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Autore: Voglioungufo    06/06/2015    3 recensioni
SEQUEL DI "STRANE COSE QUELLE DI CUI PARLANO QUESTI INNAORATI"
Sono passati tre anni dalla fuga di Giorgia. Albus è troppo chiuso nella sua solitudine per notare i nuovi vicini mentre Lily è alle prese con una nuova e pericolosa amicizia facendo preoccupare James che ha gettato anima e corpo nel suo "lavoro" per dimenticare Dominique, in francia, e Fred, disperso da un anno.
Rose si sente inutile incapace di aggiustare la famiglia ormai spezzata, solo Scorpius riesce a capire a il suo dilemma e rincuorarla. L'unico lato positivo sembra il matrimonio tra Teddy e Victoire, peccato che la piccola Roxanne sia innamorata del metamorfusmago. Anche Luois non partecipa alla felicità della sorella troppo preso a custodire il suo segreto. Frank sembra aver abbandonato definitivamente i suoi amici
Nel frattempo il mondo sotterraneo inizia a tornare alla luce e la domanda sorge spontanea: riusciranno a difendersi dal Chaos e dal Delirium, o la storia sta per ripetersi?
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chaos or Delirium?'
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Cap. 9
I bambini maledetti.
**
Quando Al riaprì gli occhi la prima cosa che vide fu una distesa di candele tremolanti, sotto la pelle della sua guancia avvertiva il freddo del pavimento. Strizzò gli occhi non riuscendo a mettere bene a fuoco il luogo in cui si trovava, poi provò ad alzarsi trovandosi però le mani legate insieme e dovette acccontentarsi di una posizione seduta.
Dolorante studiò il luogo in cui si trovava: era una grande stanza circolare racchiusa in muri grigi pieni di quadri dai colori scuri e sanguigni, il pavimento era a scacchi bianchi e neri e sopra ogni quadrato c'era una candela accesa, alla sua sinistra si stagliava alta una credenza contenente libri, bambole di pezza stracciate e argenteria. Abbandonato su un angolo c'era una vaso pieno di fiori rossi rovesciato e scheggiato. Intorno a sè sentiva lo sgocciolare dell'acqua anche se non riusciva a individuarla.
Chiuse gli occhi cercando di domare il martellante mal di testa cercando di capire come fosse finito lì; ricordava di aver spiato la conversazione agli uffici Auror con la microspia, ricordava la conversazione e che Londra era stata attaccata. Poi la cosa si faceva confusa, la luce era improvvisamente mancata nella stanza e qualcosa lo aveva colpito alla nuca facendogli perdere i sensi. Alla fine si era svegliato lì senza sapere chi lo avesse portato lì e perché.
Un piccolo brivido gli scese lungo alla schiena quando il ricordo della Cacciatrice di Maghi Oscuri gli si intrufolò nella mente, scosse la testa con vigore. Per qualche inspiegabile motivo il suo istinto lo portava a decidere che non poteva essere stata la Cacciatrice a portarlo lì, forse perché - e qui la cosa si faceva leggermente inquietante- gli sembrava di riconoscere quel luogo.
Con uno scricchiolii sinistro uno dei quadri alle pareti si staccò scivolando lungo alla parete ma un momento prima che potesse toccare il pavimento una forza irresistibile lo fece fluttuare pigramente verso l'alto.
Sentiva il sangue pulsare nelle orecchie e con la gola secca alzò lo sguardo verso il soffitto. Altri quadri volteggiavano ad altezze diverse come se dei fili invisibili li stessero manovrando dall'alto, ma ciò che gli fece accapponare la pelle furono i corpi mutilati e lacerati di persone che vagavano in mezzo ai dipinti, visi sofferenti e deformi lo fissavano con grandi occhi bianchi e vacui. Una goccia di sangue precipitò da uno dei corpi colpendolo alla fronte e con il fiato accellerato capì da dove provenisse quello sgocciolio.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da tanto orrore, la bocca aperta in una smorfia di terrore.
