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Autore: Lella Duke    10/01/2009    7 recensioni
Un piccolo momento tra Bo, Luke e Daisy durante il doppio episodio "Rosco milionario".
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bo Duke, Daisy Duke, Luke Duke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto in un abbraccio

 

Bo

 

Evito di guardarti perché so che se lo facessi leggeresti nei miei occhi tutta la mia paura. Coglieresti la supplica che vorrei rivolgerti, ma che non ho il coraggio di esternarti. Eppure lo dovresti sapere bene ormai. Mi conosci meglio di chiunque altro. Ci sono situazioni nelle quali ho bisogno di te più che mai. Come adesso. Tu hai sempre avuto tutte le risposte. Il mio compito è solo quello di fare domande. E a volte non ce n’è neanche bisogno. Sai sempre quello che voglio dirti, sai sempre cosa rispondermi.

Me ne sto qui in piedi come un perfetto idiota. Asciugo un piatto dopo l’altro, ma non ci sono le stoviglie nei miei pensieri. C’è solo questa dannatissima giornata, cominciata come tante altre e non ancora finita.

C’è solo lui, lontano da casa come non mai.

E’ sempre stato presente nella mia vita, è sempre stato tanto forte.

Buono, severo, intransigente, generoso.

Non posso immaginarlo disteso su di un letto d’ospedale, ma non riesco a togliermi quell’immagine dagli occhi. Lo vedo se li tengo aperti, lo vedo se li chiudo. Non pensavo si potessero mettere nella stessa frase parole come: incidente, coma, zio Jesse.

Non riesco a credere che il medico lo abbia davvero definito anziano. Oggi per la prima volta ho realizzato che lui non è più tanto giovane e che non ci sarà per sempre. Dovrò dirgli addio prima o poi, ma non adesso.

Adesso non voglio.

Adesso è troppo presto.

Ti vedo riflesso nella finestra che ho di fronte. Sei alle mie spalle e fai finta di niente, ma so che mi stai osservando. Sento i tuoi occhi pungermi la schiena. Mi attraversano. Mi arrivano dritti all’anima. Tu sai già tutto, non è vero? Sai già come mi sento. Conosci uno ad uno i pensieri che mi affollano la mente. Probabilmente dentro di te è già partito il conto alla rovescia alla fine del quale sai che mi volterò e mi butterò tra le tue braccia singhiozzando come un moccioso. Vorrei dimostrarti che sono un uomo ormai, che le mie spalle sono solide. Che puoi aggrapparti a me, per una volta. Ma io non sono come te. Ho un bisogno continuo di essere rassicurato, ho bisogno di sentirmi amato e di amare. Cerco continuamente il contatto fisico con le persone a cui tengo perché sono sempre stato convinto che niente comunichi più di un abbraccio.

Non credo che cambierò mai.

Ero così da bambino, sarò così da vecchio.

Zio Jesse mi ha sempre detto che un uomo che si sforza di non piangere mai, non è forte, è solo sciocco. Non dimostra la sua virilità, ma solo la sua idiozia. Tu non sei né sciocco, né idiota. Perchè non ti lasci mai andare? Cos'è che ti divora dall'interno? Io metto continuamente a nudo i miei sentimenti e la mia anima, non ci trovo niente di male. Sono fatto così.

Non credo possa diventare più asciutto di così questo piatto. Saranno cinque minuti buoni che lo strofino con vigore. Lo ripongo nella credenza e mi volto. Sei davanti a me. La tua fronte è corrucciata e poco più sotto si è già fatto largo il tuo solito sguardo: lo stesso che hai ogni volta che ti aspetti qualcosa da me.

Ogni volta che sai che ti farò una domanda alla quale solo tu puoi rispondere.

Però adesso c’è anche dell’altro.

C’è tristezza, vero?

Quelli sono occhi lucidi, Luke?

Lo vedi come sono fatto? Volevo tenere duro stavolta. Davvero. Credevo ci sarei riuscito. Ma non posso resistere ancora. Se anche tu stai provando quello che provo io, significa che la situazione è davvero drammatica. Significa che anche tu hai paura.

Paura di dovergli dire addio troppo presto.

Paura di perderlo.

Finalmente cedo. Non ho alcun controllo sulla mia voce. Esce flebile e tremolante e tradisce irrimediabilmente tutta la mia inquietudine: “pensi che zio Jesse si salverà, Luke?”

Abbassi lo sguardo e sospiri. Perché lo fai? Sapevi che la domanda sarebbe arrivata. A chi altri avrei potuto rivolgerla? Ti passi una mano tra i capelli, sembri stanco. Ti avvicini e sussurri: “non lo so, Bo. Proprio non lo so.”

 

Luke

 

Ho le mani immerse completamente nella schiuma a cercare qualche posata superstite sul fondo del lavandino. L’acqua è diventata fredda, questo significa che ho impiegato almeno venti minuti per lavare tre piatti.

Non mi stai guardando, ma sento comunque la forza del tuo pensiero. Ti aspetti qualcosa da me, non è vero? Ti aspetti una parola di conforto. Ti aspetti che io prenda in mano la situazione.

Non ne ho la forza, mi dispiace.

Sono stanco di essere 'il maggiore dei tre'.

Il più responsabile.

Quello che sa tutto.

Per una volta vorrei essere io quello che si lascia andare.

Ma perché recriminare adesso? Non me lo sono forse scelto io questo ruolo? O forse me lo avete dato tu e Daisy?

