#ANOTHER HOLE IN THE WALL
Damon’s
Pov.
Il
rosso
vermiglio mi era sempre piaciuto, uno tra i miei colori
preferiti.
A maggior ragione quello del sangue delle mie vittime. Erano giorni che
non
affondavo i denti in un caldo collo, e adesso non potevo più
farne a meno.
La recita da bravo ragazzo poteva reggere si, ma fino ad un certo
punto...dopotutto cosa volevo dimostrare?
Di essere migliore, altruista, che potessi provare pena per le mie
vittime....?
No.
Non mi chiamavo Stefan Salvatore, e non volevo dimostrare qualcosa a
mio fratello,
o ad Elena. Era diventato quasi un supplizio, il pensiero di quella
ragazza
così uguale a Katherine, ma così fondamentalmente
diversa.
Perché non mi chiamava? Perchè riusciva a
resistermi?
Al diavolo.
Avevo trovato una ragazza bionda, disposta ad appartarsi con me fuori
dal
Grill, disponibile ed intraprendente come ogni donna.
Mi aveva
portato a casa sua, e puf...dopo del sano sesso, l’avevo
morsa.
Mi ero deliziato del suo sangue, che adesso colava sulle sue lenzuola.
Nuda,
profondamente addormentata, non avrebbe ricordato nulla se non della
notte di
sesso più bella della sua vita.
Decisi di
rientrare a casa, dopotutto mietere vittime a Mystic Falls, era come
cercare
galline in un pollaio.
Un pollaio molto circoscritto.
Lanciai il giubbotto sul divano molto distrattamente, e potei udire
Stefan che
parlava ad alta voce. Per fortuna realizzai che non fosse diventato
ancora più
pazzo di come lo era già, stava parlando al telefono...
Conoscevo bene quel tono di voce, e parando bene l'orecchio, riuscii a
sentirla.
Elena.
Ovviamente, era con mio fratello che voleva avere contatti.
Preso dalla curiosità, ascoltai la loro conversazione,
mentre mi versavo da
bere più rumorosamente del solito. Mio fratello mi
guardò storto.
-…oh si. È
solo…Damon- disse Stefan mentre sorridevo beffardo. Non
dovevo dare peso a quei
due, che fondamentalmente erano due ragazzini. Dischiusi le labbra, per
abbandonarmi all'alcol.
"Credeva che io fossi una ragazza che si chiamava Katherine"
Quasi sobbalzai, al suono della voce di Elena oltre alla cornetta...chi
diavolo
poteva essere? Appoggiai il bicchiere di colpo sul tavolo, e mi
avvicinai a
Stefan, che a sua volta rimase interdetto. Oltre a me e lui,
nessun'altro
poteva saperlo.
-Ehm...ok, si sarà confuso. Sai, succede spesso-
blaterò mio fratello cercando
di mascherare il suo sbalordimento.
Staccò il telefono subito dopo, rivolgendomi una strana
occhiata.
-Oggi, per
la prima volta, sono contento di rivederti, fratello-
disse, oh da solo non avrebbe mai potuto fare
niente.
-Bene. Qualcuno conosce Katherine...il problema è: chi.
Idee?- gesticolai,
alzando le sopracciglia.
-Non ne ho idea. Dobbiamo raggiungere Elena-
La tipica
espressione da Stefan preoccupato comparve sul suo volto, e questa
volta non
potevo far altro che concordare con lui.
-Perfetto, hai un tom tom? - Sorrisi, cercando di distogliere ogni
pensiero
dalla mia testa, mentre Stefan mi diede una gomitata, sapeva bene dove
andare .
Chi era questo tizio? E come faceva a conoscere Katherine?
Chicago non
era poi così lontana, ma dovevamo sbrigarci. Questo viaggio
era iniziato da
poco, e la presenza di mio fratello mi risultava già troppo
irritante.
Aveva deciso di prendere la sua “macchina” dal
garage del pensionato. Una
piccola macchina rossa, che a malapena poteva far concorrenza alle
carrozze con
il quale il signor Burkey trasportava il fieno.
Carrozza da contadino.
