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Autore: DirceMichelaRivetti    08/06/2015    1 recensioni
Il titolo non so quanto sarà realmente attinente alla fanfic.
La mia idea è di immaginare il continuo della serie, per cui vari misteri da affrontare per i protagonisti e, soprattutto, ancora una volta gli intrighi di Dulaque.
Voglio anche valorizzare e dare maggior spazio alla componente arturiana che permea la serie.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Flynn si era risvegliato sulla bellissima e calda spiaggia bianca che già in passato aveva visitato durante una visione; questa volta, però, non c’era Judson a far volare un aquilone, non c’era nessuno.

L’uomo si guardò attorno, chiedendosi che cosa avrebbe dovuto fare, tuttavia non vedeva altro che sabbia e mare. Si sentì parecchio tentato di rimanere sdraiato sulla spiaggia e non far nulla. Effettivamente, perché muoversi sempre? Quando già si sa che cosa fare, è giusto non perdere tempo ed agire, ma quando la situazione è tranquilla, perché complicarla? Perché agitarsi ed affannarsi di continuo? Perché rincorrere anche il nulla?

Flynn aveva sempre qualcosa da fare: combattere, studiare, recuperare artefatti, studiare ancora e poi sempre così in una ruota continua di azioni. Non riposava mai, non aveva mai un attimo per sé stesso. Beh, no, non era proprio così; del tempo libero lui lo aveva, solo che lo investiva tutto in studio. In fondo, che altro avrebbe potuto fare? Gli piaceva imparare e aveva così tanti argomenti nella sua lista delle cose da apprendere, che ogni volta che ne aveva l’occasione ne approfittava per spuntare qualcosa da quel lunghissimo elenco. Studiare, però, era un prendersi cura di sé? Apparentemente sì, ma in vero non era forse un estraniarsi dalla realtà e da sé?

Lo studio, per quanto gli piacesse, non era un buon modo per rilassarsi e riposarsi. Quali svaghi aveva? Non gliene venivano in mente. Era il Bibliotecario a tempo pieno.

Cos’altro poteva fare, però? Non ne aveva idea. Non aveva interessi oltre la Biblioteca: per i primi trent’anni della sua vita aveva solo studiato; poi tutto era cambiato: aveva imparato a combattere, aveva viaggiato, aveva applicato le sue conoscenze, ma sempre e solo in nome della Biblioteca. Che cosa aveva mai fatto per sé stesso?

Le Miniere di Salomone? Quella era stata una missione che lo riguardava personalmente, ma poi era diventato un compito della Biblioteca e, alla fine, aveva rinunciato a ciò che desiderava di più al mondo.

Era stato poi in vacanza a New Orleans … e il lavoro era venuto da lui da solo; anzi era stata proprio la missione a chiamarlo, a convincerlo ad andare là.

Che cosa aveva di suo? Nulla! Nemmeno l’amore: le due donne più importanti della sua vita (esclusa sua madre, ovviamente) erano Guardiane, quindi coinvolte anche loro nell’attività della Biblioteca!

Accidenti! Non ci aveva mai pensato prima, eppure era così: tutta la sua vita, più o meno coscientemente, era stata consacrata alla Biblioteca: lo studio forsennato e disperatissimo prima e poi il suo lavoro … la sua vita. Aveva la Biblioteca e basta.

Non sapeva come sentirsi davanti a quella consapevolezza. Lui era davvero Il Bibliotecario. Era il Bibliotecario e null’altro … e lui aveva abbandonato la Biblioteca.

Beh, non aveva avuto ragione? Gli avevano mentito, gli avevano nascosto la verità … Ecco! Questo lo faceva arrabbiare ancor di più: lui era il Bibliotecario, ma non sapeva che cosa significasse davvero.

Che cosa doveva fare, allora? Forse, prima di decidere di cambiare vita, avrebbe dovuto cercare di capire quella che aveva già.

Lui era sempre stato convinto che il compito della Biblioteca era quello di proteggere il mondo e gli uomini dalla magia. Poteva però esserne certo? Della protezione sì, però … Era davvero quello lo scopo? C’era davvero da proteggersi dalla magia? Lui ne faceva moderatamente uso e Judson … beh, Judson decisamente praticava magia.

Gli tornò in mente ciò che gli aveva mostrato Dulaque, ciò che gli aveva detto.

Dunque Judson aveva davvero duemila anni? E pur di tenerglielo nascosto aveva inscenato la propria morte? Perché? Perché recargli quel dolore pur di mantenere una bugia? Era assurdo! Benché Judson gli fosse rimasto vicino in forma di spirito, lui aveva sofferto lo stesso.