"Sono bellissimi, non è vero?" Una candida voce femminile lo fece sussultare e spostare lo sguardo da quella vista malvagia verso l'angolo dove stava abbandonato il vaso. Senza che se ne accorgesse nella stanza si era materializzata una giovane donna dal viso pallido e affilato, lunghi capelli neri e occhi di un azzurro così chiaro che ferivano lo sguardo se fissati troppo a lungo. Teneva tra le dita un giglio bianco vicino al viso e ricambiava lo sguardo con una dolcezza che poteva essere solo sua.
Cercò di non farsi distratte da una bellezza così angelica e con la voce spezzata chiese chi fosse. Quella lisciò con la mano libera le pieghe del suo vestito azzurrino mantenendo il suo sorriso gentile ed enigmatico. Con grazia raccolse tutti i fiori dai petali bianchi sparsi intorno al vaso e tenendoli in una stretta delicata tra le dita lunghe e pallide avanzò tra le candele come se stesse facendo dei passi di danza fermandosi proprio davanti a lui.
Si abbassò con il viso alla sua altezza lasciando cadere tutti i fiori che teneva fra le mani intorno a lui.
"Io sono una delle bambine maledette, Candida".
 
Foresta di Biełowietza.
Quando Fred si era diretto al lavoro dopo i giorni di pausa aveva capito subito che quella non era affatto una buona giornata. Tale sensazione aumentò quando Nathalia gli corse incontro chiamandolo più volte:
"Finalmente ti sei ripreso! Sei sicuro di stare bene?"
"Certo, sono sano come un pesce" le disse simulando allegria "Ci sono novità?"
"Nah, nulla di speciale. Però è entrata questa turista che boh, per qualche motivo vuole te come guida".
"Me?" chiese confuso. Chi poteva essere? Nessuno lo conosceva lì in Pologna.
La bionda annuì aggiungendo: "E' qui da mezz'ora, ma sembra una di quelle vecchie aristocratechi eccentriche".
Appena la vide Fred non poté non concordare sull'eccentrica, visto che la donnina che stava seduta su una sediolina non era altri che Nemesi, senza quelle orribili pantofole rosa, grazie al cielo. Sentì il sangue ribollire nelle vene.
"Va bene, me ne occupo io" disse rivolto alla collega.
"Certo" ghignò quella mentre si avvicinavano "Caso mai, quando torni ci metteremo d'accordo per un'uscita a quattro"
Si fermò: "Prego?" doveva aver capito male.
"Ma sì. Io, il mio ragazzo, tu e la tua ragazza".
"...la mia ragazza?" doveva star di sicuro capendo male.
"La ragazza che ha chiamato" poi lo colpì affettuosamente alla spalla "E bravo, Freddie".
Rimase imbambolato mentre la polacca si allontanava troppo sorpreso per formulare un pensiero coerente. Melody, la sua ragazza?!
"Allora giovanotto, mostrami questa foresta"la voce di Nemesi lo colse del tutto impreparato facendolo sobbalzare. Certo, le pantofole erano rimaste a casa ma la dea aveva ripiegato su un orribile ombrello di pizzo del medesimo colore.
"Va bene" disse tra i denti uscendo dall'edificio.
Quando furono fuori in mezzo agli alberi e lontano da voce indiescrete le chiese cosa ci facesse lì.
"Sono qui per rispettare la mia parte di patto e assicurarmi che tu faccia la tua parte".
"Cos'è? Vuoi aiutarmi a fare la valigia? Lo so che devo abbandonare Melody come promesso".
"In realtà, sarai tu a scegliere quando andartene" gli assicurò aprendo l'ombrello rosa sebbene non ci fosse sole o pioggia "Infatti mentre camminavamo ti ho lanciato una maledizione"
"Che bello! Io adoro le maledizioni" sbuffò ironico.
Nemesi non sembrò curarsi del suo tono "Se non manterrai il patto decidendo di starle comunque vicino, ti accadrà la cosa che più temi al mondo".
Si bloccò in mezzo al sentiero e Nemesi lo guardò con un sorriso crudele: "Entrambi sappiamo molto bene di cosa si tratta".
Sì, lo sapeva molto bene e per questo strinse i pugni: "Non ti bastava la mia parola?"