Sbuffai, cercando di evitare che le ginocchia andassero a battere
contro il
cruscotto, era talmente stretta che non ci stavo.
-Davvero ottima come auto per soccorso fanciulle in
difficoltà!- lo derisi divertito.
Lui mi guardò torvo per un attimo, poi sorrise.
-Tu hai deciso di venire con me, tu stai alle mie regole!- si fece
valere.
-Se guidare una macchina, è una delle tue regole
più rigide, beh...non oso immaginare
la pericolosità delle altre- arricciai le labbra con
disappunto, e alzando il
volume dello stereo, portai la testa all'indietro sul poggiatesta.
Almeno la musica copriva il fastidioso tono di voce di Stefan.
Poi, un rumore ci fece sobbalzare, ed ancora quella voce noiosa.
-Oh no!- Stefan parve esasperato, e con una manovra azzardata,
accostò.
-Che diavolo succede?!-
-Credevo fosse pieno il serbatoio..- sollevò lo sguardo
sulla lancetta, che
segnava rosso sul carburante.
Complimenti a mio fratello.
Scesi dalla macchina, come un ossesso. I suoi metodi di soccorso
facevano
schifo.
-Non ci ho pensato, dannazione-
Stavo per
fargli un applauso quando lo sentii auto maledirsi. Appoggiai le mani
sui
fianchi, esasperato.
Mi aveva già seccato abbastanza, e non avevo tempo da
perdere...ero
preoccupato.
Preoccupato per quello che avrebbero fatto ad Elena.
L'unico modo
per giungere ad una soluzione sensata, sapevo quale fosse...che non me
lo
avrebbe perdonato.
-I panni dell'eroe ti stanno troppo stretti, fratello?- dissi in un
sussurro,
cercando di non spazientirmi ancora.
-Senti, potremmo proseguire, infondo una macchina non ci serve- scese a
sua
volta dall'auto, e raccogliendo la sua giacca, si chinò sul
sedile del
passeggero dietro.
-Hai ragione, Stef. Non ci serve un'auto-
Assentii, e
mentre si chinava, lo colpii alle spalle, spezzandogli l'osso del collo.
Lo distesi, e richiusi la macchina alle mie spalle, la mia corsa
sarebbe
continuata senza di lui.
-Riposa al calduccio, fratello-
Senza mio
fratello e la sua stupida auto che mi rallentava, ero molto
più veloce, ed
avevo raggiunto velocemente Chicago.
Questo era uno dei tanti vantaggi di bere sangue umano.
La notte era calata, ma quella città era comunque affollata.
Cercare una
singola persona li, era un'impresa ardua, ma sapevo che l'avrei trovata.
Negli angoli più antichi della città, mi sembrava
di essere tornato a New
Orleans, ma dietro l'angolo, c'era l'era moderna, grattacieli, insegne
luminose
gigantesche...
Girare a caso non era una grande idea, ma fermarsi sarebbe stato peggio.
D'un tratto, nei pressi di un locale affollato anche all'esterno,
sentii odore
di sangue. Forse ero sulla pista giusta.
Mi precipitai sul retro, seguendo l'unica traccia che avevo, e la scena
che mi
si parò davanti, diede conferma al mio sesto senso.
Un uomo incappucciato di nero, era piegato sul collo della sua
vittima.
E la sua
vittima era proprio Elena.
Elena’s
Pov.
-Ora
vengo
da prenderti-
Vidi il tipo incappucciato abbassare il telefono e camminare
tranquillamente
verso di me. Non c'era nessuno che potesse aiutarmi. E io non sapevo
cosa fare.
"Ero nella squadra di atletica della scuola. Correvo più
veloce di una
lepre che sfugge da un predatore".
Mi girai dall'altra parte e iniziai a correre.
Con tutta la forza e il fiato che avevo. Non sapevo dove,
solo...lontano da
quell'individuo.
Non sentivo nessuno venirmi dietro, nessun passo. Ma continuai a
correre, in
ogni strada più oscura di Chicago, per non so quanto.
Quando mi fermai, avevo il fiatone. E dietro me non vedevo nessuno.
