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Autore: Biszderdrix    05/06/2015    2 recensioni
Come possiamo sapere se siamo pronti per le sfide del mondo? Come possiamo sapere se saremo all'altezza di ogni nemico? Ma soprattutto... se fossi tu stesso il tuo nemico?
L'intera saga di Dragon Ball e degli eroi che tutti amiamo riscritta dalle origini del suo stesso universo, per intrecciarsi a quella di un giovane guerriero, che porta dentro sé un potere tanto grande quanto terribile, dai suoi esordi fino alle sfide con i più grandi nemici, e la sua continua lotta contro... sé stesso.
Se non vi piace, non fatevi alcun problema a muovere critiche: ogni recensione è gradita, e se avete critiche/consigli mi farebbe piacere leggerli, siate comunque educati nel farlo.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO TRENTACINQUESIMO- RITORNO A CASA

Il gruppo di guerrieri fu immediatamente raggiunto dagli altri, scesi di corsa dalla sporgenza.

«Mamma!» gridò il piccolo Keiichi correndo tra le braccia di un’ancora scossa Pamela.

Ma poi, gli sguardi di tutti conversero sulla creatura, che lentamente discendeva a terra. Tutti rimasero con il fiato sospeso mentre le gigantesche zampe di Doomshiku toccavano terra.

Allora, il mostro si girò, guardandoli, facendo sussultare parecchi dei presenti: Goku, Vegeta, Piccolo e tutti gli altri guerrieri si misero immediatamente in posizione, pronti a quella che, comunque, sarebbe stata una lotta impari.

Doomshiku continuò a guardarli, con quei grossi globi rossi luccicanti: li guardò tutti, uno per uno, soffermandosi particolarmente su Pamela e su Keiichi.

Poi, iniziò a camminare, ma non verso i guerrieri: si mosse verso un punto piuttosto lontano, seguito dallo sguardo attento dei guerrieri.

Arrivato vicino ad un cumulo di detriti, si chinò, raccogliendo dei brandelli di tessuto scuro: la tuta di Daniel.

Fu allora che gli sguardi di curiosità del gruppo si tramutarono in sorpresa, quando la pelle del mostro iniziò a raggrinzirsi, finché non seccò, iniziando a staccarsi, come foglie morte in autunno.

Il processo continuò, finché al posto del mostro, non ci fu nuovamente un essere umano: o, più precisamente, un hatwa le cui fattezze erano familiari a tutti.

Nudo, con i capelli ormai sciolti, si legò attorno alla vita i brandelli della tuta nera, e si girò verso di loro, esibendo con un caldo sorriso.

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Era stato quasi divertente, guardare le loro facce impaurite mentre li osservavo, convinti che Doomshiku li avrebbe sterminati tutti da un momento all’altro.

E invece, quando fu il momento, mentre la sua voce si faceva sempre più potente nella mia testa, ero riuscito a mantenere il controllo di me stesso: e fu esaltante. Tutto quel potere a mia disposizione, quella forza, quella potenza: Broly non aveva avuto chanche.

In quei pochi minuti, ero stato in grado di comprendere perché perfino Bills temesse Doomshiku: Broly aveva raggiunto un livello superiore ad un super saiyan god, ed era stato comunque sconfitto.

Mi accorsi comunque che mi stavo straniando nuovamente: mi ricordai che in quel momento non ero solo, avevo ancora addosso gli sguardi stupiti della piccola folla radunatasi ad una cinquantina di metri da me.

«Ehilà… ne è passato di tempo, eh?» dissi, smorzando un sorriso.

«ZIOOOOOOO!»

Non feci in tempo a realizzare da dove provenisse quel grido, che mi ritrovai addosso la piccola Marron, che mi si strinse forte ad una gamba, facendomi sobbalzare.

«Ehi, cucciola!» dissi, prendendola in braccio «Ci stiamo facendo grandi, eh?»

Lei ridacchiava, mentre mi guardava con degli occhi pieni d’affetto.

