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Autore: Winchester_Morgenstern    01/06/2015    4 recensioni
La vera difficoltà non sta nel cambiare se stessi, ma nel riconoscere ciò che si è realmente e, soprattutto, nell'accettarlo.
IN REVISIONE - CAPITOLI RISCRITTI 4/X (DA DEFINIRE).
POST COG, POSSIBILE RIVISITAZIONE DELL'INTRODUZIONE.
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Clarissa, Izzy Lightwood, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Veritas filia temporis'
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Shadowhunters - City of Marble
XXIV - Scambio di rosse

Clary disarmò con soddisfazione Isabelle, sogghignando mentre la spada della mora voleva qualche metro più lontano.
— Ah, vedi se questa non me la lego al dito! Cos'avevo detto a Jace? "Ce la farò, imparerò ad usare bene una spada" e lui ovviamente non mi ha creduto! Ma ce l'ho fatta, no? Stupido idiota arrogante… 
Isabelle ridacchiò, scuotendo il capo. — Adesso non montarti la testa, rossa, solo perché hai vinto una battaglia non significa che vincerai anche la guerra! — Esclamò, riprendendo la spada e tornando all'attacco.
Clary si mordicchiò le labbra: già, quanto era vero. Peccato che loro, più che vincere le battaglie contro Melchizedeck, restavano in piedi e si difendevano strenuamente. Ma di vittorie… neanche l'ombra.
Con uno sguardo deciso in volto anche la rossa iniziò a contraccambiare i colpi, schivando per un pelo una finta che l'amica aveva fatto.
— Più veloce, più veloce! — La esortò Isabelle, aumentando il ritmo dei fendenti.
Clary prese fiato ancora una volta e le si gettò contro per un attimo, spiazzando Izzy che, decisa a resistere a quell'assalto fisico, tenne bassa la guardia permettendo così all'altra di provocarle un taglio sulla spalla.
— Continua! Penseremo dopo agli iratze. — Ordinò la corvina, danzando sugli stivali con tacco a spillo che indossava. Quanto erano alti, per Raziel?!
L'altra si chinò, evitando per poco un colpo che le avrebbe tranciato di netto la testa, e scattò di nuovo in piedi, cercando di infilare la punta della spada nell'elsa dell'altra, mossa che fallì miseramente, provocando a Clary un taglio sul polso.
Ringhiò, frustrata, lasciando perdere quella mossa da Codice e riprendendo col metodo più brutale: dopotutto, in combattimento, i manuali di scherma non valevano nulla.
Nonostante Clarissa fosse più bassa e, effettivamente, sembrasse anche più gracile dell'amica, aveva una forza niente male. Certo, un trucchetto del genere non sarebbe stato attuabile contro Alec o Jace, che erano nettamente più grossi e alti di lei, ma per Izzy andava bene.
Impugnò la spada con due mani e la fece scattare in avanti con tutta la forza che aveva in corpo, provocando un cozzare di lame assordante. Sentiva i polsi implorare pietà come se qualcuno li avesse presi a martellate, ma non si fermò e penetrò velocemente nelle difese dell'altra, facendole - non volutamente, certo - un grosso ma poco profondo taglio sulla pancia mentre Isabelle cercava di riprendersi dalla scossa di prima, che l'aveva fatta tremare tutta per qualche secondo. 
— Okay, okay. Stai vincendo anche la guerra, ho capito. — Ansimò Isabelle, lasciando cadere la spada e avvicinandosi al tavolo degli allenamenti, prendendo il suo stilo - che aveva abbandonato lì perché l'ultima volta la rossa, ancora non tanto pratica con le spade, l'aveva quasi tranciato in due -.
— Va bene, credo che per oggi puoi fare a meno di me. Riprendi ad allenarti con il lancio dei coltelli, vado a cambiarmi. — Izzy accenno eloquentemente alla sua maglietta verde militare imbrattata di sangue.
Clary annuì, guardando la ragazza uscire dalla porta principale, ancora col fiatone. Si appoggiò per un attimo al muro, cercando di recuperare le forze per ricominciare l'allenamento.
— Non basta, sai? — Si voltò di scatto verso Valentine, appena entrato dalla porta principale.
— Certo, non ci vuole un genio per capirlo! Ma non aspetterò certo che Melchizedeck mi faccia a fettine senza opporre resistenza… sai com'è, non tutti i cattivi sono idioti come te, sfortunatamente. — La ragazza ammiccò, sfacciata. Non poteva, non doveva avere paura di una persona del genere. Cos'avrebbe potuto fare, del resto? Un passo falso e l'avrebbero rispedito al Console con tanto di bigliettino di scuse e una lunga lista di reclami per tutti i grattacapi che aveva dato loro.
— Stamattina però non avevi il coraggio di chiamarmi idiota, quando ho presentato una strategia d'attacco perfetta alla riunione, vero? Non cercare di controllarmi, Clarissa, tempo perso. Sai benissimo che ti sono superiore.
Clary trattenne un grido esasperato. Era esattamente quello il suo obbiettivo, non poteva cedere così facilmente. No, doveva farlo pentire delle sue parole: — Va bene, lo ammetto, mi sei superiore. — Fece una pausa e un largo ghignò sbocciò sul volto del padre. La diciottenne inclinò di lato il capo, trattenendo un sorriso compiaciuto: — Quindi, perché non mi fai tu da istruttore, se ti senti tanto superiore? 