Forse l'avevo
seminato.
-Per essere un umana sei veloce- quella voce. Alle mie spalle.
Mi girai di scatto.
L'uomo incappucciato. Era...
-...Noah?- dissi con un filo di voce.
Lui mi sorrise tranquillo, chiudendo le dita sulla mia gola e
sbalzandomi
violentemente a terra.
-Ma brava- disse senza smettere di sorridere -Ti ricordi di me allora -
Sentii una forte fitta alla testa, mentre Noah mi rialzava senza fatica
e mi
sbatteva contro la parete.
-Sei uguale a lei...- mi disse quasi adorante, mentre mi sfiorava il
viso e
posava le dita sul mio collo.
Ero cosi terrorizzata che non riuscii a dire nulla.
Lui mi sorrise un ultima volta, per poi abbassare la testa sul mio
collo.
Un dolore lancinante partiva da li.
E urlai. Con tutto il fiato che avevo in corpo. Ma non c'era nessuno.
Era come se
nella mia testa volassero colibrì.
Le orecchie non riuscivano più a percepire rumori distinti,
solo suoni
ovattati.
Sentivo solo...come se mi stessero tirando via la vita, il
respiro…dal mio
collo.
Poi mi sentii sbalzare violentemente a terra.
Scorsi solo
una figura pararsi davanti a me e il mio aggressore fuggire via.
-Elena! Ehi,
ehi-
Il suono era
ovattato.
-Va tutto
bene...- sentii sussurrare, mentre mi sentivo sollevare con delicatezza
da
terra. Avevo dolore dappertutto.
E uno strano sapore metallico mi attraverso la gola.
Poi chiusi gli occhi.
Forse per poco tempo, forse per ore.
Il mio corpo era freddo...a contatto con l'asfalto freddo di
chissà quale via
isolata.
Ero stesa quasi per terra...tranne per la testa, poggiata su qualcosa
di caldo.
Su…una persona.
Poi ricordai. La chiamata, l'uomo incappucciato, la corsa...il sangue.
Aprii di scatto gli occhi, sollevandomi di scatto. Ma una mano mi
bloccò.
-Damon?- chiesi più spaventata che confusa, trovandomi
davanti due pozze
ghiacciate che studiavano i mie movimenti.
Cosa ci faceva Damon a Chicago? Perchè era qui? E come mi
aveva trovata?
Sentii la testa girarmi.
-Cosa…cosa..-mi guardai intorno con occhi spalancati, per
paura che Noah
potesse tornare. Rabbrividii.
Sentivo le mani appiccicaticce. Erano...sporche di sangue. Del mio
sangue.
-...lui...lui mi ha..- mi passai una mano sul collo...ma non c'era
nulla.
Nessun segno della sua aggressione.
Guardai Damon. Perchè era qui?
Damon’s
Pov.
Passai
una mano
sulla testa di Elena, accarezzandola con delicatezza. Adesso doveva
calmarsi,
solo così avrei potuto ottenere informazioni su quel tipo.
-Lo so, stai tranquilla, starai bene- dissi cercando di farla calmare.
La sua
agitazione era alle stelle, ovviamente, come poteva immaginare cosa
c'era
dietro?
La guardai intensamente negli occhi, non era ancora il momento per
farle
dimenticare tutto.
-Hai preso una bella botta in testa...ma adesso devi stare
calma..-
Lentamente, la sollevai, prendendola in braccio.
Stava bene, le avevo dato il mio sangue, ma non poteva saperlo.
-Dove alloggi? Hai bisogno di stenderti- feci piano, dovevo portarla al
caldo.
Elena scosse
la testa.
-Non...non posso tornare - mormorò rabbrividendo -Lui...lo
sa dove dormiamo. Mi
seguiva...mi seguiva, lo sa-
Parlava agitata, in preda all'ansia.
-Le avrebbe uccise…-mormorò portandosi una mano
sulla bocca-...e voleva
uccidere me...non posso tornare...ho...ho...sangue-
Si toccò gli abiti sotto il mio sguardo vigile.
