Film > The Big Four
Segui la storia  |       
Autore: gingersnapped    31/05/2015    2 recensioni
Hiccup Horrendous Haddock III era tutto fuorché orrendo, come invece suggeriva il suo nome
Merida Dunbroch era una ragazza non convenzionale.
Jackson Overland Frost era il tipico adolescente che si nascondeva dietro una maschera
Rapunzel Corona era di una bellezza che rasentava la perfezione.
Questa però, non è una raccolta d’amore. Questa è una raccolta di come questi quattro amici si innamorarono –e alcuni scoprirono più tardi di esserlo già in precedenza. Questa è una raccolta di giorni normali resi speciali da momenti e da parole, oppure da un semplice gesto.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida, Rapunzel
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Mericcup



Strane abitudini 



Hiccup non era abituato a molte cose. Non era abituato, ad esempio, ad accompagnare la tazza calda di caffè con i biscotti , oppure ad avere un dialogo con il padre, o ancora ai saggi assurdi del professor Pitch. Quell’uomo sembrava divertirsi nell’assegnare loro, piccoli e indifesi alunni, saggi impossibili, a cui mettere come voto finale una (meravigliosa) F piena di ghirigori. Rimase ancora più sorpreso quando quella volta vide una A sul suo compito, il voto più alto che avesse mai preso con quel professore. Al suo fianco Merida sospirò per l’ennesima F. Il professore camminò tra i banchi con aria compiaciuta, per poi fermarsi davanti a Hic.
“Congratulazioni, signor Haddock”, disse con la sua tipica voce cavernosa, molto bassa.
“Grazie”, fece di rimando il moro, balbettando. Merida guardò sospettosa l’amico, e quando il professore si allontanò, ne approfittò per tempestarlo di domande.
“Cos’hai scritto?”, chiese inizialmente, ma vedendo che il ragazzo la ignorava (cosa che non sopportava) s’infastidì.
“Hic!”, lo richiamò, dandogli un pizzicotto. Il moro si girò, esalando un breve lamento, e alzò gli occhi al cielo, come a voler ringraziare qualcuno di averlo reso così calmo e paziente. Merida, dal momento che l’amico ancora non rispondeva, spalancò la bocca oltraggiata, vedendosi costretta a  strappargli il compito dalle mani e leggerlo.
“Che stai facendo?”, chiese lui, guardandola di sbieco con i suoi occhi verdi.
“Sto cercando di scoprire quale sia l’invenzione che può dare maggiori benefici per l’umanità”, rispose lei, iniziando a leggere il saggio di Hiccup con grande interesse. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, curioso anche lui di sapere cosa avesse scritto la rossa per meritarsi una F, e prese in mano il suo compito, cercando di decifrare la sua scrittura disordinata. Andando avanti nella lettura, Hiccup si mise a ridere, facendo diventare rossa quanto i suoi capelli la ragazza.
“Che c’è da ridere?”, domandò, sbuffando. Hiccup rise di più.
“Scusa”, riuscì a dire tra le risate, “ma è assurdo. Perché inventare una macchina che zittisca i genitori dovrebbe dare maggiori benefici per l’umanità?”
“Credimi, li darebbe.”
Hiccup fece spallucce, cercando di rimanere serio ma scoppiò nuovamente in una risata.
“Oh, andiamo!”, esclamò Merida, zittendosi quando il professore le lanciò un’occhiata ammonitrice.
“Dimmi cos’hai scritto tu per prendere una A.”