A quel punto, furono tutti attorno a me: li guardai ancora, uno per uno, ricambiando tutti i loro sorrisi.

«Ce ne hai messo di tempo, eh?» mi disse Crilin, riprendendo in braccio sua figlia.

«Beh, si… c’era un po’ di traffico…» gli risposi, mestamente, mentre anche Goten e Trunks si strinsero alle mie gambe.

Accarezzai i capelli di quelle due pesti, che mi guardavano con due sorrisoni.

«Hmpf, queste battute erano quello che non ci mancava.» sbuffò Piccolo, abbozzando comunque un sorriso.

«Beh, secondo me a Vegeta si!» gli risposi, volgendo lo sguardo al principe dei saiyan, che si voltò, irritato.

«In compenso, fenomeno, credo ci sia qualcuno che devi conoscere!» disse Bulma, scostandosi, liberando la strada a Pamela, che mi guardava con un sorriso carico d’affetto. Ma soprattutto, la liberò al bambino che le stava davanti.

Keiichi: mio figlio.

Mi guardava con occhi pieni di curiosità ed imbarazzo, mentre rimaneva ritto al suo posto.

Io mi piegai sulle ginocchia, cercando di guardarlo negli occhi: cercai di sorridergli, affettuosamente, ma stentavo a trattenere le lacrime, mentre allargavo le braccia.

«Ehi, ciao...».

Lui alzò un attimo lo sguardo verso sua madre, che gli fece un cenno: anche lei si stava trattenendo dal non piangere, mentre il suo sguardo si posava tra lui e me. A quel punto, Keiichi mi saltò in braccio, e io lo strinsi forte a me, mentre sentivo le sue piccole braccia attorno al collo.

«P-Papà…» disse, tra i singhiozzi.

«Shhh… Non piangere… Sono qui, figliolo…» gli sussurrai all’orecchio.

A quel punto, ci separammo, guardandoci negli occhi per qualche istante: il suo sorriso mi riempiva il cuore di gioia.

«Hai visto mamma? Papà è tornato! Il gattone aveva ragione!» disse, voltandosi improvvisamente verso Pamela.

«Eccome, tesoro…» disse, con un tono, lievemente più sarcastico, Pamela.

“Oh-oh…” pensai, mentre lo rimettevo a terra, pronto a fronteggiare la sua furia: avrei dovuto metterlo in conto, che ci sarebbero state conseguenze simili, ma avevo sperato fino all’ultimo che le lacrime e i sorrisi durassero di più.

«Daniel Ryder.» disse, incrociando le braccia.

«C-Ciao tesoro…» le risposi, mettendo le braccia avanti.

«Non. Chiamarmi. Tesoro.» disse, avvicinandosi.

Vedevo il fuoco nei suoi occhi. Mi voltai un attimo per vedere Crilin scuotere sommessamente la testa, guardandomi con occhi carichi di compassione.

«D-Dai, non c’è bisogno di arrabbiarsi… almeno, n-non così tanto…» mai scelta di parole fu più errata di questa.

Mi fulminò con lo sguardo: a quel punto capii che era veramente la fine.

Mi si avvicinò, e mi beccai uno schiaffone sulla guancia.

«Quattro anni! QUATTRO FOTTUTISSIMI ANNI! Mi hai lasciato da sola con un figlio da crescere, TUO FIGLIO! E per cosa? Perché potessi ancora una volta “proteggere” tutti da quel mostro?! Sai che ti dico? CHE NON MI INTERESSA!»

Mi beccai nuovamente un altro ceffone: quanto avrei preferito avere nuovamente davanti Broly.

«Mi hai abbandonata, tutto perché ancora non ti ritenevi all’altezza! E oggi hai avuto la faccia tosta di ripresentarti! Veramente, sai che cosa dovrei farti?!»

Ero pronto ad un altro schiaffo, invece sentii le sue braccia stringersi attorno al mio collo, le sue labbra che improvvisamente arrivarono a toccare le mie, cercandole con veemenza: risposi immediatamente al suo bacio, mentre sentivo una sua lacrima bagnarmi la guancia.

