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Autore: piccolo_uragano_    07/06/2015    2 recensioni
(1992- camera dei segreti)
Oliver Baston, sesto anno, Capitano Grifondoro. Affascinante, coraggioso, fanatico del Quidditch, testardo e dolce. I suoi più cari amici si chiamano Fred e George Weasley, il che è tutto dire. Crede nell'amore ma non di essere in grado di amare.
Jo Wilson, sesto anno, Capitano Serpeverde. Purosangue nobile da generazioni, traditrice del suo sangue, testarda, furba, bellissima e con un passato scomodo e tenuto nascosto, che l'ha portata ad avere paura d'amare. Fragile, ma bravissima nel nasconderlo.
Due mondi paralleli che si incontrano per caso, fondendosi l'uno con l'altro. Come andrà a finire?
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Dal testo:
"Sei mia." sussurrò schiudendo le labbra, allontanandosi leggermente dal suo viso.
Lei sorrise, nella penombra. "Solo se stai zitto e mi baci, Baston." rispose, con un sussurro altrettanto flebile, e lui riprese a baciarla con più foga.
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[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Oliver Wood/Baston
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Goffo tentativo di descrivere una scena d'amore e una partita di Quidditch (attenendomi fedelmente al libro). Spero di non aver deluso nessuno. :)


Jo Wilson se ne stava seduta sul suo letto a baldacchino, con le gambe incrociate, mentre sembrava trovare sollievo nell’aggrovigliasi ciocche di capelli attorno all’indice e vedere quanto resistevano prima di strapparsi, mentre con l’altra mano accarezzava Nanà, accoccolata sulle sue gambe. Pensava. Pensava che Oliver Baston, il Capitano della squadra che avrebbe affrontato dodici ore dopo, le piaceva più di quanto fosse concesso, e che gli altri membri della squadra erano troppo suoi amici perché lei potesse essere se stessa sul campo e, soprattutto, che Blanca se ne sarebbe accorta, e la sua gentilezza sarebbe svanita.
Sarebbe andato tutto all’aria, e sarebbe stata solo colpa sua. Colpa sua e del suo cuore debole, colpa sua e di un nuovo, disperato bisogno d’affetto.  Si morse il labbro da tanto si sentiva in colpa: aveva giurato che non avrebbe mai più avuto bisogno di nessuno al di fuori di sé stessa.
“Che c’è?” chiese una voce.
Jo sobbalzò. Non si era nemmeno accorta che Flora fosse tornata.
“Andrà tutto a puttane, Flora. Andrà tutto a puttane, e sarà colpa mia.” Non voleva dirlo, non voleva confidarsi, ma la sua voce aveva detto tutto prima che lei potesse accorgersene.
Flora si sedette ai piedi del letto di Jo, guardandola torturarsi quella ciocca di capelli. “Se deve andare tutto a puttane, assicurati che accada alla grande.”
Jo alzò lo sguardo. “È quasi ora.” Disse, controllando allarmata la sveglia sul comodino.
“Porta Oliver con te, oggi. Rendi la tua disfatta indimenticabile.”
Jo accennò un sorriso. Prima di ogni partita, era solita occupare una stanza da bagno sconosciuta alla maggior parte degli studenti di Hogwarts. Riempiva la gigantesca vasca di schiuma colorata, si metteva il costume da bagno e, la maggior parte delle volte, la si vedeva tornare nei sotterranei la mattina più rilassata che mai. Solo Flora sapeva dove fosse, perché le copriva le spalle.
Senza pensarci nemmeno un secondo, prese la borsa con gli asciugamani e uscì dal dormitorio.
Mentre saliva le scale verso la Torre Grifondoro, Jo non riusciva a credere che stesse davvero dando ascolto ad un consiglio di Flora Carrow. Non fece in tempo a maledirsi per questo, perché Fred e George Weasley uscirono dal ritratto della Signora Grassa, guardando la Serpeverde come se sapessero perfettamente che sarebbe arrivata, e guardandola con aria interrogativa quando notarono che sotto la camicia stropicciata e slacciata, era ben visibile un costume a righine azzurre e bianche.
