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Autore: comfortinglies    31/05/2015    5 recensioni
“E a quanto pare, Moony, l'amore fa fare alla gente un sacco di cose cretine.”
[Wolfstar; One-shot, Marauders' Era, basata sul prompt 'Sirius Black/Remus Lupin, la prima luna piena'.]
[Prima classificata al contest per fanfiction edite 'Forever shot' indetto da CeciliaMargherita sul forum di EFP.]
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Many moons ago (you saw no fault, no cracks in my heart)






“Dove sono gli altri?”
L'eco di passi concitati lungo la scala di legno e lo scricchiolio simile a un gemito dei cardini – quelli, Remus se li aspettava da un istante all'altro. Ciò che non ha previsto è l'assenza di due delle figure che una volta al mese varcano quella soglia, perdono le loro sembianze umane e lo assistono nelle sue notti più lunghe.
“Dove sono James e Peter?” ripete, e non è del tutto certo che la nota d'allarme nella propria voce sia imputabile solo al tremore che già percepisce nelle ossa. Inizia sempre così – una specie di richiamo lontano, che gli scuote le viscere e leviga ciascuno dei suoi sensi con una precisione spietata, collaudata.
“Anche per me è bello vederti, Moony.” Sirius non sembra divertito, solo trafelato, mentre si scosta i capelli dagli occhi e agita la bacchetta verso la serratura: “Colloportus.” Poi si volta di nuovo verso di lui – e davvero, non è affatto divertito.
“Oggi niente passeggiata di piacere. Ce la dobbiamo cavare da soli, vecchio mio” annuncia. Quindi fa scrocchiare le dita, e con aria risoluta inizia a perlustrare la bettola in cerca di qualcosa che potrebbe tornargli utile.
Ci vogliono giusto un paio di secondi prima che Remus assimili la sorpresa – e altrettanti perché questa si trasformi in panico.
“Che vuoi dire? Perché Prongs e Wormtail non sono qui?” D'istinto fa per alzarsi dall'angolo vicino alla finestra sprangata in cui si era rannicchiato, ma Sirius è già al suo fianco e con una mano sulla spalla lo rimette giù di peso.
“Non è ancora iniziata, quindi vedi di fare il bravo. E per rispondere alla tua domanda” prosegue, dirigendosi a grandi falcate verso la parete opposta di quell'unica stanza polverosa, “i nostri amici sono due imbecilli che hanno pensato bene di farsi mettere in punizione fino a domani mattina. Sì, se te lo stai chiedendo la causa è stata l'ennesima genialata di Prongs per entrare nelle grazie di Evans, e no, ti giuro che stavolta io non c'entro niente.”
Remus registra solo in parte quelle informazioni; la sua attenzione, mentre il livello di angoscia che gli schiaccia il petto continua pericolosamente a salire, è stata catturata da qualcos'altro.
“Quella... quella non reggerà, lo sai?”
“Sei sempre così ottimista.” Inginocchiato a terra, Sirius esamina i grossi anelli arrugginiti della catena infissa nel muro – o meglio, di quel che ne rimane. Il cardine nella parete non è ancora divelto, ma quasi: effetto di tutte le notti solitarie trascorse lì da Remus prima che i suoi migliori amici trovassero un modo per tenergli compagnia, e al tempo stesso per limitare i danni che infliggeva a se stesso e a ciò che lo circondava.
Remus lo ignora; il tremito nelle braccia e nelle gambe sta già diventando più difficile da contenere, così come il flusso di parole che gli sale alle labbra, incontrollato.
“Inutile provare col Reparo, ho già tentato io. Non reggerà più di qualche minuto, credimi.”
Puntellandosi sulle ginocchia, l'estremità opposta della catena che penzola dal pugno, Sirius si alza con un sospiro teatrale.
“Moony, la tua mancanza di fiducia nei miei confronti mi ferisce. Profondamente.”
Attraverso le fessure delle travi inchiodate alla finestra, Remus ha una visione parziale delle nuvole che iniziano a diradarsi nel cielo nero. È solo questione di minuti, ormai.
“Non si tratta di non avere fiducia in te, Sirius” confessa d'un fiato e ad occhi chiusi, prima che la voce gli si spezzi, “ma in me stesso.”
“Ah, ecco che riparte col melodramma.” Quando li riapre, Sirius è al suo fianco, in equilibrio sui talloni, ed esibisce quel suo tipico sorriso tutto canini e spavalderia. E anche se non serve minimamente a tranquillizzarlo, è una vista che in qualche modo dà sollievo a Remus – da quando ha messo piede nella Stamberga gli è sembrato più preoccupato che altro, mentre ora è di nuovo lui. Insopportabile, sarcastico, sconsiderato – Sirius.