-...é il mio sangue, Damon- disse cedendo a una crisi di
pianto.
Elena era
esasperata. Adesso aveva davvero bisogno di rilassarsi.
-Elena. Ascoltami- le dissi con tono fermo, bloccandomi davanti a lei.
Dai suoi
occhi continuavano a sgorgare lacrime, ed in questo momento, pensai che
Stefan
sarebbe stato più adatto al ruolo di consolatore.
Ma una sicurezza potevo dargliela.
-Guardami, e ascoltami attentamente...- continuai, tenendo lo sguardo
fermo in
quello di lei -..ci sono io con te, adesso. Nessuno ti farà
del male,
okay?-
Sospirai, mentre lei mi guardava, con l'attenzione che le avevo chiesto.
-Andremo da un'altra parte, ma ho bisogno che tu stia calma-
Quasi mi
meravigliai, il suo umore mi stava davvero a cuore.
Elena annuì
piano, mentre la vedevo chiudere gli occhi e le sue gambe cedettero
nuovamente.
La presi
prima che potesse cadere per terra.
Le
accarezzai di nuovo la fronte e la portai via con me.
Era rimasta
addormentata fino a quando non l’avevo portata in un hotel
vicino, soggiogando
prontamente il tipo alla reception per avere le stanze migliori.
-Dove...siamo?- chiese poco dopo che la ebbi stesa sul letto. Si
passò una mano
tra i capelli, sentendo residui del suo sangue ancora tra le ciocche e
sui
vestiti.
-Sono...sporca- disse mentre alzava gli occhi sulla mia figura.
Continuava a tremare....e di nuovo i suoi occhi si riempirono di
lacrime.
-Ero...in strada.
Lui veniva a prendermi- mormorò ricordando quello che le era
successo -Ero...lontana.
Ho corso...piu veloce di una lepre che sfugge al predatore-
Alzò gli occhi su
di me, ricordando la frase
detta qualche sera prima proprio a me.
-Ma lui...era già li...e...mi ha fatto male-
mormorò-...ha detto...che ero
uguale a lei...e...-
Si strinse le ginocchia al petto -...stava per uccidermi-
Mi avvicinai
ancora di più a lei, ero seriamente preoccupato, ma presto
avrebbe dimenticato
tutto.
L'ironia della lepre che corre più veloce di un
predatore...ai suoi occhi di cheerleader
era un pregio, ma agli occhi del mondo, il predatore arrivava sempre
alla sua
preda.
Dura legge della natura, che avevo provato sulla mia stessa pelle.
Ero una giovane preda, innamorata, assetato d'amore, ma la mia
predatrice mi
aveva cambiato. Le strade erano due: o diventavo la preda che moriva, o
la
preda assetata di sangue.
In ogni caso, non c'ero più.
Scossi piano la testa, perso tra i miei pensieri rivolti a Katherine.
-Lo so. Quel tizio si sarà confuso, avrà preso
una svista…o semplicemente era
appena scappato dal manicomio! Ma ti prometto che lo
troverò. Sono qui per te,
leprotta-
Accennai un
sorriso, una parte di me rimaneva fredda davanti alla
vulnerabilità della
ragazza, ma un'altra parte mi diceva di proteggerla, e di stare con
lei. Portai
una mano sul suo viso, un contatto molto dolce.
-Elena…bevi, ti farà bene.- le porsi un
pò d'acqua, cercando un contatto visivo
con lei di continuo.
Elena sporse
appena le labbra sul bicchiere, bevendo solo un sorso
dell’acqua che le avevo
dato.
-Ho…bisogno
di pulirmi- mormorò.
Le indicai
con un cenno la porta del bagno –E’ tutto tuo-
Lasciai che
si alzasse da sola, sebbene tremante, e si chiuse oltre la porta del
bagno.
Ascoltai il
suono dell’acqua che riempiva la vasca da bagno.
Sapevo
perfettamente che Elena non stava bene e ricordava fin troppo di quello
che
avrebbe dovuto. Non sapevo ancora bene chi l’avesse
aggredita, nonostante mi
fossi scontrato con il suo assalitore, ma se quel vampiro
l’aveva chiamata
Katherine, faceva di certo parte anche del nostro passato.
