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Autore: Fearless_90    10/06/2015    0 recensioni
[Altri attori/telefilm]
“Fidati del tuo cuore anche se il mare prende fuoco, vivi per amore anche se le stelle camminano all’indietro.”
- E.E. Cummings
Nell'ultimo anno Lee ha dovuto sopportare una dolorosa perdita e nel suo cuore le cicatrici non si sono ancora rimarginate. I ricordi la perseguitano e la sua anima vive costantemente divisa tra un passato che non tornerà mai più e un futuro che si prospetta pieno di fantasmi contro i quali combattere. Lee non vuole vivere così, ma da quel giorno maledetto si costringe come un automa fuori dal letto e si obbliga ad affrontare una nuova giornata, sperando soltanto che passi in fretta.
L'incontro con un paio di occhi verdi così familiari la trascinerà di nuovo nel passato e allo stesso tempo la salverà dagli incubi che la tormentano.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5 || Your eyes turn from green to grey
 

 
Maybe you're my snowflake 
And your eyes turn from green to grey 
And in the winter I'll hold you in a cold place 
-Ed Sheeran, Wake me up
 

Così come mi aveva trascinato via, la marea mi riportò a galla e aprendo gli occhi in quella realtà che odiavo con tutta me stessa, pensai che non vi fosse nulla di peggiore al mondo.
Ma mi sbagliavo.
In un attimo mi tornò tutto in mente: la lettera, Nate, il futuro che aveva iniziato a progettare per noi e che non avremmo mai avuto la possibilità di vedere realizzato.
E nel tremendo caos di quei ricordi, persino gli occhi verdi di Sam mi apparivano più grigi, come se in quelle pozze d’acqua verde smeraldo si specchiassero nubi scure.
Cercai di mettermi a sedere, ma una voce familiare mi ammonì.
«Ehi, non così in fretta bella addormentata!»
La mano di Sam si posò sulla mia spalla, cercando di farmi sdraiare di nuovo.
Ostinatamente mi tirai su e scansai via il suo braccio. Il mondo girò violentemente, così tornai a stendermi soffocando malamente un gemito.
«Te l’ho detto. Deve essere per via dei capelli, sono ancora umidi… Forse dovrei…»
«Che ci fai qui, Sam? Come hai fatto ad entrare?» Lo interruppi bruscamente, sforzandomi di aprire meglio gli occhi solo per potergli rivolgere uno sguardo insofferente.
Sul suo viso comparve un’espressione ferita, anche se solo per un breve istante. Bastò comunque a farmi sentire colpevole.
«Voglio dire… Grazie, ma…»
«Non ho buttato giù la porta, se è questo che ti stai chiedendo. Jess mi ha dato le chiavi.» Spiegò con calma, sedendosi sul tavolino da caffè di fronte al divano sul quale mi aveva sistemata.
«Era preoccupata per te e a quanto pare aveva ragione.»
I suoi occhi verdi mi fissavano con apprensione.
«Non ho bisogno di una balia.» Replicai duramente.
«Di una balia magari no. Ma hai bisogno di fidarti di qualcuno, Lee.»
Il mio labbro inferiore fremette. Ero sul punto di esplodere.
«Di Jessie mi fido.»
«Cazzate.» Fu la sua secca risposta.
Aprii la bocca per obiettare, stufa di qualsiasi gioco a cui stesse giocando, ma lui mi precedette.
«Sono cazzate, e lo sai benissimo. Non ti fidi di Jess o le avresti confidato ciò che hai detto a me ieri sera.»
Le mie labbra divennero una linea dura.
Aveva ragione e per qualche assurdo motivo non potevo mentirgli.
Era come riflettermi in uno specchio, mi avrebbe sempre restituito solo la sincera e cruda verità.
Mi misi a sedere con cautela, sotto il suo sguardo diffidente. Fortunatamente stavolta non trovò nulla da dire al riguardo.
«Puoi biasimarmi? Ha perso un fratello, sto solo cercando di risparmiarle il mio dolore.»