“Buonasera, Jo.” Disse George.
“Possiamo fare qualcosa per te?” chiese Fred.
Jo chinò leggermente la testa. “Oliver. Mi serve Oliver.”
“Non credo sia possibile, signorina. Al momento, il signor Baston sta facendo su e giù nel dormitorio maschile mentre ripassa lo schema per la partita di domani.” Rispose Fred.
“E io intendo salvarvi da questo calvario!”
I gemelli si scambiarono uno sguardo d’intesa. Nessuno era mai riuscito a calmare Oliver Baston nella sua ansia pre-partita.
“Vediamo che sai fare, piccola Wilson.”  Disse Fred, lasciandola passare. Lei entrò in Sala Comune, salì le scale e, per la prima volta, si addentrò nel dormitorio maschile, in cui regnava odore di calzini, shampoo e Burrobirra. Trovare Oliver non fu affatto difficile. Faceva davvero su e giù come un leone in gabbia, parlottando da solo, ma senza permettere a nessuno di contraddirlo. Nessuno dei ragazzi disse nulla vedendo entrare Jo, accompagnata dai gemelli. Loro per natura non erano pettegoli, e, ormai, la notizia dell’amicizia della serpe con Oliver non faceva più scalpore.
Lui non la vide subito. In realtà, non sembrava vedere nessuna delle persone che aveva accanto. Ma quando si accorse di lei, così, in piedi in mezzo al dormitorio, con le braccia incrociate sul petto, la sua solita aria saccente ed un sopracciglio incarnato, sembrò tranquillizzarsi improvvisamente.
“Ciao, Oliver Baston. Ce l’hai un costume da bagno?”
“Che razza di domanda è?” rispose lui, ricominciando a fare avanti e indietro.
“Si da il caso che io stasera abbia deciso di salvarti la vita.” Si guardò attorno. “E di salvarla anche alle persone che dormono lungo il tuo percorso, visto che sembri un autistico isterico.”
“Sembro un che cosa?”
“Un autistico isterico.
“Non ho idea di che cosa voglia dire, ma tu non dovresti essere ad insegnare ai tuoi giocatori a perdere con dignità?”
Lei non si mosse di un millimetro. “Sai quanto ci metto a tornare indietro e andare a spassarmela da sola?”
Lui sbuffò, estrendo la bacchetta. “Accio costume.” Disse. “Ora?”
“Ora saluta cordialmente le persone che hai torturato con il tuo autismo prima del mio arrivo.” Rispose lei, con un sorriso sarcastico.
In quel momento, lui si accorse che erano circondati da ragazzi Grifondoro che lo guardavano come se si aspettassero delle scuse. “Ciao gente, ehm … scusatemi.”
Jo sorrise. “Fantastico. Ora, seguimi.”

Senza dire una parola, iniziarono a correre per i corridoi, senza smettere di ridere ma senza dire mai una parola, per paura di rompere quel momento quasi magico e quell’atmosfera che avevano creato. Dopo qualche minuto, si trovarono davanti ad una gigantesca porta di legno scuro. Jo si fece di nuovo seria, senza un filo di fiatone o di paura, perché, di nuovo, stava evidentemente infrangendo le regole. Lui non osò chiedere nulla, non osò fare altro che non fosse contemplare la sua bellezza quasi divina.
Quando ebbe aperto la porta, si trovarono in un gigantesco bagno con delle gigantesche vetrate incantate ed una gigantesca vasca idromassaggio, straboccante di schiuma colorata e bolle di sapone. Sembrava un posto sconosciuto e dimenticato da tutti, ed Oliver era quasi sicuro di non essere mai stato in quel lato del castello, eppure lui, Fred e George avrebbero giurato di conoscerlo tutto.
E lei era lì, in piedi nel mezzo di quella specie di piccolo centro benessere, che lo guardava come se si aspettasse che succedesse qualcosa, mentre lui era semplicemente esterrefatto.
