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Autore: TonyCocchi    10/01/2009    3 recensioni
Cosa sarebbe successo se Tayuya non fosse morta e fosse stata portata a Konoha? Leggete e saprete! (Crack-Pairing)
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shikamaru Nara, Tayuya
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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ShikaTayu

Ciao a tutti, cari lettori! Sono abbastanza soddisfatto di questa fic, di come sta venendo e dei commenti che mi arrivano: con questa credo di stare maturando un altro po’ come scrittore! Ricordate di consigliare le mie fic anche ai vostri amici se possono piacergli! ^__^ Il rientro a scuola è stato meno traumatico del previsto per fortuna, penso di poterne approfittare per scrivere ed ideare! Ecco a voi il terzo capitolo, in cui si approfondiscono pensieri e scene non mostrate nella storia originale e succede quello che probabilmente tutti dall’inizio stavate aspettando… più o meno quello … Godetevelo! Buona lettura, spero vi piaccia!

 

PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

 

PPS: Attenzione! Ho deciso che d’ora in avanti i dialoghi saranno ancora inseriti tra “……”, invece i pensieri saranno inseriti tra -……- Voglio vedere se la soluzione mi soddisfa.

 

 

 

La mattina dopo Shikamaru si accorse di non ricordarsi di cosa avesse sognato quella notte. Dato che i recenti sogni fatti su Tayuya, purtroppo, si facevano ricordare anche bene, doveva significare che quella sera il tormento onirico gli era stato risparmiato; inoltre era pressoché nella stessa posizione in cui aveva preso sonno, e non muoversi troppo era tipico di lui che godeva della pace del sonno il più possibile.

La cosa lo mise di buon umore e gli permise di scendere dal letto col piede giusto e con un sorrisetto.

Magari tutto il tempo del giorno prima a stemperare i dubbi con l’auto-convincimento era servito a qualcosa. Se Tayuya quella notte non gli aveva fatto visita, allora finalmente si era messo in testa che non sarebbe mai riuscita a scorrazzare a suo piacimento per il villaggio con maligni propositi.

-Che stupido che sono stato. Come può farlo con l’Hokage a stazionarle intorno la gran parte del giorno… e con quegli ANBU sempre allerta… Bah, se ripenso a quanto sono stato paranoico!-

 

Scese a colazione, accolto dai sorrisi dei genitori risollevati nel vederlo nuovamente di buon umore dopo una sana e pesante dormita.

“Buongiorno, Shikamaru!” –salutò Yoshino, Shikaku dal canto suo fu più sbrigativo: uno sguardo, un cenno del capo e tornò a fissare il caffè- “Vedo che oggi sei di nuovo arzillo come al solito. Ovviamente è una battuta, ah ah ah!”

Gli mise davanti un vassoio con la colazione: “Ti sei lasciato alle spalle quella missione ormai, vero?”

“Che? Ah, si, è acqua passata.” disse fingendo che l’inseguimento di Sasuke fosse stato effettivamente la causa del suo scomparso malumore.

Il padre alzò serio lo sguardo su di lui: “Spero che comunque ti sia rimasto qualcosa…”

Il ragazzo lo guardò col suo identico sguardo: “Non preoccuparti, papà.”

Shikaku Nara era certamente molto simile al figlio, ma Shikamaru cominciava a pensare che purtroppo aveva preso da lui solo i difetti: svogliatezza, pigrizia, sempre con seri problemi con l’altro sesso… gli mancava solo che anche lui cominciasse a bere e fare bisboccia fino a tardi per tornare a casa a farsi prendere a ramazzate dalla mogliettina!

 

Invece Shikaku aveva ben altro che lo rendeva tanto diverso da lui; se ne rendeva conto in momenti come quello di alcuni giorni prima, all’ospedale.

 

“Anche se smetterai di fare il ninja, le missioni continueranno ad esistere, ci sarà sempre bisogno di qualcuno che parta in missione. L’unica differenza sarà che i tuoi compagni si muoveranno sotto la guida di un altro capogruppo.”

La durezza delle sue parole e la fermezza della sua voce non ammettevano repliche di nessun tipo, e Shikamaru non poteva far altro che sorbirsi la ramanzina del padre.

“Questi compagni potrebbero morire… ma se tu fossi il capogruppo potrebbero anche salvarsi.”

 

“Se veramente i tuoi compagni ti stanno a cuore invece di tirarti indietro dovresti pensare a diventare ancora più abile.”

 

“È così che si comporta un vero amico! Hai capito, SMIDOLLATO?”

 

-Umpf, papà… Non ci fossi stato tu ora Temari non mi chiamerebbe “Piagnucolone”, mannaggia a te! Ma quel che è peggio, è che non porterei più né il giubbetto né il coprifronte…-

Suo padre aveva veramente gli attributi, per usare un espressione più colorita. Poteva essere beone e sfaccendato a casa e nel tempo libero, ma aveva ben chiari i doveri di un ninja e soprattutto di un compagno. E visto che non aveva mai avuto mancanze verso le persone a lui care, e quelle sotto la sua responsabilità, aveva avuto tutto il diritto di rinfacciargli quanto i suoi propositi di gettare la spugna fossero degni di un rammollito.

-Accidenti papà, ho sempre pensato che fossi un sempliciotto come me e invece mi rendo conto che mi sei così avanti!-

Shikaku, che in quel momento si stava rigirando un dito nel naso, si accorse di essere fissato:

“Che c’è?” chiese… senza neppure smetterla di scaccolarsi!

“...... Niente.”

-Ripensandoci… non posso essere da meno al mio vecchio!-

Sospirò nel modo suo solito quando presagiva un arduo impegno.

-Questo significa che dovrò crescere ancora un bel po’, sigh!-

La madre li raggiunse sedendosi a tavola. Appena seduta la prima cosa che fece fu dare un ceffone dietro la nuca del marito per farlo desistere dal suo schifoso sollazzo nasale, poi chiese al figlio: “Shikamaru, il dito? È tutto a posto?”

Shikamaru la guardò come uscito da un coma: “Il dito? Oh, questo. Si tranquilla, penso che tra un po’ sarà completamente guarito.”

Si guardò il dito che si era rotto combattendo in missione contro inutile dire chi: aveva una stecca ed una piccola fasciatura a stringerlo, ma non gli sembrava affatto.

D’altronde, negli ultimi giorni aveva avuto altro a cui pensare che a qualche dolorino momentaneo a un indice. Il pensiero incombente ed opprimente di Tayuya aveva cancellato il dolore della ferita che lei stessa, indirettamente, gli aveva inferto: pensandoci gli venne un po’ da ridere: è proprio vero che chiodo schiaccia chiodo.

