Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: Javaadda    12/06/2015    1 recensioni
"E’ che lo sento indistintamente presente in ogni mio gesto, come se fosse la ragione di ogni sorriso, lacrima, e gioia, come se l’avessi odiato a tal punto da amarlo. Ma non lo amavo nel modo giusto. Lo volevo possedere come fosse un pezzo da vetrina, il pezzo che ero riuscita ad aggiustare. Ed ero ossessionata da quell'idea. Ma l'ho volontariamente allontanato da me. E potrei perfino continuare a scrivere di noi sui muri, sui libri, in ogni pagina, frase o parola ma non ci siamo più, e non ho forze per inventarci di nuovo."
|Loe|
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alessia mi condusse nella grande stanza alla nostra sinistra, incorniciata da una piccola porta di legno bianco. Ci avevo trascorso l'infanzia tra quelle mura, ma ogni volta che mi trascinavo all'interno di quella camera, essa mi pareva spegnersi, e affievolirsi pian piano. Ogni santa volta, negli ultimi quattro anni, che ci mettevo piede, il mio cuore sembrava fremere, e tremare come foglie in autunno, con la voglia di volare via, lontano da essa.

Sul mio cuore incombeva il peso della mancanza, della sua nostalgia.

Nelle pareti di cartapesta invece, delle foto erano appese come a far rimembrare in eterno la sua mancata presenza. Come a sprigionare il suo odore, e infettare i miei vestiti di lui. Lui, che era il mio uomo, e continua in me.

Al suo interno delle vesti distintamente ripiegate giacevano sul bordo del letto. Era questo il suo modo di migliorare ogni cosa, credeva, anzi Alessia ci metteva l'animo nello sperare che dei vestiti potessero occupare il vuoto che sentivo dentro. Ma sentivo freddo il petto, non l'armadio.

Mi invitò ad indossarli con la semplicità dei suoi gesti ripetitivi, perché ogni volta, ogni caduta che tempestivamente interrompeva il mio cammino, osava presentarsi con capi nuovi, così dal rendere il mio dolore quasi un vizio.

Così dal renderlo, quasi piacevole, a parer suo.

E le lasciavo credere fosse così, le permettevo di trovare una breve pace prima di contagiarla di nuovo col mio dolore, perché per lei avrei sorriso così forte da accendere una notte, se ce ne fosse stato bisogno.

Mi soffermai sui suoi occhi supplichevoli, e stanchi. Tormentati dall'incapacità d'illuminarmi la vita. Nemmeno lei se la meritava l'esistenza dietro un rottame, un rottame perché privo di voglia di aggiustarsi. Nemmeno lei si meritava questo puzzle di frammenti rotti.

< Stasera ci divertiamo, allora? > accennai a voce squillante. 
I suoi occhi brillarono, riflettendo una luce nuova.
< Si, cazzo si, finalmente! > stridette euforica.

Afferrai i vestiti, osservando l'acceso amaranto del tessuto nelle mie mani. 
Mi vestii frettolosamente, come ad essere impaziente di dimostrare di sapermela vivere questa vita.

Una volta pronta, tornammo al luna park.

Ad attenderci c'era Marta, la mia migliore amica. I suoi occhi erano contornati da una linea circolare, e le sue labbra erano marchiate da un colore rosa acceso. Si stava insistentemente sistemando i capelli boccolati, quando il suo sguardo si illuminò.

< Andiamo sui calci in culo? > chiese.
< Marta, non ora. > borbottai infastidita.

Ritrasse la gioia che accompagnava le sue parole, e la sua ristretta dentatura si contrasse in un ghigno. La sua capigliatura ondeggiava nel vuoto, quando Lorenzo le si stagliò dietro.

< Andiamo? > chiesi impaziente. 
Stava per ribattere, ma la zittii con uno sguardo.

Comprammo i biglietti per salire, scegliemmo il posto a nostro parere migliore, e partimmo per quel giro.

Era come un vortice di onde contro il mio viso, eppure il mare non l'avevo neanche mai visto. Sentivo dolore, gli occhi bruciavano come fossero d'acqua salata.

< Chi ti ha portato ad essere qui, Noemi? > chiese, urlando. 
< Mio padre, Marta, mio padre. >

Non vidi il suo volto, non volli vederlo perchè era da incosciente ripercorrere lo stesso cammino per la quarta volta, e lo sapevo. Glie l'avrei letta negli occhi quell'espressione corrucciata, pronta a ripetermi che stavo sbagliando, eppure l'aveva sempre saputo che non volevo superarlo veramente.

Il giro finì. Posizionai i piedi a terra, ogni cosa attorno a me girava. E lui invece era lì, fermo e immutabile, l'unico punto fisso che riuscivo a distinguere.

Iniziai a camminare nella sua direzione, ad ogni passo si accresceva la mia voglia di cogliere qualche insicurezza nei suoi movimenti, trovare un punto debole.

