Una giornata solare cosparsa da un forte vento caldo.
Una Jeep militare avanzava lungo un asfalto impolverato e si fermava dinanzi ad un aereo color blu marino pronto a partire.
Dall’ auto scesero con forza tre persone, con i volti coperti da un cappuccio nero e le mani legate dietro la schiena, furono scortate da tre militari cinesi: un militare per ogni ostaggio, il quale fu scortato verso un militare di mezza età.
- Signori! – esordì l’uomo rivolto ai tre militari estranei che gli venivano incontro – I miei uomini sono già a bordo, stiamo per partire.
- E’solo un piccolo omaggio! – rispose uno dei tre cinesi.
Tre donne.
- E perché dovrei volerle?
- Stavano per imbarcarsi clandestinamente per il Giappone: meritano una punizione!
- Queste tre? – chiese divertito l’altro.
- Come si chiamano?
- Lo leggerà nel rapporto – rispose il cinese porgendogli un fascicolo di carte.
- Abbiamo ospiti! Fatele salire.
Mezz’ora dopo l’aereo volava alto sulle montagne cinesi.
Il buio e il silenzio delle tre donne incappucciate fu rotto dal militare di mezza età.
- Sono il tenente Joseph Brenning. Chiariamo subito una cosa: il nome è americano, ma sono di madre cinese, il perché non vi riguarda!
Il suono di un fruscio di carte arrivò alle loro orecchie mentre il militare si spostava verso destra, fermandosi dinanzi alla prima delle tre, dunque le alzava di poco il cappuccio per rivelarne uno sguardo furente:
- Tu sei … - intanto leggeva dal fascicolo – Ukyo Kuonji – e l’osservava divertito, con un pizzico di malizia tra i suoi denti sporchi.
Poi si spostò dinanzi alla ragazza al centro, mentre leggeva con una mano e con l’altra rivelava un nuovo volto furioso;
- Così tu sei Kodachi Kuno! – e subito le ricoprì il volto.
La ragazza espirava e sospirava con sforzo: un respiro colmante rabbia e desiderio di distruzione.
- E dunque tu sei Akane Tendo! – e le coprì gli occhi, ridendo e raccogliendo il fascicolo.
- Benissimo, signore. – disse Brenning – Mettiamo in chiaro la situazione: questo aereo è diretto ai campi di prigionia in Vietnam: lì sarete vendute come schiave e costrette a lavorare nelle piantagioni di cannabis per il resto della vostra misera vita. Perciò godetevi queste ultime ore di “libertà”, perché le rimpiangerete.
Sotto al cappuccio, il respiro rabbioso di Akane Tendo era sempre più forte.
Brenning inarcò le sopracciglia e sorrise: le si riavvicinò e le risollevò il cappuccio, senza dar peso al suo sguardo:
- Qualcosa da dire, signorina?
- Sì … - esordì lei – che ti puzza il fiato e che i tuoi denti fanno schifo!
Così scoprì l'intero viso, mettendo alla luce i suoi capelli mori e corti, i suoi occhi grandi e belli e due guance gonfie e insanguinate e interamente sporche di polvere.
- Sai chi hai davanti a te? – chiese lui.
- Un autentico porco!
- Smettila di giocare. – disse Brenning – Finirai tutta sporca di sangue, peggio di come sei ora.
- Non sarà un verme come te a spaventarmi.
Un sospiro si udì dal cappuccio di Kodachi.
Senza esitare, il militare tirò fuori una pistola e la puntò sulla fronte di Akane.
Silenzio totale.
Nessuno osava muovere un dito.
Gli occhi di Brenning caddero sui vestiti della ragazza: un jeans strappato lungo le gambe e bucati sulle ginocchia e una camicia logora e sporca della stessa qualità di esso; sotto la camicia non nascondeva nulla, se non i suoi due bei seni in mostra, con i due capezzoli non nascosti da nessun reggiseno ... tutti per Joseph.
La canna della pistola fu abbassata lentamente lungo il naso, catturando gocce di sudore, arrivando fin sul seno destro di Akane, iniziando a ruotare intorno alla sua forma tonda.
- Che bei seni che hai! – disse Joseph, con un pizzico di malizia mentre si leccava il labbro inferiore, affamato di quelle carni – Sarebbe un peccato se saltassero in aria!
- Provaci! – rispose Akane in tono di sfida.
Il militare alla guida dell’aereo noto' che qualcosa non andava: il mezzo iniziava lentamente a tremare; sulle prime pensò ad una piccola turbolenza, ma lentamente il tremolio si fece più insistente.
Tutto l’abitacolo tremava, come scosso da un terremoto sempre più intenso.
- Signore … - disse egli chiamando il tenente Brenning, il quale si era accorto della strana situazione.