“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio... nel tuo caso quello di piagnucolarti addosso, eh?” prosegue, giocherellando con l'anello all'estremità della catena. Remus scuote debolmente la testa.
“È pericoloso.”
“Ti ringrazio, ora dimmi qualcosa che non so già da quattro anni.”
“Sei da solo.”
“Acuto, devo dire. Ma mi ero già accorto anche di questo.”
“Pad... Sirius.” Con lo scorrere dei secondi, ragionare coerentemente diventa più arduo – e così esprimersi. “Ce l'ho fatta per un sacco di tempo, per conto mio. Va'. Torna a scuola.”
Sirius si acciglia, o forse è solo lui che si sta ingannando – tra poco la sua vista sarà acuminata come non mai, ma negli istanti appena precedenti la trasformazione tutto sembra di colpo deformato, ondeggiante.
“E lasciare che domani arrivi in infermeria ridotto come un colabrodo? Non ci penso proprio.”
Suo malgrado, la schiena contro la parete e gli occhi semichiusi, Remus si ritrova ad abbozzare un sorriso.
“Se resti potrei ridurre te, come un colabrodo.”
Il ghigno di Sirius si allarga.
“Non so se essere più toccato dal fatto che tu abbia appena fatto una battuta, per quanto deprimente, o oltraggiato dalla poca considerazione che continui a mostrare nei miei riguardi. In questa forma o nell'altra, Moony, sono comunque più grosso di te”, e di nuovo Remus non sa se sia colpa delle sue percezioni alterate, o se Sirius abbia davvero utilizzato quel tono sfacciatamente allusivo che a scuola fa arrossire tutte le ragazze, dal settimo anno in giù e senza distinzione di Casa.
Comunque sia, non ha la voglia né le forze di assecondarlo – il punto è un altro, e finché gli è possibile vorrebbe raggiungerlo.
“Sai che ti ferirò.”
“Niente che tu non abbia già fatto a me e Prongs – in effetti, quello che se la cava sempre con meno danni è Peter. I vantaggi di essere una maledetta pantegana, suppongo.”
“Sirius...”
“E comunque non è che me ne starò a guardare, eh! Non sei l'unico con le zanne, dovresti smetterla di sottovalutare il mio potenz-”
Sirius.”
La voce gli esce stranamente imperiosa, forse per effetto dello spasmo che ha presagito arrivare, e che in effetti gli fa inarcare per una frazione di secondo la schiena. La spina dorsale è sempre la prima ad essere colpita.
Sirius ora lo guarda e basta, l'anello della catena ancora tra le mani – finalmente non parla più. E Remus, soffocando un gemito, sente le parole fluire dalle proprie labbra nello stesso momento in cui un secondo spasmo gli saetta lungo le vertebre – ed è doloroso e liberatorio insieme.
“Tu sei... sei l'ultima persona a cui voglio fare del male, Pads.”
Per un po' nessuno dei due dice niente – Remus vorrebbe concentrarsi sui dettagli del viso di Sirius, lo vorrebbe davvero, ma sta arrivando: lo sente nei muscoli, nei nervi, nelle ossa, ovunque – e l'unico suono è il clac metallico dell'anello di ferro che si apre e chiude tra le dita dell'altro.
Alla fine, ma potrebbe essere passato anche solo un secondo, è ovviamente Sirius a spezzare il silenzio.
“Beh, mettiamola così”, e i capelli gli coprono il viso mentre assicura l'anello attorno alla caviglia di Remus e lo richiude con uno scatto deciso, ma non brusco, “per ogni segno del tuo affetto che mi lascerai, io sarò autorizzato ad esigere i tuoi favori di Prefetto altrettante volte, e quando e come lo riterrò più opportuno.” Solleva infine la testa e rieccolo, il ghigno che snuda gengive e canini – sembra in qualche modo più mansueto, ora, eppure come potrebbe dirlo con certezza? “Pensi possa bastare ad alleviare i tuoi devastanti sensi di colpa?”
Nel momento in cui tutto cambia e l'altro prende il sopravvento, Remus non è sicuro di aver risposto a quella domanda – ma le ultime immagini che gli si imprimono nella mente sono quella del sorriso di Sirius e un'altra, più ineffabile (una stella?), accompagnate dalla sensazione rassicurante di una mano che gli stringe il ginocchio – e forse, forse, questa volta potrebbe essere addirittura meno orribile delle altre.


