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Autore: Placebogirl_Black Stones    01/06/2015    3 recensioni
“Che cosa canti, Bellemere?” le aveva chiesto curiosa, come ogni bambina di quell’età.
“Questa è una canzone che cantano i Marines quando un loro compagno perde la vita in battaglia. È un modo per ricordarlo e rendergli onore, accompagnandolo nel suo viaggio verso un mondo ultraterreno” le aveva spiegato.
“E perché la canti? Non è morto nessun Marine…”
“Perché questa giornata così grigia me l’ha fatta tornare in mente!” le aveva sorriso, scompigliandole i capelli.
Ecco perché teneva così tanto a recuperare le parole di quel testo. Da quando Bellemere era venuta a mancare aveva fatto tesoro di ogni minima traccia che potesse ricordarla. Aveva cercato lo stesso profumo che sentiva sui suoi abiti, la stessa risata che aveva, l’odore delle sigarette che fumava. Aveva troppa paura che dimenticandosi anche le più piccole cose avrebbe finito per cancellarla, e ora il suo incubo sembrava si stesse avverando. Non ricordarsi di quella canzone significava dimenticare una parte di quel giorno, una parte di lei.
** Fanfiction partecipante alla Zonami Week indetta dal Midori Mikan **
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Tashiji | Coppie: Nami/Zoro
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Molti anni fa nel paese di Wa no Kuni viveva un bellissimo samurai dai capelli verdi. Era forte e valoroso, il miglior spadaccino di tutto il regno. Il samurai era innamorato della meravigliosa principessa Namizo, figlia del re del paese, e lei contraccambiava. Questo amore li consumava, perché entrambi sapevano che non potevano avere futuro data la differenza di rango…
- Ma che razza di storia è mai questa, Nami?! Ti avevo chiesto un racconto sui samurai, non una storia piena di sentimentalismi come piace a voi donne!-
- Questa è la storia di un samurai! E non interrompere sul più bello, buzzurro che non sei altro! Vogliamo tutti sapere come finisce la storia fra il samurai e la bella principessa!-
- Tutti chi?!-
- I lettori, no? Sì, dico proprio a voi che avete appena letto l’inizio di questo appassionante racconto. Volete sapere come continua? Allora andate sul Midori Mikan!-


REQUIEM PER UNA MADRE




Erano salpati ormai da qualche giorno dall’isola di Dock Island, e quella brutta avventura con Zephyr sembrava solo un ricordo. Lei aveva riacquistato il suo corpo di donna e non poteva che esserne felice. Non che le dispiacesse l’idea di poter rivivere la sua infanzia, di poter cambiare quegli anni che per lei avevano rappresentato solo dolore; però era consapevole di non poter navigare il nuovo mondo nel corpo di una bambina di otto anni.
Eppure, c’era ancora qualcosa che la turbava, che le impediva di godersi a pieno quella ritrovata serenità. La melodia di quella canzone che aveva udito uscire sia dalla bocca di Zephyr che da quella di Aokiji non volevano lasciare la sua testa.

“Umi wa mite iru sekai no hajimari mo
Umi wa shitte iru sekai owari mo
Dakara izanau susumu…”


(L’oceano vede l’inizio del mondo,
e l’oceano conosce la fine del mondo
perciò ci guida verso…)