- CHE DIAVOLO SUCCEDE?
Un’espressione si disegnò sul volto di Akane: occhi fiammanti e un sorriso famelico.
Ben due sospiri si udirono dai cappucci di Ukyo e Kodachi; la voce di quest’ultima rimbombò forte:
- Sai ora che facciamo?
La palla balzò ad Ukyo:
- SCHIANTIAMO L’AEREO!
Proiettili di fucile sfondarono un finestrino, colpendo il profilo sinistro del viso del militare, mandandolo a schiantarsi in terra.
Fu un susseguirsi di azioni: più di una pistola fu alzata e numerosi spari inondarono lo spazio.
Ancora legata, Akane balzò in avanti e diede una testata nello stomaco di uno dei soldati; due di loro balzarono addosso ad Ukyo e Kodachi, le quali combatterono a suon di calci per liberarsi.
Nuovi proiettili perforarono l’ambiente e colpirono in pieno più di un militare, inondando l’abitacolo di urla e schizzi di sangue lungo le pareti.
Il soldato alla guida gridò come un pazzo, mentre scie di rosso gli bagnarono il collo e la divisa.
Pezzi della parete furono perforati da spari e spaccati da ripetuti calci: si aprì un varco che riempì l’area di un forte vento: due mani si aggrapparono forte ai bordi mentre due piedi entravano a forza nell’abitacolo.
Urla disumane echeggiavano dappertutto.
Un grido femminile echeggiò nelle orecchie dell’intruso:
- ACCIDENTI, MOUSSE: MI HAI COLPITO ALLA SPALLA!
- SCUSAMI ! – rispose il quattr’occhi amico delle ragazze – Di solito ho un’ottima mira!
- La cureremo dopo – esordì la voce di Ukyo – Ora andiamocene via!
O almeno sembrò farlo …
La parte anteriore dell’aereo si protese in basso, ma proprio quando stava per scendere in picchiata fu bloccato dalla parte posteriore: dunque si inclinò con la coda totalmente rialzata.
I corpi urlanti andarono a sbattere verso il fondo, mentre il mezzo fu sollevato a forza.
Il militate sbatté con la testa contro il vetro della cabina di comando, morendo sul colpo.
Sei lunghe catene erano state agganciate alla coda, collegate ad un altro aereo, di colore oro, grande due volte quello sottostante ad esso.
Le ali si spezzarono e furono spazzate via dal vento.
All’esterno, un altro corpo estraneo scivolò lungo la parete e lentamente una mano afferrò con forza l’estremità del foro aperto da Mousse: un viso ad Akane familiare comparve dinanzi ai suoi occhi.
- RYOGA! – strillò.
- DOVETE AGGRAPPARVI A QUESTE!
- PRESTO! – strillò Ryoga.
Kodachi e Akane urlarono dal terrore; quest’ultima tentò di internare la paura e prese a mordere la corda che legava le mani della compagna.
Gli occhi di Ryoga erano terrorizzati, ma stavolta non poteva intervenire: era legato ad una catena e inoltre avrebbe dovuto lasciar andare le altre due … le uniche vie d’uscita per i suoi amici. Non poteva che limitarsi a tenersi forte ai bordi del foro.
Kodachi fu liberata, mentre Ukyo si aggrappava alle gambe di Mousse, a sua volta aggrappato ai bordi dell’uscita da lui aperta.
Lo squarcio nell’ala continuava ad aprirsi: Akane e Kodachi erano bloccate sul fondo.
- AKANE! – urlò Ryoga.
- FORZA, AKANE: AGGRAPPATEVI! –urlò.
- NON VOGLIO MORIRE! NON VOGLIO MORIREEE!
- SIAMO PESANTI: NON CE LA FACCIAMO!
- PAPA’! – strillò la figlia.
Senza una parola, Tendo piombò dentro e fu precipitato verso il fondo, ma si bloccò a due passi dalla figlia: colpa della catena.
- DAMMI LA MANO!
Poi la mano di Kodachi incontrò la gamba della mora, mentre Soun tentava a forza di uscire dall’abitacolo; il vento si faceva più forte a causa del buco sempre più grande nella coda.
Mancava pochissimo all’impatto.
Con uno slancio, Soun afferrò l’altra catena e la cedette ad Ukyo.
- TUTTI FUORI! – gridò.
Il mezzo cadeva ma i nostri eroi ce l’avevano fatta: solo a Mousse erano scivolate le scarpe, ma tutti ormai volteggiavano nel cielo, mentre il vento li faceva ondeggiare e il grande aereo dorato si allontanava.
*****
Un rumore di spari e un’esplosione nel cortile della scuola … urla strazianti di ragazze afferrate da mani avversarie … un crollo e polvere innalzante … una voce a lui familiare che gridava:
- AIUTOOOOO! AIUTAMIII !