“Come …”
Blanca.” Si limitò a dire lei. “Lo ha rimesso a posto lei, al suo quinto anno. È bellissimo, non trovi?”
“Merlino.” Sussurrò lui. “È meraviglioso.”
Lei non storse il naso al nome del più grande mago di ogni tempo, si limitò a sfilarsi la gonna e la camicia alla velocità della luce, lanciare quelle sue scarpe babbane in un angolo della stanza e si immerse in quella vasca gigantesca, con una sigaretta già sulle labbra, accanto ad un sorriso mozzafiato.
“Prima di ogni partita vengo qui. In realtà ci vengo spesso, ma la prima volta è stato la sera prima della mia prima partita da Capitano. Blanca mi ha presa e mi ha portata qui, perché stavo avendo la stessa crisi isterica che avevi tu poco fa. Vengo qui spesso, da allora. Mi rilassa.”
Lui non disse una parola. Era come imbambolato, davanti a quello che sembrava un quadro sbiadito di un angolo di  paradiso. La ragazza più bella che avesse mai visto era immersa in una vasca piena di bolle colorate e lo guardava, sorridendo, tirando con la sigaretta.
“Hai intenzione di entrare o vuoi rimanere lì in piedi a fissarmi fino a domani mattina?” chiese lei, quando si accorse che la stava guardando, buttando fuori il fumo.
Forse, si disse il Grifondoro, anche rimanere a contemplarla per l’eternità non era una brutta opzione. Non era padrone del suo corpo nel momento in cui si sfilò la maglietta ed i pantaloncini da Quidditch, per poi infilare sopra le mutande un costume Babbano pieno di colori che sua sorella gli aveva regalato due anni prima. Si immerse in quella vasca meravigliosa, senza mai staccare gli occhi dai suoi.
Rimasero a guardarsi, mentre parlavano di cose che non erano assolutamente rilevanti, arrivando comunque a dimenticare che poche ore dopo avrebbero dovuto sfidarsi sul campo da Quidditch.
Dopo un momento di silenzio, lui chiese: “Hai paura?”
“Di cosa?”
“Di quello che sta succedendo, della Camera dei Segreti e dell’Erede di Serpeverde.”
Lei sorrise, aspirando quel fumo aspro. “No.” Rispose serenamente. “Questa storia dell’Erede e della Camera non è altro che … una gigantesca macchina per mettere paura, messa in moto dallo stesso dannatissimo Salazar. È stata rimessa in moto cinquant’anni fa, ed è stata rimessa in moto anche ora. E noi … noi siamo l’elemento umano all’interno di questa macchina, e siamo liberi di scegliere come agire.”
Lui annuì. “L’elemento umano della macchina … mi piace come modo di vederla.” Poi riprese a guardarla, perdendosi per l’ennesima volta in quegli occhi azzurrissimi. “Ho sempre pensato che avessi una marcia in più, Jo Wilson. Ora credo di averne la conferma.”
Lei tirò indietro la testa e si guardò attorno. “Anche se sono Serpeverde?”
“Sai che non sei davvero come loro, Jo. Lo sei solo per via della tua famiglia, ma tu sei molto di più della tua famiglia.”
Lei annuì, come se a quell’argomento si fosse già rassegnata da tempo. “Mi piace come modo di vederla.” Gli fece il verso. “E tu, Oliver Baston? Hai paura della Camera dei Segreti e dell’Erede di Serpeverde?”
Lui sembrò doverci pensare su. “Ho … paura che cambi le cose.”
Lei fece l’ultimo tiro. “Beh, qui non cambierà niente.”
Lui si guardò attorno di nuovo. “Mi piace qui. Davvero.”
“Chiudi gli occhi.” sussurrò lei. Lui eseguì, sentendosi il cuori in gola. “Ascolta il tuo respiro, ascolta il tuo cuore immerso nella schiuma, ascolta i tuoi pensieri, e poi dimmi se questo non è il centro dell’infinito.”