“Buongiorno, mio bell'addormentato.”
La parte più dura del tornare in sé è riassorbire tutto il dolore – è un po' come se un trattore Babbano gli sia passato sopra e poi abbia compiuto la stessa operazione in retromarcia; o più semplicemente, come sentire di avere ogni singolo osso spezzato senza che però si sia davvero rotto nulla.
Remus sbatte le palpebre – quelle, almeno, non fanno troppo male.
Sirius lo osserva dall'alto, i capelli che spiovono in avanti. Sul viso, eccetto un paio di graffi superficiali sopra la guancia destra e delle occhiaie notevoli, non sembra essere troppo malconcio. Sorride.
“Com'è andata?” riesce a chiedergli in un sospiro. Man mano che riacquista coscienza di sé, assimila anche altri dettagli: è disteso a terra, ma con la testa e le spalle sollevate – sulle ginocchia di Sirius, probabilmente. Piegando appena il collo da entrambi i lati ne ha la conferma: l'altro è seduto sul pavimento, le gambe allungate e la schiena rilassata contro il muro.
“È andata che di notte sei un vero animale, Moony. Mi hai distrutto.” Suona allegro, e Remus sa di essere ancora troppo esausto per poter provare altro all'infuori di stanchezza e sollievo – un bene, dopotutto, o diventerebbe con ogni probabilità dello stesso colore dei capelli di Lily Evans.
“Simpatico”, biascica, la mascella ancora indolenzita dal riassestamento dei denti. Poi fa ruotare la caviglia sinistra, trovandola irrigidita ma libera. “Sono serio.”
“E quando non lo sei?” Da quella posizione non riesce a dirlo con esattezza, ma gli pare che Sirius abbia appena alzato gli occhi al cielo. “Meglio delle tue catastrofiche previsioni, comunque. La catena ha ceduto abbastanza in fretta” – e qui Remus non riesce a trattenere una smorfia da te l'avevo detto – “e per un po' ce le siamo date di santa ragione, ma alla fine ti ho messo più o meno al tappeto e per quel paio d'ore prima dell'alba mi hai dato tregua. Il collo è il tuo punto debole, a proposito” specifica a suo beneficio, e Remus sente il ghigno nelle sue parole prima ancora di vederlo. Il retaggio di generazioni smistate in Serpeverde doveva pur manifestarsi in qualche modo, si dice.
“Ora, di grazia” prosegue imperterrito, e solo adesso Remus nota la bacchetta che si rigira tra le dita, “mi piacerebbe finire il lavoro che avevo iniziato prima che tu e la tua gioia di vivere che farebbe suicidare un Dissennatore mi interrompeste.” Quindi, senza aspettare il suo consenso, la agita un paio di volte e “Epismendo”, borbotta a mezza voce. La sensazione di benessere che pervade Remus nei punti toccati dall'incantesimo guaritivo, spalla e torace, dura meno di un secondo.
“Ma che fai?”
“Facilito le cose a  Madama Chips, chiaro. Quella povera donna non ne potrà più di rattopparti tutti i mesi.”
“Lascia stare. Sei stanco.” Ed è vero: Sirius ha l'aria rilassata, ma al tempo stesso il suo viso è tirato e il polso gli trema appena mentre la magia stilla dalla sua bacchetta. “Potevi pensare a rimettere in sesto prima te stesso, piuttosto.”
“E fartela passare liscia così? Neanche per idea. Prima dobbiamo contare quanti souvenir della nottata mi hai lasciato... o hai già dimenticato che mi devi altrettanti favori?” Remus non ribatte – quindi ho accettato, è l'unico pensiero assorto che per un po' riesce a formulare, col sottofondo di Sirius che mormora altre due o tre volte la stessa fattura.
“Perché, comunque?” gli chiede infine, dal nulla.
“Perché cosa?”
In tutta onestà, di perché sulla punta della lingua ne ha una quantità infinita – ma ciascuno di loro lo impegnerebbe in discussioni che non crede di essere disposto né pronto ad affrontare in queste condizioni, ed è così che finisce per ripiegare su quello a suo giudizio più neutrale.
“Perché quei due si sono fatti mettere in punizione?”
Sirius scrolla le spalle, accennando la sua solita risata latrante.
“Beh, Pete ovviamente ha fatto il palo. Sai com'è fatto, no? Per guadagnarsi l'approvazione di James, penso arriverebbe ad appendersi per i pollici ai bastioni della Torre di Astronomia.” Ridono entrambi. “Quanto a Prongs...”
Sirius lascia la frase in sospeso: per diversi secondi sembra dedicare tutta la propria concentrazione a quel pensiero, tanto che una ruga solitaria arriva a incidergli la fronte. Remus lo osserva in silenzio, quasi rapito dalla sua espressione contemplativa – in oltre cinque anni d'amicizia, raramente l'ha visto così.
“Beh, Prongs è innamorato” decreta infine, con un sospiro che testimonia l'essere pervenuto a una conclusione tanto ovvia quanto inattaccabile. Poi inclina appena il collo da un lato e lo fa scrocchiare, gli occhi semichiusi e il viso più stanco di quanto sia apparso finora – ma quando torna a guardarlo da sopra la spalla, i capelli lunghi che quasi arrivano a solleticargli la faccia, sorride di nuovo. E stavolta è un sorriso diverso da tutti i precedenti – è più implicito, ricco, sottinteso. Non è nelle labbra; è negli occhi. O forse è solo l'immaginazione di Remus che ha ripreso a viaggiare – eppure, prima che Sirius parli di nuovo, non può fare a meno di avvertire lungo la schiena una specie di brivido. Qualcosa che con quelli della notte appena trascorsa ha in comune solo l'intensità, ed è gradevole in un modo che gli impedisce di reprimere del tutto un sospiro.
Un sorriso, una mano sul ginocchio. Una stella.
“E a quanto pare, Moony, l'amore fa fare alla gente un sacco di cose cretine.”


