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Autore: Alina_Petrova    01/06/2015    5 recensioni
"- Allora, adesso si può dire che stiamo insieme, o cosa?..
- O cosa..."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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La storia ebbe inizio in un caldo pomeriggio estivo, quando, ignaro di tutto, il piccolo Merlin di nove anni e mezzo stava tranquillamente seduto sulla propria altalena subito fuori casa.

Non poteva crederci: la propria altalena vicino casa!
Solo un paio di mesi prima una cosa così non poteva essere altro che un sogno. Allora, abitava con la madre in un piccolo appartamento in centro, dove la gente ormai da tempo, aveva dimenticato cosa fosse l'aria fresca, un luogo dove non si poteva nemmeno pensare, di lasciare uscire fuori un bambino da solo...
Dove, se il piccolo Emris aveva fortuna, forse una volta a settimana, poteva andare per un paio d’ore con la madre al parco, trovando sempre davanti all’altalena una coda chilometrica di ragazzini pallidi e tristi come lui.

Merlin a quel tempo non godeva di una salute di ferro e sei mesi prima aveva preso una brutta influenza che gli aveva lasciato delle complicazioni ai polmoni, le quali, insieme al suo nutrito pacchetto di allergie purtroppo potevano significare ben scarse possibilità di sopravvivenza...
O almeno scarse continuando a vivere nel centro della città, con la sua aria inquinata, l'acqua piena di cloro e l'assoluta impossibilità di passeggiate quotidiane all'aperto.

Sua madre, preoccupata, si era quindi subito data da fare per cercare una soluzione al problema, e presto, per fortuna, l’aveva trovato sotto le vesti di un lontano parente del suo defunto marito: un vecchio medico di nome Gaius.

Il vecchio, era un uomo solo e viveva in periferia, lontano dalle autostrade con il loro rumore e le polveri dannose, lontano da grandi fabbriche e stabilimenti.
Quando Hunit gli aveva chiesto di ospitare in casa sua Merlin per un po’ di tempo – intanto che lei potesse cercare un nuovo lavoro in una zona più adatta – non solo il vecchio aveva accettato con entusiasmo, ma aveva anche donato loro un posto nella sua casa, troppo grande per una persona sola, ed una carica di amministratore nella sua piccola clinica privata per lei. E la donna, poiché si trattava della salute e del benessere di suo figlio, aveva accolto l'invito più che volentieri.

Ecco come Merlin si trovò su un’altalena nel giardino di una casa di un villaggio di periferia, portante il bizzarro nome di “Camelot”, godendosi l'aria fresca e la lettura di un libro intitolato "La lotta contro le streghe e gli stregoni dal neolitico fino ai giorni nostri".
Un libro illustrato.

Un libro inquietante, a dire il vero... anche se, il piccolo Emris, chissà perché, letteralmente non riusciva a staccarsene.
Quella mattina in cui tutto cominciò, si dondolava distrattamente, spingendo con i piedi, il sole che brillava donandogli un calore piacevole, gli uccellini che canticchiavano, il profumo di rosa canina lungo le siepi che faceva girare leggermente la testa e le ultime streghe che nel libro bruciavano sui roghi molto... molto tempo fa...
La vita era bella in quel momento, e niente sembrava potesse disturbare la quiete di quel luogo favoloso!

Almeno fino all'istante in cui davanti alla piccola staccionata intorno al giardino dove si trovava, non sfrecciarono una dozzina di ragazzini, più o meno suoi coetanei, sventolando delle spade di legno in aria.
Uno di loro improvvisamente si fermò voltandosi indietro, e sempre di corsa, si precipitò verso di lui.

– Ciao! Io sono Arthur! – gli porse la manina il ragazzino biondo. – Tu chi sei? Un parente del dottore?

Merlin non era abituato a un comportamento del genere. Nel loro vecchio palazzo era già tanto se le persone conoscevano i vicini dello stesso pianerottolo e a lui mai sarebbe venuto in mente di avvicinarsi a qualcuno così senza tanti complimenti. Ma il ragazzo lo guardava in un modo così amichevole e aperto, che Merlin non aveva potuto che sorridergli timidamente e stringergli la mano tesa.