La risata amara che uscì dalle sue labbra fu qualcosa che non mi sarei aspettata.
«Ma ti ascolti, Leslie? Non credi che forse anche a lei piacerebbe avere qualcuno con cui parlare invece di un’amica che finge indifferenza, salvo poi chiudersi in casa e ridursi in questo stato pietoso?»
Quelle parole, vere e terribili mi fecero male. Fu come ricevere uno schiaffo in viso, come acqua gelata addosso.
Come si permetteva di parlarmi in quel modo? Chi accidenti era questo ragazzo comparso dal nulla nella mia vita, riemerso da un passato dal quale tentavo di fuggire solo per sbattermi in faccia la sua meschina franchezza?
Mi alzai di scatto, incurante del ronzio nelle orecchie e delle tempie che pulsavano dolorosamente.
Gli puntai un dito contro.
«Tu… Come ti permetti, eh? Pensi di poter venire qui a farmi la predica come se niente fosse? Chi credi di essere per parlarmi così, per dirmi come devo o non devo vivere la mia vita?»
Tremavo da capo a piedi, scossa da brividi incontrollati ed ero sull’orlo di una crisi di nervi, ma non avrei ceduto.
Sam corrugò la fronte e si alzò, torreggiando su di me.
«Quale vita? La chiami vita questa? Guardati, sei completamente…»
Non terminò la frase, perché le cinque dita della mia mano si scontrarono con la sua guancia.
In tutta la mia vita non avevo mai colpito nessuno con tanta violenza. Prima di conoscere Sam non ero neanche mai arrivata a provare tanta rabbia nei confronti di un singolo essere umano.
Allontanai la mano dal suo viso, pulsava e mi faceva male, e me la strinsi al petto.
Ero furiosa e non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi che ricambiavano lo sguardo, impassibili nonostante la guancia paonazza.
«Non sono affari tuoi Sam, mi hai sentito bene?» Scandii bene ogni parola malgrado la voce incerta.
«Ti ho sentito benissimo.» Asserì, massaggiandosi il viso dolente. «Tuttavia ho fatto una promessa e ho intenzione di mantenerla.»
Strabuzzai gli occhi. «Di che stai parlando? Che promessa?»
Nel verde dei suoi occhi solitamente cristallini si addensarono di nuovo quelle nubi grigie che annunciavano pioggia. Per un attimo il suo sguardo si volse altrove, prigioniero di un passato che spesso incatenava anche me.
«Niente, lascia perdere. Ho preparato qualcosa per cena, sarai affamata…»
«Sam! Quale promessa? A chi hai promesso cosa?» Stavo urlando, me ne rendevo conto e tuttavia non riuscivo a calmarmi.
«Fai finta che non abbia detto nulla.» Mi voltò le spalle, intenzionato a liquidarmi ancora e a quel punto scattai. Lo afferrai per un braccio con entrambe le mani, conscia di poter pretendere ben poco contro il suo metro e ottanta.
«Voglio sapere di che promessa…»
«Nate!» Urlò, interrompendomi e girandosi per fronteggiarmi. «Mi ha fatto promettere che mi sarei preso cura di te e di Jessie se mai gli fosse accaduto qualcosa. Ora sei contenta?»
Lo lasciai andare come se bruciasse, come se all’improvviso quel contatto fosse doloroso da sostenere e le braccia mi caddero mollemente lungo i fianchi.
Ero contenta? No, nemmeno un po’.
Mi sentivo ferita, tradita dall’uomo che avevo amato e che a quanto pare aveva già predisposto ogni cosa nel caso in cui fosse venuta a mancare la sua presenza.
Non si fidava di me? Temeva che non sarei stata in grado di cavarmela da sola?
All’improvviso realizzai che aveva ragione e quella consapevolezza mi umiliò ancora di più.
Sollevai le ciglia per guardare Sam. Anche la sua espressione era sofferente, come se parlarmi di Nathaniel fosse stato faticoso.
«Perché ieri sera non hai nemmeno accennato al fatto che tu fossi lì, il giorno in cui Nate è morto?» Fui sorpresa di averlo detto ad alta voce e soprattutto del coraggio dimostrato nel tirare fuori l’argomento.