Una dissolvenza … e stava specchiandosi nell’acqua di un laghetto in una folta foresta cinese, dopo una buona sciacquata di faccia e una buona bevuta fresca.
La voce di suo padre lo chiamava a sé:
- Figliolo!
- Vieni qui un momento: ho una cosa per te.
L’uomo, ancora giovane ma già stempiato, apriva una mano e mostrava al figlioletto un orologio da taschino … un orologio d’oro.
- Questo orologio che ho qui – e avvicinava l’oggetto agli occhi del bambino – fu acquistato da tuo nonno durante la Seconda Guerra Mondiale … esattamente un mese prima che lasciasse la sua città … prima del bombardamento.
- Fu acquistato in un negozio di cianfrusaglie di proprietà di un americano … si chiamava Quentin … il cognome non lo ricordo … una persona in gamba, per quanto me ne raccontò il nonno … un grande appassionato dell’arte teatrale orientale …
- Se ne innamorò a prima vista e lo pagò non pochi soldi, ma ne fu soddisfatto; era fiero di esporre quest’orologio d’oro ad amici e familiari …
- Era un pezzo unico!
- Lo tenne sempre con se, anche quando aprì la palestra d’arti marziali Saotome, lo custodiva gelosamente …
- Una sera … quando ormai era fermo al letto da mesi e prossimo alla morte … mi disse di aprire un cassetto del suo armadio … io obbedì … mi disse di scavare tra la sua biancheria … obbedì … e trovai una scatoletta in legno, consumata dal tempo; mi disse di aprirla … lo feci … e lo trovai.
- Gli promisi che l’avrei custodito con amore … - pausa – Gli ho mentito!
- Non credo di essere adatto al compito … forse un altro saprà eseguirlo meglio di me.
- Voglio metterti alla prova, Ranma.
- Ora … giovanotto … è tuo l’orologio!
Il Ranma adulto sobbalzò di colpo.
Che strano sogno aveva fatto.
Si massaggiò il cuore che batteva all’impazzata. Erano anni che non riviveva quei ricordi.
Agì senza pensarci: con un balzo afferrò il suo zaino color verde oliva e lo aprì; di scatto, tirò fuori ogni cosa che possedeva: magliette, calzini, mutande, uno scatolino contenente un pranzo andato a male, pacchetti di patatine ancora commestibili, pergamene … e in fondo, tra polvere e resti di salatini consumati, lo ritrovò: l’orologio d’oro del suo papà, l’unico ricordo che gli era rimasto del suo imperfetto genitore.
Lo portò alla luce del sole: era interamente sporco di polvere; con una delle mutande, lo pulì e poté osservarlo meglio: nonostante gli anni, era sempre di un d’oro splendente, come il bizzarro dragone inciso sui bordi.
E funzionava ancora, dato che Ranma vi aveva cambiato le batterie mesi prima.
Ma non aveva più la catenina d’oro: era accucciata nel fondo dello zaino, ma era stata sostituita da un cinturino d'acciaio nero.
Lo infilò al polso e controllò l’ora: mezzogiorno meno un quarto.
Stiracchiò la schiena e si affacciò al finestrino: l’automobile abbandonata nella quale dormiva era alquanto scomoda.
Aprì lo sportello ed uscì all’esterno; sopprimendo uno sbadiglio, si avviò verso il bordo della collina che lo ospitava: dinanzi a sé vi erano i resti della città di Yamaguchi … un posto ridotto ad un campo di distruzione: sembrava di vivere tra i resti di Hiroshima alla fine del secondo conflitto mondiale.
Case distrutte, strade spaccate e cosparse di polvere, un ex parco giochi ricoperto di piante alte cinque metri e un cimitero profanato da sporcizie e distruzione inflitte dalla stupidità umana.
Ranma sentì un languore allo stomaco e desiderò intensamente un’okonomiyaki di Ukyo … ma la sua Ucchan non era lì con lui.
Sconsolato, fece dietro –front e ritornò verso l’auto … ma si trovò dinanzi ad un ninja coperto da una veste color azzurro scuro.
- CHI SEI? – domandò l’estraneo – COSA CI FAI QUI?
Non sarà una pistola a fermarmi, pensò.
Con un balzo all’indietro, si scansò dal nemico, ma una catena apparsa dal nulla gli afferrò una gamba e lo fece atterrare con la schiena in terra.
Da dietro ad un albero, sbucò un altro ninja identico al primo, mentre quest’ultimo saltò addosso a Ranma … e sparò.
Ad uscire dalla canna non fu un proiettile … ma del fumo viola che lo investì in pieno viso e gli penetrò nelle narici del naso, fino a scendergli lungo la gola.