Lui si rilassò, poi sorrise. “Sembri una di quelle Babbane che insegnano yoga.”
Anche lei, che invece di chiudere gli occhi lo guardava, guardava quegli addominali scolpiti e quel collo teso, sorrise. “Ascolta l’infinito, Oliver Baston.”
Lui, come se quelle parole avessero tutt’altro significato, la raggiunse in quattro bracciate, fino a ritrovarsi a pochi centimetri dalle sue labbra, sentendo il suo respiro sul viso. Senza dire niente, le prese la mano e se la portò sul petto, mostrandole un battito troppo veloce ed irregolare. Lei sorrise, senza mai tirare indietro il viso, senza mostrarsi impaurita da quella vicinanza che non avrebbe più permesso loro di considerarsi ‘amici’. Lo guardò negli occhi, e, togliendosi la maschera da dura, gli spostò la mano sul suo, di petto, sfiorando un seno, mostrando che, sebbene il suo respiro fosse assolutamente regolare e il suo sguardo non tradisse agitazione, il suo battito era accelerato e irregolare più di quello di Oliver.
Lui in tutta risposta, le accarezzò il viso, e lei sentì un brivido percorrerle la schiena. In quel momento, decise che non valeva la pena smettere di emozionarsi per una carezza.
Lui le posò dolcemente le labbra sulle sue, quasi come se avesse paura, ma lei rispose al bacio. Portando le braccia dietro al suo collo, abbandonandosi a lui come se in quel momento, nel mondo, esistessero solo loro.
"Sei mia." sussurrò schiudendo le labbra, allontanandosi leggermente dal suo viso.
Lei sorrise, nella penombra. "Solo se stai zitto e mi baci, Baston." rispose, con un sussurro altrettanto flebile, e lui riprese a baciarla con più foga, lei si sedette sopra di lui, e lui delicatamente le slacciò il costume, benedicendo Blanca Wilson per quel  posto nascosto.


Jo si lasciò cadere davanti a Flora, al tavolo Serpeverde della Sala Grande. Flora le porse una tazza di caffelatte, mentre Hestia le squadrava. Jo profumava di bagnoschiuma in modo nauseante, ma c’era anche qualcosa di più. Era come persa nel suo mondo, ed era strano che fosse seduta lì e non con i Grifondoro.  C’era qualcosa, qualcosa nel suo sguardo, nel suo modo di muoversi, e nel suo sviare le domande su come avesse passato la notte.
Non sembrava per niente interessata alla partita che avrebbe dovuto affrontare da lì a qualche ora, anzi, sembrava che la cosa non gli facesse ne caldo ne freddo. Il caffelatte –il suo amatissimo caffellatte- sembrava non attirarla nemmeno un po’, mentre fissava la tazza come se questa potesse darle una risposta.
“Jess?” chiese una voce flebile dall’altro capo del tavolo.
Jo storse il naso. “Jo.  Mi chiamo Jo.” Sbuffò, voltandosi verso Tomas e Alexander Wilson, che la guardavano come se ne avessero paura.
“Perdonami, ma per me rimarrai sempre Jess.” Rispose il biondino.
“Che vuoi, Alex?” chiese lei in risposta, con aria più che scocciata.
“Si dice in giro che oggi Amos e Blanca saranno alla partita. È ver… oh. Hai un succhiotto sul collo.”
Lei, senza mai mostrare emozioni, si coprì il collo con una mano dove i capelli non arrivavano perché ancora troppo corti. “Si, ci saranno Amos e Blanca. È un problema per voi?”
“No.” Rispose Tomas, abbassando gli occhi e trascinando via Alexander, come se si vergognasse.
“Tomas?” chiese Jo al ragazzino di spalle. Lui si girò e la guardò con impazienza. “C’è qualche problema?”
“No.” Rispose lui di getto. “Nessun problema.”
Hestia Carrow, che non si faceva mai gli affari suoi, si intromise con la sua vocina odiosa e squillante. “Hai problemi con lei o con il suo succhiotto?”