 

Fortunatamente non ne sarebbe stato necessario un altro. Ne era certo: Tayuya non sarebbe evasa né sarebbe venuta a cercarlo, sarebbe stata interrogata dalla Squadra Speciale o da chi di dovere e purtroppo per lei l’avrebbero di certo fatta cantare.

E dato che in quel particolare momento era ottimista, aggiunse che dall’interrogatorio avrebbero ottenuto ciò che volevano, Orochimaru sarebbe stato beccato di nuovo e con lui Sasuke.

Solo che stavolta, proprio grazie quel dito rotto, aveva la scusa per non cimentarsi in un altro inseguimento!

Così, durante tutta la colazione, sua madre non poté fare a meno di notare di quanto fosse radioso il sorriso del figlio quella mattina!

 

Sembrava che il buon umore del ragazzo potesse durare ininterrottamente appunto tutto il giorno. Sembrava.

Poco dopo che i Nara finirono la colazione, qualcuno bussò alla loro porta.

“Tesoro…” chiamò il padrone di casa, e immantinente fece eco la padrona.

“Lasciami indovinare: “Vai tu?”” Grrrr!!!”

-Gli ha solo chiesto un piccolo favore, perché deve diventare sempre così isterica?- pensò Shikamaru con la tipica mentalità battifiacca da Nara stendendosi sul divano in soggiorno…

“Shikamaru, è per te.”

Beccato! Il poveretto dovette interrompere le sacre operazioni di “accomodamento”! Era di certo un brutto segno, si disse!

Si recò alla porta dove vi trovò Shizune.

“Mi ha mandato la signorina Tsunade.”

“Si, lo immaginavo.”

“Ci sono delle novità riguardo quella Ta… Takuya…”

“Tayuya.” –la corresse lui- “Si, immaginavo anche questo.” Incrociò le dita dietro la schiena e stette ad ascoltare.

“A quanto pare l’infermiera che si occupa di lei l’avrebbe vista dare i primi segni di ripresa: ha mosso le dita e ha anche scosso un po’ la testa. È probabile che entro stasera si risvegli.”

Come rovinare una giornata cominciata sotto i migliori auspici, pensò Shikamaru mettendosi una mano tra i capelli! Va bene che era appena uscito dalla “sindrome del nemico creduto morto con grande sollievo e invece sopravvissuto”, però non si poteva ributtarlo giù così presto: come offrire da bere ad qualcuno che ha chiuso con l’alcool dopo atroci sforzi! Non era per niente carino!

Shikamaru provò ad aprire bocca, ma Shizune lo precedette.

“Bene, scusa il disturbo, Shikamaru.” –si inchinò in segno di commiato- “Io vado, e salutami tanto i tuoi genitori.”

“Cosa? Tutto qui?”

Shizune lo guardò confusa: “Si, perché?”

“La megera… cioè, l’Hokage ti ha fatto venire qui solo per questo aggiornamento? Niente del tipo “a stasera all’ospedale e vedi non mancare”?”

Shizune prima inarcò un sopracciglio, poi comprese e rise: “No, tranquillo, nulla del genere.”

Salutò ancora educatamente e lo lasciò lì immobile sull’uscio.

Solo qualche attimo dopo si decise a richiedere la porta.

-A quanto pare l’Hokage non è così carogna: pensavo volesse sul serio obbligarmi ad andare lì in ospedale a vedere quella pazza risvegliarsi.-

Tutto sommato il suo senso per i guai in arrivo si era sbagliato: Shizune come ambasciatrice non aveva portato così tanta pena, anzi, di quello che gli aveva detto poteva anche fregarsene altamente visto che avrebbe scansato di certo il “grande evento” di quella sera.

-Meglio tornarsene al divano!- si disse allora!

 

Ma neanche a farlo apposta fu proprio mentre si stendeva sul divano che si rammentò che quella sera una capatina all’ospedale del villaggio era già in programma dal giorno prima!

Strabuzzò gli occhi, e il gatto di casa inclinò confuso la testa nel vederlo immobile e impassibile mezzo disteso e mezzo seduto!

-Non è che quella lì l’abbia fatto apposta?- pensò traumatizzato il ragazzo.

Scosse il capo: -No, che vado a pensare, è solo una coincidenza… E poi non vado mica per lei, che cavolo!-

“Umpf!” sbottò alzando il mento con un aria che più convinto non si può

Finalmente la sua schiena si adagiò completamente sulla stoffa verde del sofà.

 

 

 

-Ecco che ci risiamo: lo sta fissando di nuovo.-

Shikamaru provò con uno sguardo e il linguaggio del volto a far capire ad Ino che era meglio che la smettesse, ma lei, assorta, non si accorgeva di lui e fissava imperterrita il terzo membro del loro team sul suo ampio letto da degente.

“………”

Choji se ne stava altrettanto fermo con lo sguardo pesto e ancora un po’ sofferente da ricoverato, visibilmente irritato: Ino era seduta su di una sedia ai piedi del letto, leggermente protesa in avanti verso di lui, e scorreva gli occhi dall’alto in basso, dai piedi alle punte dei capelli.

Cosa mai aveva da ammirare tanto?

“Ino…” avrebbe provato a dire Shikamaru, ma proprio allora la biondina lo anticipò.

“Da non crederci! Non pensavo ti avrei mai visto da magro ma ora che posso farlo devo dire… CHE NON SEI AFFATTO MALE!”

“……” Dal canto suo il ricoverato non reagì se non assumendo un espressione scioccata!

 

Shikamaru, anche lui seduto su una sedia messa vicino il capezzale, si batté una mano sulla fronte: già subito dopo aver visto Choji per la prima volta, mentre questi era ancora privo di sensi, era corsa di filato da lui ad urlargli di quanto fosse incredibile vedere il loro amico tanto diverso!

“Più che magro direi anoressico…” gli rispose lui prontamente allora.

 

Ora che era sveglio poteva renderlo partecipe del suo stupore.

“Dico sul serio!” –proseguì Ino mangiandoselo con gli occhi- “Sei veramente un figurino senza tutto il tuo solito lardo: che lineamenti, che sguardo… Non immaginavo davvero che sotto quel doppio strato di rotolini potessi essere così… così… Wow!”

-Rotolini?!- pensarono all’unisono gli altri due!

“Ehi, Choji, perché ora mi guardi così? Pensi che ti stia prendendo in giro? Lo giuro su che sono tua amica, le mie parole vengono dal profondo del cuore: secondo me potresti fare l’attore!” disse Ino, scoccandogli un’altra occhiatina ammirata.

“……”

Shikamaru diede un colpetto di tosse. Richiamata la sua attenzione si avvicinò al suo orecchio: “Ehm, Ino, non metto in dubbio la sincerità di quello che dici… Ma non sembra gli facciano tanto piacere le tue parole.”

A guardarlo lo si capiva subito: aveva gli occhi pesti strizzati sotto le esili sopracciglia puntate verso il basso, ed emetteva un continuo rantolo soffocato ma inequivocabile.

