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Autore: SabrinaSala    31/05/2015    23 recensioni
Il proiettile lacerò l’aria. Poi la carne.
Sorpreso, André si portò una mano al petto. La giubba blu intrisa di sangue.
-Oscar… - mormorò in un soffio. E in quel nome c’era tutto. Dolore, sgomento, paura… Paura di perderla. Adesso. Di perdere lei, la sua vita… Dopo averla finalmente trovata - Oscar… - ripeté.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Saint-Just, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13 – Sguardi
 
-Il tuo nome è André Grandier. Soldato della Guardia in forza alla mia brigata. E sei il mio uomo. –
La voce vibrante di Oscar saturò l’aria tra i loro respiri. Il suo sguardo, fermo, non lasciava adito a dubbi in merito alle parole appena pronunciate.
Serge alleviò la stretta alle braccia di lei senza tuttavia lasciarla andare.
Immobile, il mento leggermente alzato e proteso come in un’affermazione di se stessa e del proprio orgoglio, Oscar sembrava una statua estremamente sicura di sé. In realtà, tremava… Tremavano le sue labbra sottili, il suo cuore, le sue gambe.
Istintivamente, Serge la soffocò in un abbraccio ardente e liberatorio. Un braccio attorno alle spalle, una mano a stringere la nuca all’altezza del collo, come ad accoglierla completamente.
-André – mormorò lei in un soffio.
Lui la strinse ancora più forte.
-Ripetilo! Ripetilo ancora… - mugolò inspirando profondamente il profumo di quella donna capace di fargli perdere la testa. -Voglio crederti.  Voglio crederti Oscar… Ne ho bisogno. Altrimenti non potrei spiegarmi  tutto questo! – L’emozione spezzava la voce di quell’uomo alto e forte, mentre i loro corpi aderivano perfettamente come due parti dello stesso insieme.
Poi si staccò suo malgrado. Sciogliendo Oscar da quell’abbraccio assoluto.  Cogliendo la quasi impercettibile reticenza di lei a lasciarlo andare. Riportò lo sguardo nei suoi occhi lucidi. Aggrottò la fronte.
-Voglio crederti, Oscar… Ma ho bisogno di sapere… -
Lei annuì.
Rivelargli il suo nome… confessargli il loro passato… non era stato sufficiente a riportare a galla la sua coscienza sopita. Ne era consapevole. Un primo passo, forse, ma non la soluzione.
In poche parole gli raccontò gli ultimi avvenimenti e i motivi che avevano spinto Madame a sostituirlo alla figura del figlio prematuramente scomparso. 
-Quindi Eloise… -
Oscar scosse leggermente il capo, senza aggiungere  altro e André rispettò il suo silenzio.
-Ho ascoltato le tue parole, Oscar… - mormorò infine, con la fronte aggrottata. – Ma non è cambiato nulla. Non ricordo nulla. Questo lo sai. –
Oscar sostenne il suo sguardo. Parole, pensò, sono soltanto parole adesso per te.
-Quel diario… - domandò inaspettatamente André.
Lei annuì ancora. Non sapendo cos’altro aggiungere.
Lui strinse gli occhi, tra il sorpreso e l’interrogativo. Quelle pagine sofferte parlavano di un amore profondo e non corrisposto. Mentre lei lo aveva definito il “suo uomo”. Cosa gli nascondeva, ancora?
Ma non dovette chiedere spiegazioni, perché leggendo le domande sospese nel suo sguardo, Oscar rispose:
-Ci ho messo molto tempo a capire quanto fossi importante per me. Gli ultimi avvenimenti, non ti hanno lasciato il tempo di scrivere… forse… - ammise – ma sono stata tua, André. Una notte, una notte soltanto. Ma sono tua… -
Sussultò.
La mano di André l’aveva afferrata dietro la nuca e avvicinata pericolosamente al volto.
Le loro labbra si sfiorarono, in quello che sarebbe potuto essere un bacio, se solo avessero voluto,  portandola a socchiudere gli occhi sotto la spinta irrefrenabile di una stretta allo stomaco.
-Oscar! – mormorò lui con voce roca – Non mi devi nessuna spiegazione, Oscar… non adesso, almeno! – la guardò negli occhi trafitti dalle lacrime . -Vorrei amarti… amarti come meriti. Come l’uomo di quel diario ama la sua capricciosa musa. Come io devo averti amata… -  
Il sentimento che li univa era dirompente. Nonostante l’amnesia, nonostante una coscienza perduta forse per sempre.
André inspirò profondamente, cercando di trattenere la propria urgenza e il battito impazzito del cuore.
-Cosa succede, adesso, Oscar? – domandò mettendo il proprio presente e futuro nelle mani di quell’irresistibile ufficiale biondo.
Il suo passato era già stato suo, evidentemente.
 
