NON L’HO MAI SENTITO PRIMA
«Come fai?»
Glielo chiedevano spesso. Castor non
rispondeva, però. Si limitava ad alzare le spalle e sorridere, assumendo
un’aria trasognata, la stessa che aveva quella mattina.
Frau lo guardava, irritato. Poi era lui lo
scansafatiche!
«Ehi, Romeo»
lo chiamò.
Il rosso trasalì, concentrandosi sulla
figura di fronte a lui.
«Non smaltirò anche le tue scartoffie,
sappilo» continuò, spillando insieme un paio di fogli.
Castor riprese frettolosamente a compilare
la sua pila.
«Per caso è successo qualcosa?»
Un cenno di diniego.
«No, niente.»
Frau lo guardò per un altro istante, poi
tornò alla sua parte di lavoro.
Per qualche minuto nessuno dei due parlò.
Poi, quasi impercettibilmente, Castor gli fece una domanda.
«Tu mi consideri un cattivo esempio da
seguire?»
Frau lo guardò di nuovo, stavolta
sorpreso.
«Un cattivo esempio? Tu?»
Castor alzò lo sguardo, annuendo
impercettibilmente.
«Senti, siamo amici dall’università, e tu
sei sempre stato il saputello responsabile. L’unico che alle feste non si
ubriacava. Quello che prendeva addirittura la lode. Forse la tua fissazione per
le bambole è un po’ assurda, ma sono sempre stato io il cattivo esempio, non
tu.»
Castor sospirò.
«Dai, sputa il rospo» lo incitò Frau.
Il rosso indugiò qualche istante,
arrossendo leggermente.
«Razette mi ha detto che vorrebbe tingersi
i capelli» disse.
«E allora? Anche tu li hai tinti!» esclamò
il biondo.
«Sì, ma lei li vuole rosa!»
Frau alzò le sopracciglia.
«Razette è una ragazza, ok? È del tutto
normale che voglia dei colori strani.»
Il silenzio riprese.
All’improvviso Frau alzò di nuovo la
testa.
«Castor.»
«Sì?»
«Tu… Hai detto che lei ti ha detto di volersi tingere i capelli.»
«Sì, e allora?»
«Allora… Allora questo significa che ha ripreso a parlare.»
Castor lo guardò, rendendosi conto
dell’errore commesso.
«No, no» disse. «Mi sono espresso male. Il
suono della sua voce io non l’ho mai sentito.»
Frau annuì, piano.
«Non è solo questo il problema, vero?»
Castor alzò le spalle.
«Io… Io non sono suo fratello. Insomma,
non sono un familiare. Eppure mi ha chiesto il permesso.»
Frau annuì.
«Quindi è così. Tu la ami.»
Castor mollò i fogli.
«Gliel’hai mai detto, almeno?» chiese il
biondo.
Castor scosse la testa.
«Lei… Mi considera il suo coinquilino e
migliore amico, niente di più.»
Frau ghignò.
«Migliore amico… beh, è un inizio. Forse è
il caso che tu glielo dica e basta.»
Castor scosse di nuovo la testa.
«Metti caso che glielo dica veramente. Se
lei non ricambia i miei sentimenti se ne andrà via. Io non voglio che se ne
vada.»
Frau sospirò.
Il discorso rimase sospeso nell’aria, mai
concluso. Il biondo sapeva che sarebbe stato inutile continuare a parlarne.
Castor era testardo quasi quanto lui.
La porta d’ingresso sbatté. Sentì i suoi
passi farsi sempre più vicini. Castor sorrise. Aveva tinto i capelli. La
ragazza fece un giro su sé stessa, sorridendo. Il ragazzo annuì, facendole
cenno di avvicinarsi. Se Frau avesse scommesso, probabilmente quella volta
avrebbe vinto.
Prese un bel respiro, e alzò lo sguardo,
incontrando gli occhi azzurri della coinquilina.
«Razette… Devo dirti una cosa.»