“Uhm… ok, la smetto.”

Restava il fatto che si augurava il suo amico restasse così il maggior tempo possibile: magari le ragazze avrebbero cominciato a contenderselo!

Choji emise un sospiro, mosse appena un po’ la testa sul cuscino e fece tremare un po’ le estremità del corpo: era bloccato in posizione distesa, si era fatto rialzare la testa con dei cuscini. Si stava rigenerando anche in quel momento, ma aveva ancora difficoltà a muoversi e non poteva ancora dire di sentirsi bene.

Gli amici per fortuna era accorsi senza pensarci neanche, anche quando non era cosciente. Era contento venissero così spesso a fargli visita, e sotto sotto era contentissimo anche che Ino gli dicessero che era…

-Un figurino… uh uh uh!-

“Ehi, Choji, ho qui qualcosa che certamente apprezzerai ancora più dei complimenti, caro il mio bel tomo!” disse ridendo Ino e mettendo le mani nella tasca.

“Una caramella al limone!”

Choji rise debolmente.

“Ti pareva” –fece Shikamaru sornione- “Non lo sai che non può ancora mangiare nulla di quello che non gli danno i dottori?”

Ino si alzò in piedi in modo irruento: “Che sciocchezza! Come fa altrimenti a riprendersi? Asciutto com’è ora posso solo immaginare cosa significhi per lui la dieta ospedaliera!”

L’Akimichi roteò gli occhi ed inclinò verso il basso gli angoli della bocca…

“Si, quello che il cibo dell’ospedale faccia schifo è un classico.”

“È una legge dell’universo…” corresse Choji con la sua voce flebile, ma comunque piena di spirito.

“Esatto!” –Ino incrociò le braccia- “Una caramella fuori dai pasti non lo ucciderà.”

“Vacci piano: è un miracolo che ce l’abbia fatta dopo aver ingerito tutte e tre le pillole segrete degli Akimichi in così poco tempo. Non possiamo sapere se la dieta che gli propina i dottori sia fatta a misura per lui in considerazione di ciò, e visto lo stato in cui versa…”

“Uh, e quanto sei noioso!” urlò Ino!

“Siamo in ospedale!” ribatté Shikamaru.

“SEI UN GRANDISSIMO ROMPI, SHIKAMARU!”

Sbigottito, alzò le braccia e si rimpicciolì sulla sedia con Ino che ancora gli ringhiava contro.

“Ah ah ah!” Se come si dice ridere fa bene alla salute quei due lo avevano aiutato davvero molto con quella scenata.

 

“Gli altri?”  chiese il loro amico.

“Neji era messo male quanto te, infatti neppure lui può ancora muoversi dal letto, però sta bene; Hinata, sua sorella e lo zio sono già venuti a trovarlo un paio di volte. Kiba è ancora ricoverato ma si vede che non ha più nulla.” disse Shikamaru.

“Probabilmente il cagnolino ha voglia di un altro po’ di riposo, per non dire delle carezze delle infermiere!” scherzò la ragazza. Anche Akamaru tra gli altri si stava riprendendo bene.

“Per quanto riguarda Naruto… Beh, lo conosci: ora che sostiene di essere guarito non ci vorrà molto prima che tenti di evadere dall’ospedale!”

La camera 115 si animò delle risate del Team 10.

“Ah ah ah, quel Naruto…” sospirò Ino.

Choji abbassò lo sguardo: “Si, però posso solo immaginare come si senta adesso per Sasuke…”

Shikamaru però fece subito le spallucce: “Figurati, niente lo stende quello lì. Non solo gli è già passata, ma già pensa alla prossima mossa: è da un paio di giorni che non fa altro che blaterare riguardo qualcosa tra tre mesi e questa parte… pare che centri Jiraya.”

E Naruto non era il solo a guardare al futuro.

Si spaparanzò sulla sedia, poggiando i gomiti sullo schienale ed inclinandola leggermente all’indietro. Lasciò i suoi amici a chiacchierare e si isolò momentaneamente: i suoi occhi si persero a scrutare la stanza e i suoi dettagli, e la sua mente di riflessioni tanto serie da non sembrargli nemmeno adatte a sé.

Neji, Kiba, Rock Lee, Choji...

Non avrebbero perso tempo a ripartire; avrebbe dovuto farlo anche lui.

Dopo quei giorni si era accesa in loro una fiamma che da dentro li spingeva a farsi forza, a non darsi per vinti e sforzarsi più di prima, per diventare in futuro dei prodi shinobi che sarebbero tornati a Konoha a missione compiuta sulle loro gambe, e non portati dalle barelle.

Lui non era un tipo che si lasciava entusiasmare facilmente, ma sentiva che al di là del suo carattere e del suo modo di essere pacato che lo facevano apparire uguale a prima era stato contagiato anche lui.

A cosa lo avrebbe portato quella svolta tra alcuni anni, si chiese. Ma dato che non è da Nara pensare troppo al futuro mentre lo è godersi il presente, smise lì di riflettere e tornò alla realtà.

Giusto in tempo: Ino stava per domandargli qualcosa: “Shikamaru…”

Anche se sembrò esitare qualche istante.

“Stavo pensando... sapevi che Sakura è diventata allieva di Tsunade? Ha intenzione di diventare un ninja medico.”

“Si, l’ho saputo.”

A quanto pareva quell’aleggiante volontà di migliorarsi si espandeva in fretta. Da Naruto era passata a Sakura...

“Credi... che dovrei provare anch’io?”

... ed ora da Sakura passava ad Ino, pensò. Era davvero contagiosa!

Choji alzò un pò il capo: “A diventare ninja medico?”

“Si, beh... Non vorrei che Sakura poi si vantasse di saper fare qualcosa che io non so fare, ecco. La conosco, si monterebbe la testa, ha bisogno di me a metterle pressione.” In realtà ad essere sotto pressione era proprio la biondina: dai primi tentativi fatti l’amica in rosa sembrava promettere bene.

“Se ha deciso di diventare migliore di me non gliela darò vinta, non senza combattere almeno!” concluse lei, chiudendo la mano a pugno.

“Umpf! Ti vedo molto determinata.”

“In realtà ancora non sono sicura, non vorrei tutti poi pensassero che voglio fare il medico solo perché lo fa lei.”

“E non è così?” la prese in giro il suo amico col codino.

Fu tentata per un attimo di dargli un cazzotto, invece contò fino a dieci e poi si chiarì:

“No, non solo per quello! Se non farò il medico troverò qualcos’altro in cui migliorarmi ma devo diventare più forte!”

Sbottò, e una ciocca dorata gli scese sul naso, improvvisamente rivolto verso il basso.

