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Autore: beat    07/01/2009    6 recensioni
Perché la sola cosa che in quel momento lo faceva soffrire era lo squarcio lancinante che sentiva ampliarsi sempre di più nel petto.
Quell'insopportabile, straziante dolore che gli aveva attanagliato il cuore.
[...]
Non importava che lui avesse liberato il paese dalla tirannia e dalla miseria.
Non importava quanto di buono avesse fatto per tutto il Paese.
Importava solo continuare a mantenere la sua promessa: un futuro migliore per tutti.
Capitolo conclusivo della "Quadrilogia delle Stagioni"
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quadrilogia delle Stagioni'
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa fiction non è stata scritta a scopo di lucro.

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Avviso prima di leggere: Questa fiction è la conclusione della serie "Quadrilogia delle Stagioni".
In ordine sono:  
Sboccia la primavera,    Dopo la primavera, arriva l'estate,   Si sta come d'Autunno sugli alberi le foglie. 

Se non aveste letto le fiction precedenti, vi consiglio di farlo, visto che questa parte è la conclusione di tutte la parti precedenti.
Nelle scorse ho cercato di rendere la narrazione chiara anche a chi non avesse letto la storia precedente.
In questa purtroppo non ho potuto più di tanto, visto il taglio introspettivo della storia.

Nel caso voleste avventurarvi lo stesso in questa lettura, occorre solo sapere che: Edward e Roy stanno assieme; Roy è diventato Comandante Supremo uccidendo Bradley dopo un attacco a sorpresa a Central City; Riza è rimasta gravemente ferita in quello stesso attacco; e cosa più importante Roy ha come interesse prioritario il benessere di tutta Amestris.

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§§§


E così, egli avanza senza cercare fama.
Si ritira senza temere vergogna.
Cercando solo di risparmiare i suoi uomini
e di procurare il massimo vantaggio al suo sovrano.
Egli è il tesoro della Nazione.

Egli tratta i soldati come se fossero i suoi figli,
per questo essi lo seguiranno nelle vallate più profonde.
Egli considera i soldati come i suoi figli prediletti
per questo essi non temeranno di morire insieme a lui.

§§§

E così, si dice:
Se conosci il nemico e te stesso,
la vittoria sarà indubbia.
Se conosci la terra e il cielo,
la vittoria sarà totale.

§§§

(Sun Tzu – L'arte della Guerra)



INVERNO


Ed scattò all'improvviso, quando sentì il cupo rimbombo delle campane in lontananza.
Rintocchi lenti e tristi.

Inequivocabile annuncio di morte.

Avrebbe voluto correre alla finestra, per vedere per strada che cosa stava succedendo.
Ma le gambe non lo reggevano.
Le campane lo avevano svegliato dal torpore in cui si era calato, ma non erano riuscite a riscuoterlo completamente.
Sentiva i muscoli di tutti il corpo bloccati, come se fosse stato legato alla poltrona in cui si era seduto.
Si era rannicchiato in posizione fetale, da non si ricordava nemmeno quante ore.
I muscoli intorpiditi gli lanciavano saettanti fitte di dolore appena lui si muoveva anche solo di pochi centimetri.
Doveva essere rimasto in quella stessa posizione ben più di quanto immaginasse.
Pigramente mosse il collo, per poter vedere l'orologio appeso al muro.
Le cinque.

Da quanto tempo era lì?
Non lo rammentava.
E la cosa non gli interessava minimamente.

Scosso da brividi di freddo e non solo, Ed tornò a rannicchiarsi più che poté nella poltrona.
La coperta in cui si era avvolto non lo teneva più al caldo.
Sentiva il freddo assalirlo da ogni parte.
Strinse la braccia ancor più saldamente attorno alle ginocchia, anche se questo non servì a riscaldarlo.
Anzi, forse peggiorava solo la situazione, vista la temperatura glaciale dei suoi auto-mail.

Ma questo non gli interessava.
Non gli importava se sarebbe morto congelato.
Voleva solo stare lì, immobile.
E almeno il freddo riusciva a distrarlo dai suoi pensieri.

Non voleva pensare.
Non voleva in alcun modo che la sua mente cominciasse a pensare.
Sentiva che se anche avesse espresso un unico pensiero coerente poi non sarebbe riuscito a fermarsi.

E aveva troppa paura di soffrire.

Voleva solo rimanere lì fermo, immobile.
Congelato come tutto in quell'inverno particolarmente rigido.