Per un attimo Valentine parve spiazzato.
— Pensaci. Potresti riscattarti agli occhi di mia madre e sembrare davvero volenteroso agli occhi degli altri in un sol colpo. — Continuò, ridacchiando.
— Non ho bisogno di fare beneficenza per avere Jocelyn, Clarissa. — Valentine sorrise, sottintendendo tutto o niente.
Clary si sentì avvampare quando comprese i significati di quella frase, ma si ricompose velocemente: — Sì, be', ti accontenti dei suoi baci? Andiamo, sappiamo entrambi che ancora ti resiste, che continuerà a considerare tutto quello che fai sbagliato… - e seppe di aver indovinato quando vide una vena pulsare sulla tempia di lui. Sbagliato. Doveva annotarselo da qualche parte, probabilmente era l'esatto termine che aveva usato sua madre… - Aiutarmi potrebbe finalmente redimerti ai suoi occhi.
Valentine alzò gli occhi al cielo: — Certo, come no. Piuttosto, cosa ti fa pensare che riusciresti a reggere uno dei miei allenamenti? 
— Sono sopravvissuta a quelli di Jonathan… sopravviverò anche a questi. E comunque, ho la garanzia che non cercherai di frustarmi. Non sarebbe una bella mossa agli occhi del Conclave, vero? — Clary sogghignò, ironica.
— Ci sono metodi di tortura che non hanno niente a che fare col dolore fisico, sai? Va bene, raccogli la spada. Iniziamo.
— Adesso? — La Cacciatrice sembrò spiazzata.
— Adesso. Com'è che dicono i Mondani? Ah sì, bisogna battere il ferro finché è caldo. Non ti aspetterai certo sconti da me, vero? In guardia! 
Valentine prese dalla rastrelliera su cui erano poggiate varie picche e lance un gigantesco spadone che sembrava alto più o meno quanto Clary. Lo impugnò saldamente con due mani, lanciando un'occhiata sprezzante alla spada corta di Clary - che comunque nelle mani della rossa faceva la figura di una spada di tutto rispetto, vista la scarsa altezza della Cacciatrice - e partendo subito all'attacco.
Roteò la spada tra le mani, probabilmente più per fare scena che per altro, e tentò un veloce affondo dove un attimo prima c'era la testa della Shadowhunter, che nel frattempo si era abbassata ed aveva cercato di colpirlo alle caviglie. 
Valentine scattò indietro qualche istante prima, maneggiando la spada come se fosse una piuma e sciabolandola nell'aria da destra a sinistra, cercando di colpire il bacino della ragazza che evitò per un soffiò l'ultimo scatto della lama, gettandosi di lato.
Il Cacciatore le fu sopra in un secondo e le puntò la spada alla gola. — Morta. — Decretò, sorridendo soddisfatto.
— In piedi. — Ordinò poi, non accennando minimamente ad aiutarla. La rossa tornò in piedi facendosi forza con le braccia, ansimante.
Valentine, nel frattempo, aveva percorso a passo veloce tutta la sala, eliminando gli ostacoli presenti lungo il perimetro.
— Incomincia a correre. Cinque giri, quattro minuti di tempo. — Clary sgranò gli occhi: era una sala gigantesca! 
— E se non ci riesco?
— Oh, ci riuscirai. — Valentine la occhieggiò per un secondo, sorridente. 
Quindici minuti dopo, Clary aveva fatto diciassette giri della stanza. Di corsa. Senza fermarsi. Le gambe bruciavano implorando pietà, il cervello le ordinava di gettarsi ai piedi di quel sadico e pregare, il cuore andava a mille all'ora; eppure lei non avrebbe mai chiesto a quel bastardo di fermarsi, piuttosto sarebbe svenuta sul pavimento! 
— Ferma. — Alleluia! Ha deciso di risparmiarmi, si ritrovò a pensare Clary, inspirando ed espirando forte. Sentiva di stare per morire.
— Prendi i coltelli da lancio. — Ordinò lui, accennando al tavolo poco lontano.
Raziel, ma cosa ho fatto per meritarmi un padre del genere?, Clary alzò lo sguardo al cielo, sbuffando. Come faceva a cacciarsi da sola in pasticci del genere? Era un'idiota!
— Clary! — Jace si precipitò nella stanza, rimanendo piuttosto spiazzato nel vedere i due Morgenstern a meno di cinquecento metri di distanza. La questione però passò subito in secondo piano quando il Cacciatore annunciò: — Melchizedeck ha attaccato l'Istituto di Copenhagen. 




La Recluta-03 chiuse gli occhi, concentrandosi sui rumori attorno a sé.
Non era mai stata una grande Shadowhunter, ma sapeva che con Melchizedeck non si scherzava. Fino a pochi giorni prima era così affascinante, e simpatico, solare, divertente… splendido, in una parola. Peccato che, nell'esatto momento in cui si era legata a lui e alla sua causa con il Giuramento, era diventato più freddo di un ghiacciolo. E più cattivo di Valentine Morgenstern, certo. 
Sospirando, R-03 mosse qualche passo in avanti, indecisa, prima di individuare con precisione la fonte del suono: a ovest, era basso, strisciante, come un sibilo. Un rettile? C'erano poche razze di demoni-rettili in giro, tutte molto rare. E tutte estremamente velenose.
Possibile che ce ne fosse uno lì dentro?