Una volta separati, ci guardammo nuovamente negli occhi, e potei vedere come stesse piangendo a dirotto.

«Esattamente questo.» disse, tra i singhiozzi.

A quel punto, la strinsi forte a me, in un abbraccio che in quel momento mi fece sentire nuovamente in un altro mondo.

«Beh, non aspettarti un bacio anche da noi, però siamo comunque tutti felici di rivederti, eh!» disse Yamcha, all’improvviso, per le risate generali.

«Comunque c’è una cosa che mi premeva chiederti, prima di ogni altra…»  disse Tensing «Eri tu, o Doomshiku, a combattere contro Broly?»

Lo guardai, sorpreso, per un istante: era un’altra cosa che non avevo messo in conto. Mi resi conto che ero stato in grado di assoggettare al mio volere la forza più potente mai conosciuta da questo universo, non una roba da poco: a ripensarci era stato forse uno sforzo più grande che eliminare Broly stesso.

Sospirai: «Si… ero io a combattere, in quel momento.»

«Ma come è possibile?» chiese Gohan, sorpreso.

Rimasi per qualche istante in silenzio: mi tornò in mente quella lotta mentale per la supremazia, avvenuta appena qualche minuto fa.

«Ho dovuto schiacciarlo: non so dove ho trovato la forza, eppure sono riuscito a mantenere il controllo su di lui. Ma di sicuro non l’ho sconfitto, questo è sicuro…» dissi, mestamente.

Sapevo che, nonostante tutto, erano comunque tutti comunque in grande pericolo: mi sentii improvvisamente uno schifo, come se tutti i miei sforzi si fossero resi improvvisamente inutili.

«Beh, almeno sappiamo che puoi combatterlo!» disse improvvisamente Goku, mettendomi una mano sulla spalla «A me sembra comunque un grande risultato, no?»

Aveva in faccia il suo solito sorrisone: il suo essere sempre così positivo era veramente contagioso.

«Ma si, dai… in fondo non hai tutti i torti!» gli risposi.

Goku, allora, si piegò leggermente verso di me, tenendo la mano vicino alla bocca, come per sussurrarmi qualcosa: «Nell’eventualità riuscissi a controllare definitvamente, quella forma… sappi che dobbiamo assolutamente duellare!»

«SON GOKU! Puoi qualche volta smettere di pensare a combattere e magari essere felice che sia tornato?!» lo rimproverò Chichi, e ridemmo tutti nuovamente.

Al che, sospirai, guardando verso il cielo.

«Bravo figliolo… È la giusta ricompensa per i tuoi sforzi… Per quanto mi riguarda, posso solo augurarti buona fortuna: goditi la vita!»

Sussultai: quella voce! Sembrava avesse parlato solamente a me, a quanto pare: l’avevo comunque sentita chiaramente nella mia testa.

«Gran Maestro…» sussurrai, guardando ancora verso il cielo.

«Che c’è, Daniel?» mi chiese Pamela, al che mi voltai, sorpreso.

«Oh, niente, amore!» le risposi, stringendola ancora di più a me «Sono solamente felice di essere finalmente tornato a casa…»

Sentii improvvisamente un peso sulla mia gamba: guardai verso il basso per vedere Keiichi nuovamente stretto attorno alla mia gamba. Mi abbassai e lo presi nuovamente in braccio.

«Papà… adesso torni a casa con noi, vero?» mi chiese, quasi sussurrando.

Lo guardai nei suoi occhi carichi di eccitazione ed entusiasmo: nonostante ci incontrassimo per la prima volta, sembrava essere a suo agio come si mi avesse visto dai suoi primi istanti. In quel momento, mi sembrò di sentire grande calore nel mio petto.

«Si, figlio mio… si.»

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«No. Non ce la posso fare.»

«Ma si che puoi farcela, smettila!» mi disse Crilin, con decisione.

«No, no, no…»

«Urca, come sei nervoso! Dai, ci siamo già passati in tanti, perché non dovresti farcela?» mi disse Goku, cercando nuovamente di tranquillizzarmi.