Jo fu veloce come un serpente nel rispondere. “Ha un problema con te che non sei in grado di capire quando è il caso di tenere chiusa la bocca, Hestia.”
Lei sembrò profondamente offesa. Marcus Flint, lo scimmione ripetente che si vedeva con Flora segretamente (ed era per questo che lo sapevano tutti) ebbe la malsana idea di dire la sua. “Dai, Jo, ha solo detto …”
“Tu hai il suo stesso vizio. Raccogli la mia squadra di cretini e dì loro che ci vediamo tra mezz’ora al campo.” Lo liquidò Jo, e con aria furiosa si alzò, andando verso i sotterranei. Evitò volontariamente di guardare il tavolo dei grifoni, e capì di avere commesso uno sbaglio quando sentì dei passi dietro di lei, e la stessa voce che aveva sussurrato il suo nome per tutta la notte, ora lo urlava per i corridoi.
“Lasciami stare, Baston.” Ringhiò, tornando a chiamarlo solo per cognome come se niente fosse successo.
Lui riuscì a raggiungerla. Cercò di afferrarle un braccio, ma lei sviò la presa senza degnarlo di uno sguardo. “Dai, Jo, fermati.”
Lei si bloccò, senza girarsi per guardarlo. Lui si porse davanti a lei. “Volevo solo sapere come stai.” Le posò una mano sulla spalla, e questa volta lei non oppose resistenza, nemmeno con lo sguardo. Era priva della sua maschera da dura, mostrava la sua espressione spaventata, perché alla fine, a lui si poteva mostrare.
“Sei il Capitano della squadra avversaria, Oliver. Ecco come sto.” Buttò lì lei. Poi ricominciò a camminare a passo spedito verso i sotterranei, lasciandolo lì, a guardarla sparire dietro l’angolo, sperando di vederla tornare.
Pochi secondi dopo, fu raggiunto da Fred Weasley.
“Oliver?” chiese dubbioso, notando che il suo amico osservava un corridoio vuoto.
Oliver si girò e lo guardò come se non si aspettasse di trovarlo lì. “Si?”
“Non vorrei romperti, eh, ma … la partita.”
Lui sembrò ricordarsene in quel momento, il che spaventò a morte il rosso. “Sono il Capitano dei Grifondoro.”
“Si.” Disse Fred.
“E lei è il Capitano dei Serpeverde.”
“Si.” Rispose Fred, con un po’ meno sicurezza. “Non hai intenzione di raccontarmi cosa è successo, vero?”
“Esatto.” Rispose il Portiere. “Io sono il Capitano Grifondoro. Lei è il Capitano Serpeverde.”
“Si.” Ripeté Fred, sempre più preoccupato per la salute mentale del suo amico, che, per inciso, fissava ancora il corridoio deserto. “Oliver?”
“Dimmi, Fred.”
“La partita.”
Solo al tono allarmato di Fred, Oliver riuscì ad imporsi di smettere di fissare quel corridoio. “La partita!” esclamò con tono allarmato, poi iniziò a correre verso la Torre Grifondoro.


“Okay, branco di idioti. Io non sarò il Capitano più simpatico della storia, ma … Zitto, Draco.” Jo aveva messo i suoi giocatori il fila e camminava avanti e indietro davanti a loro, fuori dagli spogliatoi prima di entrare in campo, sentendo chiaramente lo sguardo di Oliver perforarle la schiena attraverso le fessure che, lo sapeva perfettamente, separavano i due spogliatoi. “Vi ho allenati bene. Ho creduto in voi. Vi ho dato fiducia” fissò Draco come se avesse voluto ucciderlo “anche quando non la meritavate. Vi ho sopportati, allenati, ancora un po’ e vi avrei dovuto insegnare a stare in equilibrio sulla scopa … ma non vi ho mai Cruciati, mai uccisi, non vi ho mai presi a calci in culo, nemmeno quando lo meritavate davvero tanto. Mi aspetto una ricompensa per questo. Mi aspetto un gioco pulito, rispettoso e magari anche vincente.”

