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Autore: Charly_Baby    09/06/2015    1 recensioni
Harry non si ricorda più come si sorride, forse perchè è da molto che non lo fa. Cerca speranza, cerca una via di fuga ed è per questo che viaggia. Ma ogni volta che si ritrova in una città diversa, una sensazione che gli dice di esser arrivato nel posto giusto gli mente. Ma non sa che quella volta è quella giusta.
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Louis è un ragazzino logorroico che ogni giorno intraprende la sua vita monotona col sorriso sul volto. Questi due ragazzi hanno in comune solamente l'odio verso i Lunedì, ma proprio in quel giorno loro si incontrano. Louis è determinato a far ritornare il sorriso al ragazzo riccio seduto al suo fianco. E forse ci riesce.
/Larry!OS\
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato ad ogni ragazza o ragazzo,
che avrà pace a leggere questa storia.
Buona lettura :)
All the love x







Doncaster era sempre stata una cittadina soleggiata, solare e molto calda rispetto alla lugubre e fredda Londra; di questo, Harry Styles, se ne era accorto quando era sceso dal treno e il sole pungente di mezzogiorno gli era picchiato sulle spalle, facendo rimpiangere il povero riccio per essersi messo tutte quelle maglie. Ma il ragazzo alzò le spalle e zizzagando tra le persone riuscì a uscire dalla stazione - di questo veloce passaggio aveva ringraziato le sue gambe veloci e magre e il suo corpo da palestrato. Harry Styles era sempre stato il ragazzo taciturno e solo, la maggior parte delle volte. A lui non piacevano le feste, gli alcolici e soprattutto a lui non piacevano le ragazze. Ovviamente preferiva una cioccola calda e un bel film il sabato sera alle cose prima elencate. Harry Styles portava lunghi e ricci capelli che incorniciavano il suo volto in modo particolarmente perfetto; occhi penetranti e così verdi da sembrare diamanti; e labbra carnose che non si stendevano quasi mai in un sorriso splendente. O almeno, non dopo la morte di sua madre. Ma di questo Harry non voleva parlare quasi mai. Da allora gli piaceva viaggiare, sempre, da città in città, cambiando continuamente scuola o amici - ma di questo lui non se ne preoccupava. Quel giorno di metà Luglio, Harry Styles era capitato a Doncaster con la strana sensazione di poter ritornare a vivere, a sorridere, come se quella città gli trasmettesse sicurezza. Ma Harry sapeva che quella era una delle tante sensazioni che provava ogni volta arrivato in una nuova città. Era sempre la solita storia; ogni volta arrivato in un nuovo posto Harry si convinceva che era arrivato al suo traguardo e che era l'ora di smetterla con queste cazzate. Ma Harry Styles, anche se cauto e taciturno, era testardo e quando lui cercava qualcosa non si arrendeva finchè non l'aveva trovata. Ma, questa volta, Harry non sapeva cosa stesse cercando. E forse era per questo che vagava da città in città: sperava di trovare quel qualcosa da farlo sentire protetto. Quindi, quando Harry varcò la soglia della piazza centrale di Doncaster, si disse che ormai quella sensazione la provava in ogni posto e che sarebbe ripartito in cerca ancora una volta. Ma Harry Styles non sapeva quanto, quella volta, si stesse sbagliando di grosso. 

Louis Tomlinson. Se questo nome non vi dice niente vuol dire che non fate parte della piccola cittadina di Doncaster. Louis era nato, cresciuto e conosciuto da tutti, lì, in quel paesino sperduto che non si trovava sulla cartina geografica ma che aveva un posto speciale riservato nel cuore di Louis. Pazzo, ribelle, giocherellone, festaiolo: ecco come era Louis. E se ti fosse per caso dimenticato di queste piccole - ma enormi - qualità del nostro piccolo Louis, allora di certo non ti scorderai dei suoi occhi talmente azzurri da penetrarti dentro con un solo sguardo, o delle sue labbra fini che molto spesso si aprivano in un grosso sorriso giocoso. Louis Tomlinson non era di certo una persona vergognosa, no di certo, o nemmeno taciturna - e chi lo fermava più se incominciava a parlare? Logorroico in un modo impressionante e bellezza inumana, ecco. Aveva un sacco di amici a scuola, o ai bar o ai locali, non importava dove andassi; tutti erano amici di Louis Tomlinson, tanto che certe volte entrava in discoteca gratis grazie ai due omoni che lo salutavano con gentilezza facendolo passare. Sua madre, che era venuta a sapere di questo fatto, gli aveva mandato un'occhiata di fuoco per poi incominciare a ridere - perchè, andiamo, era fiera di suo figlio! Louis Tomlinson era beato tra i suoi amici e parenti, ma anche lui voleva qualcuno da amare - che sia maschio o femmina, a lui non importava - ed era certo che se non aveva ancora incontrato la persona giusta in venticinque anni di vita a Doncaster, si era convinto che mai l'avrebbe trovata. Ma anche Louis Tomlinson si sbagliava di grosso.

