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Autore: s1mo94    11/06/2015    1 recensioni
Thomas e Manuel sono due ragazzi diciannovenni con un passato non troppo semplice alle spalle.
Quando le loro vite si incontreranno, saranno costretti a fare i conti con i propri sentimenti e con la paura di vivere un amore che forse è troppo grande per loro.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Domani devo andare a un congresso a Firenze, ma non ho per niente voglia.
Manuel e Veronica stavano cenando, la televisione era accesa ma faceva solo da sottofondo alle loro chiacchiere.
Fuori pioveva, novembre era iniziato da poco e non c’era ancora stata una bella giornata.
- Guarda il lato positivo - rispose sua moglie - ti riposi dal lavoro per una giornata.
- Preferisco fare un’operazione di dodici ore piuttosto che andare a sentire degli esperti che parlano di nuove cure sperimentali e altra roba simile.
- Vedrai che sarà meno noioso di quanto immagini.
- Lo spero.
Finirono la cena in silenzio, poi decisero di andare a dormire.
- Come lo chiamiamo? - domandò Silvia con un sorriso, mentre era pronta per sdraiarsi accanto a suo marito.
- Eh? - Manuel era distratto, e sentì solo l’ultima parte della domanda di Veronica.
- Ti ho chiesto come vogliamo chiamarlo - ripeté lei, appoggiando la testa sulla spalla di Manuel.
- Se è maschio mi piacerebbe chiamarlo Thomas - disse quelle parole senza pensarci, era troppo stanco per ragionare.
Lei alzò la testa e lo guardò negli occhi, un po’ stupita:
- Come tuo fratello? Perché?
- No non è perché ci si chiama mio fratello - disse rendendosi conto di dover trovare una scusa - è solo che mi piace il nome, tutto qui.
- Ve bene - Veronica riprese la posizione di prima - Thomas è un bel nome tutto sommato, ma se è femmina la chiamiamo Giada.
- Ok amore - rispose Manuel sbadigliando, in quel momento voleva solo dormire - adesso però dormiamo che domani mi aspetta una giornata noiosissima, non vorrei addormentarmi al congresso.
Veronica appoggiò l’idea del marito e, dopo qualche minuto, si addormentarono.
 
- Tanto so che fa schifo.
Thomas era in salone con il suo ragazzo a lamentarsi della sua ultima composizione.
- Amore non fa per niente schifo - Federico provò a consolarlo, sapeva che era nervoso poiché il giorno dopo doveva incontrarsi con un regista per scegliere la colonna sonora di un film - a me piace e sono sicuro che piacerà anche al regista.
- Lo dici solo perché sei di parte.
- No - Federico andò a sedersi accanto a lui davanti al piano - lo dico perché è così.
- Forse è meglio che lascio perdere quest’incontro - continuò Thomas con tono arrendevole.
- Ma che dici? - l’altro non era affatto d’accordo - devi andarci, poi male che va ti dice di no, ma almeno ci devi provare - fece una pausa, poi gli mise una mano sulla spalla - ti accompagno.
Thomas sorrise: - Grazie ma non voglio disturbarti, hai il tuo libro da finire, so che ci tieni.
- Il mio libro può aspettare, e poi tengo molto di più a te.
- Va bene - sospirò infine - ti farò partecipare al mio fallimento.
- Sei un po’ troppo pessimista - Federico gli mise un braccio intorno al collo - domani andremo a Firenze e colpiremo quel regista dritto al cuore, vedrai.
Thomas era felice di avere un ragazzo su cui contare, c’era sempre, in qualsiasi situazione, bella o brutta.
- Grazie - gli disse.
- Non devi ringraziarmi - si alzò e si diresse verso la camera da letto - adesso però andiamo a letto che si è fatto un po’ tardi.
 
L’incontro con il regista era andato come immaginava Federico.
L’uomo si era detto soddisfatto di ciò che Thomas aveva composto per il film e si era concluso tutto con la firma di un contratto:
- Hai visto che è andata alla grande? - disse Federico mentre erano diretti alla stazione per tornare a casa.
Erano da poco passate le undici del mattino, il cielo era sereno e c’era la classica atmosfera di fine estate che accompagna i primi giorni di settembre.