Avrei dovuto
occuparmi prima di Elena.
E avrei
dovuto farlo in fretta, a giudicare dall’urlo immane che
cacciò dal bagno.
-Mi ha
morsa!-
Irruppi
nella stanza Elena era di nuovo in pericolo?
Era sola,
terrorizzata, e aveva fatto cadere acqua per terra.
Senza pensarci due volte, mi avvicinai a lei, e lasciai che si
appoggiasse a
me, mentre presi l'asciugamano più vicina che avevo.
Dovevo ammettere che non guardarla fu davvero arduo.
E che...non mi aspettavo tutta questa confidenza. Qualcosa dentro di
me, mi
rendeva iperprotettivo nei suoi confronti.
-Elena! Che succede?!- sbottai, preoccupato. Quel tipo non
poteva essere
entrato, sebbene ci fosse una finestra che dava sulla strada. Era un
vampiro,
non un koala che si arrampicava sugli alberi.
Non a caso avevo scelto uno dei piani più alti.
-Vieni, copriti…- feci con un sussurro, avvolgendo le sue
spalle coprendola
completamente.
"Mi ha
morso" ecco cosa aveva detto.
Per fortuna,
sapevo essere evasivo con le parole, e sicuramente non le avrei detto
la
verità.
La mia lepre era piuttosto impaurita...oh, ed ero io a tenerla in
salvo,
proprio io.
Nemmeno io sapevo che potessi fidarmi così di me stesso.
La aiutai ad
uscire dalla vasca, coprendola in modo da non mostrare oltre di quello
che già
non avessi visto.
-No-
Elena mi
spinse via da lei, muovendo passi incerti nella stanza.
-Quell'uomo. Noah- disse il suo nome ad alta voce, quasi a voler
confermare la
sua esistenza.
Noah.
Questo nome
non mi era nuovo…
-Lui.. non poteva essere più veloce di me!-
gridò, passandosi una mano tra i
capelli.
Oh, si che
poteva Elena.
-Lui...-
Elena tacque un attimo, ricordando non so cosa.
-...mi ha
morso…sul collo- disse guardandosi allo specchio e cercando
una traccia del suo
morso.
Ma non...c'era nulla. Nulla che il mio sangue non avesse già
guarito.
Ma Elena non
sapeva neanche questo.
-No..-
scosse la testa-...lui mi ha morsa...lo so!-
Finalmente si girò verso me -Tu non...tu non dovresti essere
a Chicago! Come
hai fatto ad arrivare qui? Perchè?!-
Parai le
mani in avanti, facendole cenno di calmarsi, ancora una volta. Ma quel
nome che
adesso era venuto fuori... non mi era affatto sconosciuto. L'avevo
già sentito
da qualche parte.
Per un attimo mi pentii di aver piantato in asso Stefan..forse sapeva
cosa
fare.
-Lo so, ascoltami Elena..-
Tentai di aggrapparmi a qualcosa, prendere tempo, in modo che Elena mi
fornisse
più dettagli riguardo al predatore.
Ma nemmeno lei sembrava saperne di più.. e forse era il
momento di modificare i
suoi ricordi e tranquillizzarla una volta per tutte.
-Sono qui per caso, ero venuto a trovare uno zio che non vedevo da
tempo. Tu
hai bevuto troppo, un ladro ha cercato di derubarti, ma sono
intervenuto in
tempo. Sei svenuta, ed hai battuto la testa, sei solo un po'
confusa-
Fissai i suoi occhi, prendendola delicatamente per le spalle, non c'era
altro
modo oltre alla compulsione, per calmarla.
Lasciai scivolare la mia mano sul suo viso.
-Un ladro ha
cercato di derubarmi e tu sei intervenuto in tempo- ripetè
fissando i miei
occhi, puntati nei suoi.
-Mi hai...salvato la vita - mormorò mentre sentivo il suo
cuore pompare sangue
più velocemente.
