore, carne
essiccata e barattoli con altro cibo sottolio o sottaceto. Il maturo
filibustiere, nonostante tutta la sua abilità nel convincere
gli interlocutori ad assecondarlo, sembrava non fosse ancora giunto
ad un accordo definitivo con il proprietario della nave, col quale
ancora stava discutendo animatamente.
-
Non capite?E' una questione di vita o di morte! Bisogna unire i nove
pezzi da otto! - gli sentirono gridare. Tia Dalma strappò
dalle mani di Elizabeth il sacchettino con monete e pietre preziose e
, ponendosi tra Barbossa e l'uomo con cui questo stava parlando, gli
disse con voce suadente: - Non ci vedrete neanche, capitano –
porgendogli il borsellino con il contenuto bene in vista. Al che
l'uomo sorrise: - Capitan Claude Dumont, al vostro servizio, madame
–
facendole il baciamano. Barbossa alzò gli occhi al cielo e
poi, per non farsi vedere un po' irritato con la sacerdotessa che
aveva d'un colpo buttato via tutti quei preziosi, rivolse un finto
sorriso a quel pirata francese e aiutò gli altri a caricare
quanto avevano preso sulla nave di questo che si chiamava Tempete.
Una volta tornati a bordo anche i suoi uomini, Dumont fece salpare il
veliero; concluse le manovre di partenze i marinai iniziarono a
scrutare uno per uno gli ospiti facendo commenti che non riuscivano a
capire dato che parlavano in francese. Il che metteva in agitazione
Pintel e Ragetti che temevano qualche scherzo nei loro confronti, non
meno di Will che invece temeva per Elizabeth dato che, pur essendosi
vestita da pirata, aveva comunque attirato l'attenzione di quelli a
bordo. Per questo cercò di non perderla di vista restandole
accanto e con le dita pronte ad impugnare la spada o la pistola che
teneva entrambe appese alla cintola, insieme al pugnale.
-
Venite qui monsieurs! - lo richiamò il capitano Dumont
assieme
a Barbossa e lui controvoglia lo raggiunse. Quell'uomo sulla
cinquantina con la pelle olivastra, i capelli lunghi fino alle
spalle, grigio scuri e lisci, baffi sottili e lunghi e un vestito
composto da pantaloni verde chiaro, gilet rosso, camicia bianca e
giacca giallo ocra, era l'unico a parlare un po' di inglese, seppur
intervallandolo con parole della propria lingua. Mentre si avvicinava
al timone Will chiese a Barbossa perché li avesse
interpellati
entrambi e quello rispose: - Così non avrete a ridire che vi
nascondo qualcosa, come avete fatto le altre volte – il
ragazzo non
seppe se credergli o no, ma comunque lo seguì.
-
E a proposito di misterì, posso sapere il vostro nome,
monsier? - domandò il capitano che aveva udito il dialogo
tra
i due.
-
William Turner – replicò quello e il francese
ripeté
il nome con il suo accento. Poi cominciò: - - - Vi faremo
sbarcarè a Maracaibo e da lì poi potete
proseguire via
terra per Panamà, come avete sgià
stabilitò –
disse mostrandogli la posizione della località citata sulle
carte.
-
Tutto qui! - proruppe il ragazzo aspettandosi un discorso assai
più
lungo.
-
Oh, la vostra pulzellà: meglio non stia sottocoperta da
sola.
Non posso garantirvi nulla...- sostenne il filibustiere con
espressione ambigua.
-
Che vuol dire? - esclamò preoccupato il giovane.
-
I miei uomini: sono sensibili al feminin charme...Sto schersando, mon
amì!State tranquillo, monsier Turner. Eravate voi a mettere
paura ai mie marines, piuttosto! Con tutte quelle armi in vista! Mi
sono venuti a dire che stava per esserci un ammutinamento!
-
Non succederà nulla di questo, capitan Dumont – si
intromise
Barbossa, timoroso che il passaggio ottenuto potesse saltare per
colpa di quel mozzo sospettoso che non capiva come comportarsi in
determinate situazioni, lasciandosi prendere solo dalle proprie
preoccupazioni.
-
Lo spero per voi, Barbossà: siamo noi in maggioranza qui
–
concluse Dumont lasciandoli andare. Il redivivo pirata voleva
rimproverare privatamente il fabbro per averli messi a rischio di
passeggiata sull'asse, ma quando si girò quello non era
più
sul ponte, a differenza degli altri uomini del suo gruppo che stavano
collaborando con i marinai francesi. Per non dare ancora più
nell'occhio rinunciò a cercarlo e si affacciò al
parapetto insieme alla scimmietta.
Will
venne a sapere da Gibbs che la fidanzata era stata sistemata in una
cabina accanto a quella del Capitano e, nonostante le rassicurazioni
di quello, volle lo stesso controllare di persona che stesse bene,
senza però farle capire che l'aveva cercata di proposito.
Bussò alla porta ed entrò: lei era seduta su uno
stretto letto ricoperto da un pesante drappo azzurro e la cabina
aveva altri pochi mobili tra cui un piccolo armadio in legno chiaro,
una poltrona di velluto viola e uno specchio opaco con una cornice in
bronzo. Dopo una rapida occhiata all'ambiente si rivolse alla
ragazza: - Mi dispiace, non sapevo fossi qui – si
scusò.
-
Sono appena arrivata – affermò accingendosi a
sistemare le
poche cose che aveva portato fra l'armadio e dei ganci che pendevano
dal soffitto.