- Già - rispose Thomas - stavolta non credevo che sarebbe stato così facile.
- Questo è perché ti sottovaluti sempre.
Risero entrambi.
Una volta arrivati alla stazione, controllarono a che ora e a quale binario c’era il treno per Roma. Fecero il biglietto e si diressero verso il sottopassaggio.
 
Manuel era alla stazione con abbondante anticipo rispetto al congresso, che sarebbe iniziato nel primo pomeriggio.
Decise di andare a quell’ora perché non sapeva dove si trovava la sede dell’evento, né tantomeno come arrivarci; avrebbe comunque chiesto informazioni a qualche passante del posto.
Scese nel sottopassaggio, e dopo aver fatto qualche metro, davanti a sé vide un immagine che lo fece bloccare di colpo. Alcuni passanti gli andarono addosso, chi per fretta, chi perché era distratto e non aveva visto che qualcuno era fermo in mezzo alle altre persone.
Lui comunque non si accorse degli altri che lo urtavano, sentì come un colpo sordo partire dalla bocca dello stomaco ed espandersi velocemente per tutto il corpo: cominciò a respirare affannosamente, il cuore gli batteva all’impazzata e la salivazione gli si era completamente azzerata.
Superato lo shock iniziale, decise di andargli contro, ma più si avvicinava, più il suo cuore accelerava il battito e le gambe tremavano.
- Guarda chi c’è - disse, facendo tutto il possibile per nascondere ciò che stava provando dentro.
Thomas fu attirato dalla voce, quando notò Manuel davanti a lui, il mondo si fermò di colpo. Non aveva mai creduto di poterlo rivedere, era innamorato di Federico, ne era sicuro, ma rivedere suo fratello gli fece rendere conto che quello che aveva provato in passato era qualcosa di indescrivibile, non era un semplice amore, era qualcosa di più, che durava nel tempo e neanche la lontananza poteva spezzare, nonostante quella lettera.
- Bastardo - rispose il moro avvicinandosi a Manuel, con Federico che non capiva cosa stava succedendo - che vuoi?
- Scusa - il biondo fece una risata sarcastica - com’è che mi hai chiamato?
- Bastardo - rispose con aria arrabbiata, gli occhi erano ridotti a due fessure - ma forse è anche un complimento.
- Ma come ti permetti? - sbottò Manuel - se tra noi due c’è un bastardo quello sei tu.
- Che cosa? - Thomas si sforzò di mantenere la calma, anche se sembrava impossibile - mi hai fatto soffrire come non mai, su quella lettera hai scritto cose che non avrei mai pensato di…
- Aspetta - lo interruppe - quale lettera?
- Idiota, fai anche finta di niente? Quella che mi hai lasciato in camera il giorno in cui sei andato via.
Thomas aveva voglia di prenderlo a pugni, ma era così bello che non avrebbe potuto farcela. Erano passati dieci anni dall’ultima volta che si videro, ma il suo volto non era cambiato granché.
- Mi prendi in giro? - Manuel era visibilmente confuso - sei tu che mi hai lasciato una lettera nella mia valigia.
- Cosa? - Thomas non ci stava capendo niente - io non ho scritto nessuna lettera, e se mai l’avessi scritta, di certo non avrei detto cose che ti avrebbero fatto soffrire.
- Amore tutto bene? - Federico intervenne nella conversazione.
- Sì è tutto apposto - rispose Thomas tenendo lo sguardo fisso sul viso di Manuel, che si illuminò di colpo.
- Mio padre - affermò il biondo con tanta amarezza.
- Tuo padre?
- Sì - Manuel si appoggiò alla parete del sottopassaggio, aveva voglia di sprofondare - non avrebbe mai accettato una nostra relazione, e se tu non mi hai scritto quella lettera, e io non te ne ho lasciata nessuna, solo lui può averlo fatto.
Una consapevolezza odiosa cominciò a farsi spazio nelle menti dei due ragazzi, in quel momento stavano pensando pressoché la stessa cosa: erano riusciti ad andare avanti solo perché le parole in quelle lettere li avevano convinti che tutto ciò che c’era stato tra loro era finto. Di colpo, scoprirono che quelle lettere erano false, mentre tutto ciò che c’era stato tra loro, era spaventosamente vero.