Harry Styles e Louis Tomlinson non avevano assolutamente niente in comune, ne dalla parte del carattere ne dall'aspetto fisico, e questo poteva sembrare che non sarebbero mai andati d'accordo su nulla, ma una cosa in comune forse l'avevano: l'odio verso i Lunedì. Oh si, Louis odiava a morte i Lunedì tanto quanto Harry. 

Harry grugnì al suono fastidioso della sveglia e si sotterrò sotto le coperte cercando di riprendere l'amato sonno. Louis si alzò di scatto all'urlo inaspettato della madre per svegliarlo e fece un'espressione di fastidio quando si rese conto che non era scoppiata nessuna guerra e che sua madre non l'avesse chiamato solamente per mettersi in riparo; era solamente Lunedì. Entrambi i ragazzi maledicono ogni essere vivente per doversi alzare di Lunedì mattina così presto, e si preparano. Harry indossa il solito maglione e i soliti skinny che gli fasciano le gambe, per poi dirigersi in bagno e maledire anche quello stramaledetto motel che aveva trovato tre giorni fa, quando era arrivato per la prima volta nella piazza di Doncaster. Louis, invece, dopo una sciacquata veloce al viso, si scaglia verso l'armadio per scavare dentro quella montagna di vestiti che erano i suoi panni, per poi scegliere una maglietta e un pantalone a caso - a lui tutto sta bene. Poi scende e saluta con un bacio le uniche cinque donne della sua vita. Sua mamma Johanna è indaffarata tra i fornelli ma non si risparmia un bacio da suo figlio; Charlotte e Félicité - dette anche Lottie e Fizzy - mangiano distratte i cereali con lo sguardo perennemente fissato sul cellulare posato al lato della tavola; le gemelle Phoebe e Daisy stanno tranquillamente schiamazzando da una parte del tavolo e danno da mangiare alle loro bambole pettinate.

Entrambi i ragazzi escono quasi in sincronia da casa propria e si avviano alla fermata del bus che gli aspetta poco lontano da entrambe le case - Harry deve camminare un isolato in più, ma non gli importa più di tanto; lui ama camminare. Louis sale per primo sull'autobus poichè aveva la fermata prima di quella dell'altro, ma comunque, nella seconda Harry sale e si siede proprio accanto a un ragazzo dagli occhi azzurri e dai capelli marroncini. Non gli sorrise, perchè non ne ha le forze, perchè non ha motivo di farlo e perchè forse non si ricorda nemmeno come si fa. Ma Harry sa che non sorride per cortesia al ragazzo perchè ormai la sua vita fa schifo e perchè sorrideva solamente quando sua madre era ancora in vita. Louis invece fa un sorriso un po' furbo e malizioso quando vede l'attraente ragazzo sedergli accanto e l'unica cosa che pensa oltre al fatto che è un nuovo abitante è che quel ragazzo è tremendamente sexy. Quindi «Ciao» lo saluta. Harry gira lo sguardo incontrando quegli occhi che fanno mandare in confusione la testa di Louis, e fa un cenno del capo in segno di saluto, per poi rigirarsi dall'altra parte. 

Louis Tomlinson oltre al grandissimo talento ballerino, quello culinario e quello spiritoso, sa anche capire quando c'è qualcosa che non va. E Louis l'ha capito da subito che quel ragazzo porta una tremenda tristezza sopra le sue spalle. Più che altro è riuscito a intenderlo dalle occhiaie profonde che si sono formate sotto quegli occhi stanchi e tremendamente vuoti ma talmente verdi da fargli girare la testa; oppure dall'aria svogliata o dalla camminata traballante. Quindi ci riprova e «Come va?» chiede. Sa che quella domanda è stupida e che perfino un cieco capirebbe che quel ragazzo non è okay ma vuole far conversazione e, lo sa, che lui è riconosciuto come il ragazzo che non smette mai di parlare, ma quel ragazzo gli mozza pure il fiato. 