Improvvisamente il suono di una sirena si diffuse nell'arena. R-03 non sapeva cosa significava, era nuova, non aveva certo avuto il tempo di informarsi su tutte le regole che vigevano lì…
Si strappò la benda dagli occhi nello stesso momento in cui un'ibrido spalancava la porta: — Forza, ragazzina! Il padrone ti vuole vedere! — Ringhiò, gettando un'occhiata sprezzante dietro di lei. Anche la recluta lo fece: non era inseguita da un demone-serpente ma da uno stupidissimo Boa Constrictor! Ok, forse per i Mondani sarebbe stato un bel problema, ma perfino il più infimo degli Shadowhunters sapeva come disfarsi di tali idiozie.
Sospirando, lasciò cadere la spada che impugnava e seguì lo stregone - o almeno quello che all'apparenza sembrava uno stregone, perché era più che certa che i figli di Lilith non avessero canini appuntiti come sottili aghi - fuori da lì, mentre imboccavano almeno mezza dozzina di corridoi con altrettanti bivi e svolte.
Alla fine, si fermarono davanti ad una grossa porta a due battenti fatta di un legno rosso che R-03 non riuscì ad identificare. Accanto alla porta, sui lati, due fiaccole e due guardie in divisa blu cobalto. Per quanto le osservasse, la recluta decise che quei due erano semplici licantropi. Cioè, non presentavano segni demoniaci, non avevano canini e non erano nemmeno molto belli. Quindi rimanevano i lupi mannari, all'apparenza piuttosto ordinari ma molto forti.
Solo dopo si accorse con un sussulto che, dai colletti delle divise di entrambi, s'intravedevano gli inizi di diverse rune. Riuscì a distinguere un angelic power, un iratze e la runa del vero nord prima che gli Shadowhunters - ormai era ovvio - le aprissero la porta e l'ibrido dietro di lei - l'unica cosa che sapeva su di lui era il suo nome in codice: soldato 0456 - la sospingesse all'interno della stanza, prima che i battenti si richiudessero dietro di lei.
Senza nemmeno voltarsi, seppe che 0456 non era entrato con lei. Perchè? 
Guardandosi intorno studiò velocemente la sala: era spoglia, vuota quasi, con il pavimento di marmo beige e le pareti nascoste da drappi bordeaux, tranne che per un punto del muro di fronte a lei, dov'era posta una grata nera, di quelle che si vedono nei film e che sono presenti nelle arene romane per le entrate dei gladiatori. L'unico arredo presente era un trono dipinto d'oro ricco di rilievi e dettagli.
Sopra c'era ovviamente Melchizedeck, e al suo fianco due persone.
R-03 non conosceva la prima, una ragazza che non dimostrava più di vent'anni. Aveva spumosi capelli color rame e grandi occhi chiari, un misto tra il verde e l'azzurro, che ben si appaiavano col vizino angelico e la pelle chiara. L'unica nota stonata che riuscì a cogliere era una piccola cicatrice sotto l'occhio. 
Ma il secondo… oh, il secondo lo conosceva eccome. Dovette reprimere una risata di scherno, perché al fianco di Melchizedeck c'era Lucian Graymark. Il buono per eccellenza, il soldatino Nascosto dei Cacciatori, il docile lupetto ed ex-parabatai di Valentine, migliore amico che aveva tradito per un bene superiore
La recluta stirò le labbra in un sorriso, e la ragazza al fianco del capo le rivolse un'occhiata torva che rovinava la sua bellezza da bambola di porcellana.
— Vieni avanti, Recluta-03. — La invitò Melchizedeck, sorridendo indulgente. Lei continuava a pensare che fosse bellissimo, ma in quel momento un orribile ghigno gli deformava il bel volto. 
Solo in quel momento però, la ragazza si accorse di una quarta presenza, esattamente dietro la ventenne. C'era un ragazzino che non dimostrava più di dieci anni accucciato dietro di lei, il volto pallido rigato dalle lacrime e gli occhi iniettati di sangue. Si stringeva le mani al petto come se volesse proteggersi dalla donna stessa, eppure ella non sembrava volergli fare del male.
Osservandolo meglio, R-03 si accorse che attorno ai polsi il bambino aveva dei segni rossi, come se avesse portato delle manette fino a poco tempo prima. Anzi, ora che la ragazza si era spostata un po' riusciva a vedere sottili rivoli di sangue che gli scorrevano lungo le braccia diafane poco muscolose. Nell'insieme il ragazzino sembrava scheletrico, denutrito, gli occhi azzurro cielo spiccavano in maniera paurosa sul volto smunto, con gli incavi degli zigomi messi troppo in evidenza.
Sì, stabilì la recluta, era di certo un prigioniero. 
Represse un moto di pietà per quel ragazzino separato da lei solo da dieci anni di differenza, e rivolse di nuovo lo sguardo verso il capo, pur tenendolo puntato in basso. Non poteva guardarlo negli occhi.
— Sì, mio signore? — Chiese, inchinandosi lievemente.
— Sei qui da due settimane. — Incominciò Melchizedeck, tranquillo. R-03 annuì, cercando di farsi piccola piccola. 
— E prima eri una brava Shadowhunter, o mi sbaglio? — La recluta annuì ancora. Non era eccellente, niente a che vedere con i veterani o con Jace Herondale, ma era nella media. Aveva partecipato alla battaglia di Brocelind contro Valentine, nonostante all'epoca fosse a malapena maggiorenne, e ne era uscita viva. Non indenne ma viva, e questo le bastava per dimostrare di essere quantomeno capace di ammazzare i demoni.