«Zitto! Me l’hanno raccontato, sai? Tu nemmeno sapevi cosa fosse e cosa implicasse! Sfido che fossi così tranquillo!» gli risposi, con veemenza.

«In ogni caso, la proposta l’hai fatta tu. E sia io che Kakaroth eravamo presenti.» disse Vegeta, appoggiato ad un muro dall’altra parte della stanza.

«Si, ma, ormai sono passati anni… E teoricamente stavo per morire…»

«Ok, ma non puoi tirarti indietro proprio oggi! Oltretutto questo smoking ti sarà costato una fortuna!» disse Yamcha.

«L’ho noleggiato…»

«Adesso non essere pignolo…»

«Basta, adesso! Hai fronteggiato il dr. Gelo, Kreed, Majin Bu, Broly… e hai paura di sposarti?! E non rispondermi, non hai niente da usare contro di me! Quindi adesso ti abbottoni quello smoking, saliamo in macchina e andiamo alla cerimonia!»

Aveva ragione, non ci potevo fare niente.

Presi un profondo respiro, e mi guardai nuovamente allo specchio: lo smoking decisamente non mi si addiceva, come qualunque vestito elegante.

Avrei voluto fare come Vegeta, e presentarmi agli eventi in armatura: era all’apparenza decisamente più comoda.

Tutti quei pensieri non riuscirono comunque a liberarmi la testa da ciò che stava per succedere: ancora qualche ora e io e Pamela ci saremmo sposati. Uniti per sempre. Legati per la vita. Era vero, feci quella proposta sul pianeta dei Kaioshin, nel momento in cui credevo sarei morto, perché non credevo avrei più avuto occasione di chiederglielo. Ma, una volta sopravvissuto, avrei preferito fare le cose con più calma.

“Ma forse, se ci ho pensato proprio in quel momento, era perché lo volevo davvero.”

Quel pensiero mi scosse profondamente: era forse così? Amo Pamela più di ogni altra cosa in questo mondo, la conosco da sempre, siamo sempre stati insieme, anche quando eravamo solo amici.

Forse il matrimonio era solo un nuovo gradino da salire, insieme, e non una svolta per la quale prepararsi.

Fu allora che sentii dentro me una nuova determinazione.

Mi voltai verso Crilin, a cui avevo chiesto di farmi da testimone, e verso tutti gli altri, seduti in vari punti dell’appartamento di Yamcha, che aveva messo a disposizione per prepararmi. Per assurdo, era venuto anche Vegeta: Bulma lo aveva convinto ad unirsi al gruppo, mentre lei aiutava Pamela, costringendolo a fare la stessa cosa con me.

«Andiamo.» dissi, con convinzione, ricevendo come risposta un sorriso pieno di orgoglio dal mio amico.

La guida di Yamcha non fu spericolata, ma riuscimmo ad arrivare in tempo alla cerimonia: la sala era ormai già piena, e nella strada per arrivare all’altare incontrai i sorrisi e gli sguardi d’affetto di tutti, con il pollice alzato del vecchio maestro Muten.

Riconobbi Takeshi, Yuto e molta altra gente del piccolo villaggio: tutti sorridenti e affettuosi come quando li conobbi per la prima volta, quando ero ancora un ragazzino, ancora inconsapevole delle proprie capacità.

Ora invece, vedevano un uomo, in grado di portare dentro di sé la forza più potente dell’universo stesso, pronto a compiere il grande passo assieme alla donna che aveva imparato ad amare.

Oh, comunque, mi piaceva pensare che mi vedessero così.

Vidi Keiichi tra le braccia di C-18, segno che lei sarebbe arrivata tra poco: mi avvicinai a mio figlio e lo presi in braccio, cercando di non rovinare il piccolo vestito elegante che aveva.

«Allora, hai fatto il bravo?»

«Si! Ma con le zie è stato un po’ noioso…» disse, sistemandosi il piccolo papillon rosso «E questo coso mi dà fastidio, papà! Quando torniamo a casa?»