“Tu vai a fare il capo… Choji a perdere più chili di quanti una donna possa sperare di perderne in una vita… ed io invece me ne resto qui a non far nulla!” –disse piena di risentimento- “Non voglio essere solo una bella (sottolineo BELLA) biondina con gli occhi azzurri, voglio diventare una kunoichi che possa dare una mano! Capito?”

Eccome: Choji e Shikamaru raramente erano stati tanto meravigliati da lei come in quel momento.

Si soffiò via dalla faccia l’antiestico ciuffo fuori posto. Non era affatto la solita Ino: a braccia conserte, fremente di desiderio di rimediare alla propria scarsa utilità ma con gli occhi pieni di incertezza: era una carriera molto impegnativa quella.

“Se diventassi medico potresti dare una mano a tanti.” disse Choji.

“Secondo voi… dovrei provare?”

 

“Certo che si! Un ninja medico è sempre utilissimo in qualunque squadra!”

Tutti si voltarono verso sinistra: alla porta era comparso un uomo alto, dalla folta barba nera e con un pacchetto di sigarette un po’ ammaccato che gli faceva capolino da una delle tasche del pantalone: rischiando di farsi beccare da un infermiera aveva dovuto occultarlo in modo frettoloso.

“Maestro Asuma!”

“Umpf, ti eri nascosto dietro la porta ad aspettare il momento giusto per esordire al momento giusto con la frase giusta e fare una bella entrata a effetto?” gliela tirò Shikamaru.

“Tsk, andiamo!”

“Beh, il tempismo con la mia domanda è stato perfetto.”

“Volete che chiami l’infermiera in corridoio per farvi dire che sono appena arrivato?”

Shikamaru scosse la mano: “Non fa niente, ti crediamo.”

Asuma Sarutobi salutò Shikamaru con una pacca sulla spalla, Choji con un cenno della mano e un sorrisetto e poi si avvicinò ad Ino.

“Sai, trovo sia un ottima idea. Potrei chiedere io stesso all’Hokage se può prendere un’altra discepola.”

Ino arrossì: “Però, Maestro…”

“Nessun “però”!” –interruppe facendole “stop” con la mano davanti la faccia- “Mentre tu sei ancora indecisa Sakura ha già iniziato nel migliore dei modi: vuoi restare indietro?”

“Se è davvero appena arrivato come fa a sapere che centra Sakura? Nessuno l’ha nominata di recente.” intervenne il Nara, spaparanzato sulla sua sedia.

“Tsk! Tutti sanno che Ino e Sakura sono grandi rivali! Piantala di cercare di incastrarmi!” –rispose il maestro alterato.

“Maestro è proprio questo il problema: Sakura ha sempre seguito le mie orme ed ora sono io che seguo lei, che figura ci farei?”

“Ino.” –Asuma scosse il capo e le strinse una spalla guardandola severamente- “Piantala di pensare solo alle apparenza come tuo solito: se deciderai di seguire Sakura non dovrai considerarlo un colpo alla tua autostima né qualcosa di cui vergognarti con gli altri. Se hai deciso che diventare medico è il modo in cui vuoi smetterla  di essere solo una bella biondina con gli occhi azzurri e diventare una brava kunoichi allora intraprendi questo cammino senza pensare a nient’altro che a questo obiettivo. E soprattutto sii fiera di te stessa per essertelo posto.”

“……”

-Accidenti che belle parole.- pensò Shikamaru –Tutti i maestri sanno sfornare certi discorsi? Dovrei cominciare ad imparare anch’io?-

“In ogni caso Ino, qui nessuno ti metterà pressione per farti diventare medico, anche se qualcuno che metta in sesto questi due sciocconi qui ci servirebbe proprio, eh eh eh!”

“Ci penserò Maestro. Chissà se con i jutsu medici si può anche togliere il grasso in eccesso, che ne dici Choji?”

“Ehi!”

“Ah ah ah!”

-Bene!- esultò il genio –Se ci scherza su vuol dire che è tornata del solito umore. Magari avremo davvero un ninja medico nella nostra squadra.-

Anche se avere Ino come sua crocerossina era uno scenario dei più spaventosi che potesse immaginare…

“Mamma mia…”

“Ehi, Choji, e tu che mi dici?” -fece Asuma- “Volevo portarti un cesto di frutta, ma mi è stato detto che non ti si può portare del cibo; così ho nascosto questa bella mela nella divisa, eh eh!”

Choji, con un piccolo sforzo si alzò un po’ dal letto, il poltrone invece scattò su dalla sedia: “Anche tu? Ma insomma! Mele, caramelle… Lo volete capire che se i medici gli hanno vietato di portargli del cibo da fuori ci sarà un motivo? Gli ordini dei medici vanno obbediti.”

Asuma, Ino e Choji lo guardarono fissi per qualche secondo.

“………”

Cedette. Tirò fuori da una delle tasche del giubbetto (quelle adibite ai rotoli da evocazione) una barretta al cioccolato (però ipocalorica).

 

“Che c’è? Non guardatemi così!”

 

Choji, che era riuscito a mettersi seduto, rise un po’: “Grazie ragazzi, grazie maestro, davvero un bel pensiero: il cibo dell’ospedale è… impossibile da definire…”

“Lo sanno tutti.” Assentì il maestro.

“Però Shikamaru ha ragione, voglio obbedire ai medici. Sono debole e sento come un tappo allo stomaco, non ho proprio appetito; credo che di seguire la dieta stavolta non si possa discutere.”

Gli altri tre capirono perfettamente e furono concordi nel pensare che Choji avesse fatto la scelta più giusta e matura.

“Ehm… però… Potrei avere almeno… la caramella? Solo quella, lo prometto!”

“Ma sicuro!”

Ino si voltò verso Asuma e l’altro compagno e fece una linguaccia, come a dire “ha scelto il mio!”, mentre la sferetta gialla già scompariva nella bocca di Choji.

-Questo mi rassicura un po’ comunque!-

Shikamaru gli si avvicinò all’orecchio: aveva un furbo sogghigno sulle labbra.

Smetterla di essere solo una bella biondina con gli occhi azzurri” –bisbigliò- “Le stesse parole che aveva usato poco prima che entrasse. Come la mettiamo?”

Il sensei fece una smorfia!

“Il discorso di Ino era troppo bello per interromperlo entrando proprio in quel momento!”

“Eh eh eh!”

“Perché ridi, Shikamaru?”

“Oh, nulla, eh eh!”

Con quel cervellone non la poteva proprio spuntare! Almeno gli altri due non erano altrettanto svegli!

-Il maestro Asuma è un tipo davvero bizzarro. Però è anche maledettamente in gamba e non solo a parole.-

Si allontanò dal suo orecchio facendo un passo indietro, in modo da poter avere davanti agli occhi coloro che erano con lui in quella stanza.