Sam sembrò stupito almeno tanto quanto me, anche se per motivi ovviamente diversi.
«Non volevo… Beh, non volevo che il nostro primo incontro fosse associato ad un evento terribile da ricordare per entrambi.»
La sua risposta mi lasciò perplessa, al punto che per qualche secondo rimasi in attesa che mi spiegasse meglio il significato intrinseco nelle sue parole.
Non accadde. Tuttavia mi tornarono in mente le fresie, quel bel bouquet di fiori profumati che adesso rendevano la mia cucina meno triste e fredda.
Malgrado tutto, non gli chiesi se fosse lui il mittente. Per qualche assurda ragione temevo di conoscere la verità e preferivo continuare a pensare che non fosse Sam il mio ammiratore segreto, se così poteva essere definito.
Mentre lo guardavo in silenzio, senza rendermi conto del silenzio improvvisamente calato tra noi, le sue labbra si piegarono in un sorriso spontaneo e di nuovo quelle fossette deliziose fecero capolino sulle sue guance coperte da una barbetta leggera.
Arrossii violentemente senza apparente motivo e il cuore prese a battere un po’ più veloce del solito.
«Mi dispiace averti colpito, Sam.»
Forse per la prima volta mi rivolsi a lui chiamandolo per nome e nei suoi occhi scorsi un breve lampo di pura gioia. Non so perché, ma mi convinsi di esserne io la causa.
«Non importa, non pensarci più.» Rispose brevemente, dandomi le spalle e facendomi cenno di seguirlo nell’altra stanza. «E poi non sei di certo la prima donna che mi schiaffeggia!»
Lo sentii ridere e qualcosa dentro di me, nel profondo, si sciolse come ghiaccio in primavera.
«Quindi mi stai dicendo che saresti una cattiva compagnia.»
Repressi a stento un sorriso mentre prendevo posto a tavola, di fronte ad un sandwich di pollo che le mani gentili di Sam avevano preparato per me.
«E’ proprio quello che sto dicendo, Lee.» Replicò, mettendomi di fronte anche la tazza di camomilla che avevo lasciato in infusione.
«Grazie.» Fu la mia unica risposta. La sera solitamente non riuscivo a mettere nulla sotto i denti, troppo stanca anche solo per cucinare qualcosa. Tuttavia di fronte a quel panino il mio stomaco brontolò, facendomi arrossire per la vergogna.
«Sei svenuta, è normale che tu abbia fame.»
Annuii e feci per addentare il sandwich, quando un miagolio familiare giunse da sotto il tavolo. Heathcliff uscì allo scoperto e andò a strusciarsi, in maniera palesemente ruffiana, contro le gambe del mio ospite.
«E chi abbiamo qui? Come ti chiami giovanotto?»
Il mio gatto venne sollevato senza sforzo e Sam se lo sistemò tra le braccia come fosse un bambino, scoprendo quasi subito quanto adorasse ricevere i grattini dietro l’orecchio.
«Heathcliff, si chiama Heathcliff.» Spiegai, osservando la scena senza riuscire a staccare gli occhi da quei due. «Di solito non è così sfacciato, non con gli estranei perlomeno.»
«Con una padrona così, mi stupirebbe il contrario.»
Corrugai la fronte, sospettosa. «Che vorresti dire con ciò?»
Ridacchiò e scosse la testa.
«Nulla, figurati.»
Mi unì anche io alla sua risata, sentendomi per la prima volta leggera dopo tanto tempo, senza quel peso opprimente nel petto.
Passammo la serata a chiacchierare del più e del meno e quando, ad un certo punto, mi scoprì a sbadigliare tentando di tenere gli occhi aperti, Sam si congedò dandomi la buonanotte.
Lo accompagnai alla porta e poi mi lasciai cadere nuovamente sul divano, confortata dal profumo di fresie e da un particolare odore, quello che permeava l’aria nonostante Sam fosse ormai andato via. 
  
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