La sua uscita mi fece ridere per un istante: «Presto, campione, presto… Ora però, voglio che tu resti con zia 18 finché non sarà finita la cerimonia, va bene?»

«Si papà!»

«Bravo! Batti il cinque!»

Lui eseguì, e subito dopo lo riaffidai alle cure di C-18 e di Marron, che lo trattava alla stregua di un fratellino minore.

Mi misi in piedi all’altare, Crilin subito al mio fianco: ora non c’era che da attendere.

Non mi resi conto che per il nervosismo non riuscivo a rimanere fermo: se non fosse stato per la stretta che mi sentii al polso, avrei continuato con quella serie di piccoli movimenti spasmodici: mi voltai verso il testimone, che visto l’andazzo avrebbe potuto essere considerato alla stregua di un baby-sitter, e lo guardai con occhi pieni di gratitudine.

«È normale essere nervosi, amico. Si tratta comunque di un bell’impegno. Ma tu più di molti sei quello che dovrebbe farsi meno problemi…» mi disse.

«E come mai, scusa?»

«Vi conoscete benissimo, no?»

«Certo, è da quando siamo bambini che ci conosciamo!»

«La ami, giusto?»

«Si, più di ogni altra cosa al mondo, eccetto mio figlio.»

«Vuoi che siano felici?»

«Ovviamente!»

«E allora dovresti stare tranquillo: hai tutti i requisiti necessari perché questa cosa esca bene. E poi fidati, essere sposati alla fine è una gran bella cosa… se sai di esserlo con la persona giusta: Pamela è la persona giusta?»

«Certo che lo è!»

«Allora piantala di preoccuparti e girati.»

Mi voltai, incuriosito da questo suo comando, per ritrovarmi improvvisamente paralizzato.

Verso l’altare stava camminando un angelo, vestito in un lungo abito bianco, semplice, senza dettagli eccessivi, come chi lo indossava. Camminava piano, tenendo alto lo sguardo, i rossi capelli raccolti in uno chignon.

Aveva scelto di fare il percorso da sola, senza accompagnatore: indipendente, decisa e determinata, come era sempre stata.

E ora stava per diventare mia moglie: francamente, non potevo chiedere nulla di meglio.

Una volta che giunse all’altare, mi voltai a guardarla per un istante: ero rimasto, per una volta nella mia vita, completamente senza parole.

Anzi, me ne vennero solo due: «Sei bellissima.»

«Lo so, grazie.» disse, sogghignando. Ecco che in quel momento rividi la Pamela che conoscevo e amavo, solamente vestita con un elegante abito bianco invece che con la tuta.

Fu allora che, finalmente, ogni tipo di tensione scivolò via da me, mentre la cerimonia stava per iniziare: non c’era altra persona con la quale avrei voluto condividere il resto della mia vita.

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Fu una giornata meravigliosa: il ricevimento avvenne alla Capsule Corporation, e riuscimmo a riempire gran parte del giardino dell’azienda.

Cercai di non bere troppo, anche se l’euforia dei festeggiamenti mi fece comunque trangugiare qualche bicchiere di champagne. Alla fine non fui comunque brillo come altri ospiti, testimone di nozze compreso, che aveva proposto brindisi su brindisi per tutto il pomeriggio.

Takeshi preparò parecchio del suo ramen, che non sfigurò assolutamente nel buffet ricchissimo.

Quando tutto, poi, terminò, ci ritrovammo con una macchina piena di doni, lo stomaco altrettanto pieno e un bimbo addormentato sul sedile posteriore: fui io a guidare, per il semplice fatto che il vestito di Pamela non le permetteva di stare comoda alla guida, quasi un eufemismo. Erano passate diverse ore dalla fine del ricevimento, e dovevo ringraziare il buffet per essere riuscito a smaltire quello che ero riuscito a bere.

Fu anche un momento per far valere quella patente, che presi ormai sette anni fa, ma che non ho mai trovato modo di utilizzare: anzi, tra pochi anni avrei già dovuto pensare a rinnovarla.