— Bene, allora oggi ci sarà il tuo primo vero battesimo di fuoco alle armi, nel mio esercito. — La ragazza impiegò qualche secondo a decifrare quelle parole, ma quando riuscì ad elaborarle tutto le fu tremendamente chiaro.
Un battesimo di fuoco con le armi, certo. Una battaglia.
— Dove, mio signore, se posso chiederlo?
A sorpresa, Luke scoppiò a ridere. — Tu non scenderai in battaglia, ragazzina. — Spiegò, scuotendo il capo come se non potesse nemmeno pensare ad una tale idiozia. R-03 si sentì avvampare di rabbia e odio verso il Nascosto. — Parte dell'esercito è già schierato a Copenhagen. Tu non ci servi come soldato, R-03, ricorda che tu sei una spia. Dovrai soltanto battere loro, ora. 
Proprio in quel momento, dietro la grata, comparvero tre demoni di diverse specie. La recluta li riconobbe: un demone Vetis, un Raum e uno Shax. Niente con cui scherzare, insomma. 
E poi la grata si sollevò, lasciando libere le bestie. 




— Quindi aspetteremo. Il Console ci ha mandato un messaggio di fuoco. — Annunciò Jocelyn, quando anche Valentine e Clary entrarono nella stanza. Il primo si appoggiò allo stipite, tranquillo e anche vagamente soddisfatto, mentre la seconda si lasciò cadere su una sedia con aria esausta. 
— Acqua… — Rantolò la rossa, accasciandosi. 
— Su, Clary! Contegno! Sembra quasi che tu abbia combattuto con i Cacciatori di Copenhagen! — La rimproverò Izzy, scoccandole un'occhiataccia.
— Fidati, Iz… ho fatto di peggio. Confrontati con me, loro stanno una meraviglia! — Borbottò l'amica, chiudendo gli occhi.
— Ma cosa diavolo le hai fatto? — Si azzardò a chiedere Jonathan in direzione del padre.
— Allenamento. — Valentine scrollò le spalle. — Allora, la lettera del Console?
— Come sapete, Maryse è a Idris con il Console e l'Inquisitore e molti dei capi degli Istituti principali. Quindi, in sua assenza, le decisioni saranno prese per votazione. — Jocelyn dispiegò la lettera apparsa tra le fiamme e prese un profondo respiro, leggendo velocemente.
— Non dice molto. Jia ci invita a mantenere la calma e, nel caso fossimo di nuovo sotto assedio, di contattarla immediatamente per dei rinforzi. Per ora viene messa in atto la procedura standard, coprifuoco alle nove e divieto di uscire da soli, i gruppi devono essere di tre o più persone. Nel caso altri Istituti fossero presi di mira, ci farà avere nuove istruzioni. 
Alec annuì, come tutti gli altri, del resto. Cos'altro si poteva fare?
Jean, invece, si agitò lievemente sul posto, incerto. Se le uscite erano a tre, come avrebbe fatto a terminare quei dannati preparativi? L'unica opzione era farlo di nascosto.
— Okay. Quindi chi inizia con i turni di guardia? — Jace spostò il peso del corpo da un piede all'altro, determinato: non si sarebbe fatto abbattere dalla paura all'inizio. Perché lo sapeva, quello era solo l'inizio di tutto, la guerra vera si vedeva all'orizzonte ma di certo non era ancora arrivata. 
— Non è stato ancora stabilito. Per stanotte, comunque, ci sarò io all'inizio e poi Valentine, Magnus e uno dei soldati assegnati dal Conclave per la pattuglia all'Istituto, quindi potete andare a riposare. — Rispose Jocelyn, senza alcuna remora. Se all'inizio c'era stato un po' d'attrito tra i due, anche perché Jocelyn continuava a vedere l'ombra del suo - una volta - defunto marito in lui, nei suoi gesti, nel suo tono e nel suo modo di parlare, perfino in alcune sue idee, con l'arrivo di Melchizedeck tutto si era complicato, e comunque era matura abbastanza da ammettere che Jace non aveva fatto nulla di male. Inoltre, proprio in quelle circostanze, non avrebbe potuto proprio accusarlo di essere simile a suo padre adottivo, non quando lei andava a letto con lo stesso Valentine. 
— Okay, adesso andiamo a cena e non pensiamoci, che ne dite? — Propose Jean, cercando di ritrovare la tranquillità. Aveva un'aria spossata anche lui, ma nessuno ci aveva fatto molto caso, dopotutto nemmeno si era integrato per bene. Se Clary aveva subito provato ad interagire con Alec, Isabelle e Jace, due anni prima, entrando piuttosto in fretta nel loro "circolo esclusivo", Jean era quasi stato emarginato intenzionalmente, tutti si chiedevano come mai un ragazzo così giovane fosse così impaziente di farsi travolgere dalla guerra. E, ovviamente, Jonathan aveva tutta l'intenzione di scoprire il perché di quelle "manie suicide in stile angioletto", come le aveva ribattezzate. 
Non a caso si fece avanti proprio in quel momento: — Jean, puoi seguirmi un attimo?
L'altro assentì, gli occhi lievemente sgranati. Ci mancava poco che s'indicasse il petto con le dita e dicesse qualcosa tipo "Io? Stai parlando proprio con me?".