I nostri occhi restarono incastrati per un lungo istante, non mi ero
reso conto
che la mia mano si era intrecciata alla sua in un modo di cui non mi
ero
accorto, fin quando lei stessa si rese conto di essere ancora bagnata e
avvolta
da un asciugamano legato alla bell’ e meglio intorno al suo
corpo.
Arrossì -Devo...rivestirmi-
-Si, già…-
Distolsi
subito lo sguardo da lei, e con fare risolutivo, uscii dal
bagno.
Richiusi la porta alle mie spalle, quando mi ci appoggiai a malapena.
Perché
quella ragazzina mi faceva uno strano effetto? Era uguale a Katherine,
eppure...non pensavo a lei quando Elena era con me.
Decisi di aspettarla fuori, perlomeno ero riuscito a calmarla, e
svuotando la
tasca della mia giacca, ne tirai fuori una boccetta con del bourbon. Ne
portavo
sempre un po', quando ero lontano da casa.
Spostai la tenda che copriva un finestrone immenso, che si affacciava
sulla
grande città ventosa.
Mi persi tra le luci della città, pensando a quanti misfatti
avevo fatto
li...eppure questa volta, ero qui per salvare qualcuno.
Scossi la testa, dando un altro sorso alla mia bottiglia...Elena per
ora era al
sicuro, ed era anche tranquilla.
Non avrei potuto cancellarle il ricordo totale di Noah, o non l'avrebbe
riconosciuto in futuro se fosse tornato...sarei venuto a capo di questa
storia.
Elena’s
Pov.
Non potevo
rimettere i jeans e la giacca che avevo prima. Erano sporchi...e non
avevo
intenzione di rimettere quei vestiti.
Indossai solo la mia
maglietta, fortunatamente più lunga del normale, e mi
sarei ficcata sotto le coperte.
Non volevo andare via
ora.
Aprii piano la porta,
la stanza era in penombra. Damon guardava fuori dalla
finestra oltre la tenda.
Mossi piano un passo
verso il letto, scostando la coperta e infilandomici
sotto.
Damon non si era
voltato verso di me, forse per rispetto...?
Nessuno di noi due
disse nulla.
Io volevo dormire, ma
non ci sarei riuscita.
Voltai la testa verso
di lui.
-Parliamo di
qualcosa...?- gli chiesi esitante -Se no....continuerò a
pensare a quello che é
successo. E...non voglio –
Damon voltò
appena la testa verso di me.
-Parliamo di
qualcosa...- ripetè a sua volta.
Scosse la
testa appena, sorridendo. Distolse lo sguardo dal finestrone, e si
diresse in
direzione del letto.
-Potrei
dirti che ho prenotato la stanza di fianco, e che invece...- si
lasciò cadere
sul letto, stendendosi accanto a me.
-..c'è una
piccola rompiscatole che nel cuore della notte vuole parlare-
fece con una punta di sarcasmo, fissando il
soffitto.
-Scherzo. Spero sia di
tuo gradimento, l'hotel...io francamente, ne ho visti di
migliori-
Mi girai a
guardare il soffitto anche io. Persino al buio, la pittura era
meravigliosa.
-Io credo che...sia
davvero bello. E per una città tetra come Chicago
é un
complimento -
Sentii lo sguardo di
Damon posarsi sul mio viso e girai la testa nella sua
direzione.
-Io e le mie compagne
dormiamo in una mezza pensione con le finestre senza para
spifferi. E in una città come questa...ti lascio immaginare
come possa essere-
Damon
accennò un sorriso, facendo sorridere anche me.
Poi abbassai lo
sguardo.
-Non se ne sono
accorte - mormorai con voce meno allegra -Che non ero con loro.
E nemmeno adesso...domani mattina abbiamo un'altra gara…e
loro non si sono
accorte che non ci sono-
Ne Caroline, ne
Bonnie...nessuna telefonata. Insomma, con un letto vuoto in
stanza sarebbe dovuta partire almeno una telefonata...
-Non sanno niente-
Damon mi
osservava, ascoltando ogni mia parola. Forse mi trovava una stupida
sentendomi
parlare cosi…
-Beh,
saranno state felici di essersi liberate della rompiscatole del gruppo!