Harry non sa che fare, invece. Quel ragazzo sembra essere il solito moccioso ficcanaso logorroico, sì, quindi alza gli occhi al cielo quando sente che ancora gli porge parola. E «Bene» risponde, sperando di zittirlo fino all'arrivo a scuola. «Mi fa piacere. Io invece non tanto, sai, oggi ho la verifica di Geometria e io sono una frana. In più la prof mi odia quindi nemmeno osa aiutarmi un minimo. Oh, ma che stupido! Non mi sono presentato; sono Louis! E tu invece come ti chiami?»

Harry vorrebbe morire; non solo odia i Lunedì e il traffico di questa stupida città - visto che l'autista non si decide a suonare il clacson a quelle macchine ferme davanti al semaforo verde - ma si è anche dovuto sedere accanto a un ragazzo terribilmente noioso. Alza nuovamente gli occhi al cielo, già stanco di questa stupida città e dei suoi abitanti. Ma non può evitare di ripetere nella sua testa il nome del ragazzo che sembra così... francese. Poi si riscuote quando sente lo sguardo del ragazzo penetrargli l'animo e «Harry.» risponde schietto. Non ammetterà mai, a nessuno su questo maledetto pianeta, che in fondo gli piace parlare con questo tizio. 

«Bel nome! Non sei di qui, vero? Qui a Doncaster ci conosciamo tutti e, beh, non siamo poi così disponibili con i novellini, infatti di solito ci teniamo un po' lontani. E' come avere una piccola famiglia.» Louis si ritrova a sorridere quando pensa di poter riuscire a far sciogliere quel ragazzo dal ghiaccio che lo protegge. «No.» Harry gli risponde e si chiede se mai quel ragazzo si stancherà di fargli uscire le parole di bocca a forza. «E di dove?» ma ad Harry sembra più divertito che annoiato, e questo lo fa sospirare. «Holmes Chapel.» Risponde, arrendendosi al fatto che dovrà sopportare ancora mezzo viaggio con Louis accanto. «Sei lontano da casa, allora! Cosa ti porta qui a Doncaster?» Louis sogghigna quando lo vede in difficoltà.

Harry non sa cosa rispondere e sa che Louis l'ha fatto a posta per metterlo a disagio, lo vede il ghigno sul suo volto e vorrebbe tantissimo toglierglielo con un pugno in pieno viso, ma non può. Non può perchè l'autobus è pieno di gente e ha promesso a sua madre di non farlo più. Vedete, Harry Styles non è sempre stato il ragazzo che è ora, prima dell'incidente lui sorrideva, si divertiva, andava con gli amici ai pub... e faceva risse. Molte risse. Tornava molto spesso a casa con gli occhi neri e con i lividi sul volto che contrastavano con quella splendida perfezione che lo caratterizzava. Sua madre glielo diceva, cercava di proteggerlo ma lui non l'ascoltava mai, impuntandosi a voler portare quei pochi soldi a casa nel solo e unico modo di cui era capace: picchiare. Erano poveri, ma Anne riusciva sempre a comprare un paio di scarpe nuove al figlio per il suo compleanno, o comprare gli ingredienti per cucinare una piccola e deliziosa torta per festeggiare. Ma Harry aveva capito che qualcosa non andava, che sua madre era stanca, che ormai le mancavano le forze... eppure Anne continuava. Testarda come suo figlio, già. Poi avvenne: era un solito martedì sera quando Anne si accorse della mancanza del figlio in casa, e lei sapeva da dove fosse uscito per andare... lì. Anne odiava quel posto, la disgustava vedere quei posti malconci e terribilmente sporchi mentre due uomini lottavano uno contro l'altro per una manciata di soldi. Si infuriò talmente tanto, quella volta, da uscire di casa e andare a riprendersi il figlio, a piedi, da sola, in una fredda e buia notte d'inverno. E di certo non era colpa di nessuno, ne di Harry ne di Anne se quell'uomo dal capo coperto e la pistola stretta in mano era appena passato nell'isolato dove si trovava la giovane donna, con l'intento di scappare dalla polizia che lo inseguiva. Anne aveva sentito le voci, le urla di fermare quell'uomo e Anne era sempre stata una donna coraggiosa e forte, talmente aggressiva da cercare di sbarrare la strada all'uomo. Poi ci fu uno sparo e delle urla. Harry non era lì per assistere, lui era appena uscito, incoerente di tutto, da quel posto isolato, prima di sentire le sirene di qualche ambulanza. E, cavolo, no, non era decisamente colpa sua - anche se tutto quello avrebbe potuto evitarlo - ma lui comunque si incolpava di ogni azione. Non era neppure andato a combattere, quella sera, aveva solamente l'intenzione di andare a dire che lui aveva finito, che voleva finirla con quella situazione. Harry era talmente felice di riferire tutto il prima possibile alla madre, da andare proprio quella sera a scacciarsi da quel posto. Harry aveva incominciato a lavorare sodo, dal giorno della morte di Anne, rimboccandosi le maniche e cercando di far fiera sua madre, ma ogni volta il senso di colpa lo logorava.