< Ho vinto, la scommessa. > affermai crudamente. 
< Vuoi un premio, per caso? > grugnì.
< Si, dammi delle opzioni. > affermai.

Si avvicinò fin troppo velocemente alla mia figura, fin tanto da ridurre le nostre ombre, ad un unico ammasso di tenebre.

< Vuoi un bacio? > soffiò, posizionando la sua testa parallelamente alla mia.
< No, Loo. > 
< Loo? > ridacchiò.
< Questo soprannome ti rende innocuo, e tu lo sei con me. > chiarii.
< Oh Benji, questo nome ti rende mia complice, e tu lo sei, con o senza di me. >

Mi allontanai dalla sua figura, continuando il tragitto che la sua voce aveva interrotto. Rimase inerme, di stucco.

Era ferrofreddo e immutabile, ed io non credevo di procurare effetti su di lui. Stupii perfino me stessa, perchè istantaneamente una mano conosciuta scosse il mio braccio.

< Che vuoi? > lo schernii.

Non disse nulla, che le sue labbra si schiusero impetuose in un leggero e quasi impercettibile bacio, sulla mia fronte.

Un bacio, da capogiro.

< Perchè me? > soffiai, mentre il suo calore bruciava la mia pelle, bramosa di lui.
< Perchè non ti ho scelto, e tu non hai scelto me. >

Avvinghiai la mia mano alla sua, non lo chiesi il suo permesso, perchè ci volevamo così tanto, in ogni modo possibile, e in ogni luogo, già allora.

Era l'inizio di uno di quegli amore distruttivi, con la passione che arde in ogni gesto, e la voglia incontrollata di farsi del male, perchè non si riesce a esprimere altro, a fare altrimenti. Uno di quegli amori sbagliatiinconsistenti, nati da un'odio che ad ogni modo, riuscirà nuovamente a dividere.

Sciolse la mia presa, non so con quale forza, ed io me ne andai. Non perchè mi sentissi respinta, un giorno lo avrebbe accettato, ero io a non potermelo permettere.

Mi sistemai sul lato destro della rampa, poco più in là c'erano Alessia e Frederic.

Mi soffermai sulla vasta varietà di skateboard presenti. Insiemi di strati di legno d'acero pressati ed incollati assieme in modo da garantire doti di robustezza e flessibilità alla tavola, derivavano tutti dallo stesso processo, eppure erano notevolmente differenti l'uno dall'altro.

Io e Lorenzo eravamo nel medesimo modo simili. Derivavamo da una stessa lavorazione che ci aveva garantito una sorta di protezione attorno, ma avevamo scopi differenti, strade differenti.

< Come mai ti chiama Benji? > mi chiese Fred, d'un tratto. 
< Storia lunga. > affermai. 
< No, storia nostra. > soggiunse Lorenzo, alle mie spalle.

Non avevo neanche avvertito il rumore dei suoi passi sul piano duro.

Frederic divenne d'un tratto serio, c'era qualcosa nel modo in cui Lorenzo guardava le persone, faceva paura, io lo capivo Fred. Alessia spostò lo sguardo altrove, forse infastidita, mentre lui si sedette al mio fianco.

< Non parlare al mio posto. > chiarii. 
< Non parlare di noi a gli altri. > 
< Ti vergogni di me? > chiesi, roteando le dita sul mio ginocchio. 
< No. > ringhiò.

Un ringhio da terrore, sembrò quasi volermi trafiggere con la sua voce, e l'intensità di quell'unica e semplice parola.

< E allora perchè? > chiesi, a bassa voce.
< Perchè te sei testarda, credi che io possa in qualche modo cambiare per gli altri, probabilmente per te. Ma la tua vita non è un libro che puoi scrivere a tuo piacimento. Qua non sei te a dettare le regole, Noemi. > prese fiato.
< E perchè so cosa vorresti da me, cazzo se lo so, e questo mi porta a comportarmi nel modo relativamente opposto a quello che ti aspetti. > fece sbattere la mani sul bordo della rampa, nero di rabbia.

< Io non mi aspetto nulla da te, Lorenzo. > tentai di alleviare il suo rancore.
< Non è vero. Mi guardi come a controllarmi, come fossi un'esperimento uscito male, un fallimento. Le mie labbra ti bramano ma non sei abbastanza per cambiarmi. Tu non significhi niente per me. >

Fitta, al cuore sentii una fitta sopraffarmi, ed un'altra ancora, alternarsi a dei respiri d'affanno, e un dolore atroce, dovunque.

Ogni parte che lo aveva desiderato, tutto il mio corpo.

< Non voglio cambiarti. > sussurrai.
< Allora smettila, smettila di farmi questo. > ammise.
< Farti cosa? > spalancai gli occhi gonfi.