Al di là del muro, Oliver Baston osservava la squadra avversaria, con accanto gli inseparabili Fred, George e Harry.
“Loro avranno anche scope più veloci, ma noi siamo più forti.” Sentenziò il Capitano, smettendo di guardare dall’altra parte.
“George?” chiese Fred, senza staccarsi dalle fessure. “Sbaglio o uno dei Battitori le ha appena guardato il culo?”
Oliver scattò come una molla, tenendo la scopa come se fosse una spada. “Chi? Cosa? Come? Dove? Quando? Come si permette?”
Fred e George risero. Non era del tutto vero (tutti i Serpeverde stavano guardando il sedere di Jo fasciato nei pantaloni verdi), ma la loro attenzione fu attirata da ben altro.
Una ragazza che sembrava Jo, ma non era Jo era entrate nell’area riservata ai giocatori.
Non era Jo per un milione di motivi.
Il primo era, sicuramente che Jo l’avevano tenuta d’occhio fino a quel momento.
La differenza tra le due, però, era tanto sottile quanto evidente. Fisicamente erano assolutamente identiche: stessa pelle pallida, stessi capelli scurissimi, stesso fisico scolpito. La ragazza che era appena entrata, però, sembrava ben più vecchia dei suoi diciannove anni. I capelli erano raccolti in una treccia elegante e lunga che si appoggiava su una spalla, come se fosse nata pettinata in quel modo, gli occhi sembravano in grado di uccidere, ed era vestita come se avesse dovuto fare visita al Ministro della Magia. Era più altezzosa, snob e vipera di Jo. Era evidentemente infastidita dall’ambiente odorante di sudore, mentre Jo non sembrava farci troppo caso. Portava un ciondolo con un serpente attorcigliato ad una W, ed un anello di fidanzamento che non faticava a brillare anche attraverso le fessure di quelle travi rotte.
“Per Godric.” Sussurrò George.
La sua bellezza leggendaria, così come quella della sorella, era sconcertante. Sembrava uscita da un quadro di cent’anni prima, ma essersi messa al passo coi tempo con assoluta facilità. Si muoveva sicura sui tacchi a spillo, anche nel fango, risultando superiore all’ambiente, con le mani appoggiate sui fianchi come se avesse dovuto sfilare. La videro dire qualcosa a Jo, e videro la ragazza rispondere con un sorriso palesemente falso.
“Che c’è?” chiese Oliver.
Certo, Blanca era sempre stata bellissima: ma era sempre rimasta sulle sue, e vederla fuori dai sotterranei era raro. Era sempre stata fidanzata con un suo cugino di terzo grado, Amos Carrow, a sua volta cugino diretto delle gemelle e fratello di Alexander, migliore amico di Tomas. Entrambi avevano ottenuto i M.A.G.O. con il massimo dei voti, ed ora lavoravano per il Ministero, in una posizione che, solitamente si raggiunge dopo secoli di carriera.
“Blanca Wilson ci sta degnando della sua presenza.” Comunicò Angelina con una punta di sarcasmo.

“Jessica?”
Jo stava per ringhiare che lei non era Jessica, quando sua sorella Blanca, più bella ed in forma che mai, entrò nell’area giocatori.
“Oh, sei qui! Per Morgana, non ti trovavo. Volevo solo avvisarti che sono arrivata, e farti gli auguri per la partita, e …”
“Sto cercando di accattivarli, Blanca. Hai qualcosa da suggerire?”
Blanca mosse la  mano come per scacciare una mosca fastidiosa. “Sono solo dei Grifondoro, no?”
Jo mosse la mascella in modo nervoso come per impedire che cadesse.
Draco Malfoy fece un passo avanti.“Non sai la novità, grande Wilson? La tua sorellina e i grifoni sono amici del cuore, ora.”
“Stai zitto, ragazzino.” Sibilò Jo, esibendo uno sguardo così cattivo che Draco deglutì, senza avere il coraggio di rispondere.