Il suo migliore amico dall’infanzia, momentaneamente a terra ma con una gran forza d’animo che già emanava bagliori per quando sarebbe tornata a manifestarsi in tutta la sua sfavillante “grandezza” e famelicità.

La sua migliore amica, altra conoscenza di lunga data, l’anima energica e sorridente del gruppo che quel giorno li aveva resi tutti orgogliosi con i suoi nuovi propositi: se avesse dimostrato la solita grinta ce l’avrebbe fatta di sicuro.

Il suo maestro, l’uomo che l’aveva iniziato allo shogi, che gli aveva salvato la vita; la loro guida che li avrebbe tenuti al sicuro fin quando non sarebbero stati tutti e tre maturi e pronti a cavarsela da soli.
Il team Asuma: la sua squadra, la squadra in cui aveva passato un sacco di momenti belli e brutti, quella in cui avrebbe continuato a crescere con i suoi amici-compagni.

Non vedeva l’ora che Choji rimettesse su tutti i suoi chili: la normalità sarebbe tornata e da essa il loro gruppetto sarebbe ripartito all’avventura per migliorare e maturare ancora, stavolta tutto unito.

Così pensando si rilassò e i tutte le membra si distesero; che bella sensazione.

 

 

!

Proprio mentre aveva finito di pensare alla normalità, destino volle che si trovasse a guardare verso la porta, e che Asuma, maleducato com’era, si fosse dimenticato di chiuderla. Proprio in quell’istante Tsunade e Shizune, passando di corsa con aria turbata, gli rammentarono che proprio lì, due piani sopra di loro, c’era l’unico qualcosa, l’unico qualcuno fuoriposto, in più.

“……”

“Dove vai?” chiese Asuma quando si alzò.

“Al bagno.” sbrigativo, ma abbastanza naturale da non far sospettar loro nulla. Uscì così dalla stanza chiudendo la porta; qualche secondo di attesa dopo si stava già dirigendo verso le scale.

 

Nel complesso se la prese comoda, dandosi il tempo per domandarsi cosa diavolo stesse facendo. Perché andare da lei? Quale meccanismo fuori dal coro nella sua psicologia tanto avversa ai guai lo stava portando lassù?

-Curiosità. Sono soltanto curioso. O forse mi piacerebbe vedere la sua faccia nel risvegliarsi in trappola circondata da pugnali puntati contro. Si, mi piacerebbe, credo.-

Come andare a vedere uno spettacolo che non ci interessa particolarmente: non sentiamo il bisogno di non perderlo e potremmo impiegare meglio il nostro tempo, ma comunque ci andiamo. Forse perché è l’unico spettacolo in programma in quel momento, ma anche se non fosse così non ci pensiamo troppo e non andiamo a cercare altro, perché ormai quel germe di interesse si è innestato nel nostro cervello e quasi come automi ci dirigiamo al luogo dell’attrazione. I piedi di Shikamaru arrivarono al secondo piano, attraversarono un corridoio e poi girarono a destra.

-Tanto se non voglio farmi vedere farò in modo che non mi veda, posso anche stare a guardare da fuori la porta. Questa faccenda mi è ronzata in testa per tanto di quel tempo che se me la perdessi ora sarebbe stato solo uno spreco di neuroni.-

Speriamo almeno che la visita valga il biglietto, si augurò. Per biglietto era da intendersi la salita di ben quattro rampe di scalini, un prezzo non dei più modesti per uno come lui!

Tsunade rimase scandalizzata: “Che ci fai tu qui!?”

Shikamaru si limitò a dondolare un po’ la testa con la solita aria annoiata.

“Come mai sei venuto?”

“Boh?”

La Babbea roteò gli occhi e decise di non perdere altro tempo con quel molliccio essere barboso. Entrò, Shikamaru invece inizialmente non volle arrischiarsi a superare la soglia della stanza, limitandosi a scrutare un po’ all’interno.

 

Tsunade e Shizune erano vicino la branda; con loro stazionavano sull’attenti due ANBU, ciascuno a un lato del letto, due guardiani attenti. Immaginò i loro volti serafici e impassibili come le maschere che li coprivano, una dall’aspetto di tigre e l’altra di falco. Nell’angolo a sinistra appena entrati vide che c’era anche l’infermiera: se ne stava lì su una sedia isolata e dimenticata, la sua espressione mostrava una gran voglia di non essere lì in quel momento. E come dargli torto, l’atmosfera non era certo delle più piacevoli. Nessuna delle quattro imponenti figure muoveva un dito o emetteva un fiato. Gli sembrava di guardare una foto o un quadro, non fosse stato per il leggero ondeggiare delle tende alla finestra, sul fondo della stanza rispetto a lui. Era aperta e da essa entrava aria fresca e luce che con i colori delle pareti e della stanza tingeva quell’ambiente di arancio-rosato e lunghe ombre.

Fece un passo in avanti, badando di restare nascosto dietro il tizio con la maschera più vicino: si stava muovendo. Movimenti intorpiditi, partivano improvvisi e continuavano lenti, come degli spasmi. Ad un tratto sbirciò la sua faccia corrugarsi: stava stringendo gli occhi.

 

“Dove sono?” chiese un filo di voce quando furono spalancati leggermente.

Con la vista appannata scrutò il soffitto come stordita. Si accorse di trovarsi sdraiata e strinse nuovamente le palpebre nel cercare le forze necessarie per mettersi a sedere e scrutare il resto di ciò che la circondava. Una volta sollevatasi, la testa le crollò un momento in avanti sul petto; -“Che succede?”- cercò di rialzarla, ma i forti raggi di luce del tramonto provenienti dalla sua destra le fecero sbarrare di nuovo gli occhi e si voltò dall’altra parte. Stufa e spinta dal desiderio di capire li riaprì piano, prendendosi il tempo necessario ad abituarsi alla luce.

Lentamente girò la testa prima a sinistra e poi a destra, individuando le persone intorno a lei.

“Chi siete?”

Shikamaru deglutì, ma per fortuna era ancora nascosto ai suoi occhi si disse.

Tsunade, accigliata, provò ad aprire bocca, ma in quell’istante la ragazza si accorse dei tubi delle flebo infilati nella carne del braccio sinistro.
“Un ospedale!?” balbettò un po’ più sveglia di qualche secondo prima ma ancora stanca nella voce e nell’aspetto.

“Stai tranquilla.” disse l’Hokage avvicinandosi ancora, ma quasi in tono di imposizione, il che non le piacque affatto.

“Che mi è successo? Perché mi trovo qui?”

Distolse gli occhi da quella donna dall’enorme davanzale e cominciò a muovere la testa alla rinfusa. Si fermò ad indugiare qualche attimo in più sull’ANBU alla destra del suo letto: era molto alto e le stava proiettando la sua ombra addosso: le fu difficile alzare tanto il capo da riuscire a vederne la fine, e quando si accorse della maschera bianca dall’inquietante inespressività venne percorsa da un brivido.