"Voi essere umani siete imprevedibili e non mantenete mai la parola data"
Riprese a camminare seguendo quell'orribile dea con l'orribile ombrello. Forse era il rosa a conferirle il potere.
Inaspettatamente riprese a parlare:
"Il luogo in cui ti ho mandato si chiama Tartaro, un luogo solitamente inaccessibile agli esseri umani e la patria degli dei. Come avrai capito inizialmente apparteneva solo al Chaos ma poi cominciò a corrompersi"
"Sì, lo so. Ho trovato Chaos e me lo ha spiegato"
"Lo so, caro, ho monitorato tutti tuoi spostamenti. So anche bene che hai avuto uno spiacevole incontro con la Magia Oscura, Demon, e fatto una certe promessa".
Ripensò alla bambina che gli era corsa ai piedi in lacrime e come lui avesse desiderato distruggere tutto ciò che la faceva piangere in quel modo.
"Quella bambina" continuò Nemesi indovinando i suoi pensieri "era il Delirium, sì".
"Quel luogo..." sussurrò Fred "quella bambina... è stato come se l'avessi già incontrata, e non perché aveva lo stesso aspetto di Melody. Mi sembra di esserci già stato in passato".
"Fred caro" cinguettò mielosa "tu eri già stato nel Tartaro".
"C-cosa?" ancora una volta si fermò e Nemesi fu costretta a girarsi per guardarlo.
"Dimmi, lo sai perché hai questi poteri?"
Scosse la testa frastornato.
"Perché li hai chiesti tu".

**
"Candida..." ripeté Al come ipnotizzato. Chiuse gli occhi sforzandosi di pensare, era forse la ragazza di cui Godric si era innamorato? Quella che aveva creato la gelosia di Tosca facendola diventare l'assassina che era ora? Quella che era stata uccisa dalla stessa Tosca?
Riaprì gli occhi sbattendo le palpebre più volte: "Tu dovresti essere morta".
L'espressione sul viso di Candida non vaccillò e continuò a guardarlo con i suoi enormi occhi azzurri: "Lo sono, infatti".
"Ma allora, sono morto anch'io?"
Rise, la sua risata aveva lo stesso suono cristallino, sembrava fatta di luce: "Certo che no, sciocchino".
"Com'è possibile che noi...?"
"Siamo nella mia stanza, è in questo palazzo che finiscono quelli come noi una volta morti. Ma si può arrivare anche da vivi se Lui lo desidera".
"Quelli come noi?" gli formicolavano le mani, ma le corde erano troppo strette per riuscire a muoversi.
"Certo, bambini maledetti, o come ci chiamano gli altri: Maghi Oscuri".
Sentì il suo cuore cedere qualche battito e si ritrovò ad abbassare la testa sotto quell'appellativo. Poi però mise in moto il cervello e con un sussulto fu preso da una terribile realizzazione:
"Anche tu sei..."
"Una Strega Oscura, sì" lo interruppe distrattamente strappando uno a uno i petali di una margherita.
"No, è impossibile" balbettò.
"Perché dovrebbe essere impossibile?" corrugò la fronte lasciando cadere lo stelo spoglio e dirigendo le dita verso il suo viso. Le fece passare sulle guancie, sulle labbra e intorno agli occhi alla ricerca di ogni dettaglio. Il suo cuore batteva impazzito e per Al fu facile immaginarsi per quale motivo il Fondatore era stato conquistato da quella creatura celestiale dal tocco leggero.
Non poteva essere malvagia, si rifiutava di crederlo.
"Io lo sono, proprio come te" continuò con la sua voce gentile "Ci sono nata, tutti quanti ci nasciamo. Poi Lui ci chiama, e se vogliamo rispondiamo. Io ho risposto, tu cosa vuoi fare?" Interruppe il contatto e lui sentì il volto bruciare dove le dita erano passate.
"Perché?" gli sembrava di avere carta vetrata in gola e fu costretto a ripetere "Perché hai risposto?"