Thomas si appoggiò alla parete accanto a suo fratello, incurante di Federico che li stava osservando, a qualche centimetro di distanza.
- Forse sarebbe stato meglio continuare a vivere senza sapere la verità - cominciò Thomas.
- No - obiettò il biondo - ora finalmente posso smettere di odiarti, e continuare ad amarti come ho sempre fatto.
Thomas lo guardò, il suo viso assunse un’espressione accigliata:
- Come vedi io mi sono rifatto una vita - disse facendo cenno verso l’altro ragazzo - e credo che anche tu ne abbia una.
Manuel annuì: - Ho una moglie e aspetto un figlio da lei.
- Che? - Thomas alzò il tono della voce, spostando e mettendosi davanti a lui - tu sei gay - disse più piano - se stai con una donna non potrai mai essere felice.
- Tommy io potrei essere felice solo se sto con te, non esistono né uomini né donne che possono farmi provare le stesse cose che sento per te - fece una pausa abbassando lo sguardo - se tu ci sei riuscito sono felice per te.
- Amore perdiamo il treno - Federico interruppe nuovamente la conversazione dei due.
- Comincia ad andare - rispose - ti raggiungo subito.
L’altro annuì e si diresse verso il binario in cui avrebbero dovuto prendere il treno.
- Io non ci sono riuscito - continuò voltandosi nuovamente verso Manuel - io amo Federico, ma non come ho amato te, e ora che ho scoperto che tutto ciò che ho pensato di te in questi dieci anni era falso…
Lasciò la frase a metà, sospirò e si nascose il viso tra le mani.
Manuel gli prese le braccia e gliele rimise giù, delicatamente:
- Facciamo ancora in tempo a ricominciare, se quello che abbiamo pensato l’uno dell’altro era falso, allora possiamo far rivivere le stesse emozioni di dieci anni fa - strinse le mani di suo fratello - Tommy, so che lo vuoi anche tu.
Thomas rimase a pensarci per qualche secondo, ma poi la ragione prevalse sul sentimento; scosse la testa:
- Ho un ragazzo che mi ama - cominciò - e tu stai per avere un figlio, ormai le cose sono andate così, non c’è più modo di tornare indietro - sospirò, le prossime parole fecero fatica ad uscirgli - dobbiamo pensare che questo incontro non ci sia mai stato, dobbiamo continuare a comportarci come abbiamo fatto fino ad ora, altrimenti non riusciremo più a vivere.
- Se questo deve essere solo un sogno - disse Manuel avvicinandosi - almeno rendiamolo perfetto.
Lo baciò, Thomas voleva opporsi, ma il contatto con quelle labbra che aveva amato e sempre desiderato non glielo permise; si baciarono intensamente, come se tra qualche secondo il mondo fosse andato in frantumi, incuranti delle altre persone che passavano di lì. Poi Thomas si staccò:
- Adesso devo proprio andare - disse tenendo le mani di Manuel.
Quest’ultimo si limitò ad annuire, e abbassò lo sguardo. Quel bacio aveva scritto la parola “fine” ad una storia tormentata e impossibile.
Si guardarono per un’ultima volta; in quell’incrociò di sguardi passò nella loro mente un film della loro storia, dalla prima volta che si videro, ai tramonti estivi visti sulla spiaggia, dalla sofferenza provata per la lontananza, alla gioia di ritrovarsi, dalla loro prima notte insieme, al momento in cui lessero quelle lettere false, dalle volte in cui si erano detti di amarsi e avevano dormito stretti l’uno all’altro, sperando che tutto quello sarebbe stato infinito, fino ad arrivare ad allora.
Thomas lo guardò ancora, cominciando a camminare lentamente  all’indietro verso il binario; si tennero la mano fino a quando la distanza tra i due divenne troppo ampia per un contatto diretto, Thomas si voltò e cominciò a camminare piangendo, non gli importava se Federico l’avesse visto in quello stato.
Anche a Manuel salirono le lacrime, e si lasciò scivolare a terra.
  
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