Comunque cinque minuti dopo erano in camera di Jonathan - e Ian, ovviamente -, entrambi fermi sulla soglia ad osservare il bambino che giocava con delle costruzioni di legno, tutto intento a cercare di fare quello che avrebbe dovuto essere una grande torre.
— Papà, guadda! — Esclamò poi, estasiato, indicandogli i mattoncini di legno che, a dire il vero, sembravano impilati a caso l'uno sull'altro.
— Be', almeno sappiamo che da grande non farai l'architetto! — Jonathan sogghignò, sedendosi accanto al figlio e facendo cenno a Jean di imitarlo mentre cercava di aiutare il bimbo a dare una forma alle costruzioni anche solo vagamente simile a quella di un castello.
— Mi chiedevo se potessi tenerlo un po', quando sono fuori in missione. Gli altri non ci sono quasi mai, e mi è parso di capire che non ti affidano molte volte compiti fuori dall'Istituto. Non sarebbe ovviamente spesso, diciamo una volta ogni quindici giorni o giù di lì, quando non riesco a risolvere tutto in qualche ora.
— Okay. Ma… di quali faccende stai parlando? — Jean inarcò un sopracciglio, sinceramente curioso. 
L'altro lo osservò per qualche secondo, apparentemente impassibile. Eppure… c'era qualcosa che non andava in quel ragazzo, anche nel suo aspetto, che però proprio non riusciva a cogliere. Cosa non vedeva?
— In veste ufficiale sono l'ambasciatore del Conclave per i trattati di pace con gli araldi di Melchizedeck, in via ufficiosa…
— … Un torturatore di lusso. — Concluse per lui il maggiore, sorridendo lievemente.
Jonathan capì subito cosa c'era di sbagliato quella volta. Come poteva Jean sapere il suo reale incarico se ne aveva parlato soltanto con sua sorella, che non frequentava quasi per niente il ragazzo? Certo, non era difficile immaginare cosa facesse e nemmeno capire tutto dalla sua iniziale frase, ma era teoricamente e tecnicamente impossibile che il ventiquattrenne avesse anticipato le sue esatte parole. Cosa diavolo… ?
— Esatto. — Si costrinse a dire, mentre aiutava Ian a rimettersi in piedi per posizionare un mattoncino di legno piuttosto in alto per gli standard del bambino. 
Tanto per fare conversazione, Jean si schiarì la gola: — Ehm, sei albino. Non si vede molta gente albina da queste parti, o almeno da quanto ho visto io. 
— Origini svizzere. Tu invece da dove vieni? — Quale momento migliore per iniziare a sondare il terreno? Un'osservazione come quella era come un invito a nozze!
— Sono nato qui in America, ma poi mi sono trasferito con i miei fratelli e i miei cugini a Berlino. Non ci siamo restati per molto però, in realtà abbiamo viaggiato in luoghi diversi fino a quando non ho deciso di venire qui.
— E come mai hai deciso di venire qui?
Jean si trattenne a stento dallo sbuffare, mentre recuperava una costruzione caduta. Davvero lo stava sottoponendo a un interrogatorio?
— I miei fratelli minori sono diventati maggiorenni, i miei cugini lo sono già da un po' ed io, nonostante abbia terminato l'addestramento e visitato molti luoghi, non mi sono mai fermato in un Istituto per fare esperienza. Ho pensato che sarebbe stato interessante da fare.
Jonathan non chiese perché proprio New York: da come Jean aveva sviato le domande di Maryse e gli altri, sapeva che se avesse anche solo nominato l'argomento lui sarebbe tornato sulla difensiva e allora addio interrogatorio mascherato.
— Mh… un secondo. — S'interruppe per un attimo, come se avesse rammentato proprio in quel momento la questione. Esisteva l'Oscar per le bugie? Si sarebbe accontentato di quello per la miglior recitazione, però. — Hai detto che ti sei trasferito con i tuoi fratelli e i tuoi cugini. E i tuoi genitori?
— Sono morti quando avevo quattordici anni. — Rispose lui, irrigidendosi lievemente. Più per il dolore che per la reticenza a parlare, comunque. 
— E non avevi zii? O comunque parenti?
— No, tutti morti, sterminati da dei Nascosti. Così sono andato all'Istituto di Berlino con quello che era rimasto della mia famiglia. — Jean serrò le labbra, teso. Per un attimo lo guardò come altri avrebbero guardato il Santo Graal o l'Elisir dell'eterna giovinezza. Perchè?
— Hai detto di non essere stato in Istituti stranieri. — Gli fece notare Jonathan.
— Infatti. Prima vivevo a Idris, e quando sono stato all'Istituto di Berlino ho incominciato a considerarlo la mia seconda casa. Me ne sono andato con gli altri a sedici anni, la mia famiglia aveva varie tenute in tutto il mondo e abbiamo passato un po' di tempo, be'… ovunque.
— Non ho mai sentito il cognome Arsh. — Jonathan si accigliò: quello era un dettaglio che gli era venuto in mente solo in quell'istante. Arsh non era un cognome composto, per di più, quindi non era nemmeno da Shadowhunter. Era fittizio, ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Jean maledisse mentalmente se stesso. Come aveva fatto a non pensarci? Avrebbe dovuto cercare una casata decaduta e inventare una storia plausibile di sana pianta, e invece aveva creato un cognome sulla base dei sentimentalismi, che perlopiù non era composto. Che idiota! 