Più cercava di ricordare le parole e meno riusciva, struggendosi ogni volta. Aveva memorizzato giusto qualche frase qua e là nel testo, ma non era in grado di ricomporlo nella sua interezza. Si era ritrova a canticchiarla sottovoce molto spesso in quei giorni, quando si trovava chiusa nel suo studio lontano da tutti, mentre scriveva su fogli parole e parole, che puntualmente restavano incomplete.
La frustrazione di non riuscire a ricordare l’aveva resa irrequieta, e spesso si isolava per non trattare male i compagni. Non aveva spiegato loro il motivo, perché confessare di essere in fissa per una canzone che era in tutto e per tutto un requiem per i Marines morti in battaglia l’avrebbe fatta sembrare una pazza delirante.
Anche quel giorno, appoggiata alla balaustra con gli occhi persi a fissare qualcosa di imprecisato, che probabilmente non vedeva nemmeno, rimuginava sul testo di quella canzone. Il motivo di questa sua fissa era da ricercarsi nel fatto che, nonostante lei avesse scelto la vita del pirata, sua madre restava sempre una Marine. Era proprio da lei che aveva sentito per la prima volta quella melodia. Subito non l’aveva collegata alla sua persona, perché le voci di Zephyr e Aokiji erano profondamente diverse da quella della madre, ma poi ripensando al tutto l’immagine di Bellemere si era fatta spazio nella sua mente.
L’aveva rivista nel suo agrumeto, in una giornata grigia in cui il cielo era coperto dalle nubi, mentre raccoglieva in fretta i suoi adorati mandarini prima che la pioggia iniziasse a scendere. Lei e Nojiko la stavano aiutando come sempre, sorridenti e felici di vedersi importanti agli occhi della madre. D’un tratto, Bellemere aveva cominciato ad intonare quelle stesse note, costringendole a fermarsi per ascoltare. Era una canzone triste, e per loro era strano vedere la madre sempre allegra lasciarsi andare a una simile malinconia.
“Che cosa canti, Bellemere?” le aveva chiesto curiosa, come ogni bambina di quell’età.
“Questa è una canzone che cantano i Marines quando un loro compagno perde la vita in battaglia. È un modo per ricordarlo e rendergli onore, accompagnandolo nel suo viaggio verso un mondo ultraterreno” le aveva spiegato.
“E perché la canti? Non è morto nessun Marine…”
“Perché questa giornata così grigia me l’ha fatta tornare in mente!” le aveva sorriso, scompigliandole i capelli.
Ecco perché teneva così tanto a recuperare le parole di quel testo. Da quando Bellemere era venuta a mancare aveva fatto tesoro di ogni minima traccia che potesse ricordarla. Aveva cercato lo stesso profumo che sentiva sui suoi abiti, la stessa risata che aveva, l’odore delle sigarette che fumava. Aveva troppa paura che dimenticandosi anche le più piccole cose avrebbe finito per cancellarla, e ora il suo incubo sembrava si stesse avverando. Non ricordarsi di quella canzone significava dimenticare una parte di quel giorno, una parte di lei.

“Umi wa mite iru sekai no hajimari mo
Umi wa shitte iru sekai owari mo
Dakara izanau susumu…”


(L’oceano vede l’inizio del mondo,
e l’oceano conosce la fine del mondo
perciò ci guida verso…)


”Moshimo jibun ga kieta to shite mo
Subete shitte iru umi no michibiki”


(Anche se dovessi scomparire,
l’oceano onnisciente mi indicherà la strada)


Nulla da fare, più di quelle poche strofe e di qualche altra parola non riusciva a ricordare nient’altro. Non possedeva libri sui Marines, quindi non aveva modo di recuperare informazioni.
Sospirò pesantemente, conficcando le unghie nel legno del parapetto. Come poteva essersi dimenticata di qualcosa che riguardava la donna che l’aveva cresciuta come se avessero condiviso lo stesso sangue?! Si sentiva una disgraziata, una figlia degenere.
Senza dire nulla, andò a rintanarsi mogia nel suo studio.


…………………….