- ridacchiò, prendendomi in giro, mentre lo
guardavo accigliata.
Come immaginavo.
Poi il suo
sguardo si fece appena più serio, mentre pensava a
chissà cosa.
-..andiamo
rompiscatole, dormi adesso- tagliò corto
all’improvviso.
Sporsi il
broncio, anche se dal tono tagliente che Damon aveva usato capii che
stare a
parlare con una ragazzina nel cuore della notte non era quello a cui
aspirava
quando mi aveva portata in quel posto.
-Va bene- mormorai.
Sperai che mi tenesse
compagnia un altro po', ma queste erano cose che
piacevano alle ragazze non a...lui.
Mi girai dal fianco
opposto al suo, quando, dopo qualche minuto, il mio
telefono, poggiato sul mobile di fronte al letto, iniziò a
vibrare.
Mi sfilai le coperte,
sentendo l'aria fredda stuzzicarmi le gambe e i piedi
nudi.
Il nome "Bonnie"
troneggiava sullo schermo.
Non riuscii nemmeno ad
aprire bocca che delle voci agitate mi stordirono.
-Siamo rientrate
convinte che tu guidassi il tram perchè eri l'unica sobria
in
mezzo a noi!- sentii gridare Bonnie -Stavamo addirittura ridendo
immaginando
che scendessi dal tram facendo un avvitamento carpiato come nella
coreografia
di domani!
E' passata
più di un'ora e ci siamo rese conto che la nostra ginnasta e
migliore amica non è ancora tornata! E non sappiamo se
chiamare la polizia o...o
i CSI! Se sei un rapitore o cosa...pagheremo qualsiasi riscatto!
Oppure...oppure
ridacci Elena solo domani per la gara, pagheremo il riscatto dopo
domani è un
compromesso! Ok…ok, questo non so perchè l'ho
detto..-
Scoppiai a ridere,
sentendo Bonnie farneticare cose inutili quando beveva
troppo.
-Chiederò
al mio rapitore se la storia del prestito gli va bene!- risi.
-Elena!- sentii anche
Caroline e Bryanna -Dove sei finita?!Stai bene?!-
-Si, si...sto bene-
dissi muovendo la gamba a destra e sinistra -Ho...ecco. Ve
lo racconto domani, ok?-
-Cosa?!? Scompari e ci
racconti questa balla?!-
-Sto bene, ok? Sono
certo meno ubriaca di voi! Sarò da voi prima di uscire
dalla pensione!-
Prima che potessero
controbattere, chiusi la chiamata.
Tirai un lungo
respiro, dimenticando quasi che Damon era steso sul letto di
fronte a me e io con una misera maglia addosso.
-Le farò
bere di meno la prossima volta-
Damon si
alzò, girando per la stanza e prendendo una fiaschetta dal
comodino accanto al
letto.
-E tu? Non
bevi?- domandò sorridendomi -O forse sei solo la brava
ragazza del
gruppo-
-E' ovvio che sono la
brava ragazza- dissi in tono vispo, quasi contenta che
Damon si fosse alzato dal letto e stesse di nuovo parlando con me.
-Sono quella che se
andiamo alle feste riporta sempre le amiche a casa. E anche
se bevo non mi ubriaco. Serve sempre che qualcuno resti sobrio e
vigile...e io
ho preso quel posto- dissi quasi in tono fiero.
Damon si
versò in un bicchiere quel liquido di non so cosa,
continuando a
guardarmi senza smettere di sorridere.
-Ho qualc..-
“..cosa che non va?", stavo per chiedergli. Poi ricordai che
essere con un "amico", e dormire semisvestita in un hotel fuori
città
non era una cosa proprio normale.
Gli occhi di
Damon saettavano dal mio viso alle mie gambe.
-...non mi guardare!-
esclamai parando le mani sui suoi occhi, in modo da non
fargli vedere altro.
Lo sentii imprecare,
ma tenni le mani premute sul suo viso -Fa finta di essere
cieco!-
-Di questo
passo lo sarò sul serio, mi hai infilato le dita negli
occhi!- disse con tono
di rimprovero, ma allo stesso tempo divertito.