Ma non era proprio il caso di mettersi a pensare a quelle cose: questa sera dovevo pensare a mio figlio e a mia moglie, alla mia famiglia.

Quella realizzazione fu qualcosa di meraviglioso.

Ormai dormivano entrambi, mentre prendevo l’uscita verso Pepper Town: avrei dovuto immaginare cosa avrebbe comportato ordinare un buffet di quelle dimensioni. Quasi otto tavoli, pieni di cibarie di ogni genere: ora avevo decisamente sonno anche io, senza tener conto dell’alcool, che però dovevo aver smaltito ormai ore fa.

In quel momento, passammo davanti al cimitero: casa era ormai vicina, ma volli fermarmi lo stesso.

Accostai lungo il marciapiede, e abbassai il finestrino: mi limitai a fissare il cimitero, ormai chiuso, dall’esterno, pensando a quelli che lì dentro erano sepolti.

Mamma, papà… chissà cosa direbbero ora.

Non posso negare che ogni tanto non senta la loro mancanza: delle disgrazie me li hanno portati via, e quelle disgrazie avrebbero potuto essere anche la mia rovina.

Eppure, è forse anche grazie a quelle tragedie, se si è arrivati a questo: e francamente, in questo momento mi sento al settimo cielo.

«C’è qualche problema?» mi chiese un’assonata Pamela, stiracchiandosi.

Mi voltai, preso per un attimo alla sprovvista: «Oh, niente! Non è niente, tesoro… Siamo quasi arrivati, comunque.»

Due svolte, infatti, e fummo a casa: parcheggiai in garage, dopo di che scendemmo dalla macchina. Pamela teneva Keiichi in braccio, il piccolo che dormiva alla grande: ma non potevo comunque prescindere dalle tradizioni.

«Ma che fa-» si interruppe non appena la sollevai, mentre ancora teneva un Keiichi profondamente addormentato tra le braccia.

Le sogghignai mentre iniziavo a fare le scale, e lei non disse nulla, anzi, si accoccolò sulla mia spalla, finché non arrivai a posarla sul divano, dal quale si alzò immediatamente per mettere a letto il piccolo.

Andai immediatamente in camera a cambiarmi: sarei andato domani a restituire lo smoking, ora però avevo solamente voglia di toglierlo. Così feci, indossando immediatamente qualcosa di più comodo, non trovando un pigiama: così mi ritrovai in canotta e bermuda, anche se l’estate era terminata da un bel po’.

Andai alla finestra, la aprii e mi accesi una sigaretta: fu una sensazione piacevolissima in quel momento, non potevo essere più rilassato. Alle mie spalle, sentii entrare Pamela: anche lei aveva deciso di cambiarsi, e dai continui fruscii potei solo immaginare che fatica fosse togliersi quel vestito.

Continuai a fumare, il silenzio che continuava a caratterizzare l’inizio della nostra prima notte di nozze: ma era un silenzio piacevole, un silenzio d’intesa, un silenzio che descriveva perfettamente la pace che sembrava finalmente tornata.

«Vieni a letto, signor Ryder?»

Mi voltai, e vidi che si era sdraiata sul letto, rimanendo con una camicia da notte praticamente trasparente, che faceva intravedere tutto l’intimo nero: la sua posa, poi, non era certo quella di una ragazza assonnata.

«Arrivo subito… signora Ryder.»

E allora mi catapultai su di lei, cercando le sue labbra con forza: e prima che me ne potessi rendere conto, stavamo nuovamente facendo l’amore. Nonostante fossero passati anni dall’ultima volta, quella da cui, peraltro, fu generato Keiichi, fu comunque come se fosse passato un giorno.

Quando finimmo, ci accoccolammo sul letto, stringendoci tra le braccia.

«Mi sei mancato…» mi sussurrò.

«Anche tu…» le risposi.