Due giorni dopo giunsero finalmente a destinazione. L’isola era piccola, di poca importanza se paragonata ad altre, ma necessitavano di rifornimenti di cibo e altre cose, quindi una sosta era necessaria. Forse qualche giorno di distrazione le avrebbe fatto bene, dopotutto. Stava letteralmente impazzendo sommersa dai sensi di colpa e dalla rabbia.
Accettò la proposta di Robin di fare un po’ di shopping, anche se non era proprio dell’umore. Sapeva che la sua sorellona si era accorta del suo malessere e cercava di tirarla su di morale spingendola a fare qualcosa che le piaceva. A loro si era aggregato anche Chopper, che in quei momenti preferiva la loro compagnia a quella degli uomini della ciurma, consapevole che con loro avrebbe avuto coccole e zucchero filato a volontà.
Dopo essersi divisi come sempre il gruppi e aver nascosto la nave in un posto sicuro, scesero sulla terraferma e si addentrarono in città.

Per un paio d’ore tutto sembrò procedere in modo tranquillo; lei e Robin visitarono un sacco di negozi, si comprarono vestiti e accessori nuovi, e come previsto viziarono Chopper con dolcetti e coccole.
Si sentiva un po’ meglio, il peso che le opprimeva il petto si era risollevato. Ma il tormento non era scomparso del tutto. Nemmeno lo shopping bastava a convincerla di non essere una cattiva figlia.
Erano fermi davanti alla vetrina di un negozio di libri, e Robin e Chopper stavano discutendo su alcuni volumi esposti. Benché anche lei leggesse parecchio, non gradiva particolarmente sostare nei negozi che li vendevano, dopo poco si annoiava. Infatti, come previsto, ignorò il dialogo fra l’archeologa e la renna, perdendosi a guardare la strada affollata sommersa dai suoi pensieri.
Fu allora che la vide.
Occhiali dalla montatura rossa sollevati sulla testa, mantello roseo fieramente appoggiato sulle spalle, guanti alla mano e spada al fianco.
Tashigi.
Quella era proprio Tashigi, capitano di vascello e sottoposta di Smoker.
L’aveva vista poche volte, ma ricordava (con non poco disprezzo) quanto avesse fatto colpo su Zoro, somigliando alla sua amica defunta, quindi non poteva sbagliarsi. Poco distanti da lei alcuni dei suoi uomini la seguivano.
Il primo pensiero che le attraversò la mente fu quello di essere capitati in una specie di isola-ritrovo per Marine, che non era di certo una prospettiva allettante date le circostanze.
Poi, un pensiero più contorto ma inevitabile si fece strada lentamente, surclassando il primo. Non sapeva nemmeno lei come era arrivata a concepirlo, forse l’esasperazione accumulata le aveva giocato un brutto scherzo.
Tashigi era una Marine, e in quanto tale doveva di certo essere a conoscenza della canzone che per giorni l’aveva tormentata. Poteva essere lei l’ultimo appiglio su cui contare. Era parecchio rischioso, specie per il fatto che la donna non era sola, ma il desiderio di salvare quel ricordo di sua madre era più forte anche della paura.
Doveva fare un tentativo.

- Sentite, perché non entrate? Io mi sono ricordata che non ho preso una cosa nel negozio dove siamo appena stati, quindi torno un attimo indietro a prenderla- si rivolse a Robin e Chopper, che annuirono ignari del suo piano.

Dopo averli liquidati con quella scusa ed essersi accertata che entrassero nel negozio, fece appello a tutta la sua abilità di ladra e cominciò a seguire di soppiatto la Marine. Il fatto che la strada fosse piena di gente giocava a suo favore, anche perché il suo aspetto si confondeva facilmente in mezzo a quello della gente comune. Nessuno che non conoscesse la sua faccia avrebbe mai detto che una bella ragazza vestita alla moda e profumata potesse essere una piratessa.
La seguì per una ventina di metri, fino a quando non la vide fermarsi davanti a un’armeria. Di nuovo sentì fastidio per quella passione che condivideva con Zoro, e che invece lei non aveva mai compreso davvero. Inutile dire che lo spadaccino le piaceva, altrimenti non avrebbe avuto senso essere gelosi di una quattrocchi. Ma non era quello il momento di perdersi in sentimentalismi, aveva cose più importanti da fare. Doveva fare in modo che Tashigi restasse sola, senza quei cagnolini che la seguivano a ogni passo.
La vide dir loro qualcosa, indicando la porta del negozio. Forse se fosse entrata lì da sola avrebbe potuto raggiungerla. I suoi uomini annuirono, allontanandosi da lei. Ormai era fatta. Ancora pochi minuti e sarebbe riuscita (forse) ad ottenere quello che voleva. Cercando di farsi notare il meno possibile, si avvicinò furtiva all’armeria, fino a quando qualcosa non le urtò un braccio. O meglio, qualcuno.