“È facile. Gli antisettici”, rispose Hiccup, e dato lo sguardo non propriamente convinto di Merida fu costretto a spiegare. “Tutte le misure igieniche. Joseph Lister, 1895. Prima degli antisettici non c’era igiene, specie in medicina. Quindi la gente moriva per le infezioni post-operatorie la cui percentuale era altissima.”
Merida continuò a guardarlo concentrata, gli occhi acquamarina fissi sui suoi verdi. “Quindi.. il sapone?”, chiese infine. La spontaneità e la semplicità con cui la ragazza lo disse fece sorridere Hiccup.
“Sì”, confermò, “il sapone.”
“La mia invenzione era più originale”, commentò, restituendogli il compito. “Avrebbe potuto mettermi almeno una D”, disse la rossa, sperando che per l’ennesimo brutto voto la madre non decidesse di non farle fare più tiro con l’arco o equitazione. Hiccup fece una strana espressione, guardandola attentamente con i suoi caldi occhi verdi (solo quelli di Hiccup riuscivano ad infonderle quello strano calore, al contrario di quelli di Rapunzel che sembravano pieni di luce) ma non disse nulla. La ragazza, sentendosi in imbarazzo, arrossì vistosamente, abbassando lo sguardo.
“Che c’è?”, soffiò, mostrandosi irritata.
“Non so come dirtelo”, incominciò lui, fissando un punto imprecisato dell’aula, e suscitando in Merida quel pizzico di curiosità che le fece posare gli occhi nuovamente su di lui, “ma il professor Pitch insegna fisica. Come pensi che una macchina che zittisca i genitori potrebbe interessargli?” 
La rossa arricciò il naso, vedendo che Hiccup sembrava molto divertito da quella situazione.
Oh, andiamo!
“Potrei iniziare a picchiarti”, disse lei, dimenticandosi completamente della lezione e degli sguardi del professore.
“Non lo faresti mai”, commentò lui, sicurissimo. Si conoscevano da sempre.. non avrebbe osato, giusto?
“Oh, si che lo farei. E lo sai.”
“Signorina Dunbroch”; ad interromperli fu proprio il professore che, avvicinandosi di soppiatto li aveva colti completamente disattenti. “Visto il suo pessimo voto e la sua cattiva condotta..”
“Cattiva condotta?”, ripeté la ragazza, bofonchiando ciò in direzione di Hiccup che si limitò ad alzare le spalle, non sapendo esattamente cosa rispondere.
“..le assegnerò un tema extra da svolgere a casa. Lo sviluppo del progresso dal XVIII secolo fino ai nostri giorni. Buon divertimento”, concluse il professor Pitch, aggiungendo un sorriso forzato alla fine del discorso. Merida era ancora rimasta scioccata: dopotutto non stava facendo nulla di male!
“Professore, cos’ho fatto di male?”, chiese lei, non nascondendo nella voce un certo tono di accusa. Il professore la guardò attentamente e con aria curiosa, come se fosse la prima alunna a ribattere ad una delle sue punizioni.
“Stava distraendo il signor Haddock.”
“Professore, in realtà stavamo parlando insieme”, disse con voce flebile (pure fin troppo) Hiccup. Merida lo guardò soddisfatta, come se il moro avesse fatto la cosa giusta nel parlare in sua difesa, ma quando volse il suo sguardo al professore, vide che questo sorrideva ad Hiccup in un modo fin troppo inquietante.
“Non mi interessa”, sibilò, evidenziando queste parole. Merida sbuffò, già rassegnata al prendere un’altra F.
Appena il professore si girò, Hiccup ne approfittò per ridere sommessamente.
“Oh, piantala.”