Nonostante non avesse ancora nevicato, la città era ricoperta da uno spesso strato di brina ghiacciata.
La città imbiancata sembrava davvero essere stata congelata.
Da giorni non si vedeva il sole; da giorni il ghiaccio sopra tetti, alberi, lampioni, non si scioglieva.
Ed fu scosso da nuovi brividi.
Dalla finestra spalancata entrò uno sbuffo di vento gelido.
Il giovane tremò in tutto il corpo, e da ogni muscolo addormentato sentì partire altre dolorose stilettate.

Ma questo non gli importava.
Non gli interessava il freddo, e nemmeno il dolore che toccava il suo corpo.

Perché la sola cosa che in quel momento lo faceva soffrire era lo squarcio lancinante che sentiva ampliarsi sempre di più nel petto.
Quell'insopportabile, straziante dolore che gli aveva attanagliato il cuore.

Un altro rintocco di campana lo fece sobbalzare nuovamente.
Non riuscì a reprimere il singulto che lo scosse dalla testa ai piedi, e dentro, fino alle ossa.

Ogni rintocco era un nuovo squarcio che si allargava a dismisura.

Ed si strinse tra le braccia, le unghie che si conficcavano nella sua stessa carne; il metallo che graffiava senza pietà le sue tormentate membra.
Senza riuscire a smettere di tremare alzò di nuovo lo sguardo.
Le lancette dell'orologio continuavano a camminare tranquille, senza che niente o nessuno potesse disturbarle.
Avanzavano sempre più veloci, inclementi di fronte alle mute preghiere del ragazzo che le fissava implorante.
Sì, Ed stava silenziosamente implorando tutto quello in cui non aveva mai creduto, perché quel momento si potesse congelare.
Fermo, immobile.
Non voleva che il tempo scorresse ancora.

Dio, ferma quest'orologio!

Lacrime disperate cominciavano a scendergli lungo le guance.
La gola bloccata quasi non gli permetteva di respirare.
Sentiva la disperazione dentro di lui continuare a crescere, senza che sembrasse potersi fermare.
Il dolore gli oscurava la mente; gli fiaccava il corpo, e stava avendo la meglio anche sul suo spirito.

“Dio, ti supplico, ti scongiuro: non farmi questo!”

Un sussurro, niente più.
Quasi non aveva la forza nemmeno per parlare.
Un baluginio però catturò la sua attenzione.
Veniva poco di fronte a lui.
Arrancando come meglio poté, il ragazzo si issò su di un bracciolo della poltrona.

Nel caminetto di fronte a lui, il piccolo fuoco che bruciava per un attimo sembrava aver splenduto con forza maggiore.
Ed pensò che alla fine aveva vinto il dolore, e che fossero iniziate le allucinazioni.
Quando poi si accorse che il fuoco stava davvero diventando più intenso, senza pesarci un momento di più, si era alzato di corsa dalla poltrona.
Le gambe addormentate non lo ressero, e il ragazzo cadde rovinosamente a terra.
Ma questo non gli impedì di proseguire.
Facendosi forza con tutta la volontà che gli era rimasta, riuscì a muovere quei pochi passi che lo separavano dal camino.

Sentiva il calore sul viso.
Allungò la mano meccanica verso le fiamme che danzavano di fronte a lui.

“Non spegnerti...non spegnerti...non spegnerti...”

Continuò a ripetere quel mesto ritornello, tentando invano di acchiappare una delle lingue di fuoco.
Le fiamme ondeggiavano intorno alla sua mano, indifferenti.
Un'intensa fiammata lo costrinse a scostarsi suo malgrado.
Il fuoco era aumentato a dismisura, e Ed si trovò a sorridere rapito, senza davvero rendersi conto di che stava accadendo.
Rise, una risata isterica e nervosa.

Finché non si accorse che quella fiammata altro non era che il preludio della fine.

Veloce come aveva cominciato ad aumentare, il fuoco tremò un attimo, come incerto, per poi ripiegarsi su se stesso.
Sempre più piccolo, si stava spegnendo.
Ed fissò le fiamme farsi sempre meno intense, sempre più deboli.
Sempre più velocemente.
Ed fissò il fondo del camino con occhi sbarrati, mentre l'ultimo bagliore rossastro non si spense in uno sbuffo di fumo.
L'eco della sua risata aleggiava ancora nell'aria.
Il ragazzo guardò il camino con occhi vuoti.

Vuoti.

Vuoto.

Vuoto.

Vuoto.

Edward gridò con tutto il fiato che aveva in gola.
Un unico grido, disperato e straziante.
Talmente intenso da coprire anche il suono delle campane che avevano appena ripreso a suonare il loro canto di morte.


Roy era morto.



*****



Il Tribunale Militare non era mai stato così pieno.
La gente rimaneva stipata in ogni angolo, pur di poter assistere allo spettacolo.