- Ops, mi scusi signorina!- sentì distintamente la voce di un uomo.

Si girò per protestare, trovandosi faccia a faccia con un Marine, uno di quelli che avevano appena lasciato Tashigi davanti al negozio. Poco distanti da lui, il resto degli uomini li fissava.
Sgranò gli occhi, sbiancando. Era nella merda più totale. Di certo loro conoscevano la sua faccia, non l’avrebbero di certo scambiata per una del posto.

- Ehi, ma quella non è Nami la gatta ladra della ciurma di Cappello di Paglia?!- gridò uno di loro.
- Sì, è proprio lei!- gli fece eco un altro.
- Forza, catturiamola!-

Non attese oltre, cominciando a correre come un’ossessa. La rabbia per aver mandato a monte il suo piano la faceva correre più veloce del solito; tuttavia continuava a sentire lo scalpitio dei pesanti anfibi di quei Marines a pochi metri da lei. Doveva trovare una soluzione, e in fretta. Se non poteva vincerli con la forza avrebbe usato l’astuzia.
Stava già elaborando un piano quando alle sue orecchie, in mezzo ai vocioni degli uomini che le intimavano di fermarsi, giunse quella più delicata di Tashigi. Probabilmente dovevano averla avvertita.
Invece che preoccuparla, questo le ridiede la speranza. Forse poteva ancora trovare un modo per restare sola con lei, doveva solo giocare bene le sue carte.
Studiò attentamente la scena attorno a sé, notando una specie di viottolo fra due case a pochi passi da lei. Per raggiungerlo, però, doveva farsi largo fra uno stuolo di persone accalcate. Nulla di più facile per una ladra professionista, agile e snella.
Con il fiato che le restava, accelerò la corsa, confondendosi in mezzo alla massa e sparendo nel viottolo, pregando che nessuno l’avesse vista. Lì trovò rifugio nel vano di una porta, al quale si appoggiò ansimante, cercando di recuperare fiato.


ANGOLO DELL’AUTORE
Premetto che questo non è un ritorno sul fandom, ma siccome quest'anno mi sono occupata dell'organizzazione della Week mi sembrava doveroso metterci la faccia almeno con una fiction, per rispetto nei confronti delle persone che ho contattato sul sito chiedendo loro di partecipare. Concluderò questa fiction, forse ne posterò giusto un'altra e poi sparirò di nuovo dai radar.
Non fatevi spaventare dal titolo: la fiction ha sì dei toni tristi ma ci sarà comunque del sentimentalismo zonami in occasione della Week, quindi non preoccupatevi!
Come tutte avrete capito la storia non è una vera e propria song fiction ma la canzone Kaidō (Ocean Guide) ha il suo peso nella storia.
Le vicende sono ovviamente ambientate dopo il film Z, e mi sono permessa di fare dei piccoli cambiamenti per poter tessere la storia. Chi di voi ha visto il film sa che Nami non sente né Zephyr né Aokiji cantare la canzone, ma mi serviva un pretesto per potergliela far ascoltare.
La traduzione del testo in italiano l’ho fatta io, perché avevo trovato solo la traduzione in inglese, quindi se ci sono sbagli me ne assumo la responsabilità!
Spero che la storia vi stia piacendo, nei prossimi due capitoli la vicenda si concluderà!
Buona Zonami Week a tutti e grazie a chi di voi parteciperà!
Place
   
 
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