– Io sono Merlin. Sì, sono un parente del dottor Gaius. Un parente molto lontano, – aggiunse per qualche motivo.

– Sei venuto in visita... o cosa? – chiese Arthur, serrando gli occhi come fa qualcuno che si aspetta un colpo in faccia.

– O cosa... – rispose Merlin, lasciandosi scappare una piccola risata buffa, quando vide il suo volto distendersi in una espressione chiaramente sollevata. – Io e mia madre restiamo qui a vivere.

– Allora andiamo! – disse Arthur deciso, afferrandolo per un polso e cominciando a spiegare la situazione già strada facendo: – Noi giochiamo ai cavalieri! E io sono il re! Di cavalieri ne ho a sufficienza, sai! Ma un re ha bisogno anche di un servitore fedele... – A quelle parole Merlin si bloccò sul posto.

– Cioè... voi tutti quanti farete i cavalieri e io dovrei fare il servitore?! – domandò con tono risentito al “re”.

– Scudiero? – provò a rimediare il bambino. – Merlin dai! Ho bisogno di te! – e così dicendo Arthur tirò fuori uno dei suoi sguardi più convincenti, che usava sempre per ottenere qualcosa da suo padre, considerato poi il carattere di Uther, Arthur era ben conscio di fare sugli altri un effetto micidiale, anche Merlin non fece eccezione e ne cadde vittima.

– Scudiero... allora va bene. Ma ti avverto, se provi a trattarmi male, me ne andrò all’istante!

 

 

Da quel momento in poi, le giornate di Merlin iniziarono a scorrere più svelte che mai. Le avventure quotidiane in compagnia di Artù e dei suoi cavalieri gli lasciavano appena il tempo per correre a casa per mangiare in fretta un paio di panini e scalpitare impaziente per poi tornare dagli amici e alle loro faccende urgentissime.

Hunit non vedeva quasi mai il figlio, ma quando si fermava in camera sua per augurargli la buona notte, di volta in volta lo trovava sempre più forte, abbronzato e felice.

Ed era esattamente così che si sentiva Merlin, felice!
Prima di allora non aveva mai avuto amici veri, se non i compagni di classe, ma con essi tutto si limitava alle ore passate a scuola e questa faccenda di sicuro non era la stessa cosa!
Ogni giorno ormai era circondato da ragazzi divertenti e gentili, che non lo prendevano mai in giro per il suo carattere un po’ introverso e che a volte senza cattiveria anzi ridevano insieme a lui delle sue piccole stranezze! Col tempo poi erano diventati una squadra davvero unita e Merlin aveva imparato ad apprezzare ognuno di loro.

Inoltre in mezzo a tutto ciò, ora Merlin aveva anche Arthur – il suo «re», il suo capitano... il suo amico.
Mai una volta in tutto quel tempo Arthur l’aveva umiliato o fatto sentire meno importante rispetto a uno qualunque dei cavalieri. Sì, Arthur pretendeva un’obbedienza incondizionata, devozione, ma anche lui era devoto loro a sua volta.

Il re e il suo scudiero erano inseparabili, dove andava uno, lo seguiva l'altro – ormai era un’abitudine, gli veniva naturale coprirsi e proteggersi a vicenda...

Ed anche se in compagnia degli altri si divertiva un mondo, a Merlin piaceva di più quando rimanevano loro soli – durante qualche missione segreta, oppure la sera tardi, quando Arthur lo accompagnava fino a casa.
Era in quei momenti, che entrambi abbandonavano le loro maschere di “re” e “scudiero” per diventare solo Arthur e Merlin – due amici che stanno bene insieme, che si capiscono con un mezzo sguardo... tanto diversi, ma proprio per questo perfettamente complementari.

 

 

– Lascialo andare! Battiti con me! È solo un servo!