Il processo per strage di guerra nei confronti del Comandante Supremo.

Migliaia di persone erano arrivate da tutto il Paese per assistervi.
E la sala era piena delle famiglie di soldati uccisi per colpa sua.

Per colpa di Roy Mustang.

Poteva vedere tutti i volti addolorati di centinaia di madri che avevano perso i figli quel giorno, quando aveva assaltato Central City per finalmente deporre King Bradley.
E non importava il fatto che fosse diventato Comandante Supremo.
Non importava nemmeno che lo fosse diventato con la benedizione del Parlamento.

Agli occhi di tutte quelle povere donne lui non era altro che un assassino come tanti altri.

E se Roy, il Parlamento, o chiunque altro, voleva sperare di mantenere la pace ad Amestris, qualcuno doveva essere punito.
Le migliaia di famiglie che avevano perso un loro componente a causa delle incessanti guerre che da secoli sconvolgevano il Paese, dovevano essere accontentate.
Occorreva un capro espiatorio.

Con questa motivazione un giorno la Polizia Militare si era presentata nell'ufficio di Mustang, per arrestarlo.
Da giorni a gran voce veniva gridato il suo nome.

Mustang, assassino!

E che cosa aveva potuto fare Roy?!
Certo, avrebbe potuto sedare tutti i facinorosi; avrebbe potuto chiedere al Parlamento di rendere illegale accusare il Comandante Supremo; avrebbe potuto concedersi l'immunità da qualunque accusa.
L'avrebbe fatto, se questo avesse in qualche modo fatto bene al Paese.
Ma ognuna di quelle soluzioni avrebbero solamente aumentato il malcontento.
E non avrebbero fatto altro che minare la già precaria stabilità di Amestris.

Per questo Roy non aveva avuto altra scelta che consegnarsi alla Polizia, senza provare a fare nulla per salvarsi il collo.
Perché era quella, l'unica cosa che tutti quanti, in quel momento, stavano chiedendo: la testa di Roy Mustang.

Non importava che lui avesse liberato il paese dalla tirannia e dalla miseria.
Non importava quanto di buono avesse fatto per tutto il Paese.
Importava solo continuare a mantenere la sua promessa: un futuro migliore per tutti.

E se per questo fosse stato necessario per lui morire, Roy Mustang non si sarebbe di certo tirato indietro.

E ora era lì, di fronte a tutta quella gente, spogliato di tutti i suoi gradi e di tutti i suoi onori.
Vestito della sola divisa da carcerati.
Le mani legate dietro la schiena e una trentina di soldati che lo tenevano sotto tiro, in caso avesse tentato di fare una mossa falsa.

Ma nonostante tutto ciò, continuava a mantenere la sua dignità.
La schiena diritta e lo sguardo sicuro.
Non avrebbe ceduto.
Era per il bene di tutti.

Aveva un solo, unico, immenso rimpianto.

Stare facendo del male alle persone che più amava.

Perché il bene di molti è più importante di quello di pochi...ma se quei pochi sono le persone che ami, lo scambio non ti sembra poi tanto giusto.
E Roy non poteva sopportare di vedere gli occhi pieni di lacrime di Hughes, da sempre il suo migliore amico.
Lo poteva scorgere in fondo alla sala, mezzo nascosto dalla calca di gente ammassata.
Piangeva in silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse.
Ma Roy se ne era accorto, e non poteva fare niente per alleviare il suo dolore.

Come non poteva fare niente nemmeno per la donna che gli stava di fianco in quel momento.
Aveva pregato, supplicato, scongiurato Riza di non seguirlo anche quella volta.
Ma la ragazza non gli aveva dato retta.
Non lo aveva ascoltato; aveva disobbedito anche quando Roy era passato dalle richieste agli ordini.
Riza si era rifiutata di dargli ascolto e si era auto-denunciata alla Corte Marziale.

Non gli aveva dato una spiegazione per quel gesto, ma Roy aveva sempre saputo che la lealtà della sua Riza Hawkeye avrebbe potuto spingersi ben oltre i limite del normale.
E anche se era solo un sospetto, Roy credeva che la prospettiva di non poter più essere un soldato, per lei era stato come morire. Non avendo mai fatto altro nella vita, il perdere l'unica cosa concreta che sapeva fare per lei doveva essere stato doloroso oltre ogni dire.
Per questo adesso sembrava serena, senza rimpianti.
Nonostante fosse lì, accusata degli stessi crimini di Roy.

Quel giorno il popolo di Amestris si sarebbe goduto proprio un bello spettacolo.
Il processo, la condanna e la morte di tre dei più spietati assassini di guerra.

Che fossero innocenti o colpevoli oramai non importava più.

