Ciao a tutti, cari lettori! Sono abbastanza
soddisfatto di questa fic, di come sta venendo e dei commenti che mi arrivano:
con questa credo di stare maturando un altro po’ come scrittore! Ricordate di
consigliare le mie fic anche ai vostri amici se possono piacergli! ^__^ Il
rientro a scuola è stato meno traumatico del previsto per fortuna, penso di
poterne approfittare per scrivere ed ideare! Ecco a voi il terzo capitolo, in
cui si approfondiscono pensieri e scene non mostrate nella storia originale e succede
quello che probabilmente tutti dall’inizio stavate aspettando… più o meno
quello … Godetevelo! Buona lettura, spero vi piaccia!
PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
PPS: Attenzione! Ho deciso che d’ora in
avanti i dialoghi saranno ancora inseriti tra “……”, invece i pensieri saranno
inseriti tra -……- Voglio vedere se la soluzione mi soddisfa.
La mattina dopo Shikamaru si accorse di non
ricordarsi di cosa avesse sognato quella notte. Dato che i recenti sogni fatti
su Tayuya, purtroppo, si facevano ricordare anche bene, doveva significare che
quella sera il tormento onirico gli era stato risparmiato; inoltre era
pressoché nella stessa posizione in cui aveva preso sonno, e non muoversi
troppo era tipico di lui che godeva della pace del sonno il più possibile.
La cosa lo mise di buon umore e gli permise
di scendere dal letto col piede giusto e con un sorrisetto.
Magari tutto il tempo del giorno prima a
stemperare i dubbi con l’auto-convincimento era servito a qualcosa. Se Tayuya
quella notte non gli aveva fatto visita, allora finalmente si era messo in
testa che non sarebbe mai riuscita a scorrazzare a suo piacimento per il
villaggio con maligni propositi.
-Che stupido che sono stato. Come può farlo
con l’Hokage a stazionarle intorno la gran parte del giorno… e con quegli ANBU
sempre allerta… Bah, se ripenso a quanto sono stato paranoico!-
Scese a colazione, accolto dai sorrisi dei
genitori risollevati nel vederlo nuovamente di buon umore dopo una sana e
pesante dormita.
“Buongiorno, Shikamaru!” –salutò Yoshino,
Shikaku dal canto suo fu più sbrigativo: uno sguardo, un cenno del capo e tornò
a fissare il caffè- “Vedo che oggi sei di nuovo arzillo come al solito. Ovviamente
è una battuta, ah ah ah!”
Gli mise davanti un vassoio con la
colazione: “Ti sei lasciato alle spalle quella missione ormai, vero?”
“Che? Ah, si, è acqua passata.” disse
fingendo che l’inseguimento di Sasuke fosse stato effettivamente la causa del
suo scomparso malumore.
Il padre alzò serio lo sguardo su di lui:
“Spero che comunque ti sia rimasto qualcosa…”
Il ragazzo lo guardò col suo identico
sguardo: “Non preoccuparti, papà.”
Shikaku Nara era certamente molto simile al
figlio, ma Shikamaru cominciava a pensare che purtroppo aveva preso da lui solo
i difetti: svogliatezza, pigrizia, sempre con seri problemi con l’altro sesso… gli
mancava solo che anche lui cominciasse a bere e fare bisboccia fino a tardi per
tornare a casa a farsi prendere a ramazzate dalla mogliettina!
Invece Shikaku aveva ben altro che lo
rendeva tanto diverso da lui; se ne rendeva conto in momenti come quello di
alcuni giorni prima, all’ospedale.
“Anche
se smetterai di fare il ninja, le missioni continueranno ad esistere, ci sarà
sempre bisogno di qualcuno che parta in missione. L’unica differenza sarà che i
tuoi compagni si muoveranno sotto la guida di un altro capogruppo.”
La
durezza delle sue parole e la fermezza della sua voce non ammettevano repliche
di nessun tipo, e Shikamaru non poteva far altro che sorbirsi la ramanzina del
padre.
“Questi
compagni potrebbero morire… ma se tu fossi il capogruppo potrebbero anche
salvarsi.”
“Se
veramente i tuoi compagni ti stanno a cuore invece di tirarti indietro dovresti
pensare a diventare ancora più abile.”