Candida si allontanò leggermente dal suo viso congiungendo le mani sotto il mento guardandolo dritto negli occhi, era difficile mantenere il contatto da quanto erano vividi: "Mia madre era gravemente ammalata per causa mia e mio padre mi odiava, era un inverno molto rigido quando Lo incontrai. Ero sul sentiero del pozzo, cadevano dei leggeri fiocchi di neve e avevo le labbra viola"
Vide quella scena in uno dei dipinti ai muri, una piccola bambina dai capelli neri costretti in due treccine e il viso violaceo per via del freddo arrancava a fatica lungo un sentiero innevato coperta solo di pochi stracci e un secchio colmo d'acqua. Quella scena di miseria aveva un che di bellissimo e terribile che gli fece venire le lacrime agli occhi. Dal lato opposto del sentiero una figura avvolta in vesti neri l'aspettava, una figura che aveva la pelle più chiara della neve che scendeva.
"Era veramente Bello, sai?" si concentrò di nuovo sul volto della donna che gli stava di fronte "Fu molto gentile, mi aiutò a portare l'acqua e mi chiese cosa desiderassi di più al mondo. Io volevo che mia madre stesse bene e che potessi essere amata da mio padre". Rise "Mi disse che lui avrebbe esaudito il mio desiderio, una volta a casa avrei trovato mia madre guarita e chiunque mi avrebbe amata, in cambio chiedeva solo un po' della mia compagnia.
Quando tornai casa trovai tutto come aveva detto lui, mia madre stava bene e mio padre mi amava, come chiunque incontrassi. Ero felice, sentivo la mia vita realizzata. Tuttavia..."
Il suo sguardo si intristì e Al sentì quasi il disperato desiderio di cancellare quel 'tuttavia' per farle ricomparire il sorriso.
"Tuttavia" riprese "sebbene il mio più grande desiderio era stato realizzato, mi accorsi che ben presto mi accorsi che più una benedizione era una maledizione. Di tutte quelle persone che mi circondavano dandomi affetto, chi, chi mi amava veramente? O erano tutti ammaliati dal potere che mi era stato donato? Qualcuno di loro aveva sentimenti sinceri e non stregati?
Solo su di Lui il mio potere non sembrava aver effetto, lui mi amava per quello che ero senza bisogno della magia. Fu lui a insegnarmela, fu lui a proteggermi o aiutarmi nei momenti di difficoltà. Per questo quando mi chiese di ammaliare un ragazzo acconsentii, avrei dato la mia vita per Lui". Il sorriso sereno tornò sulle labbra della ragazza facendogli battere ancora pià velocemente il cuore, non pensava che una cosa del genere potesse accadere.
"Si chiamava Godric Grifondoro, dovevo farlo innamorare di me e fingere di ricambiare. Lo feci da ragazza e anche una volta diventata donna, sebbene lui stesse con un'altra. Erano gli ordini, per Lui questo e altro".
"Sei stata ingannata" riuscì a dire con la voce roca, deglutì un paio di volta a vuoto.
"Ingannata?" inclinò leggermente la testa in un'espressione interrogativa.
"Sì, lui costrinse Tosca a ucciderti! E' per colpa di Demon, di Lui, se sei morta".
"Lo so" rispose sempre più confusa "Faceva anche quello parte del piano".
"Ma-ma, così tu sei morta!"
"E allora? Che me ne importava della vita, avrei dato qualsiasi cosa per Lui" ripeté appoggiando i palmi delle mani sulle guancie del ragazzo e sollevando il volto a pochi centimetri dal suo "E poi Lui viene sempre a trovarmi qui, passa molto tempo con me. Dice che grazie a me lui potrà essere felice. E se lui è felice sono felice anch'io".
Cercò di sottrarsi a quel contatto e abbassò lo sguardo in una posa sconfitta: "Ma io cosa c'entro in tutto questo?"
"Sei come me, anche tu hai diritto a qualche desiderio, Lui li esaudirà, in cambio dovrai farGli compagnia. Vedi..." il suo sguardò si intristì "Lui è molto solo e infelice".
"L'Oscurità è infelicità".
"Non è vero, è solo il desiderio di felicità".
"Lì non la si troverà mai".
"Io l'ho trovata, ma tu che rifiuti tutto questo sei felice?"