Non è poi così importante.

Sapessi quanto ti invidio, Bo. Sempre così aperto, così solare. Ti si legge sempre in faccia quello che provi. Io non sono come te. Come un funambolo, cammino continuamente su di un filo teso al massimo. Sapessi quante volte ho desiderato cadere.

Zio Jesse dice sempre che non si può definire forte colui che non cade mai, ma solo colui che quando cade ha la forza di rialzarsi. Malgrado quello che possiate pensare tu e Daisy, io non so se quella forza ce l’avrei, per questo continuo a fare l’equilibrista sul mio maledetto filo.

Ti aspetti sempre così tanto da me. E mi fa piacere, ne sono lusingato. Ma non puoi chiedermi adesso qualcosa per cui non ho una risposta.

Lascio che l’acqua defluisca giù per il tubo di scarico, mi volto e cerco qualcosa per asciugarmi le mani. Alzi la testa e mi osservi usando la finestra come specchio. Sapevo che avrei trovato quell’espressione sul tuo volto. Vedi come ti conosco?

Distolgo lo sguardo perché so che ci troveresti un'emozione insolita per me.

So che leggeresti tutta la mia tristezza.

Ma non è necessario fuggire dai tuoi occhi, tu l’hai già capito. Non ti serviva altro.

Ti avvicini e con un filo di voce mi chiedi: “pensi che zio Jesse si salverà, Luke?”

Cosa vuoi che ti risponda, Bo? Magari potessi rassicurarti senza ombra di dubbio. Ma la verità è che ho paura.

Paura di farmi carico di troppe responsabilità.

Paura di perderlo.

E’ troppo presto, io ho ancora bisogno di lui.

Sento di avere gli occhi lucidi, mi bruciano perché con forza tento di ricacciarmi indietro le lacrime. Abbasso la testa e mi passo una mano tra i capelli. Non ti mentirei mai, questo lo sai vero?

E allora ti rispondo nell’unica maniera possibile: “non lo so, Bo. Proprio non lo so.”

 

 

Daisy

 

E’ la quinta volta che ripiego la stessa federa. Sarà meglio posarla e passare agli altri panni. La tua camicia zio Jesse, quella che metti sempre la domenica per andare in chiesa. Domani mattina ti prometto che la stirerò e te la ritroverai pronta all’uso nel tuo armadio, come sempre.

Perché tu tornerai a casa, non è vero?

Tu lo sai meglio di chiunque altro quanto sia sempre stato difficile per me essere l’unica donna di casa. Mi sono sempre sentita in dovere di essere all’altezza di Bo e Luke. Ho sempre cercato la loro approvazione. Ho sempre cercato la tua approvazione.

Soltanto ieri sera te ne stavi seduto sotto il portico ad intagliare un pezzetto di legno. Eri in ansia per i ragazzi, ma mi infondeva forza e fiducia la tua presenza.

Ora non sei qui eppure ti sento accanto a me come non mai.

Un giorno Bo maturerà. Diventerà grande e responsabile. La smetterà di cacciarsi continuamente nei guai e comincerà ad usare anche la sua testa, non solo quella di Luke.

Luke ti succederà. Prenderà in mano le redini perché è qualcosa che ha nel sangue. Si occuperà della fattoria, dei campi, della sua famiglia proprio come hai sempre fatto tu.

Io rimarrò vicina ai miei cugini. Forse riuscirò a sposare quel principe azzurro che sogno da quando ero bambina. O forse no. Ma ti prometto che, anche se dovessi separarmi fisicamente da loro, non li abbandonerò mai.

Ma tutto questo succederà fra tanto tempo.

Non adesso.

Non è ancora il momento.

Osservo i nostri ragazzi, sono in cucina. Uno lava i piatti, l’altro li asciuga. Dovresti vederli. Hanno tutti e due un bisogno disperato di conforto eppure stanno in piedi come due idioti cercando di mostrarsi forti e decisi. Conoscono ognuno i pensieri dell’altro e, se il momento non fosse così drammatico, mi verrebbe quasi da ridere.

Bo vuole un abbraccio.

Luke non sa come chiederlo.

Io ne ho un bisogno feroce.

Lascio che i jeans di Bo mi scivolino dalle mani e mi avvicino a loro: “zio Jesse è forte. Si rimetterà. Ne sono certa.”

Mi guardano entrambi come se avessero visto un fantasma. Bo si schiarisce la voce e poi mi domanda: “come fai a dirlo, Daisy? Il dottore non ci ha dato molte speranze.”

Il mio adorato Bo. Il viso di un angelo non può essere rigato di lacrime per questo mi affretto ad aggiungere: “lui lo sa che non siamo ancora pronti per camminare con le nostre gambe. Lui non ci abbandonerebbe mai così all’improvviso.”

Luke mi guarda e mi sorride. Ha il potere di irradiare serenità quando sorride. Lo stesso potere che hai tu, zio Jesse.

Allarga le braccia. Non aspetto che me lo chieda. Accolgo il suo invito e mi avvinghio a lui. Mi volto e mi accorgo che Bo mi ha imitata. Desideravamo tutti e tre questo abbraccio, non ci staccheremo tanto facilmente.

Attingiamo forza gli uni dagli altri.

Questa è la nostra essenza.

Questo è ciò che tu ci hai insegnato.

 

Fine

 

   
 
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