Ripieni d'angoscia.

< Esaminare ogni mia mossa, e non permettermi neanche un tocco. > 
< Ti avrei permesso di toccarmi, dovunque volessi, perchè non c'è parte del mio corpo che non desideri il tuo contatto, e quel calore che pare possa avvolgere perfino le ossa, ma non mi meriti. > affermai.

Non fiatò, rimase come paralizzato da quelle parole, e forse avrei dovuto urlarglielo che volevo mi baciasse.

Poi puntualmente vidi i suoi occhi brillare nella poche luce che c'era.

< Vuoi scendere? > chiese. 
< No. > balbettai.

Mi diede velocemente le spalle, ed iniziò a parlare con Frederic. Le loro voci erano volontariamente basse, e di rado mi lanciavano sguardi poco rassicuranti. Guardai con fare allarmante Alessia, ma lei sembrava quasi divertiva, mentre io ero consumata dalla situazione.

Si alzarono frettolosamente, e mi vennero incontro. La loro corporatura sovrastava di gran lunga la mia, così tanto che non scorgevo altro, oltre le loro spalle.

< Sicura di non voler scendere? > chiese Fred con fare presuntuoso. 
Mi alzai in piedi, d'un balzo, e mi afferrarono per le caviglie. 
< Lasciatemi! > urlai, mentre iniziai a dimenarmi istericamente. 
< Calma, ci stiamo solo divertendo un poco. > rispose Lorenzo, con un sorriso malizioso increspato tra le labbra perlacee.

Mi avvinghiai alle sbarre di ferro alle mie spalle, ero in trappola, e me ne resi conto in quel momento. 
< Loo, smettila! > urlai nuovamente. 
Non riuscivo a muovermi, chiusa nella mia stessa morsa.

< Magari quando sarei a terra malconcia, potrò meritarti. > sogghignò.
< Non devi ascoltare le mie parole, sai che puoi annientarle, Loo! > urlai in preda al panico. 
< È quello che sto facendo. >

Mi ammutolii, di scatto, sopraffatta dal peso che le mie parole avevano raggiunto, per lui.

Ma ero stata allenata a combattere un uomo, ed anche se la statura di Fred troneggiava sulla mia figura, ciò non mi spaventava realmente.

< aaaaaaah. > il suo urlo catturò l'attenzione di alcuni ragazzi. 
< Non mi hai lasciato altra scelta. > dissi, ridendo lievemente. 
< Stai mentendo, avevi me. > soffiò al mio orecchio Lorenzo.

Si allontanarono entrambi, ma avvertii la corrompente risata di Lorenzo echeggiare in lontananza.

Era riuscito a difendersi dal mio calcio. Si difendeva sempre da tutto lui.

Si difendeva dall'amore, io invece ci annegavo dentro. Si difendeva dalle persone, io invece mi facevo prendere da ogni loro singola parola.

Lorenzo non era forte, ma si nascondeva bene. Per questo volevo vederlo star male, volevo sapere se sentiva dolore anche sotto quello scudo d'acciaio.

Percorsi la distanza che mi divideva da lui, e lo affiancai. 
< Sei uno stronzo, comunque. > puntualizzai.
< Finalmente l'hai capito. > ammise. 
< Vuoi farti odiare da me, è questa la tua intenzione? > chiesi, corrucciata.
< È più facile di quanto sembri, Noemi. >

Attesi qualche minuto per elaborare i miei pensieri.

Voleva spingermi ad odiarlo, e questo era ciò che mi serviva per attuare i miei piani. Dovevo odiarlo a tal punto da annientare le emozioni, per questo dovevo imparare a conoscere il suo modo di vivere.

Non dovevo odiarlo, a tal punto d'amarlo.

< Insegnami il tuo lavoro . > affermai. 
< Vuoi imparare a rubare? > chiese trattenendo la sue labbra schiuse per qualche attimo. 
< Voglio imparare ad impugnare una pistola. > dissi, decisa.
< Ti fidi di me? > chiese. 
< No, affatto. > risposi, rude.
< Ti voglio portare in un posto abbandonato, solo io e te. >

Deglutii profondamente.

< Ti fidi di me? > chiese di nuovo, guardando le mie iridi snocciolate
< Andiamo. > affermai, afferrando la sua manica.

---

Holaaaa, finalmente ce l'ho fatta ad aggiornare, ma sto passando un periodo demmerda. Ho discusso con mia cugina, e con il ragazzo con cui sto uscendo, o meglio, con cui uscivo. Ma è arrivata l'estate e questo significa che avrò più tempo per dedicarmi alla scrittura, che liberazioneee. Vorrei sapere che ne pensate sotto, accetto qualsiasi opinione, ed inoltre ho una domanda da porvi: Come vi sentite quando siete con la persona che amate?

Un bacio, Noemi. :)

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: Javaadda