In un attimo vagliò tutte le possibilità che aveva: inventare una balla al volo sperando che se la bevesse, scappare - opzione praticamente impossibile da attuare -, o dire una mezza verità.
— No, infatti. Ho chiesto al Conclave di cambiare cognome quando i miei genitori sono morti, non riuscivo nemmeno a sentire i loro nomi. All'inizio ero arrabbiato con loro, erano usciti indenni da retate ben più pericolose e si erano fatti uccidere da cinque o sei Nascosti… quando poi mi sono accorto che non era colpa loro, be'… era troppo tardi.
Il maggiore scosse il capo chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, Jonathan si accorse che erano lucidi, intrisi di un dolore vero, nessuno avrebbe potuto fingere una cosa del genere.
Accettò la risposta e, dopo qualche minuto, chiese: — Chi ti resta della famiglia?
Jean parve illuminarsi come quando regalava a Ian un gelato, osservò Jonathan, sogghignando, e poi iniziò a parlare: — Ho tre fratelli minori e tre cugini, sempre più piccoli di me. — Fece una pausa, sorridendo estatico come se l'avessero appena eletto Console. L'albino avrebbe messo la mano sul fuoco su quello, Jean metteva la sua famiglia avanti prima di tutto il resto.
Quella, perlomeno, era una scelta che riusciva a comprendere.
— I miei primi fratelli minori sono gemelli, hanno diciotto anni, si chiamano Regina e Christopher. 
Jonathan assentì, mordicchiandosi il labbro inferiore. Sì, era un nome abbastanza comune, ma era interessante che il suo secondo nome fosse anche quello del fratello di Jean.
— E poi ho un altro fratellino di quattordici anni, si chiama Sebastian. 
Sebastian… lui aveva conosciuto un tizio che si chiamava così, vero? Ma dove… ah, sì! Sebastian Verlac, il tipo che aveva ucciso per prenderne il posto ad Alicante, dai Penhallow.
— Poi ci sono Will e Val, hanno vent'anni, sono miei cugini da parte di padre. Hanno anche una sorellina più piccola di dodici anni, Martine. 
Jonathan annuì: — Un'ultima cosa, perché ormai sono curioso… Se tieni così tanto a loro, perché li hai lasciati soli
Jean sembrò gelarsi sul posto, come se gli avessero comunicato che la fine del mondo era imminente. E poi gli cadde una costruzione in testa, certo.
Si voltò verso Ian, sorridendo, e gli scompigliò i capelli. — Cusa. — Borbottò il bambino, imbronciandosi.
— Papà, devo andale in banio! — Continuò, voltandosi verso Jonathan, che si alzò e aiutò il bambino a fare lo stesso. 
— Pensaci, poi mi risponderai. — Concluse l'albino, uscendo dalla stanza. 




Intorno all'Istituto tutto era silenzioso, le guardie ritte in piedi, con spade alla mano, sembravano statue con gli occhi vigili, unica parte del corpo in costante movimento. 
Lucian sorrise. Stupidi idioti, pensò. Si vantano tanto di essere imbattibili, e alla fine trascurano le cose più ovvie.
Cioè, si chiedeva, che senso aveva piazzare sentinelle lungo il perimetro, ogni tot di finestre e perfino sottoterra ma non sul tetto? Era una mossa da cretini! Ma tanto meglio, alla fine per lui andava bene così, anzi. Non voleva certo lamentarsi! 
Scosse il capo, cercando di concentrarsi, e si acquattò dietro una statua. Okay che erano stupidi, ma non poteva permettersi errori per nessun motivo al mondo. 
Si morse le labbra e strisciò sempre più vicino alla porta che dava sulle scale, che a loro volta scendevano e davano sulla grande soffitta.
Dopotutto, aveva avuto parecchio tempo per imparare tutta la pianta del mastodontico palazzo. Si guardò intorno un'ultima volta e iniziò a scendere velocemente le scale, cercando di non far rumore e rimpiangendo per l'ennesima volta le Rune. Se avesse indugiato un po' su ogni scalino, invece, il legno avrebbe scricchiolato e avrebbe svelato ad un'eventuale persona guardia che non tutti erano dove dovevano essere.
Si appiattì contro il muro quando un Nephilim gli passò davanti, stregaluce e picca alle mani.
Trattenne il fiato e continuò a camminare, imboccando un corridoio laterale. In poco tempo fu davanti ai corridoi delle camere: non aveva bisogno nemmeno di una luce per orientarsi, tanto gli erano familiari quei luoghi.
Camminò velocemente fino alla porta della stanza di Clary e vi poggiò sopra l'orecchio, affinando i sensi: niente, tranne uno strano respiro regolare.
Aprì silenziosamente la porta - Clarissa gli aveva addirittura facilitato il lavoro tracciando una runa silenziante sui cardini d'acciaio - ed entrò nella stanza, fermandosi di botto. Le cose si complicavano.
Ecco perché quel respiro sembrava così strano! Non era soltanto uno, bensì ce n'erano due. Clary e Jace, avvolti da un sottile lenzuolo bianco, erano più che sicuramente tra le braccia di Morfeo.
La rossa sembrava totalmente rilassata, il corpo abbandonato sul materasso ed il volto verso il fidanzato, mentre lui la stringeva per la vita con un braccio, mentre aveva l'altro sotto il cuscino, dove Lucian ipotizzava che tenesse sempre un'altra.