Serrò le labbra distogliendo lo sguardo e fissò i fiori dai petali bianchi sparsi intorno a lui, alcuni avevano delle macchie vermiglie per via dei corpi mutilati e sanguinanti che volteggiavano sopra le loro teste, la cosa lo fece rabbrividire e improvvisamente sentì freddo ovunque.
Candida sollevò gli occhi e indovinando i suoi pensieri: "Quelli sono i corpi delle vittime"
"Vittime?" cercò di reprimere il terrore che provava.
"Sì, le persone uccise da un bambino maledetto"
"Sono così tante..." gli veniva da vomitare, davvero quella donna dall'aria così innocente aveva assassinato così tante persone?
"Non sono stata io" affondò una mano tra i capelli mori del ragazzo in una lieve carezza.
"Ah, no?"
"No, quelle sono le tue vittime".
**
Foresta di Biełowietza.
"IO?" urlò Fred.
"Tu" confermò tranquillamente la psicopatica chiudendo quell'orribile ombrello.
"Perché mai avrei voluto una cosa simile?!"
Lo sguardo della dea si addolcì: "davvero non ricordi nulla?"
"Cosa dovrei ricordare?"
"Qualcuno lo ha sigillato nella tua mente, forse tu lo hai associato a un sogno e quindi dimenticato"
"Non ignorarmi! Cos'altro devo sapere?"
"Ti mostrerò tutto, risveglierò questo tuo ricordo, caro Fred. Ma prima devi sapere qualcos'altro sul Tartaro. Lì, non importa quale sia la tua età nella terra, ti presenterai nell'attimo in cui sei stato più potente. Potresti avere sei anni, come sessanta, ma nel Tartaro ti presenterai come un ventenne. Perciò non preoccuparti di quello che vedrai e scoprirai".
"Nemesi, taglia" borbottò impaziente.
"Kelly" lo corresse scocciata "Ti sto dicendo tutto questo perché avvenne tutto quando eri un bambino di cinque anni, ma una volta nel Tartaro hai ragionato come l'ultima volta in cui ci sei stato".
Prese un bel respiro "A cinque anni sono entrato nella dimensione degli dei?"
"Sì, impressionante vero?"
"Com'è successo?"
"Giocavi, e hai trovato una delle porte".
"...Per caso?"
"Questo dipende se credi o meno nel Caso".
Un altro lungo respiro, ci voleva pazienza. Taanta pazienza.
"Ok, lo deciderò più tardi. Ora non ti dispiace risvegliare questo fantomatico ricordo?"
Nemesi stirò le labbra nel suo sorriso da squalo: "Molto volentieri".

Stava precipitando nel vuoto, il che non era una bella sensazione. Specialmente perché non capiva quanto tempo stesse passando. Settimane? Mesi, anni, secoli?
Proprio quando cominciava ad accettare l'idea di morire in caduta libera intravide un leggero bagliore dal fondo, poi cadde di pancia su un pavimento a scacchi immerso per pochi centimetri nell'acqua. Si alzò stupendosi che nonostante la caduta di parecchi metri non si fosse fatto nulla e guardò l'apertura da cui era caduto trovando solo oscurità a non finire. E intorno a sé non vedeva altro, solo una grande coagulo di notte, la grande cosa nera. Fred ebbe paura sebbene non ne avesse mai provata per il buio. Ad essere sinceri, a terrorizzarlo era il non sapere come risalire e la reazione di sua madre, quella era la volta buona che lo chiudeva in casa.
E tutto perché era caduto dentro uno stupido buco. Prese un bel respiro iniziando a camminare, da qualche parte doveva esserci di sicuro un'uscita, almeno quella d'emergenza.
Intorno lui c'era solo l'assardonte silenzio interrotto solo dai suoi passi nell'acqua. Più andava avanti, più questa diminuiva e finalmente fu felice di camminare sull'asciutto senza quell'acqua fredda che si insinuava nelle scarpe. Nel suo avanzare a tentoni andò a sbattere contro qualcosa di liscio e freddo.