Blanca fulminò Jo per come aveva trattato Malfoy, e si rivolsero lo stesso sguardo di ghiaccio. “Dovremo parlare di molte cose, Jessica, dopo questa partita.”
Lei incrociò le braccia sul petto e si avvicinò a Blanca, che era più alta solo grazie ai tacchi a spillo. “Okay.” Si limitò a dire. “A dopo.”
“Buona fortuna.”

Mentre Jo afferrava la Pluffa, ben decisa a sfogare la sua rabbia ed i suoi sensi di colpa, vide perfettamente una cosa che non si vede tutti i giorni: un Bolide apparentemente normalissimo, aveva preso di mira Harry Potter due volte in mezzo minuto. Lanciò la Pluffa verso il secondo anello, segnando i primi dieci punti e sentendosi tremendamente in colpa, dopo aver incrociato lo sguardo carico di domande di Oliver. Affiancò Fred il tempo necessario per dire “Stai con Harry, il Bolide è stregato!” lui si alzò di almeno una decina di metri per raggiungere il Cercatore con la divisa scarlatta. Prima che iniziasse a diluviare, Jo riuscì ad incrociare lo sguardo fiero di Blanca, sentendosi fiera a sua volta, quello indifferente di Amos e quello entusiasta di Tomas. Lucius Malfoy, invece, pareva quasi indignato. Lee Jordan, intanto, annunciava che i Serpeverde erano in vantaggio per trenta a zero. Recuperò la Pluffa e la scaraventò verso il terzo anello, ma Oliver riuscì a pararla, lanciandola subito ad Angelina mentre rivolgeva a Jo una boccaccia amichevole. Lei rise, dimenticando lo sguardo di Blanca che le rimaneva ancorato alla scopa. Fece un giro dietro gli anelli, passando davanti a tutti gli studenti che sotto la pioggia stavano assistendo alla partita, sentendosi abbracciata da urli d’approvazione. Recuperò nuovamente la Pluffa, riuscendo a segnare ad Oliver il quaranta a zero, e subito dopo, con la velocità di una lince, il cinquanta ed il sessanta. Maledicendosi, si accorse che non aveva mai volato così veloce. Come se l’avesse sentita pensare, Lucius Malfoy la stava fissando. Lei sussurrò delle bestemmie a Salazar e pesanti insulti all’uomo.
Fece solo in tempo a rendersi conto che Fred e George stavano dietro ad Harry come due cagnolini, quando si accorse che Oliver stava chiedendo un intervallo.
Fece segno alla squadra di raggiungerla, e loro eseguirono. “Chi ha manomesso il Bolide per dare la caccia a Potter?!” era costretta ad urlare, per via della pioggia e dei cori.
“Non siamo stati noi, Wilson!” esclamò il battitore, sentendosi accusato.
Le bastò guardare negli occhi ciascuno di loro per rendersi conto che non stavano affatto mentendo, ma che erano sorpresi quanto lei ed i Grifondoro.  Lei riprese il volo verso i grifoni, arrivando in tempo per sentire George incolpare Oliver di aver messo troppa pressione al loro Cercatore, prima di venire invasa da un mare di fischi. Si posizionò accanto ad Oliver.
“Non sono stati loro, Baston.” Gli disse.
“E chi ti dice che non ti stiano mentendo?” chiese lui in risposta. Ormai, erano completamente fradici.
“So riconoscere quando qualcuno mente.” Rispose lei con tono saccente. Poi si rivolse ad Harry. “Tu stai bene?”
“Si.” Rispose lui. “Ma se Fred e George non mi lasciano in pace, non prenderò mai il Boccino.”
“Ma ti staccherà una gamba se rimani scoperto!” replicò lei.
“Gliel’ho appena detto io!” esclamò Angelina.
“Ti staccherà la testa!” aggiunse Oliver.