“Remus.”
“Sì?”
L'ombra di un sorriso antichissimo in due occhi logori, infossati.
“Ti ricordi la prima luna piena?”
E non serve chiedere, per averne la certezza: non sta parlando della prima in assoluto, bensì della prima superata da soli, insieme. Bastano quella nota malinconica nella sua voce e lo sguardo vago oltre il quadrato di cielo notturno che si intravede dalla finestra – e Remus sa.
Sedici anni, e una fiducia ai limiti dell'ingenuo in qualsiasi cosa avessero detto o fatto – a ripensarci ora, con in mezzo una vita che è quasi riuscita a trasformare entrambi in ciò che non avrebbero mai voluto essere, è uno di quei ricordi che si rimpiangono e che al tempo stesso fanno martellare dentro una rabbia sorda, incessante, perché come si può essere stati così  innocenti, e così sciocchi?, e soprattutto come è possibile non aver previsto la menzogna, il tradimento e l'equivoco che per dodici anni, e forse ancora adesso, hanno avvelenato ogni loro singolo giorno?
Eppure – eppure una cosa l'avevano capita già nell'inesperienza di allora, quando ancora il dolore dell'anima era sconosciuto a entrambi e si rideva della pazzia, quando il cane e il lupo si leccavano a vicenda ferite solo superficiali – quando il sacrificio di Lily e James Potter era lontano e impossibile anche solo da concepire, l'Ordine neppure un'idea, e Grimmauld Place la sola prigione da cui provare a fuggire.
Remus guarda Sirius, il grigio prematuro nei capelli e la pelle degli zigomi tirata come se da Azkaban non sia passato un giorno, e forse loro non sono più le stesse persone di quella notte, e la stella che un tempo splendeva più di tutte le altre pulsa ora più flebile e stanca – ma quella verità, così grande nell'apparente semplicità con cui l'avevano scoperta, è rimasta immutata.
È l'amore che fa fare le cose più stupide, Moony.
L'amore, in tutte le sue forme – sempre.
Remus guarda Sirius, e sono passati vent'anni, ma il fantasma di quel sorriso impigliato negli occhi è ancora lo stesso.
“Più di tutte le altre, Pads.”





















NdA: questa fic è nata perché io, per dirla con le parole di Ronald Weasley, devo rivedere le mie priorità. Il che significa che sono sotto esame e che attualmente dovrei stare dedicandomi anima e corpo alla sessione, MA (come succede sempre in questi casi) sono capitati tre inconvenienti: il ritorno dell'ispirazione, quello dei feels Wolfstar e soprattutto lo zampino malefico di Federica (Fede_Wanderer qui su EFP), che da persona diabolica quale è non solo mi ha assecondata, ma mi ha addirittura promptato un sacco di cose bellissime su questi due. Il prompt che ho scelto è stato Sirius Black/Remus Lupin, la prima luna piena: beccati questi 2k e oltre, donna, e grazie ancora per aver contribuito a tutto ciò ♥
L'ennesimo grazie, ormai di routine, va anche a Elena, che come sempre sopporta con infinita pazienza le mie paranoie e mi consiglia come modificare/migliorare le mie storie. Ilysm – un giorno ti faranno santa.

...e basta, il succo è che volevo semplicemente tornare a scrivere su Sirius e Remus, due dei personaggi che più amo in assoluto; spero di averlo fatto in modo credibile, e se avrete voglia di farmi conoscere il vostro parere ne sarò più che felice :)

Alla prossima!

Lou.

P.S. Per la parte tra parentesi del titolo ringrazio come sempre quei benedetti uomini noti anche come Mumford & Sons – che in questo caso, mi hanno salvato la vita con 'Ghosts That We Knew'. (A proposito, sono l'unica ad avere sempre problemi ENORMI nel trovare un titolo alle fic?) (...okay, ora vi lascio davvero :D)


  
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