"Ahia" si lamentò senza curarsi di fare silenzio. Massaggiandosi la testa riaprì gli occhi e notò che si era fatta un po' di luce, era andato a sbattere contro una porta  che per via dello scontro si era aperta rivelando una stanza ampiamente illuminata.  Il momento di gioia fu subito smorzato dalla scoperta che la porta stava in piedi da sola, senza l'ausilio di pareti. Era ritta e in piedi in mezzo al buio. La superò senza entrarci ma dietro non c'era nessuna stanza illuminata, continuava solo il buio.
Tornò indietro riposizionandosi davanti confuso, da lì la stanza ricompariva. La cosa lo inquietò, che fosse un portale? Magari era quella era l'uscita d'emergenza, ma c'era da fidarsi.
Fu qualcos'altro a scegliere al posto suo.
Mentre ancora rimaneva impalato di fronte a quella porta cercando di decidersi sul da farsi una forte corrente calda e puzzolente investirlo dalle spalle e quasi perse l'equilibrio. Il tutto seguito da un forte ruggito che lo fece tremare di paura, ovviamente. Si trovò davanti un mostro che aveva approffitato della sua indecisione per prenderlo alle spalle; era orribile, assomigliava a una libellula grande quanto un Ungaro Spinato, gli occhi erano sporgenti gialli e opachi, il corpo squamoso con due ali trasparenti piene di squarci. Ma la cosa che attirò la sua ettenzione su la bocca enorme provvista di denti aguzzi e grossi come rocce, era da lì che proveniva l'odore nausabonda di cadaveri in putrefazione, in più sbavava.
Non perse tempo nel riflettere, attraversò la porta un attimo prima che le zanne si rinchiudessero con uno schiocco nel posto dove si trovava un attimo prima la sua testa. Senza tante cerimonie cercò di chiudergli la porta in faccia (se si può parlare di faccia) ma il mostro infilò una della tante zampe pelose sulla'apertura tentando di afferrargli faccia, infatti notò che terminavano con cinque uncini aguzzi e letali. Avrebbe tanto voluto urlare ma aveva la voce incastrata in gola in più le sue sue forze stavano cedendo e ben presto perse l'equilibrio cadendo a terra. A salvarlo fu un lupo dal lungo pelo bianco che con un ululato si gettò contro il mostro azzannando le zampe.
Fred era troppo spaventato anche solo per pensare qualcosa. L'attacco dell'animale sembrò funzionare perché l'insettone si disintregò in cenere.
"Dove sono finito...?" sussurrò tremante. Il lupo lo superò con un balzo e lui si girò guardando finalmente la stanza dove era era finito. Era una stanza rotonda dal pavimento a scacchi, grossa tente incorniciavano delle finestre e delle cassapanche e credenza curva circondavano i muri colme di bambole e altri pupazzi dalle fatezze inquietanti.
"E tu cosa ci fai qui?"
Sussultò girandosi verso la voce, seduta con grazia si un divano una ragazza lo guardava con genuina curiosità. Aveva dei lunghissimi e vaporosi capelli azzurri che circondavano un viso affilato e pallido spruzzato da delle efelidi dello stesso colore, gli occhi brillavano di un blu elettrico da sembrare fuoco liquindi. Indossava un abito bianco da principessa con la gonna mezza stracciata e pieno di nastrina. Tra le braccia stringeva un pupazzo nero che contrastava con la sua chiarezza.
"Sono caduto in un buco" balbettò terrorizzato cercando di strisciare via. Il lupo accucciato ai piedi della ragazza sbadigliò facendo mostra della sua letale dentatura. Corse a nascondersi dietro una credenza facendo sbucare solo la testa per spiare la ragazza.
Quella rise, aveva una risata molto infantile: "Come ti chiami?"
"Fred, Fred Weasley" rispose rintanato nel suo nascondino.
"Io sono Delirium" rise ancora "Come ci sei finito in questo brutto posto?"
Non fece in tempo a rispondere che un rumore assordante di vetri infranti li distrasse e dalla finestra ormai in frantumi si gettò nella stanza un'enorme acquila dal viso umano.
"Un umano, un umano è qui!" gridava con voce gutturale cercando di raggiungerlo.
Delirium strinse i pugni iniziando a tremare: "Stavamo solo parlando" ringhiò con rabbia "Questa è la mia stanza, vattene subito".