Non aveva mai fatto caso a quel particolare, ma era più che certo che Jace avesse il sonno leggero. Doveva soltanto tentare la buona sorte, giunto a quel punto.
Avanzò lentamente cercando di non fare il benché minimo rumore, fino a  quando non si trovò ad un soffio dal volto di Clary. La sciolse dolcemente dall'abbraccio dell'alto, tremando quando lui si rigirò nel sonno, abbracciando il cuscino, e prese in braccio la ragazza.
S'incamminò un'altra volta verso la porta ed uscì fuori.
L'uscio non si era ancora chiuso quando sentì la punta di una lama sul collo.
— Sai, continuo a chiedermi perché tutti riteniate che Jonathan sia più pericoloso di me. Sono stato cresciuto anch'io da Valentine, sai? Anche a me ha insegnato ad uccidere senza pietà. — Sussurrò Jace, incidendo lievemente la pelle del licantropo. Una gocciolina rossa gli macchiò il colletto della camicia.
— Andiamo, Jace, cosa dici? Sono qui per portare Clary da…
— Da chi, Luke? Quale scusa vuoi propinarmi? Magari la volevi portare ad una festa a sorpresa per il suo compleanno? Notizia dell'ultimo minuto: sarà tra più di undici mesi. — Jace riprese fiato, serrandogli un braccio intorno alla gola. — Quindi, adesso tu posi Clary in camera e vieni con me. — La su voce era carezzevole come fiele.
— Credi davvero di spaventarmi? 
— Oh, fidati, io posso fare molto di più che spaventarti. — Affondò il coltello ancora un po' nella carne di Lucian e strattonò velocemente Clary, rimettendola in piedi. La rossa aprì gli occhi, trasalendo alla strana scena davanti a lei.
— Jace, ma cosa… ?
— Clary, ti prego. Non so cosa gli sia preso! Aiutami! — Luke sgranò gli occhi azzurri, cercando di sembrare terrorizzato.
La diciottenne spostò lo sguardo dall'uno all'altro, per poi voltarsi verso il licantropo: — Credi davvero che non mi fidi del mio futuro marito? Come potrei sposare un uomo che non sono certa di conoscere?
— Andiamo, Clary! Non puoi fidarti più di lui! Lo conosci da qualche anno, io ti ho cresciuto…
— Sì, e poi te ne sei improvvisamente andato per un litigio con mia madre. Se mi avessi davvero voluto bene, Luke, avresti continuato a starmi accanto, indipendentemente dalla mamma…
— Avevo da far…
— Risparmiami la pappardella. — Clary ignorò il nodo che le si stava formando in gola. Non sentiva il suo cuore che si frantumava in un milione di schegge, no, per carità, era tutto perfettamente a posto. Cosa poteva esserci di sbagliato? Era solo l'ennesimo tradimento da parte dell'ennesima persona a cui voleva bene, di cui era certa di potersi fidare.
— Clary, va a chiamare Valentine. Sono certo che sarà più che felice di fare quattro chiacchiere con il suo caro vecchio parabatai. — Annunciò Jace, sorridendo al Nascosto, che rabbrividì.
Prima d'allora aveva visto quel sorriso bestiale, tutto denti, su Valentine, su Jonathan, una volta persino su Jocelyn… ma mai su Jace. Lui era il ragazzo d'oro, quello buono, quello dalla parte degli angeli… come avevano potuto tralasciare il fatto che, indipendentemente dal sangue che gli scorreva nelle vene, era un Morgenstern? Era stato adottato da Valentine, e all'educazione di quella famiglia non si scampava, mai.
C'era chi non aveva bisogno dei loro rigidi dettami… chi, come Clarissa, nasceva naturalmente inclinata verso il male grazie a quel sangue corrotto, quei geni malati, e c'era anche chi come Jocelyn o Jace diventava un Mogenstern. La sostanza era la stessa, quel cognome traviava tutti coloro che lo portavano, nel bene e nel male. 
I Morgenstern erano potenti, oscuri, forti…
Quella fu la prima volta in cui la fede cieca che Lucian riponeva in Melchizedeck vacillò.




Clary corse lungo il corridoio, frastornata. Non riusciva a capire cosa stava succedendo, l'unica cosa di cui era certa era che poteva fidarsi di Jace, quindi avrebbe chiamato Valentine. Anzi no, prima avrebbe chiamato sua madre, per evitare qualunque azione catastrofica fosse balzata in mente al folle.
Si fermò davanti alla porta della camera di sua mamma abbastanza composta, se la situazione non fosse stata così strana sarebbe scoppiata a ridere. Perlomeno le corse sfiancanti che Valentine l'aveva costretta a fare avevano dato qualche risultato, anche se la distanza non era la stessa.
Scosse il capo e, senza bussare, aprì la porta. O meglio, cercò di aprirla, perché la maniglia non voleva saperne di ruotare.
Per un secondo pensò che fosse chiuso a chiave, ma scartò velocemente quell'ipotesi: in quel caso, la maniglia avrebbe almeno dovuto girarsi, mentre qui non si muoveva proprio.
Lo stesso valeva se Jocelyn aveva messo qualcosa dietro la porta, quindi non era nemmeno quello.