Il capo scese di nuovo giù da quella montagna e notò dell’altro di cui temere.

“Ehi! Perché sono armati?” voleva essere un piccolo grido, ma non aveva abbastanza voce. Istintivamente provò a farsi indietro sul letto, spingendosi indietro con i piedi, cercando il confortevole rifugio dei cuscini.

“Non agitarti!” la redarguì ancora Tsunade perentoria, ma quella preferì prestare attenzione all’altro gigante mascherato alla sua sinistra che si era avvicinato, e per giunta aveva sguainato uno spadino che teneva al fianco. Con sgradevole sorpresa, voltandosi vide che anche l’altro stava estraendo una lama.

Shikamaru passò rapidamente gli occhi dall’uno all’altro: era chiaramente misura di precauzione sapendo delle capacità del nemico che avevano di fronte, probabilmente era stato loro detto di intervenire appena avesse fatto una mossa sbagliata, e per come si stava scaldando non mise in dubbio che continuando così avrebbero agito. Non sapeva se l’avessero semplicemente stordita o qualcosa di più, ma sentì che quel metodo gli dava un fastidio non irrilevante.

Tuttavia aveva altro di cui pensare: aveva notato qualcosa che non andava…

Tayuya adesso respirava affannosamente e cercava di tenere d’occhio i due ANBU con scatti delle iridi tremanti nelle orbite.

Lo sguardo di quella donna, fiero e soverchiante, e dei due uomini mascherati gli erano addosso. Shizune e l’infermiera nell’angolo assistevano alla scena intimorite e preoccupate. E l’isolato Shikamaru appariva tutt’al più chiuso in un attonito distacco, come stesse ragionando su qualcosa di impensabile.

“Che succede?” Sembrava che ogni volta parlasse compisse uno sforzo immane.

Tsunade sembrava essere l’unica a volere che la situazione restasse sotto controllo, i due shinobi che si era portato appresso sembravano ansiosi di eseguire il loro compito; nonostante cercasse continuamente di tranquillizzarla era inutile e lei stessa sembrava come sapesse molto poco di come comportarsi, era chiaramente in difficoltà.

Il nemico innanzi a lei era come un animale in trappola. Ma anche gli animali in trappola sanno non darsi per vinti e reagire; l’affanno le sparì per un istante e riuscì ad alzare la voce: “Che succede?”

Ora aveva anche un’espressione più combattiva, ma era una maschera di cartapesta. Quelle degli ANBU erano vere maschere, e quei due non si scomposero né fuori né dentro.

Shikamaru vide che quello con la maschera di tigre aveva portato alla luce di colpo altri dieci centimetri buoni di lama dalla guaina…

Scattò audacemente in avanti:

 

“DATEVI UNA CALMATA! TUTTI QUANTI!”

 

 

L’urlo di Shikamaru fu come lo stop di un regista a cui tutti gli attori di quella brutta scena obbedirono all’istante! Poi però il Nara si sentì subito in un imbarazzo mortale con tutti a fissarlo! Porto avanti anche l’altro piede e pensando –Che figura, e che rottura!- si diede una calmata anche lui. Gli ANBU nel frattempo si scambiarono un “occhiata” per chiedersi che dovevano fare con le corte spade già metà sfoderate…

Si strinse un po’ i capelli del codino, come quando si picchia l’asino per farlo partire, e così avanzò verso il letto, chiedendo anche “Permesso.” all’ANBU-falco passando.

Poi sembrò diventarlo lui un falco per il modo in cui ora stava puntando dritto nelle orbite la loro “preda”.

Questa lo guardava, ricambiava il suo sguardo senza però fare niente ad eccezione di tremare impercettibilmente e fare una sonora esibizione di respiro corto.

 

Aveva capito che c’era qualcosa di strano quando l’ANBU che lo copriva si era avvicinato minaccioso al letto scoprendolo. Per poco più di un secondo lo aveva visto, ne era certo. Però niente, nulla di nulla.

 

Avvicinò la faccia indagatoria ancora di qualche centimetro: “Come ti chiami?”

 

“Tayuya.”

 

Lo sapeva già e non era quello che gli interessava così fregandosene passò subito alla domanda successiva:

“Senti, puoi dirci chi sei? Da dove vieni?”

 

A rispondergli fu soltanto il suo rumoroso respiro che passava sibilando tra i denti chiusi, ma che andava calmandosi.

“No…”

 

“Non lo so… Non… Non ricordo nulla…”

 

 

Mentre esterrefatta la prigioniera si passava una mano tra i capelli vicino la tempia, Shikamaru si allontanò e guardò Shizune e Tsunade, che inconsapevolmente stava mordendosi il labbro. La sua espressione beffarda stava a dire: “Mi spiace, ma tant’è.”

Gli ANBU rinfoderarono gli arnesi, ma molto, molto, molto lentamente.

Per quanto riguardava l’infermiera nell’angolo aveva già perso un paio di battiti da quando avevano cominciato!

“Ma…” –fece Tayuya, richiamando a sé l’attenzione che l’aveva oppressa poco prima- “Ma tu chi sei? Chi sono loro? E perché sono qui?”

“Beh, non lo immagini? Come hai detto tu sei in un ospedale, e ci sei perché ti sei fatta male. Per quale altro motivo si và in ospedale, scusa?”

Effettivamente non faceva un grinza. Nonostante non rispondesse alle decine di pressanti interrogativi che aveva in testa in quel momento, era inattaccabile!

“Suvvia” –proseguì poi con grande faccia tosta- “Se sei in un nostro ospedale significa anche che puoi fidarti di noi: uno mica ti cura per poi farti di nuovo del male, no?”

Con qualche incertezza, Tayuya annuì.

“Bene” –batté piano le mani- “Direi che per oggi è abbastanza con lo stress, quindi ora noi andremmo. Non è così ragazzi?” domandò rivolto a due in particolare in quella stanza.

“Un momento!”

“Non agitarti, te lo ha detto anche lei, no? Hai ancora bisogno di riposo. Su, che aspettate?” disse calmo.

I due perticoni in maschera guardarono il Nara, e poi chiesero un cenno all’Hokage che glielo diede e si avviarono verso la porta.

Ora era assolutamente certo che le loro facce non erano affatto imperturbate come le loro maschere; sorrise.

Mise le mani in tasca ed uscì dalla stanza con lei a bocca aperta.

“Infermiera.”

“Si, signora Hokage?”

“Gli somministri un calmante, dal pallore si vede che ha bisogno di riprendersi ancora, ma non troppo forte: voglio che si riposi, non che caschi come un pezzo di piombo nel mondo dei sogni.”

“Si, signora Hokage.”

Richiamò Shizune ed uscì anche lei. Chiudendo la porta, in ombra davanti uno spiraglio di tramonto dalla finestra, vide Tayuya di nuovo distesa e l’infermiera che infilava l’ago nella flebo.