Calma, calma, doveva fare il punto della situazione nella maniera più razionale ed oggettiva possibile.

Che cosa sapeva con esattezza? Judson aveva fondato la Biblioteca oltre duemila anni prima, con lo scopo di raccogliere e custodire oggetti magici e scritti arcani. La prima sede era stata ad Alessandria, gli era stato detto, però non era stata di certo quella storica, costruita in epoca tolemaica. Probabilmente Judson aveva creato la sua Biblioteca come una sezione segreta di quella famosa, da cui poteva attingere testi e i più grandi ingegni. Inoltre la biblioteca d’Alessandria era incorporata nel Museo, da questo forse era nata l’idea di raccogliere i manufatti potenti.

Un momento, queste riflessioni servivano davvero? Beh, sì, il contestualizzare l’origine della Biblioteca poteva servire per comprenderla meglio. Comunque, per farla breve, Judson aveva scelto di stare vicino a quello che, anticamente, era il maggior centro culturale, che già custodiva molti segreti, erede della tradizione egizia e connesso con le maggiori città e civiltà dei suoi tempi.

Questa scelta indicava la volontà di essere presente al mondo, attivo e consapevole, nonostante lo stare nell’ombra; era conforme, anche, con la scelta della biblioteca di New York come collegamento col mondo al giorno d’oggi.

Cos’altro poteva considerare? Forse il fatto che l’antichità fosse piena di mostri e oggetti magici che, grazie all’impegno dei Bibliotecari, erano diminuiti sempre più o presi in custodia. Ciò provava che effettivamente il mondo era un posto più sicuro da quando si era deciso di nascondere la magia.

Perché, allora, in così tanti ne volevano il ritorno? Questo proprio non lo capiva.

Le creature connesse alla magia avevano comunque i loro spazi … Non capiva.

Accidenti! Judson aveva proprio ragione. Da dieci anni era un Bibliotecario e ancora era minima la parte di magia e realtà che conosceva. Forse davvero c’erano cose che non potevano essere apprese, ma scoperte gradualmente, con l’esperienza diretta. Effettivamente, se ancora non gli avevano rivelato la verità su Judson un motivo c’era e lui non era realmente pronto per scoprirlo.

Flynn sospirò, non sapeva che cosa fare; l’unica cosa che aveva chiara era quella di tornare nel mondo, o nella sua dimensione o quel che accidenti era e poter rientrare in Biblioteca. Poi avrebbe dovuto far fronte a una crisi (non sapeva che cosa fosse successo, ma era certo che le cose non andassero affatto bene). A quel punto come si sarebbe comportato? A chi avrebbe dato ragione? Chi avrebbe sostenuto? Come avrebbe cercato di conciliare i contendenti? Mah! Questo ancora gli era ignoto; non aveva idea di cosa fosse giusto e cosa sbagliato, né di come avrebbe fatto a capirlo.

Decise di non rimanere fermo sulla spiaggia, come aveva inizialmente pensato, ma di mettersi in cammino come le altre volte.

Dopo un’ora di cammino, Flynn scorse qualcosa in lontananza: una macchia verde. Andò in quella direzione e, man mano che si avvicinava, iniziò a distinguere un immenso parco e un edificio. Il palazzolo era in mattoni a vista, col tetto piano e gli ricordava il tempio di Luxor; il giardino attorno, invece, non si vedeva poiché circondato da siepi alte una ventina di metri che mettevano non poco in soggezione l’uomo, che si sentiva minuscolo al loro confronto.

Flynn giunse davanti all’ingresso, che non aveva porte e lasciava aperto il passaggio; entrò e scoprì che l’edificio era fatto a chiostro, con un cortile interno completamente vuoto, circondato da un porticato. L’uomo notò che alle pareti, sotto il portico, c’erano numerose iscrizioni; provò a leggerle ma, appena  vi posava gli occhi sopra, gli pareva che le lettere iniziassero a sciogliersi, oppure a vorticare o aggrovigliarsi tra di loro. Rinunciò e proseguì. Arrivato dall’altra parte del chiostro, trovò un altro passaggio che si apriva sul giardino che, a quel punto, si rivelò essere un labirinto. Flynn non si intimorì, anzi, molto curioso si mise in cammino, desiderando arrivare al centro del labirinto. Si perse o, per lo meno, impiegò tre giorni prima di raggiungere il centro. Tre giorni passati da solo, su sentieri sempre uguali a sé stessi, nessun suono attorno, nemmeno i suoi passi facevano rumore e quel silenzio lo aveva parecchio inquietato. Era certo che avrebbe dovuto apprendere qualcosa da tutto ciò, ma gli sembrava di non aver imparato nulla.