Riuscii a
scostare le mie dita dal viso, e dal suo sguardo intuii che quello che
vedeva
non gli dispiaceva affatto.
Tornò a
guardarmi sorridendo maliziosamente, per poi sorseggiare ancora un po'
di rum. L’odore era quello…
-Sbaglio o
sei imbarazzata? Scommetto che c'entra il mio fascino- fece
beffardo -..racconterai
a tutti del tuo affascinante rapitore!-
Lo guardai
infastidita, ma nulla dei miei gesti sembrò toccarlo
minimamente. Da persona
galante avrebbe dovuto dire "Elena, prendi la mia camicia, ti copre di
più" o "Non preoccuparti Elena, non ho visto nulla!"...
....poi scoppiai a
ridere come un idiota.
-Si, Damon- feci in
finto tono melodrammatico senza smettere di sorridere -Il
tuo fascino e la mia semi nudità mi hanno colto totalmente
alla sprovvista!-
Si, ero in imbarazzo.
Ma non potevo drammatizzare di più questa situazione.
-Dirò che
il mio rapitore é un pervertito ubriacone- lo rimbeccai con
lo stesso
tono che usava lui con me. Flirtavamo? non flirtavamo? Era
divertente…
-Ehi, attenzione
a come usi le parole!- fece con finto tono offeso, ma in
realtà sembrava
divertirsi anche lui
-Sai cosa ti
converrebbe fare? Una bella dormita. Hai osato offendere il tuo
rapitore, che
per giunta ti ha anche salvato la vita. A quanto pare sei in vena
di...chiacchierare- disse con tono ovvio sorridendomi, mentre si
accingeva a
prendere la giacca.
-Non penso che ti
piacerebbe dormire accanto a me, quindi ho preso una stanza
qui di fianco-
Alzai le braccia. Non
serviva insistere una seconda volta. Damon non sarebbe
rimasto oltre con me. Lo avevo già trattenuto oltre insieme
a me per paura che
mi succedesse qualcos'altro.
Ma ero al sicuro.
-E va bene- dissi
alzando gli occhi al cielo -Mi hai già assecondato
abbastanza, lo so. E non ero cosi logorroica da...tempo-
Mi stupii io stessa di
quanto fossi riuscita a parlare in quel momento, non ero
cosi loquace nemmeno con le mie amiche. Non più ormai.
Sospirai, quasi
stupita.
-Beh...buonanotte-
dissi girando le spalle rivolta verso il letto.
Sentii la porta
aprirsi, quando girai la testa di scatto.
-Damon-
Lui si girò
a guardarmi.
Mi morsi il labbro. Mi
sentii stranamente agitata -...grazie. Per stasera-
Damon mi
sorrise, rimanendo per un attimo sulla porta.
-Figurati, non
metterti più nei guai, ok?- mi disse affettuosamente, poi
richiuse la porta.
Mi misi a letto colta
da un insolito buon umore.
Non mi
sentivo cosi protetta da tanto tempo.
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Speriamo
che l'attesa non sia stata troppo lunga. Un capitolo cosi lungo non era
facile da revisionare, soprattutto con due teste che scrivono.
L'azione è arrivata, e il passato di Damon (e Katherine)
è saltato fuori.
Avevamo accennato che Noah era un personaggio già noto ai
più, e tende una trappola a Elena, incontrata a Chicago.
I fratelli Salvatore non sarebbero certo rimasti a casa dopo una
notizia del genere.
C'è
una svolta nel rapporto tra Damon e Elena, una svolta che
sarà approfondita nei capitoli successivi.
"Another hole in the wall" (lo spunto è dalla canzone dei
Pink Floyd con una parola cambiata) significa "Un altro buco nel muro".
Ci è piaciuto definire "muro" quello che Damon prova nei
confronti di Elena, che vede(va) essenzialmente come la copia di
Katherine e un "mezzo" per ferire Stefan.
Ma corre a salvarla, per una ragione ignota lui lo fa.
E questo è solo l'inizio.
Grazie a tutti, come sempre :)