 

 

“Amnesia.”

L’orario delle visite era finito, il cielo si stava facendo blu pallido e in uno dei corridoi del secondo piano si svolgeva una piccola riunione d’emergenza.

“Nessuno di noi aveva immaginato un simile scenario” –disse Tsunade- “Del resto era plausibile avesse riportato un trauma cranico di gravi entità durante la battaglia.”

“Plausibile.” –ripeté l’ANBU-falco- “Come è anche plausibile che stia soltanto fingendo.”

“Si, anche questa è una possibilità.”

Shikamaru, lì ad ascoltare con le braccia incrociate, storse il naso.

“Però” –riprese il ninja leggendario- “per un ninja esperto è facile riconoscere dagli occhi e dal linguaggio del corpo le emozioni di qualcuno.”

A lei non era sembrata affatto una volgare recita, e anche il membro della squadra speciale doveva ammettere nemmeno lui aveva avuto questa impressione.

“Per un ninja esperto è facile anche dissimularle.” L’ANBU sembrava decisamente convinto della propria ipotesi. Difatti aveva lasciato il compagno con la maschera di tigre ad osservarla a vista.

“Umpf! Se è così non doveva fare la ninja ma l’attrice.”

Il tremore, gli occhi umidi e spaventati, la voce carica di inquietudine… personalmente non aveva dubbi a dire che la ragazza era stata sincera, ma sapeva anche che era solo un opinione, la sua, e dall’opinione di un Hokage dipende molto quindi doveva prenderla alla leggera.

“Se posso permettermi, nemmeno io penso si tratti di una finta: conoscendone almeno un po’ il carattere sono certo che, anche se all’inizio avesse voluto fingere, mi avrebbe strangolato quando mi sono avvicinato a lei.”

Il che induce a riflettere su quanto coraggio avesse avuto a farlo! Alla fine se l’era cavata, ma non sapeva ancora dire se lo spettacolo che aveva avuto a qualche palmo dal proprio naso valeva il biglietto: troppo… sorprendente per i suoi gusti! Si chiedeva come mai non stesse gioendo: si era immaginato diversamente vedere un acerrimo nemico alle strette. In quel caso poi era stato troppo pietoso.

“Signora Hokage, dobbiamo essere prudenti; non possiamo fidarci così di una nostra nemica che per quanto ne sappiamo potrebbe essere abbastanza furba da fregarci tutti.”

“Su questo ti do ragione: voi ANBU continuerete a sorvegliarla assiduamente, forse vi disporrò anche qualche altro elemento di rinforzo.”

Quella concessione parve acquietare un po’ il diffidente shinobi.

La Leggendaria Babbea ebbe un moto di sconforto: sbuffò e diede loro le spalle per appoggiarsi vicino la finestra. Una parete era occupata dagli ampi vetri, l’altra dalle porte delle camere; la fila di lampade che percorreva il soffitto lungo tutto il corridoio si era accesa sulle loro teste. L’illuminazione rendeva l’ambiente più caldo e confortante; sebbene fosse un ospedale almeno in quell’ala avevano evitato le solite luce bianco-spettrali che si sposavano anche troppo bene con le pareti verde niveo; lì invece i colori avevano tinte più calde.

“Ma tu guarda un po’…” –si lamentò lei guardando fuori dalla finestra- “E noi che pensavamo già a tutte le utili informazioni che avremmo potuto ottenere interrogandola. Se ha davvero perso la memoria non ne caveremo un ragno dal buco: ci saremo soltanto illusi purtroppo.”

“Beh, basterà aspettare che le ritorni, no?” fece il saputello, ma Tsunade che di medicina ne sapeva certo più di lui lo zittì subito.

“Non sempre accade.”

Il terzo intervenne in modo risoluto: “Non è detto che sia stata portata qui per niente. Basta che lei autorizzi noi della squadra speciale a sottoporla alla tecnica ipnotica e potremmo sapere ciò che ci serve su Orochimaru e Sasuke Uchiha.”

Tsunade si voltò. Abbassò le pupille come a rifletterci ma poi scosse il capo: “Non è così semplice. Quella tecnica è troppo invasiva, e qui non si tratta di far parlare qualcuno o riportargli alla mente qualcosa che non rammenta più: lei ha subito un forte shock cerebrale, i suoi ricordi sono stati rimossi, quelli di un intera vita sembra!” –spiegò con trasporto la donna- “Se provassimo a forzarle la mente nelle sue attuali condizioni il cervello non lo sopporterebbe, rischieremo di farle perdere completamente il senno.”

L’ANBU dal tono di voce non sembrava molto colpito: “Anche se fosse c’è sempre la possibilità che non accada e che otteniamo comunque ciò che vogliamo. Inoltre, lei non è un ninja della Foglia…”

 

A Shikamaru prese un colpo quando Tsunade a due passi da lui sbatté violentemente il tallone sul pavimento, crepandolo appena.

“Il Villaggio della Foglia non è mai stato tanto cinico e crudele con dei prigionieri e non permetterò di certo che si cominci ora!” urlò.

 

In certi casi non basta essere membro della squadra speciale ed avere anni di addestramento alle spalle per non intimorirsi. L’ANBU-falco chinò il capo: “Chiedo scusa, signora Hokage.”

Tsk, questi ANBU…- pensò il Nara –Sono proprio dei perfetti soldati: meschini e utilitaristici.-

Per loro ciò che contava erano i risultati e l’efficacia dei modi. Con o senza memoria quella Tayuya restava una prigioniera potenzialmente pericolosa e potenzialmente molto utile per non approfittarne: sapevano fare proprio bene il loro dovere, pensò stringendo i denti.

Videro che dal fondo del corridoio stavano sopraggiungendo Shizune e quella pavida dell’infermiera così interruppero il discorso e aspettarono arrivassero a portare novità.

“Signorina Tsunade, le abbiamo somministrato un leggero calmante, ma le sono mancate le forze e si è addormentata poco dopo.”

“Molto bene, Shizune. Direi che questo è un altro elemento a favore dell’autenticità della sua amnesia: se avesse voluto darsela a gambe non sarebbe certo rimasta lì tranquilla a farsi sedare, non credi?”

“Forse sta solo aspettando il momento propizio.”

In ogni caso, l’amnesia di Tayuya convinceva sempre più, e nonostante l’Hokage non fosse tanto gretta quanto gli ANBU, anche lei non poteva fare a meno di considerarlo un male, un occasione che stava sfumando.

“Ehm, mi scusi, io avrei finito il turno…” mormorò titubante l’infermiera.

“Si, va bene: puoi tornare a casa; Shizune vai un po’ tu ora ad occuparti di lei.”

“Si, signorina.”