“È
così che si comporta un vero amico! Hai capito, SMIDOLLATO?”
-Umpf, papà… Non ci fossi stato tu ora
Temari non mi chiamerebbe “Piagnucolone”, mannaggia a te! Ma quel che è peggio,
è che non porterei più né il giubbetto né il coprifronte…-
Suo padre aveva veramente gli attributi,
per usare un espressione più colorita. Poteva essere beone e sfaccendato a casa
e nel tempo libero, ma aveva ben chiari i doveri di un ninja e soprattutto di
un compagno. E visto che non aveva mai avuto mancanze verso le persone a lui
care, e quelle sotto la sua responsabilità, aveva avuto tutto il diritto di
rinfacciargli quanto i suoi propositi di gettare la spugna fossero degni di un
rammollito.
-Accidenti papà, ho sempre pensato che
fossi un sempliciotto come me e invece mi rendo conto che mi sei così avanti!-
Shikaku, che in quel momento si stava
rigirando un dito nel naso, si accorse di essere fissato:
“Che c’è?” chiese… senza neppure smetterla
di scaccolarsi!
“...... Niente.”
-Ripensandoci… non posso essere da meno al
mio vecchio!-
Sospirò nel modo suo solito quando
presagiva un arduo impegno.
-Questo significa che dovrò crescere ancora
un bel po’, sigh!-
La madre li raggiunse sedendosi a tavola.
Appena seduta la prima cosa che fece fu dare un ceffone dietro la nuca del
marito per farlo desistere dal suo schifoso sollazzo nasale, poi chiese al
figlio: “Shikamaru, il dito? È tutto a posto?”
Shikamaru la guardò come uscito da un coma:
“Il dito? Oh, questo. Si tranquilla, penso che tra un po’ sarà completamente
guarito.”
Si guardò il dito che si era rotto
combattendo in missione contro inutile dire chi: aveva una stecca ed una
piccola fasciatura a stringerlo, ma non gli sembrava affatto.
D’altronde, negli ultimi giorni aveva avuto
altro a cui pensare che a qualche dolorino momentaneo a un indice. Il pensiero
incombente ed opprimente di Tayuya aveva cancellato il dolore della ferita che
lei stessa, indirettamente, gli aveva inferto: pensandoci gli venne un po’ da
ridere: è proprio vero che chiodo schiaccia chiodo.
Fortunatamente non ne sarebbe stato
necessario un altro. Ne era certo: Tayuya non sarebbe evasa né sarebbe venuta a
cercarlo, sarebbe stata interrogata dalla Squadra Speciale o da chi di dovere e
purtroppo per lei l’avrebbero di certo fatta cantare.
E dato che in quel particolare momento era
ottimista, aggiunse che dall’interrogatorio avrebbero ottenuto ciò che volevano,
Orochimaru sarebbe stato beccato di nuovo e con lui Sasuke.
Solo che stavolta, proprio grazie quel dito
rotto, aveva la scusa per non cimentarsi in un altro inseguimento!
Così, durante tutta la colazione, sua madre
non poté fare a meno di notare di quanto fosse radioso il sorriso del figlio
quella mattina!
Sembrava che il buon umore del ragazzo
potesse durare ininterrottamente appunto tutto il giorno. Sembrava.
Poco dopo che i Nara finirono la colazione,
qualcuno bussò alla loro porta.
“Tesoro…” chiamò il padrone di casa, e
immantinente fece eco la padrona.
“Lasciami indovinare: “Vai tu?”” Grrrr!!!”
-Gli ha solo chiesto un piccolo favore,
perché deve diventare sempre così isterica?- pensò Shikamaru con la tipica
mentalità battifiacca da Nara stendendosi sul divano in soggiorno…
“Shikamaru, è per te.”
Beccato! Il poveretto dovette interrompere
le sacre operazioni di “accomodamento”! Era di certo un brutto segno, si disse!
Si recò alla porta dove vi trovò Shizune.
“Mi ha mandato la signorina Tsunade.”
“Si, lo immaginavo.”
“Ci sono delle novità riguardo quella Ta…
Takuya…”
“Tayuya.” –la corresse lui- “Si, immaginavo
anche questo.” Incrociò le dita dietro la schiena e stette ad ascoltare.