«Sei sicuro di non voler andare da qualche parte? Per la luna di miele, intendo…»

Mi voltai, per guardarla nuovamente negli occhi: «Per me, la migliore luna di miele sarebbe poter stare tranquillamente in pace con te e Keiichi, per il resto dei nostri giorni. Ma se vuoi proprio andare da qualche parte…»

«No… anche a me sta bene così.» sembrava aver concluso, in realtà proseguì, modificando il suo tono «Anche se… Sarebbe bello andare a sciare, e ho sentito che nella Città del Nord gli alberghi stanno effettuando grandi ribassi sui prezzi…»

Sospirai: avevo già capito come sarebbe andata a finire.

«Si potrebbe fare…»

«Dici che lo possiamo organizzare in così poco tempo?» mi chiese.

«Abbiamo organizzato un matrimonio in un mese, tesoro: credo che una settimana bianca sia decisamente fattibile.»

«Ah, devi ringraziare Bulma: avere amici potenti aiuta…»

«Ma guarda un po’ che furbona!» dissi, ridacchiando.

«Smettila, lo sai che è nostra amica!»

«Ma tu resti comunque una raccomandata!»

«Cretino!» disse, tirandomi uno dei suoi soliti schiaffetti sulla spalla.

A quel punto, la guardai negli occhi per qualche secondo.

«Anche questi mi mancavano…» le dissi, addolcendomi.

«Anche a me…»

A quel punto rimanemmo per qualche istante in silenzio, ognuno stretto tra le braccia dell’altro, poi mi ricordai che si trattava comunque della nostra prima notte…

«Ehi…»

«Che c’è?»

«Ti va un altro giro?»

Il bacio che ricevetti fu una risposta più chiara di qualunque altra potessi ricevere: la ritrovai immediatamente sopra di me, mentre cercava con foga le mie labbra.

La lasciai fare, cercando di godermi ogni attimo.

O almeno, ci provai finché la porta non si aprii, cigolando.

«Mamma… papà…»

Pamela scese immediatamente da me, rimettendosi al suo posto. «Che c’è, tesoro?» gli chiese, dolcemente.

«Ho fatto un brutto sogno… posso dormire nel lettone?»

«Certo tesoro, vieni qua!» gli disse Pamela, e immediatamente ce lo ritrovammo tra di noi.

Più lo guardavo, e più mi sembrava una versione maschile di sua madre, fatta eccezione per gli occhi e i capelli.

«Cos’hai sognato?» gli chiesi, accarezzandogli la testa.

«Quel gigante… quello coi capelli viola… che vi picchiava ancora… e poi mi urlava contro…» disse, iniziando a singhiozzare, e lo sentii stringersi al mio braccio, con forza.

«Shhh… non è reale, piccolo…» gli dissi, stringendolo a mia volta «Papà e mamma sono ancora qui, vedi? E poi, hai visto che lezione ha rifilato papà a quel bruttone, eh?»

«S-Si…»

«Stai tranquillo, tesoro, che comunque vada noi ci saremo sempre per te…» gli disse Pamela.

A quel punto, ci stringemmo tutti e tre, chiusi in un grande abbraccio collettivo: li vidi cadere entrambi in un sonno profondo, prima di chiudere definitivamente gli occhi anch’io, non prima di aver dato un ultimo sguardo alle due persone che dormivano vicino a me. Le persone che ora, mi permettevano dopo anni di poter dire di avere una famiglia.


NOTE DELL’AUTORE
Rieccomi! Questo sarà il primo di una piccola serie di capitoli puramente filler, ma spero di non annoiarvi: avrete ancora capitoli pieni d’azione!

In questo capitolo, e in quelli che seguiranno, cercherò di creare quella tipica atmosfera famigliare tipica delle fasi finali di Dragon Ball, con diverse scene di vita quotidiana, sperando che la cosa risulti abbastanza credibile! Ma l’azione tornerà presto, tra un po’ inizerò finalmente con GT e vi darò una nuova versione di una storia parecchio discussa!

In ogni caso, ogni tipo di recensione è gradita!

Dragon Ball è proprietà di Akira Toriyama.

Alla prossima!
   
 
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