 
Jackunzel



Ricordi

 
 
Rapunzel fece un piccolo sbadiglio, spegnendo la televisione con l’unica mano libera. L’altra, infatti, era intrappolata tra le braccia di Jack, che le dormiva accanto. E seduto accanto a Jack, dormiva Hiccup, in una maniera molto più composta rispetto all’albino. Merida arrivò in quell’esatto momento con le coperte, e le posò delicatamente sui due ragazzi quando Jack appoggiò la sua testa sulle ginocchia di Rapunzel, la quale ne approfittò per liberarsi il braccio. La rossa sorrise della scena, sedendosi nel divano vicino.
“Ricordi?”, chiese semplicemente lei, mentre Rapunzel cominciava ad accarezzare i capelli di Jack con delicatezza.
“Cosa?”
“Quando ci siamo conosciuti tutti quanti.”
“Come non potrei”, rispose sussurrando la bionda, tornando indietro con la memoria fino a qualche anno fa.

Era il primo giorno di scuola del primo anno del liceo e si sentiva profondamente sola. Si era appena trasferita, e tutti i suoi amici non erano lì con lei, e quell’edificio così imponente le faceva paura. Rimase ferma, lì davanti, mentre tutti entrarono, anche i ritardatari. Due ragazzi, un maschio e una femmina, attirarono la sua attenzione, forse perché accidentalmente l’avevano urtata.
“Scusami”, le disse qualche secondo dopo la ragazza, proprietaria di una voluminosa chioma rossa. “Andiamo Hic, di questo passo arriveremo domani a scuola”, commentò subito dopo, rivolta al ragazzo dietro di lei che camminava tranquillamente.
“Chissà perché”, replicò il ragazzo sarcasticamente subito dopo, alzando gli occhi –verdi esattamente come i suoi- al cielo, e rivolgendole un sorriso di cortesia quando le passò accanto.  
Dopo che anche questi ultimi ritardatari entrarono, Rapunzel rimase sola. Non se la sentiva di entrare e le gambe, che non la smettevano di tremare, non rispondevano ai suoi comandi.
“Non entri?”, le chiese qualcuno, e la bionda sobbalzò.
“C-come scusa?”, fece lei, torturandosi una ciocca dorata e girandosi verso la fonte della voce. Era un ragazzo con i capelli sorprendentemente chiarissimi, sembravano bianchi e candidi come la neve, e degli occhi magnetici blu.
“Non entri?”, ripeté quello, alzando le sopracciglia e indicando la scuola, come se la ragazza non fosse in grado di capire.
“Io non..”, cercò di rispondere lei, ma il respiro le si strozzò in bocca, impedendole di continuare. Il ragazzo, notando la ragazza in preda del panico, aggrottò le sopracciglia, confuso.
“Sta’ tranquilla”, disse semplicemente. “Neanch’io entro.”
La bionda lo guardò perplessa, guardando nuovamente la scuola e poi il ragazzo.
“Io sono Jack Frost”, si presentò quel ragazzo con quell’aria così curiosa, atteggiandosi e porgendole la mano. Rapunzel la strinse, non potendo evitare di ridacchiare.
“Che c’è?”, domandò lui, facendo un sorriso che la Rapunzel di allora catalogò come malandrino.
“Che strano nome”, rispose lei, affrettandosi ad aggiungere “voglio dire, sembra quello di un supereroe.”
Jack accentuò quel sorriso ancor di più. “Chi ti dice che non lo sia?”
La bionda ridacchiò. “Comunque io sono Rapunzel.”
“Piacere Rapunzel”, disse lui, facendo un breve inchino alquanto buffo. “Perché non entri?”
“Perché ho paura”, rispose lei, senza neanche pensarci. “Tu?”
“Perché io sono Jack Frost.”
“E quindi?”, chiese lei, aggrottando le sopracciglia confusa come se non riuscisse a collegare queste due cose.
“Perché sono un supereroe e devo stare sempre all’erta.”
“Dico seriamente io!”
“Anch’io! Per esempio, adesso sto cercando di salvare una donzella in pericolo”, spiegò lui, facendole l’occhiolino. Rapunzel abbozzò un sorriso, ma rimase ferma a guardare la scuola.
“Dovrei entrare.”
“Dovresti.”
“Dovresti farlo anche tu.”
“Dovrei, sì.”
“Lo farai?”
Jack non rispose, non scomponendosi.
“Tu lo farai?”
Rapunzel si morse il labbro inferiore.
“Potremmo farlo insieme”, suggerì lei, alzando i suoi grandi occhi verdi su di lui. Adesso aveva un amico, ne era assolutamente certa. Non era ancora in grado di capire che cosa la spingesse a fidarsi tanto di quel ragazzo (erano gli occhi forse?), ma percepiva nel petto un calore travolgente, che la convinse ad allargare ancor di più il sorriso.
“Già, lo possiamo fare”, accordò lui.
Ed entrambi, insieme, fecero il primo passo verso l’edificio.

Rapunzel ricordava esattamente come aveva incontrato Merida, poi, durante la lezione di spagnolo –lingua, tra l’altro, per cui era negata- e di come l’aveva salvata da una sospensione, ed Hiccup in biblioteca, ma quello, l’incontro con Jack, era certamente quello che le stava più a cuore. 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Big Four / Vai alla pagina dell'autore: gingersnapped