“A quanto pare l’infermiera che si occupa
di lei l’avrebbe vista dare i primi segni di ripresa: ha mosso le dita e ha
anche scosso un po’ la testa. È probabile che entro stasera si risvegli.”
Come rovinare una giornata cominciata sotto
i migliori auspici, pensò Shikamaru mettendosi una mano tra i capelli! Va bene
che era appena uscito dalla “sindrome del nemico creduto morto con grande
sollievo e invece sopravvissuto”, però non si poteva ributtarlo giù così
presto: come offrire da bere ad qualcuno che ha chiuso con l’alcool dopo atroci
sforzi! Non era per niente carino!
Shikamaru provò ad aprire bocca, ma Shizune
lo precedette.
“Bene, scusa il disturbo, Shikamaru.” –si
inchinò in segno di commiato- “Io vado, e salutami tanto i tuoi genitori.”
“Cosa? Tutto qui?”
Shizune lo guardò confusa: “Si, perché?”
“La megera… cioè, l’Hokage ti ha fatto
venire qui solo per questo aggiornamento? Niente del tipo “a stasera
all’ospedale e vedi non mancare”?”
Shizune prima inarcò un sopracciglio, poi
comprese e rise: “No, tranquillo, nulla del genere.”
Salutò ancora educatamente e lo lasciò lì
immobile sull’uscio.
Solo qualche attimo dopo si decise a
richiedere la porta.
-A quanto pare l’Hokage non è così carogna:
pensavo volesse sul serio obbligarmi ad andare lì in ospedale a vedere quella
pazza risvegliarsi.-
Tutto sommato il suo senso per i guai in
arrivo si era sbagliato: Shizune come ambasciatrice non aveva portato così
tanta pena, anzi, di quello che gli aveva detto poteva anche fregarsene
altamente visto che avrebbe scansato di certo il “grande evento” di quella
sera.
-Meglio tornarsene al divano!- si disse
allora!
Ma neanche a farlo apposta fu proprio
mentre si stendeva sul divano che si rammentò che quella sera una capatina
all’ospedale del villaggio era già in programma dal giorno prima!
Strabuzzò gli occhi, e il gatto di casa
inclinò confuso la testa nel vederlo immobile e impassibile mezzo disteso e
mezzo seduto!
-Non è che quella lì l’abbia fatto apposta?-
pensò traumatizzato il ragazzo.
Scosse il capo: -No, che vado a pensare, è
solo una coincidenza… E poi non vado mica per lei, che cavolo!-
“Umpf!” sbottò alzando il mento con un aria
che più convinto non si può
Finalmente la sua schiena si adagiò completamente
sulla stoffa verde del sofà.
-Ecco che ci risiamo: lo sta fissando di
nuovo.-
Shikamaru provò con uno sguardo e il
linguaggio del volto a far capire ad Ino che era meglio che la smettesse, ma
lei, assorta, non si accorgeva di lui e fissava imperterrita il terzo membro
del loro team sul suo ampio letto da degente.
“………”
Choji se ne stava altrettanto fermo con lo
sguardo pesto e ancora un po’ sofferente da ricoverato, visibilmente irritato:
Ino era seduta su di una sedia ai piedi del letto, leggermente protesa in
avanti verso di lui, e scorreva gli occhi dall’alto in basso, dai piedi alle
punte dei capelli.
Cosa mai aveva da ammirare tanto?
“Ino…” avrebbe provato a dire Shikamaru, ma
proprio allora la biondina lo anticipò.
“Da non crederci! Non pensavo ti avrei mai
visto da magro ma ora che posso farlo devo dire… CHE NON SEI AFFATTO MALE!”
“……” Dal canto suo il ricoverato non reagì
se non assumendo un espressione scioccata!
Shikamaru, anche lui seduto su una sedia
messa vicino il capezzale, si batté una mano sulla fronte: già subito dopo aver
visto Choji per la prima volta, mentre questi era ancora privo di sensi, era
corsa di filato da lui ad urlargli di quanto fosse incredibile vedere il loro
amico tanto diverso!
“Più che magro direi anoressico…” gli
rispose lui prontamente allora.