Quando vide che l'uccellaccio non la stava minimamento ascoltando arricciò le labbra in un sorriso malvagio. Dei filamenti di luce bianca simili a catene compervero dal nulla stringendosi intorno al corpo del mostro. Fred, completamente e totalmente invaso dal terrore vide la ragazza muovere con grazia una mano guidando quelle catene di luce. Gli occhi dell'uccelo si gonfiarono riempiendosi di sangue poi esplose in una pioggia di carne, sangue e piume. Si ritrovò zuppo dalla testa ai piedi di quella sostanza vermiglia. Con il cuore che batteva impazzito si lasciò scivolare lungo la parete sbattendo contro la credenza.
Delirium si spostò un ciuffo di capelli, anche il suo viso era sporco di sangue. "Stupida creatura del Chaos" borbottò.
Uno dei cassetti della credenza di aprì e il rosso ci sbirciò dentro trovando una scatola piena di...
"Biscotti!" esultò interrompendo la ragazza che continuava a parlare. Rimase a fissarlo sbalordita mentre tirava fuori un biscotto dietro l'altro e se lo portava alla bocca.
"Certo che sei proprio strano, un attimo prima eri terrorizzato e adesso mangi quelle cose lì" notò stringendo ancor di più al petto il pupazzetto. Non l'ascoltò continuando a divorare i biscotti facendola innervosire al punto che gli gettò dietro il peluche.
"Ahia" si lamentò massaggiandosi la fronte, poi la guardò "Per forza, con tutte le assurdità che ho visto fin'ora mi è venuta fame! E poi dubito di poter avere più paura di cinque minuti fa" rise "E poi papà mi dice sempre che nel caso mi perdessi come adesso la cosa migliore è mantenere la calma"
La ragazza si portò le ginocchia sotto al mento stringendole tra le braccia: "Tu non hai paura di me? Non mi odi?"
"Uh?" la fissò sbalordità inghiottendo l'ultimo biscotto "Perché dovrei? Mi hai appena salvato la vita. Grazie, a proposito"
"Grazie" ripetè guardandolo assorta "Sei un tipo tosto o più probabilmente un'idiota"
"Ehi!"
"Melody"
"Cosa?" la fissò confuso.
"Questo è il mio nome. Delirium è come mi chiamano le altre persone. Però a te concederò l'onore di chiamarmi così, con il mio nome umano"
"Melody..." ripeté portandosi le mani al cuore. Provava una strana sensazione calda dentro di lui.
"Non farti illusioni, comunque" lo riscosse dai tuoi pensieri "Ti ho salvato per un motivo preciso"
Rimase in silenzio, in attesa che continuasse.
"Sei il primo essere umano dopo secoli che riesce a giungere qui, non posso permettermi di perderti"
"Che cosa vuoi da me?"
"La stessa cosa che tu vuoi da me" si porto un dito alle labbra "Uscire da questo posto"
Spalancò gli occhi sorpreso.
"Questo posto non è altro che una prigione per me e mia... sorella. Siamo costrette a restare qui dentro a combatterci l'un l'altra finché una di noi due non cederà e soccomberà. Io... non voglio, sono stanca di questa lotta inutile".
"Perché dovete fare così?"
"Perché Chi ci ha messo qui ha deciso questo, saremmo anche le entità cosmiche più potenti ma dobbiamo sottostare al Suo volere. Per questo, ho bisogno di un umano che mi possa aiutare" Si alzò dal divano, avvicinandosi verso di lui. Aveva gli occhi completamente lucidi e delle grosse lacrime minacciavano di sfuggirle dalle ciglia. Teneva le mani unite sopra il petto in preghiera.
"Ti prego, diventa il mio, il nostro, cavaliere. Se non vuoi salvare almeno me, aiuta mia sorella. Aiuta Chaos, lei..." singhiozzò "Lei si è rassegnata, si sta distruggendo da sola. Ti prego, salva Chaos, salva quelle bambine, loro non hanno fatto niente. Io non voglio più essere il Delirium, esaudisci questo mio desiderio, ti renderò potente. Ma salva quella ragazza, salva Melody" Le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi bagnandole tutto il volto e la veste, si portò le mani agli occhi nel tentativo di asciugarsi le ciglia, le guance erano arrossate e le labbra piegate in una smorfia di sofferenza. Il sengue del mostro di poco prima si stava sciogliendo tingendo di rosso quelle lacrime.
