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Autore: Role    12/06/2015    4 recensioni
John diede una rapida scorsa al paragrafo, per un breve ripasso.
"L’osmosi indica la diffusione di un solvente attraverso la membrana semipermeabile dal compartimento a concentrazione minore di soluto a quello a concentrazione maggiore. Sebbene gli altri tipi di diffusione operi- "
Il biondo interruppe la lettura, distratto da qualcosa di ben più interessante.
Una nota, scritta in una calligrafia elegante e flessuosa, accompagnava la definizione.
Errato. Sono compartimenti a minore o maggiore potenziale chimico idrico, è improprio definirli in base alla concentrazione. Idiota.
[Raccolta di Flashfic] [AU]
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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7

Sherlock non riusciva ancora a capacitarsi di quella situazione.

Come aveva fatto quel ragazzo, fin troppo ordinario, a superare la barriera di pregiudizio in cui la società lo aveva relegato?

Non lo sapeva, e come poteva? Fin dall’asilo nessuno era stato capace di cotanta impresa.

Perfino coloro che, ingenuamente, sembravano propensi ad instaurare un contatto con lui erano stati scoraggiati dalle voci dell’ignoranza.

Vieni qui, Victor. Non voglio vederti giocare più con quel bambino.

Quel tono preoccupato, che pensavano non riuscisse ad udire, aveva contraddistinto la sua infanzia.

Quei momenti di rifiuto e sconforto, mentre sedeva attendendo pazientemente il ritorno di John, nella cucina di casa Watson, sembravano tremendamente lontani.

La madre di John, o Gwen, come aveva precisato ad ogni tentativo di Sherlock di rivolgerle un appellativo più rispettoso, continuava a versare thè nella sua tazza e a rifornirlo di biscotti, senza smettere di riempire la cucina con chiacchere leggere ed effimere.

-E così avete già qualche idea per il progetto? – Chiese sorridendo e sedendosi al tavolo della cucina.

Sherlock aveva passato i silenziosi momenti precedenti alla domanda, osservando la signora.

I capelli biondi e gli occhi azzurri erano identici a quelli del figlio.

Perfino la forza che quest’ultimi trasmettevano non faceva che ricordargli John, era impressionate.

Quando però la donna gli pose la domanda, essendo concentrato sul dedurre di più riguardo alle scorribande extraconiugali della stessa (Le ginocchia di una donna cinquantenne, che peraltro indossava una gonna, potevano dire molto sulla sua vita sessuale), si ritrovò a balbettare la prima cosa che gli venne in mente.

-I-I trapianti di cuore! – rispose forse con troppa veemenza e la donna scoppiò a ridere.

-Oh Sherlock, sei davvero un bravo ragazzo. John non invita mai i suoi amici. – Aggiunse continuando a ridere.

Amici. Lui e John Watson erano Amici.

No, non era possibile. Sherlock Holmes non aveva amici.

Probabilmente c’era una qualche legge della fisica a definirlo.

Quella della signora Watson era una comprensibile svista.

Eppure, la definizione di amico stranamente sarebbe calzata al suo rapporto con il giovane Watson.

Decise di non soffermarsi su quella questione e la seppellì in un antro ben nascosto della sua mente dove, per un bel po’, avrebbe dovuto rimanere indisturbata.

Fu immensamente lieto di sentire il campanello, preannunciante il ritorno di John dal potenziamento di matematica.

Il ragazzo accolse con vaghi mugolii la ramanzina della madre sul ritardo e, incurante, fece cenno al moro di seguirlo nella sua stanza.

Sherlock era piuttosto convinto che, qualora avesse riservato il medesimo trattamento a sua madre, si sarebbe ritrovato in strada dopo pochi attimi.

Non che gli sarebbe dispiaciuto del tutto, in realtà.

La camera del biondo non deluse le sue aspettative.

Ordinatissima e spoglia.

L’unico tocco di colore era dato dalla libreria che prendeva tutta la parete.

Testi di ogni genere, nuovi e più datati, si incastravano perfettamente in un mosaico multicolore, in contrapposizione al bianco che contraddistingueva il restante mobilio.

Che Watson amasse leggere e, a giudicare dal callo sul suo anulare, scrivere, non era un mistero, eppure la visione di quei testi, indubbiamente letti, lo rassicurò.

Non era un completo idiota.

Non appena iniziarono a discutere del nodo senoatriale e delle cellule pacemaker del cuore, Sherlock iniziò a rilassarsi.

Erano scienze. La sua materia, ben diversa dalle complesse convenzioni sociali.

Le due ore trascorsero rapidamente nella pianificazione e stesura di una buona parte della tesina.

John rispondeva con arguzia ai commenti piccati di Sherlock e, dopo poco, quest’ultimo iniziò ad essere semplicemente se stesso, senza sentire il bisogno di provare l’idiozia del compagno.

Si accordarono per trascorrere del tempo in biblioteca il giovedì seguente.

Quando Watson lo accompagnò alla porta era ormai buio.

-Be’… a domani. – disse il biondo con naturalezza.

Era così…normale. Due amici che si salutavano, per poi rivedersi il giorno dopo a scuola.

Il più prevedibile dei clichè.

Sherlock sentiva un calore spandersi nel suo petto, qualcosa di mai sentito prima.

Una stabilità che mai avrebbe pensato di avere.

Mugugnò un saluto e si girò, con le mani affondate nelle tasche del cappotto.

Dio, quel John Watson continuava ad essere un mistero.

 

 

Angolo autrice

Capitolo sette *^* wow sono ancora viva XD i nostri beneamini piano piano iniziano a conoscersi u.u Come sempre, grazie mille a tutti coloro che leggono, recensiscono e seguono :3 siete grandiosi.

                                                                                                                         Alla prossima, Role.

  
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