Shizune si avviò verso la camera 153; l’infermiera invece sospirò e si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore e pareva proprio stesse pensando: “Meno male che è finita!”

“Umpf!” rise il ragazzo vedendola andare via.

“Penso che basti così per oggi con la nostra ospite inaspettata. Tu e il tuo compagno fatevi dare il cambio e congedatevi: più tardi saranno fornite tutte le nuove disposizioni per la sorveglianza della… di Tayuya.”

“Si, signora Hokage.” scattò sull’attenti ed andò via anche lui, lasciando soli nel corridoio lei e il giovane chunin.

Ovviamente questi non poteva esimersi dall’esprimere le sue impressioni con la sua classica aria seccata: “Bah, che bella situazione, eh?”

“Quella ragazza potrebbe riacquistare la memoria da un momento all’altro come non potrebbe riaverla mai; dipenderà da molteplici fattori e stimoli, quindi la faccenda è nell’incertezza più totale. Sigh!”

“Sigh… Perlomeno non darà problemi finché è così.”

“Sarà pure” –ribatté appoggiandosi ancora vicino una finestra- “Ma davanti a questa complicazione dovranno prendersi provvedimenti: quella ragazza non è ancora in forze, ed avendo perso la memoria sarà molto debole psicologicamente.”

“Già, me lo immagino…”

Conosceva il suo nome, ma soltanto questo pareva: non aveva riconosciuto lui che giorni prima aveva combattuto così strenuamente, non sapeva cosa l’aveva costretta al ricovero, chi erano quegli individui che l’avevano aiutata ed anche terrorizzata a morte, chi era lei, e quale era il suo vero posto e tra quali persone…

Si morse di nuovo il labbro: “C’è bisogno di qualcuno che aiuti a gestire la situazione: che stia vicino a quella povera ragazza e se ne prenda cura, qualcuno che faccia in modo non si senta minacciata…”

Gli orecchini ai lobi di Shikamaru vibrarono, eppure non si era mosso di un millimetro…

“Qualcuno di cui impari a fidarsi, e che all’occorrenza sappia come affrontarla nel caso ritorni ostile…”

Il suo brevettato “senso della fregatura in arrivo” si attivò…

“……”

Alzò gli occhi e si vide due strabordanti e morbidi palloni e un sorriso falso e doppiogiochista puntato contro.

“Mi dica che non ho azzeccato con la mia intuizione.”

Si portò il pugno chiuso davanti la bocca e tossì: faceva così ogni volta impartiva a qualcuno un ordine o una missione importante.

“Shikamaru Nara…”

“Ho paura di sentire il seguito…”

“Da domani in poi sarai assegnato a Tayuya!”

Reagì come gli fosse caduto un masso in testa: “URGH! L’HO SENTITO!”

 

“M-ma che ha in mente? Cioè… che dovrei fare? Aiutarle a farle tornare la memoria così poi mi ammazza?” arrancò lui.

“Beh, non proprio… Vedi Shikamaru, perché le torni la memoria dobbiamo fare in modo che non si stressi; se si sentisse in pericolo inoltre potrebbe anche tentare la fuga; e poi non si può lasciare a sé stessa una povera fanciulla in un ospedale senza che sappia chi è e come è finita lì, non si può proprio! Un po’ di umanità, insomma.”

“Ma-ma-ma… perché proprio io? Non ho mai fatto servizi sociali di alcun tipo, figurarsi in un ospedale!”

“Le missioni di grado D sono di per sé dei servizi sociali, e comunque se ho scelto te l’ho fatto…”

“Perché mi odia?”

“Perché sicuramente facendoti avanti a fermare quei due bruti con la maschera e a rassicurarla un po’ le hai fatto certamente una bella impressione poco fa!”

-Mannaggia al mio altruismo!-

“Andiamo! Non hai di che temere: come ho detto ci saranno anche gli ANBU a controllarla e ti daranno tutto il supporto necessario in caso di bisogno.”

“Certo…” Se erano gli stessi ANBU di prima c’erano seri dubbi!

“Non devi sforzarti a farle tornare i ricordi, anche se qualche aiuto sarebbe apprezzato: devi solo darle un occhio.”

“Col rischio che si riprenda e me lo cavi l’occhio però!”

Tsunade gli si fece addosso e lo scrutò minacciosa: “Vuoi discutere un ordine dell’Hokage?”

“Non posso, è diverso.” ribatté con stanca rassegnazione.

“BENE!”

“SIGH!”

E così, facendo risuonare elegantemente i suoi alti tacchi, la bionda signora delle lumache gli passò oltre salutandolo.

“……”

Aveva l’impressione che ora che gli mostrava le spalle stesse ridendo discretamente a crepapelle.

Si era sbagliato: l’Hokage Tsunade era davvero una carogna!

 

Con le braccia penzoloni e gli occhi sgranati, Shikamaru tornò alla stanza 115 due piani sotto.

“Shikamaru!” –chiamò Asuma notandolo tornare- “Si può sapere dove eri finito?”

“A prendermelo in quel posto.”

“Che!?” fecero Ino e Choji pensando di aver capito male.

“A cercare quel posto… il bagno, no? Ma perché negli ospedali lo nascondono sempre?”

Asuma guardo gli altri due allievi ma erano perplessi quanto lui: scrollarono tutti insieme le spalle.

Shikamaru si risedette sulla sua seggiolina, testa verso il pavimento e mani congiunte.

Il quel momento un pensiero, o meglio una parola, imperava nella sua testa:


MENDOKUSE!

 

Che ovviamente vuol dire: “CHE PALLE!”

 

 

 

Povero Shikamaru! Questo il prezzo della sua curiosità e della sua pietà per la ragazza di troppo! Allora cari lettori, il capitolo vi ha lasciato con le orbite da fuori? XD

È venuto parecchio lungo, e ad un certo punto temevo di allungare il brodo inutilmente con la scenetta del gruppo 10, ma volevo approfondirne la psicologia dei membri e narrare dal mio punto di vista ciò che è potuto accadere nel manga ma che per ragioni di spazio non si è mostrato. Ma ora veniamo all’evento clou del capitolo…

 

TAYUYA HA UN AMNESIA!


E che amnesia! I progetti di Tsunade di un'altra chance di recuperare Sasuke sembrano sfumare, quelli di Shikamaru per un po’ di tranquillità sono di certo andati! Ci avreste pensato? Sono riuscito a tenervi sospesi fino alla rivelazione? E soprattutto, vi è piaciuta questa bella piegozza che ho dato alla mia storia? XD

Mi raccomando, fatemi sapere, che qui in particolare voglio il vostro punto di vista! ^^

Per sapere che succederà ora, e come se la caverà il povero Shikamaru vicino all’ignara Tayuya non dovete far altro che continuare a seguirmi! Spero vi sia piaciuto, alla prossima!

 

PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

  
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