Ispezionò velocemente la porta, ma nessun segreto misterioso si svelò a lei. Irritata e anche preoccupata, sbuffò e spinse la porta con le mani, non smuovendola nemmeno di un millimetro. Il suo indice, però, aveva sfiorato qualcosa.
Si chinò in avanti, non muovendo il dito, e quando finalmente si decise a toglierlo vide una minuscola runa di chiusura.
Sbuffando, prese lo stilo e la cancello velocemente, aprendo la porta di scatto.
Non vagliò nemmeno per un secondo l'ipotesi che sua madre potesse essere… ehm, in compagnia. 
Entrò e mosse un paio di passi felpati: — Mam… — La voce le si strozzò in gola, per non parlare del respiro.
Un secondo dopo riuscì a riprendersi, o perlomeno a riavere un minimo di contegno. Lo sapeva, no? Era ovvio che prima o poi sarebbe successo… quindi meglio prenderla con filosofia. Non avrebbe dato al beota la soddisfazione di vederla svenire senza nemmeno avere qualcosa di morbido - si sarebbe accontentata anche di un tappeto! - sotto di lei.
— Spero che abbiate usato un preservativo. Comunque sia, Valentine, Jace mi manda a dirti che vuole la tua collaborazione in una chiacchierata con Luke. — Annunciò, facendo voltare di scatto i due.
Jocelyn arrossì fino alle orecchie e spinse subito via il marito, arrotolandosi in parte del lenzuolo mentre lui si copriva meglio con l'altro lato. 
— Una chiacchierata con Lucian, dici? E come mai sarebbe tornato? 
Clary scosse la testa alla domanda di sua madre. — Non ne ho idea. Valentine, credo che la questione fosse piuttosto urgente, faresti meglio ad andare. — Si morse le labbra ed uscì dalla stanza, sospirando. 
Qualche minuto dopo ebbe raggiunto Jace nella Sala Musica. — Davvero volete parlare qui? Povero pianoforte… — Mormorò, lanciando un'occhiata obliqua ai due.
— Clary… — Serrò le labbra. Jace era probabilmente l'unico che riusciva a vedere quel misero cuore rattoppato che le era rimasto sgretolarsi in tanti piccoli pezzi. Fino ad ora non si ero mai resa conto come fosse difficile mantenere una facciata dura, composta, in situazioni come queste. E proprio in questo momento comprese come si era sentito Jace quando aveva pensato che suo padre, Michael Wayland, non era altro che Valentine Morgenstern. Che entrambe le opzioni poi, fossero sbagliate, quella era tutta un'altra storia.
— Io… non credo di voler restare. Valentine sta arrivando, comunque. Luke, mi… ti volevo bene, ma forse avrei dovuto lasciarti infilzare a Roosevelt Island. — Sussurrò poi, voltando loro le spalle e uscendo velocemente dalla stanza, scontrandosi con il beota.
— Clarissa. Non rimani? — Chiese, inclinando di lato il capo. Ecco da chi aveva preso quel vizio Jonathan quel vizio! Anche Jace, se ci pensava. Si accorse che, seppur indirettamente, anche lei tendeva a spostare lievemente la testa da un lato o da un altro. Deglutì. 
— No, sono stanca. Credo che andrò a dormire.
Valentine occhieggiò con divertimento i segni rossastri provocati dalla bocca di Jace sul suo collo e ridacchiò, mentre Clary cercava inutilmente di coprirsi con la vestaglia.
— Buonanotte. — Borbottò a mezza voce, e lo sorpassò velocemente. E un'ombra, accanto a lei, svanì nel buio ancor più velocemente di lei.
Quando Jace ringhiò di frustrazione, era già troppo tardi.




Jocelyn si morse le labbra.
Perché aveva convinto Valentine e Jace a rilasciare Lucian? Sapeva anche lei di aver sbagliato, eppure non si potevano cancellare anni di convivenza o quasi in un secondo, dopotutto. Nemmeno se il suddetto Luke era l'amante di Melchizedeck.
Stava per rimettersi a letto quando qualcosa la colpì forte alla testa.
Un attimo dopo, era svenuta tra le braccia del licantropo. 




 
A.A:
Salve, Nephilim ;)
Mi rendo conto che probabilmente ben poche persone ricorderanno questa storia, visto il tempo che è passato dall'ultimo aggiornamento, ma in ogni caso ci provo almeno una volta.
Volevo darvi una spiegazione: non ho smesso di lavorare alla fanfiction, ma in questi mesi ho passato un po' un brutto periodo a casa di cui preferirei non parlare, e per di più il mio computer era praticamente ucciso da una valanga di virus.
Adesso, fortunatamente, dopo il reset e tutta una lunga serie di manovre, è "resuscitato".
Quindi, be', niente… se ancora c'è qualcuno che ci tiene a sapere come finisce, resti sintonizzato, perché io non mollerò ancora una volta <3
Ho già pronto il prossimo capitolo, che verrà pubblicato tra due settimane - lunedì quindici giugno -. Purtroppo non posso pubblicarlo prima perché proprio adesso incominceranno gli esami e vorrei avere ancora qualche capitolo avanti prima di ritrovarmi nel fuoco assassino dei professori, ma prometto che il quindici pubblicherò e circa dopo il venticinque sarò qui puntuale :)
Grazie mille a chi si è fermato a leggere nonostante tutto, e anche a chi ha semplicemente ricordato la mia ff,
-D. 

   
 
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