-
Andrò a sistemarmi in un'altra cabina – le disse
facendo per
andarsene.
-
No – fermò lei – Voglio dire:non credo
che ce ne siano
altre libere. Puoi restare qui – gli propose - Mi sono
sentita così
sola in questi giorni. - concluse con voce flebile sperando di
convincerlo a rimanere e parlare.
-
Ti manca? – le domandò lui senza guardarla,
dandole le
spalle.
-
Si,molto. Forse avrebbe potuto aiutarci – il fabbro
serrò i
pugni e si girò;
-
Ne dubito – dichiarò con tono scettico.
-
Dubiti di mio padre? - gli chiese offesa, al che Will cercò
di
correggersi: - Dubito che glielo avrebbero permesso – lei
abbassò
la testa. La gelosia ormai gli aveva annebbiato la mente:non aveva
pronunciato il nome di Jack Sparrow facendole quella domanda, eppure
aveva pensato che lei stesse parlando proprio di quel pirata. Si
avvicinò alla ragazza poggiandole una mano sulla spalla.
Elizabeth vagheggiò che volesse aprirsi con lei ma
restò
delusa quando gli sentì dire: - Vado a chiamare Tia Dalma.
Ti
farà compagnia lei – concluse per poi uscire dalla
stanza.
“Cerchi di ricomporre i pezzi, ma hai saputo distruggere in
pochi
giorni quello che avevamo costruito in tanti anni”
pensò
Turner risalendo sopra coperta. Lì trovò Gibbs
che
beveva dalla sua bottiglietta tascabile e qualche altro marinaio
francese intento a governare le vele.
-
Dov'è lui? - disse rivolgendosi a Gibbs.
-
Barbossa?È stato invitato dal Capitano a cenare con lui - lo
informò. - Non vi fidate ancora?
-
Ha gettato mio padre nell'oceano, e io questo non lo dimentico
–
sostenne Will con rabbia – Voleva uccidere anche me per
liberarsi
di quella maledizione, come potrei avere fiducia nei suoi confronti?
-
Bé...vedi Will...fra pirati le alleanza si stringono e si
rompono con facilità, a seconda della situazione –
spiegò
il marinaio – E in questa situazione Barbossa è il
migliore
alleato che potesse capitarci. È astuto, abile e conosce
bene
le rotte che dovremmo seguire.
Il
ragazzo a quelle parole si rassegnò: d'altronde senza la
guida
di quel filibustiere non avrebbe saputo cosa fare, come muoversi in
quel mondo che stava cambiando in fretta ed era pieno di insidie.
Così, approfittando della buona disposizione di Gibbs a
parlare e della momentanea assenza di Barbossa, si risolse a chiedere
al bonario marinaio dei chiarimenti circa un argomento che lo
lasciava ancora perplesso: - Cosa sapete dirmi del consiglio?
-
La Fratellanza? - l'uomo domandò sottovoce, il ragazzo
annuì.
- La sua origine si perde nel tempo delle prime esplorazioni del
nuovo continente – iniziò mantenendo la voce bassa
e un tono
misto di mistero ed entusiasmo. Will capì, conoscendolo, che
probabilmente la metà delle cose che avrebbe riferito
sarebbero corrisposte al vero, lo ascoltò comunque con
attenzione.
-
Stanchi delle continue guerre, delle epidemie e delle ingiustizie,
alcuni uomini coraggiosi decisero di vivere sul mare, liberi,senza
leggi, senza Stato, senza padroni. La scoperta di giacimenti d'oro e
d'argento e di altri prodotti sconosciuti aveva alimentato la
presenza di navi nel mar dei Caraibi,spagnoli, portoghesi, olandesi,
che divennero facili prede degli avventurieri del mare. La presenza
di navi pirata cominciò a preoccupare non poco anche gli
inglesi e fu così che Henry Morgan, uno dei più
grandi
filibustieri di tutti i tempi, capì che l'unico modo per
evitare uno scontro in cui avrebbero vinto le marine del vecchio
mondo, era inventare un sistema di regole che tenesse uniti fra loro
i pirati in caso di pericolo per la loro esistenza: il codice. Si
dice che sia custodito alla Baia dei Relitti, il luogo in cui si
terrà il consiglio della Fratellanza...
Mentre
Gibbs raccontava comparvero sia Barbossa che Tia Dalma e si fermarono
alle spalle dei due ad ascoltare. Will li notò ed ebbe paura
che il capitano lo sgridasse ancora una volta per aver fatto domande
scomode, invece quello gli sorrise e si allontanò con la
donna
a braccetto.
- Vuoi
sapere la storia del primo consiglio? - lo richiamò il
marinaio vedendolo distratto. Ma poi udì il brontolio dello
stomaco del ragazzo e allora cambiò domanda: - Vuoi mangiare
qualcosa? - data l'insistenza del pirata al suo rifiuto, alla fine
accettò di seguirlo sottocoperta.
Ciao a tutti!Ecco il quarto capitolo, annuncio a tutti i lettori che siamo giunti a metà storia. Grazie a stelly sisley e a tutti gli altri che hanno letto, mi farebbero piaceri altri commenti. Qui c'è un personaggio nuovo di mia invenzione che riserberà alcune sorprese...se volete sapere leggete il prossimo capitolo che spero di pubblicare presto, anche se ora sarà più difficile perchè devo dare alcuni esami.
Ancora un saluto e , visto che è la prima volta che pubblico nel 2009, buon anno a tutti!