Arrivò infine al centro del labirinto: era molto simile al chiostro iniziale, col porticato con colonne, tuttavia, dal lato opposto a quello da cui era entrato, si trovava un edificio cubico, sormontato da una piramide; due scalinate, una di fronte all’altra, entrambe di sette gradini, conducevano all’ingresso unico della piramide.

Flynn salì immediatamente ed entrò: si stupì immediatamente nel trovarsi in una stanza circolare, molto più vasta sia del cubo che della piramide.

Vide quadri, sculture, oggetti quotidiani, vasi e una miriade di altre cose, esposte ordinatamente nella sala. Come allestimento gli ricordava la Biblioteca, ma lì non c’erano manufatti importanti, nulla di leggendario; quel che vedeva gli sembrava comune, poteva avere valore artistico o storico, ma nulla di più, nulla di arcano.

Ad ogni modo, non riusciva a vedere bene l’estremità opposta della stanza, per cui si mise ad attraversarla, guardandosi attorno per cercare di cogliere qualche informazione. Mentre voltava il capo da una parte e dall’altra, si spaventò nel vedere apparire all’improvviso un uomo e un tavolino esattamente dove prima non si trovava nulla, proprio nel mezzo della stanza.

L’uomo aveva il viso giovane, tonico e senza rughe, ma i suoi capelli erano bianchi. Gli occhi erano vivaci e avevano le iridi scarlatte. Era molto pallido, il corpo alto e il fisico allenato; indossava una cravatta rossa, una camicia bianca, un completo color crema molto chiaro, con bottoni d’oro. Sedeva accanto al tavolino, su cui era posta una tovaglia di seta di fattura orientale, che toccava terra.

“Chi sei?” chiese Flynn “Dove sono?”

“Dove non è importante, visto che non sai nemmeno quando.”

“Non è il 2015?”

L’uomo si limitò a sorridere e a prendere il bicchiere di vino che era apparso sul tavolo. Dopo aver bevuto un sorso, disse: “Flynn, ti preoccupi molto di quel che ti circonda, di quel che accade attorno a te, ma mai di te stesso.”

“Mi hanno insegnato che non ha importanza, che io vengo dopo il mondo. Devo sacrificare i miei interessi per u bene superiore.”

“Non essere egoisti e consacrarsi a qualcosa di più alto è un bene, ma che cosa hai consacrato? La tua intelligenza, ma niente di più. Devi prima finire di trovare te stesso e la tua identità, solo allora potrai agire al meglio.”

“E cosa dovrei fare? Andare in India, per trovare me stesso? Il periodo new age è passato da anni.”

“No, devi vivere un’avventura per te stesso; credo che servirà e basterà a trovarti.”

“Quella che sto passando adesso non conta?”

“Forse questa è una parte del tuo percorso per conoscerti e dovrai fare altro per capirti davvero. In questi giorni hai avuto modo di meditare, di esplorare i tuoi pensieri e, soprattutto, i tuoi sentimenti, hai elaborato molto, hai tantissime idee che però devi ancora sintetizzare. Hai vissuto la parte passiva della tua riscoperta, ora devi vivere quella attiva.”

“E come? E come posso fidarmi di te, non so nemmeno chi sei!”

“Torna in Biblioteca e cercami nel tuo tempo. Assieme capiremo quale sia la tua grande cerca.”

“Di cerche ne ho già fatte parecchie.”

“Anche i cavalieri della Tavola Rotonda hanno vissuto moltissime avventure, ma ognuno di loro ne ha vissuta una che li ha segnati più di ogni altra. Su, torna in Biblioteca.”

“E come?! Non so nemmeno dove sono e come ci sono arrivato!”

L’uomo si alzò in piedi, fece cenno a Flynn di avvicinarsi, poi sollevò un poco la tovaglia e indicò sotto al tavolo. Il Bibliotecario si accostò, si chinò e vide che, sotto al tavolo, c’era una scalinata che saliva verso l’alto. Non era scientificamente possibile, ma Flynn decise di non interrogarsi. Domandò solo: “Da qui tornerò in Biblioteca?”

“Esattamente.”

“Come faccio a trovarti? E poi perché devo andare in Biblioteca e poi cercarti, se siamo già qua, assieme.”
“Lo capirai a tempo debito.”

“Questa frase inizia a scocciarmi, ma va bene. Posso almeno sapere il suo nome?”

“Ovviamente, no. Se no il divertimento dov’è?”

Flynn sospirò, scosse il capo, salutò e si chinò sotto il tavolo; appena superò la tovaglia si trovò sulla scalinata, come all’interno di una torre, senza la possibilità di tornare indietro.

Cominciò a salire le scale, domandandosi che cosa fosse accaduto.

   
 
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