Nauseato, Ranma tentò di liberarsi, ma in aiuto del nemico era giunto il secondo ninja, anch’egli balzato addosso al giovane codinato.
Credete di fermarmi voi due?
Ma d’un tratto le forze sembrarono abbandonarlo e non riuscì più a muovere gli arti per liberarsi; gli occhi gli si fecero pesanti e non riuscì più a tenerli aperti.
A bocca aperta, si addormentò di colpo.
*****
- E’ STATO UN GESTO SCONSIDERATO!
Un anziano dalla statura bassa, alla guida del mezzo, non osava voltarsi, ma rispose con freddezza:
- Il piano è stato tuo, Soun.
Soun aveva gli occhi lacrimanti di rabbia.
- MI SONO LASCIATO CONVINCERE DA LEI, MAESTRO!
- Non volevi riprenderti tua figlia? Beh, eccola!
Dovevano essere successe tante brutte cose per cambiarlo in quel modo.
Soun diede una veloce occhiata alla figlia e poi tornò a fissare l’anziano maestro;
- E’ stato Ryoga ad avvisarci che stavate arrivando … - la ragazza aveva preso parola, sperando di calmare il padre.
- STAI ZITTA! – ringhiò il padre, furente.
- Il piano è riuscito. – continuò Happosai
- POTEVAMO MORIRE!
- Così non è stato: le mie catene che tu hai usato hanno funzionato … ora basta.
Calò il silenzio nell’aereo; sul fondo Ryoga e Mousse avevano assistito alla discussione, in silenzio, intenti a curare le ferite di Ukyo e Kodachi.
Uno sguardo tra padre e figlia spezzò la situazine: Soun e Akane Tendo si abbracciarono, piangendo in silenzio.
Né Happosai né Ryoga né nessun altro aprì bocca: quel momento era troppo intenso per spezzarlo.
Anche Ryoga e Mousse avrebbero voluto abbracciare l’amica, ma il padre aveva la precedenza: dunque soppressero quel desiderio.
Venti minuti dopo Akane, con abiti nuovi, la spalla curata e il viso pulito, si rivolse ad Happosai:
- Maestro …
- Sì?
- Quelle catene …
- Sì?
- Come facevano a …
- … sorreggere un aeroplano?
- Erano bagnate da un liquido magico che ho raccolto in Vietnam, nel campo di prigionia che dividevo con Soun.
Un suono fece saltare Akane, un suono proveniente da un monitor presente nella cabina di pilotaggio: era la suoneria di una chiamata vocale.
Con uno scatto, la mano del vecchio pigiò un bottone verde e il monitor si accese …
Ad Akane perse un colpo: il viso di sua sorella, Nabiki Tendo, la osservava dall’altra parte:
- SORELLINA! – esordì la mezzana con gioia e sorpresa.
- NABIKI! – ricambiò l’altra.
- TESORO! – era sconvolto … e felice di colpo.
- CIAO PAPA’!
- Non ho molto tempo! – continuò Nabiki – Sappiate che sono insieme a Kasumi, Shampoo e ad un’altra ragazza … stiamo tutte bene.
- Sono successe un po’ di cose … vi spiegherò tutto quando ci vedremo … papà ... – rivolta unicamente al genitore – ci siamo sposate!
- COSA? – urlò i’anziano Tendo.
- CHE STAI DICENDO?
- STAI SCHERZANDO? – urlò Akane
- E’ una lunga storia, vi spiegheremo tutto … dovete venire a liberarci!
- Dove vi trovate? – chiese Soun
- In un palazzo ad Ube , una prefettura di Yamaguchi … ho visto Ranma!
Ranma … il suo fidanzato … l’uomo che non vedeva da dieci anni … era ancora vivo!
- SEI SICURA? – ; lo domandò con respiro affannoso
- Potrei essermi sbagliata … ma ricordo che aveva un codino tra i capelli …
Aspetta, Akane … calmati, ragiona: quanti ragazzi ci sono in Giappone con i capelli legati in un codino?
Ma il desiderio che potesse essere davvero il suo Ranma … era forte.
- Come hai fatto a vederlo?
- DEVO ANDARE! LUI STA ARRIVANDO!
- Lui chi?
- FATE PRESTO, VI ASPETTIAMO AD UBE!
- ASPETTA – strillò di rimando il padre – IN CHE PALAZZO?
Quella visione aveva sconvolto tutti.
- E ORA CHE FACCIAMO?
- Andiamo ad Ube … li troveremo.
Tenete duro! Stiamo arrivando, Nabiki … Ranma … Ranma, sto arrivando!
Lei e il padre andarono a sedersi mentre l’aereo acquistava velocità.