“È solo un servo!” – le parole colpirono Merlin come un pugno e i suoi occhi blu immediatamente si riempirono di lacrime.
Quindi, era così? Dopo tutto quello che lui e Arthur avevano passato insieme, dopo tutte le sventure da cui erano sempre usciti aiutandosi a vicenda... adesso per Arthur lui era... “solo un servo”?!

Il capitano della squadra dei pirati all’istante perse interesse per lui, con un urlo si buttò sull'avversario più degno, e Merlin, notando distrattamente l’avvicinarsi dalle direzioni opposte degli eserciti nemici, che accorrevano in aiuto ai loro capitani, si girò e andò via triste, con la testa bassa e il cuore in frantumi.

Una volta raggiunto il suo albero preferito sulle rive del piccolo lago, un vecchio salice, Merlin si nascose tra le sue radici sporgenti e si lasciò andare alle lacrime.

Quanto era stato ingenuo... eppure Arthur fin da subito, fin dal giorno del loro primo incontro, gli aveva detto chiaramente in quale ruolo nei loro giochi lo volesse!
Singhiozzando piano, Merlin scorse nella memoria tutti i loro momenti passati, quando Arthur lo faceva sentire un suo pari, uno indispensabile, speciale, dicendo però addio a quei momenti preziosi, mettendo il marchio «bugia» su ogni bel ricordo di quella magica estate. Stremato dal pianto, senza nemmeno accorgersene, presto si addormentò.

– Merlin!! Accidenti, quanto mi hai spaventato! Merlin? Perché te ne sei andato? Che cosa... – Merlin sollevò con difficoltà le ciglia completamente incollate per le lacrime versate e lo fissò con gli occhi arrossati e gonfi.
Arthur rimase a bocca aperta alla vista e lo afferrò per le spalle. – Chi... chi ti ha offeso?! Lo prendo a botte! – Merlin corrugò la fronte e abbassò lo sguardo.

– Puoi iniziare anche subito... certo non è molto comodo picchiarsi da sé, ma d’altro canto, l'avversario non opporrà resistenza, – borbottò lui, scrollandosi le sue mani di dosso arrabbiato.

– Eh? Cosa intendi... io? E quando mai ti avrei offeso?

– Che differenza fa?.. Sono solo un servo!

– Che? Di che parli? – lo sguardo di Arthur fu così limpido e sinceramente confuso che Merlin per un secondo dubitò di ciò che aveva sentito. Ma quella frase di nuovo risuonò nella sua testa chiara e forte:

– “È solo un servo!” Sono le tue parole...

– Quando l’avrei..? – e solo allora Arthur capì, di cosa stesse parlando. – Tu sei tutto matto, Merlin! Quello ti stava ammazzando di botte! Dovevo distrarlo e presto! E la parola “scudiero” è troppo lunga e troppo difficile per quell'imbecille! Io... ti ho mai offeso? – di nuovo, senza prestare alcuna attenzione alla sua debole resistenza, Arthur lo fece girare costringendolo a guardarlo negli occhi, ora onesti, leggermente arrabbiati, puri come il cielo senza le nuvole.

– No, – sussurrò Merlin, sciogliendosi. Arthur annuì, più tranquillo, a sua volta.

– Giusto... e poi, scusa, chi dice che essere un servo sia umiliante? La parola servo deriva dal verbo servire, e non c’è niente di cui vergognarsi in questo!

A quelle parole Merlin sospirò, cancellando in un attimo tutti i brutti pensieri che avevano affollato la sua testa nelle ultime ore. Arthur gli si accomodò accanto e rimasero seduti in silenzio, fianco a fianco, guardando la superficie calma del lago colorata di riflessi gialli e rossi di tramonto di una delle ultime giornate estive, mentre, senza saperlo, ognuno pensava la stessa identica cosa – “Quanto sono fortunato ad avere un amico come lui!”

Arthur diede un colpetto leggero a Merlin con la spalla.

– Ancora arrabbiato, o cosa?..

– O cosa! – sorrise l’altro, spintonandolo in risposta.

   
 
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