Zolf J. Kimbly era stato il primo ad essere processato.
Avevano concluso in fretta – una farsa senza troppi fronzoli – e lo avevano già portato nella stanza adiacente.
La stanza dove sarebbero avvenute le esecuzioni.

Nessuno spettatore poteva entrare lì.
Il pubblico veniva avvisato dell'avvenuta morte con cinque lunghi rintocchi delle campane.

Roy chiuse gli occhi, sentendo spandersi nell'aria l'ultimo rintocco di Riza.

Un gelo che niente aveva a che fare con il freddo dell'aria si impossessò di lui.
Gli mancavano pochi minuti.

Non stette ad ascoltare quello che il giudice stava dicendo.
Non aveva intenzione di sprecare in questo modo gli ultimi attimi della sua esistenza.
Se proprio doveva morire, voleva farlo ricordando quanto di bello la vita gli aveva donato.

Voleva che il suo ultimo e solo pensiero fosse Edward.

Quella era la cosa che più gli dispiaceva di quella faccenda.
Lasciare Edward.

Niente mai lo aveva fatto soffrire come la consapevolezza che non avrebbe mai più rivisto il suo amato compagno.
Roy trattenne le lacrime.
Non voleva che nessuno le vedesse piangere.
Scacciò a forza il dolore che accompagnava quei tetri pensieri e cercò di evocare nella sua mente ciò che aveva di più prezioso: i ricordi di lui e Edward insieme.
Chiuse gli occhi e vide il suo viso rotondo, ancora da ragazzo; le sue mille espressioni buffe di quando si arrabbiava; il sorriso che regalava solo a lui.
Tutti i momenti belli che avevano passato assieme; tutti i problemi che avevano dovuto affrontare per riuscire a dichiararsi uno all'altro; gli anni che avevano vissuto insieme.
Scelse una, tra le miriadi di immagini che gli scorrevano davanti.

Il primo giorno nella loro nuova casa: l'inverno dell'anno prima, quando tutto sembrava essersi sitemato per il meglio. Rivide con chiarezza Edward seduto di fronte al camino acceso, che gli sorrideva felice come non lo aveva mai visto.
Roy sorrise a sua volta.

E con il sorriso sulle labbra mosse i pochi passi che lo separavano dalla ghigliottina.
Si inginocchiò, tendendo il collo sopra il ceppo macchiato del sangue di chi lo aveva preceduto.


Perdonami Edward.



I rintocchi delle campane.

Un sibilo di metallo.


E la sua fiamma si spense.





Fine




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Precisazioni:
Il fuoco nel camino è fuoco alchemico che ha generato Roy. E quando muore lui, anche il fuoco si spegne.
Una sorta di ultimo regalo per Ed, per farlo stare vicino a lui - o almeno, ad una parte di lui - fino alla fine.

Edward non presenzia al processo perché, secondo me, non ce l'avrebbe mai fatta a sopportare.
E anche perché Roy non glielo avrebbe mai permesso: non vuole farlo soffrire più del necessario.

Riza non è innamorata di Roy.

La citazione iniziale è presa dall'"Arte della Guerra", e in particolare nella sezione dove viene descritto il buon Generale.
Leggendolo non ho potuto fare a meno di paragonare la descrizione a Mustang, e mi sembrava più che calzante.


Per il caminetto in casa di Ed e Roy, mi sono ispirata a "It's raining cats and dogs" di elyxyz.


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Ringrazio Rue Meridian per aver approvato la storia!
Link alla sua storia:
Il processo


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Angolo dell'Autrice:

Mi scuso anche per il mostruoso ritardo con cui pubblico questo capitolo.
Gli impegni scolastici hanno avuto la precedenza...di nuovo, sigh!


E con questo finalmente concludo la saga delle Stagioni.
Un finale molto triste, me ne rendo conto.
Scusatemi tanto! ç__ç
Ma purtroppo doveva concludersi in questa maniera!
Aveva già stabilito che sarebbe stato così, già dai tempi dell'Estate! Sigh!

"Se conosci la terra e il cielo,
la vittoria sarà totale": Roy sacrifica se stesso, il suo futuro e quello di Ed per un bene più grande.
Questa è la mia idea di Roy Mustang.
Per questo la sua storia non poteva che finire in questa maniera.
Sacrificandosi per il bene di tutti.
Anche a costo del suo amore per Edward.


Dedico questa fiction a tutti quelli che sono riusciti ad arrivare dalla Primavera fino a qui!
Grazie mille per avermi sostenuta!


Per favore, fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche!

Grazie a chi vorrà lasciare una recensione e a quanti leggeranno e basta.

Beat




   
 
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