“Lasciatemelo affrontare da solo!” strillò il ragazzino, e Madama Bumb ordinò a Jo di allontanarsi dalla squadra avversaria.  “Dannatissimo Merlino.” Sibilò la ragazza, battendo una mano sulla spalla di Oliver e allontanandosi facendo pirolette sulla scopa.
Dopo pochi minuti, con la pioggia sempre più fitta, Jo si rese conto che i Cercatori avevano avvistato il Boccino, e vide chiaramente il Bolide colpire brutalmente il gomito di Harry. Si alzò in picchiata, scacciandolo con la punta della scopa, per dare ad Harry il tempo di ripartire. Draco, intanto, la guarda con disprezzo.
“Il Boccino, idiota!” gli urlò, ed il ragazzo parve ricordarsene in quel momento, partendo in quarta per raggiungere Potter, mentre lei si concentrava sulla Pluffa, vide George proteggerla dal secondo Bolide, che altrimenti l’avrebbe buttata giù dalla scopa.
Lo guardò con riconoscenza. “Grazie, George!”
“Ora siamo pari.” Rispose lui, prima di ripartire. Jo ci mise un attimo a capire che, proteggere Harry le era venuto automatico, ma per lui voleva dire tanto. Sorrise, in mezzo alla pioggia prima di tornare a concentrarsi sulla Pluffa e sugli anelli di Baston.
Con un tonfo ed uno spruzzo, vide Harry cadere a terra, con il Boccino stretto in mano e un espressione dolorante dipinta in volto. Gettò la scopa come se si trattasse di una scopa vecchia e da buttare (in effetti, la vecchia scopa di Blanca, la trattava meglio) trovandosi di nuovo accanto ad Oliver, accanto ad Harry, mentre Madama Bumb annunciava la vittoria dei Grifondoro, a lei sembrava una cosa assolutamente irrilevante.
Oliver era accanto a lei, di nuovo, e Harry stava male. Il fatto che avessero vinto o perso non contava affatto.
Quando il professor Allock, con la sua aria egocentrica, si avvicinò, Jo ed Oliver si guardarono come se si aspettassero dei guai seri.
“No, la prego, lei no!” Gemette Harry, quando Allock estrasse la bacchetta dal mantello.
Jo prese subito le sue difese. “Professore, credo che dovrebbe aspettare Madama Chips o comunque qualcuno di più competente per …”
“Non sapete ciò che dite!” esclamò l’uomo. “Si tratta di una formula semplicissima, eseguita un milione di volte, e …”
“Portiamolo semplicemente in Infermeria!” esclamò Oliver. Era bagnato e sporco di fango, ma Jo era comunque accecata dal suo sorriso mentre si complimentava con Harry.
Anche a Jo venne automatico sorridere in modo amichevole. “Bel colpo, Potter. Sei grandioso.”
“Merito del suo Capitano!”
Jo scoppiò a ridere, e, automaticamente, si raggomitolò sul petto di Oliver (visibilmente rilassata), così come faceva sempre sul divano della Sala Comune. Lui, in un primo momento ne fu sorpreso (non erano in Sala Comune, loro avevano fatto l’amore meno di dodici ore prima e i Grifondoro avevano vinto) ma l’abbracciò, come a prenderla sotto la sua ala protettrice, stupendo tutti e lasciando che le voci corressero e che arrivassero dove volevano, a loro non importava più nulla che non fosse quell’abbraccio.
In quel momento, sentirono Allock pronunciare una formula strana, e, un momento dopo, il braccio di Harry sembrava un giocattolo di gomma. Allock si rese conto del danno fatto, chiese a Hermione e Ron di portare Harry in Infermeria, ma l’attenzione di Jo era già altrove. Blanca, camminava verso di lei, tenendo la bacchetta alta, provocando uno scudo trasparente che le impediva di bagnarsi. In quel momento, Jo si rese conto di essere fradicia. Si staccò da Oliver, disse a Ron che sarebbe passata in Infermeria più tardi, e prese un respiro pronfondo.
Era ora del faccia a faccia con Blanca. 
   
 
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