«Hey, tutto okay?» La voce femminile del piccolo Louis riscosse Harry dai suoi stessi pensieri. Scosse la testa e cercò di asciugarsi una lacrima senza essere visto dal compagno, poi girò la testa deciso a non rispondergli più. Louis si sentiva in colpa; aveva fatto la domanda sbagliata al momento sbagliato, proprio come faceva di solito. Avrebbe voluto spaccarsi la faccia nel lavandino da solo, decisamente. Ma ora voleva seriamente rimediare al casino che aveva combinato, per cui «Scusa per ciò che ho detto.» cercò di scusarsi. Harry non voltò nemmeno il capo, ma Louis seppe che l'aveva sentito grazie al suono quasi impercettibile del suo respiro che si bloccava. Guardò pure lui il finestrino dal quale Harry guardava e capì di essere vicino a scuola, ma che comunque poteva riprovare a interagire con l'altro. «Davvero, scusami. E' che sono molto impiccione e volevo solamente sapere il motivo per cui sembri così triste. Non mi hai nemmeno concesso un sorriso di cortesia quando sei salito e mi sembrava strano, tutto qui. Scusa.» Louis cercò in qualche modo di esprimersi al meglio e non divagare troppo per non fare annoiare l'altro. 

Seguirono alcuni minuti di silenzio, nei quali Louis quasi si rassegnava al fatto che Harry non sarebbe mai stato suo amico e mai avrebbe scoperto cosa aveva e Harry ripensava alle parole appena dette da Louis che sembravano così innocenti da fargli credere che forse a lui poteva dirle quelle cose, che magari aveva trovato qualcuno che lo voleva seriamente ascoltare, che forse poteva incominciare a fidarsi di una persona, quindi «Mi è difficile sorridere per... un fatto.» provò, ma tutto ciò che uscì fu una mezza dichiarazione, ma, per Harry, era già un enorme progresso. 

Louis capì che non era per niente facile da dire per Harry, ma era contentissimo del fatto che era riuscito, almeno un po', a fidarsi di quel completo sconosciuto e terribilmente logorroico. 

Le porte automatiche dell'autobus si aprirono esattamente l'attimo dopo, e Harry ringraziò il cielo per non dover portare avanti quella conversazione. Si alzò di fretta e con furia di diresse fuori dall'abitacolo, cercando di raggiungere presto l'edificio scolastico per poter concludere in fretta la giornata. Ma, ovviamente, Louis era talmente testardo da inseguirlo e provare ad aiutarlo in qualche modo. «E te la senti di dirmi perc-» «No.» Harry lo interruppe prima ancora di fargli finire la frase, e Louis quasi ci rimase male per quella risposta brusca. Ma il ragazzo non si era mai arreso ed era deciso di risolvere la situazione dell'amico - e poi, amico? - quindi sospirò e si mise proprio di fronte a Harry, bloccando il passaggio e costringendolo a fermarsi. 