***

Eloise sostava sulla soglia della veranda. Gli occhi persi nel buio oltre il cortile.
Alain si alzò dalla poltrona che aveva occupato e si portò al suo fianco. La mani affondate nelle tasche.
-Un discorso lungo… - commentò.
Eloise volse lo sguardo nocciola a trafiggerlo, poi si addolcì. Era stanca.
-Parlatemi di lei. – domandò inaspettatamente.
Alain sgranò gli occhi, poi se ne uscì in una risata, gettando indietro la testa.
Eloise lo squadrò, forse per la prima volta. Alto, moro, di bell’aspetto. Rude ma innegabilmente affascinante.
-Voi l’amate. - affermò.
Alain si zittì repentinamente e riportò lo sguardo in quello di quell’ impertinente inquisitrice.
-Madamigella Oscar è il mio comandante e la donna del mio migliore amico. – si schemì.
Lei lo trafisse con l’ennesima occhiata intensa.
-Non mi avete risposto… -
La sagoma di Oscar, emergendo dall’ombra, pose fine a quella surreale conversazione. Dietro di lei, Serge.
Eloise e Alain rimasero colpiti dai loro sguardi e dalle ombre che li attraversavano.
-Si è fatto tardi, Alain… E’ ora di andare. – disse Oscar fermandosi sulla soglia.
Il fremito che percorse Serge non passò inosservato.
Eloise sollevò il mento, serrando le labbra, prima di invitarla con un gesto ad entrare perché uscissero dalla porta principale.
Oscar chinò leggermente il capo in un cenno di ringraziamento e precedendo tutti attraversò il salottino per trovarsi nell’ingresso e poi di nuovo nel cortile. Alain la seguì a breve distanza, considerando quel tour della casa una sciocca perdita di tempo, ma rispettando quella che, evidentemente, era l’etichetta. Qualcosa tra Oscar e Serge era cambiato. Ne era certo. E quando i due si salutarono, prima che Oscar svanisse inghiottita dall’abitacolo della piccola carrozza, ne ebbe la conferma. Nella delicatezza di lui, nell’offrirle la mano come appoggio, era svanita l’incosciente intraprendenza di Serge. E prima di salire in cassetta, lanciò uno sguardo alla bruna Eloise, ferma dalle spalle dell’uomo, chiedendosi se avesse capito di aver perso Serge per la seconda volta…
 
***
 
Il profumo di Oscar era ancora lì. Intatto. Come se l’avesse ancora tra le braccia. Ad ogni movimento, si sprigionava dal tessuto della sua camicia. Fermo davanti alla finestra, una mano stretta alla tenda scura e l’altra intenta a trattenere il diario nel quale aveva cercato disperatamente risposte.
Socchiuse le palpebre e si concesse un sorriso cinico. Sofferenza! Era solo sofferenza quella che sentiva. Quella che gli arrivava dalle pagine di quel libretto e quella che provava adesso. No! Non era solo sofferenza.... Ma una forte attrazione che gli torceva impietosa le viscere.
Possibile un tale trasporto? Sollevò la mano che stringeva il diario e gli gettò un’occhiata. Evidentemente sì! Provò una forte invidia per l’uomo che lo aveva scritto.  André Grandier… l’uomo di Oscar. Oscar François de Jarjayes. Un’ombra scura gli attraversò lo sguardo. La differenza di classe, forse, il temperamento e l’educazione di lei. Questo aveva loro impedito di amarsi?
Il lieve tocco di nocche sulla porta chiusa lo distrasse da quei pensieri.
-Avanti. – mormorò voltandosi.
Eloise apparve sulla soglia. Entrando, si trascinò dietro un fruscio di gonne che infranse il silenzio.
-Non dormite ancora, Serge? - esordì.
-Nemmeno voi. – rispose lui soppesandone la figura snella e piacente. Poi schiuse di nuovo le labbra per parlare ma lei lo precedette.
-Quella donna vi ha raccontato la sua versione, non è così?-
Lui annuì.
-E voi credete a lei più che a me. – continuò Eloise avvicinandosi. –Somigliate a Serge più di quanto credete… - mormorò con la voce leggermente incrinata dall’emozione. Poi gli sfiorò le labbra con un dito.
-Non dite nulla, vi prego… - lo guardò. –Concedetemi ancora qualche giorno. Poi io stessa vi aiuterò a riprendervi la vostra vita. –
 
***
 
Alain recuperò il bicchiere vuoto di Oscar. Poi la bottiglia sul bancone.
Le lanciò un’occhiata. Poi distolse lo sguardo, benedicendo l’intuizione che lo aveva indotto a farle indossare la propria giubba. La pelle candida di lei avrebbe attirato uomini come mosche.
Attorno a loro, gli avventori di quella bettola sembravano invece non prestare troppa attenzione a quel biondo damerino dall’aria stravolta. Ma era forse la presenza di quel gigante bruno a intimorirli e a consigliar loro di girare a largo.
Oscar se ne stava arrampicata su quello sgabello come un elfo sul tronco di un albero. Mai creatura sarebbe stata più fuori luogo in quel posto. Pensava Alain seduto al suo fianco.
Si alzò.
-E’ ora di andare, comandante… - la esortò.
Lei sorrise. Evidentemente un po’ alticcia.
Quando l’adagiò sul sedile della carrozza, sfiorandole la fronte per scostare una ciocca ribelle, domandò:
-Non potevate portarvelo a casa, stasera?
Oscar gli aveva raccontato tutto. Come un fiume in piena. Non le aveva mai sentito pronunciare tante parole una dietro l’altra. Era euforica, carica, eppure terribilmente tesa.
Stringendosi nella giacca blu del soldato e sollevando su di lui gli occhi azzurri, dall’angolo del sedile dove si era rintanata, accentuò il sorriso malinconico  che ora le giocava sulle labbra.
-Noi non abbiamo una casa… - mormorò.
   
 
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