 La stanza tremò come il battito di un cuore.
"Ah-h" sussultò la ragazza in lacrima mentre si illuminava di una luce abbagliante. Lo guardò triste:
"Scappa, almeno tu" sussurrò prima di sparire completamente avvolta nella luce mentre la stanza andava in frantumi come vetro.
Fred rimase immobile sorpreso con un biscotto in mano, ma poi sentì la rabbia invadergli il petto e con uno scatto corse verso la luce intenzionato a tirare fuori la ragazza.
Cosa sto facendo? si chiese. Perché mi sento così arrabbiato? Perché voglio tirarla fuori? Era una cosa totalmente folle, quella ragazza era una sconosciuta e aveva capito solo metà del suo discorso, ma non voleva che le succedesse qualcosa, gli aveva salvato per due volte la vita. Evitò una grossa crepa gettanandosi verso la luce.
"Delirium!" la chiamò, la chiamò a gran voce più e più volte "Delirium!"
Sono sembrava rispondergli e cominciava e sentire freddo, le membra stanche e pesanti.
"Delirium! Delirium!" Si sentiva sopraffare da quel potere che lo rendeva così gelido, ma non voleva abbandonare la ragazza, non voleva lasciarla a quel gelo "Delirium!" Non voleva perderla così, non voleva perderla e basta, andava contro ogni logica ma doveva salvarla!
Si fece spazio a fatica, avanzando come se stesse nuotando nell'acqua, poi la vide inerme avvolta e imprigionata nelle stesse catene con cui aveva distrutto il mostro.
"Delirium!" la chiamò tenendo le mani verso di lei "Delirium, accetto! Delirium! Delirium! MELODY VOGLIO DIVENTERE IL VOSTRO CAVALIERE".
Gli occhi della ragazza si aprirono di scatto completamente azzurri e tempestosi, poi quelle catene andarono in frantumi e lui si trovò sospero nel buio, con la ragazza che lo teneva fra le sue braccia.
Non riusciva a muoversi.
Non riusciva a respirare.
"Grazie" fece quella "Finalmente non saremo più sole a portare questo fardello"
Chiuse gli occhi.
 
**
"Stai mentendo" Al si sentì come una marionetta alla quale erano stati staccati i fili, la mente gli si era completamente svuotata.
"Perché dovrei farlo?" strinse i suoi capelli portandosi a pochi centimetri dal suo viso.
"Io non sono un assassino" sussurrò.
"Davvero?" lo guardò con finto biasimo "Ripetere il contrario non cancellerà il fatto".
Chiuse gli occhi, cercando di scacciare quello stupido scheletro che per anni aveva chiuso dentro l'armadio, ma Candida continuò impassibile:
"Era proprio un bel bambino riccio, e pensare che è morto per sbaglio. Ti era solo stato ordinato di uccidere il Chaos, peccato che ti sbagliasti. Lo hai colpito mentre tentava di proteggerla, vero?" Rise "Forse deriva da questo la tua ossessione da lei, forse perché hai cercato di ucciderla".
"STAI ZITTA!" urlò e iniziò a singhiozzare perché era vero, quello che stava raccontando era maledettamente vero.
Era stato lui, Albus Potter, a uccidere l'amico di infanzia della sua ragazza.


NDA
Ehm.
Doveva essere più lungo ma ho deciso di dividerlo perché troppe cose in una volta sola sono troppe. E il prossimo sarà peggio di questo sotto certi aspetti.
E nulla, vi lascio al vostro trauma perché avete capito bene: Al ha cercato di uccidere Giorgia (perché? Prossimamente) ma Gabriele si è messo in mezzo morendo lui.
Alla faccia del "ti ho visto per la prima volta nel parco e da lì ti ho pensato sempre", in realtà è stato "Sai, ho provato ad ucciderti, il tuo amico è morto per colpa mia, però adesso ti amo, è tutto apposto".
Io rido, ma mi sento molto malvagia.
Adieu
V.
   
 
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