«Okay, lo so che ti è difficile sorridere per una questione che spero mi spiegherai in futuro» fece un sorrisetto di incoraggiamento e un occhiolino, come a voler proporre una promessa al riccio. «ma non sono un ragazzo che si arrende, e credo che questo ormai l'avrai capito, quindi, se vuoi, segui il mio consiglio. Non provarci magari adesso, se non te la senti, ma provaci, almeno, in futuro. Quindi» sospirò «prova a guardarti in giro, Harry, le vedi tutte queste persone fuori da scuola? Non sono tutte cordiali, ma ce ne sono alcune molto simpatiche che potranno aiutarti. Ora, mettiti in un angolo, distante da tutti, e guardale uno per uno osservando il loro volto sorridente o triste che sia, okay? E quando incontrerai lo sguardo di uno di questi, e lui o lei ti sorridono, Harry, fallo anche tu. Non concentrarti tanto sul passato, e posso immaginare che è una macchia indelebile sul tuo cuore, ma cerca di buttartelo alle spalle. Sorridigli e non importa se poi questo ragazzo non si rivela colui che ti aspettavi, Harry, ma cerca di sorridere al mondo per ogni faccia che ti mostra. Sprecali i sorrisi, Harry, perchè penso che siano l'unica cosa che in questo mondo ci rendano completi.» poi Louis se ne va, entrando nell'edificio anche se mancano ancora cinque minuti al suono della campanella.

Harry è sicuro che tutto quello è terribilmente inutile, e sa anche che Louis, un ragazzo conosciuto più o meno venti minuti fa, non può di certo riuscire a disfarsi di quel macigno che porta sul petto. Sa che tutto quello è sbagliato, eppure Harry ci pensa, a quel consiglio. E se avesse ragione? Harry si sporge appena per poter vedere se Louis lo sta guardando da un'angolo, e dopo si incammina verso un albero poco distante da lì. Fa un sospiro profondo prima di girarsi verso quella massa di ragazzi intenti a schiamazzare. Ci spera, sta pregando che questo funzioni perchè non vuole ritornare a quella inutile vita con quella fastidiosa sensazione di aver trovato il posto giusto per lui che, in fine, non si rivela mai ciò che cercava. Quindi analizza con sguardo attento ogni persona, spostando la testa da destra verso sinistra, cercando qualcuno che lo stesse guardando, che gli prestasse un minimo d'attenzione, che gli sorridesse.

Quando la campanella suona, capisce di aver fallito e che mai più potrà ritornare alla vita spensierata e felice che aveva prima. Si incammina veloce verso l'aula scritta sul foglio appena estratto dalla tasta, decidendo che, appena avrebbe visto Louis, gli avrebbe rinfacciato questa sconfitta. Louis gli aveva dato una speranza, per poi farlo sprofondare ancora di più negli abissi. Si sentiva male dentro, come se quella non fosse solamente una semplice prova, ma qualcosa di più, come se fosse l'ultima possibilità per sorridere un'ultima volta. Quindi quando Harry si dirige in classe, il suo sguardo è perso e i suoi occhi sono ancora vuoti. 

«Tu dovresti essere Harry Styles, presumo. Benvenuto alla Hall Cross School, io sono il professore di Geometria, il signor Dowts.» Lo saluta il professore, cordialmente. Harry semplicemente annuisce e solo quando si gira verso la classe nota i ragazzi sussurrare ai compagni di banco. Harry ci riprova: il primo che gli sorriderà gli darà una speranza. Analizza gli sguardi della classe, finchè non trova un paio di occhi azzurri a fissarlo. 

Poi Harry capisce. Lui sapeva, sapeva che nessuno si sarebbe interessato a lui, sapeva che nessuno gli avrebbe sorriso perchè nessuno lo conosceva, nessuno si fidava. Come Louis gli aveva detto sul pullman, lui era quello nuovo di cui non si conosceva neppure il nome. Erano una piccola famiglia e Louis l'aveva fatto a posta. Sapeva che lui sarebbe stato il primo, ed è per questo che sente gioia quando vede che è proprio Louis, il suo Louis, a sorridergli dal proprio banco. Ed è bellissimo, Harry lo pensa. 

Ed Harry non si trattiene quando vede la soddisfazione sul volto dell'altro, quando vede che ridacchia in modo furbo, capendo di essere stato beccato in quello stupido scherzo. Harry capisce di essere innamorato di quel sorriso che gli ha dato speranza.

E sorride.




 


  
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