Ora che era sveglio poteva renderlo
partecipe del suo stupore.
“Dico sul serio!” –proseguì Ino
mangiandoselo con gli occhi- “Sei veramente un figurino senza tutto il tuo
solito lardo: che lineamenti, che sguardo… Non immaginavo davvero che sotto
quel doppio strato di rotolini potessi essere così… così… Wow!”
-Rotolini?!- pensarono all’unisono gli
altri due!
“Ehi, Choji, perché ora mi guardi così?
Pensi che ti stia prendendo in giro? Lo giuro su che sono tua amica, le mie
parole vengono dal profondo del cuore: secondo me potresti fare l’attore!”
disse Ino, scoccandogli un’altra occhiatina ammirata.
“……”
Shikamaru diede un colpetto di tosse.
Richiamata la sua attenzione si avvicinò al suo orecchio: “Ehm, Ino, non metto
in dubbio la sincerità di quello che dici… Ma non sembra gli facciano tanto
piacere le tue parole.”
A guardarlo lo si capiva subito: aveva gli
occhi pesti strizzati sotto le esili sopracciglia puntate verso il basso, ed
emetteva un continuo rantolo soffocato ma inequivocabile.
“Uhm… ok, la smetto.”
Restava il fatto che si augurava il suo
amico restasse così il maggior tempo possibile: magari le ragazze avrebbero
cominciato a contenderselo!
Choji emise un sospiro, mosse appena un po’
la testa sul cuscino e fece tremare un po’ le estremità del corpo: era bloccato
in posizione distesa, si era fatto rialzare la testa con dei cuscini. Si stava
rigenerando anche in quel momento, ma aveva ancora difficoltà a muoversi e non
poteva ancora dire di sentirsi bene.
Gli amici per fortuna era accorsi senza
pensarci neanche, anche quando non era cosciente. Era contento venissero così
spesso a fargli visita, e sotto sotto era contentissimo anche che Ino gli
dicessero che era…
-Un figurino… uh uh uh!-
“Ehi, Choji, ho qui qualcosa che certamente
apprezzerai ancora più dei complimenti, caro il mio bel tomo!” disse ridendo
Ino e mettendo le mani nella tasca.
“Una caramella al limone!”
Choji rise debolmente.
“Ti pareva” –fece Shikamaru sornione- “Non
lo sai che non può ancora mangiare nulla di quello che non gli danno i
dottori?”
Ino si alzò in piedi in modo irruento: “Che
sciocchezza! Come fa altrimenti a riprendersi? Asciutto com’è ora posso solo
immaginare cosa significhi per lui la dieta ospedaliera!”
L’Akimichi roteò gli occhi ed inclinò verso
il basso gli angoli della bocca…
“Si, quello che il cibo dell’ospedale
faccia schifo è un classico.”
“È una legge dell’universo…” corresse Choji
con la sua voce flebile, ma comunque piena di spirito.
“Esatto!” –Ino incrociò le braccia- “Una caramella
fuori dai pasti non lo ucciderà.”
“Vacci piano: è un miracolo che ce l’abbia
fatta dopo aver ingerito tutte e tre le pillole segrete degli Akimichi in così
poco tempo. Non possiamo sapere se la dieta che gli propina i dottori sia fatta
a misura per lui in considerazione di ciò, e visto lo stato in cui versa…”
“Uh, e quanto sei noioso!” urlò Ino!
“Siamo in ospedale!” ribatté Shikamaru.
“SEI UN GRANDISSIMO ROMPI, SHIKAMARU!”
Sbigottito, alzò le braccia e si
rimpicciolì sulla sedia con Ino che ancora gli ringhiava contro.
“Ah ah ah!” Se come si dice ridere fa bene
alla salute quei due lo avevano aiutato davvero molto con quella scenata.
“Gli altri?” chiese il loro amico.
“Neji era messo male quanto te, infatti
neppure lui può ancora muoversi dal letto, però sta bene; Hinata, sua sorella e
lo zio sono già venuti a trovarlo un paio di volte. Kiba è ancora ricoverato ma
si vede che non ha più nulla.” disse Shikamaru.
“Probabilmente il cagnolino ha voglia di un
altro po’ di riposo, per non dire delle carezze delle infermiere!” scherzò la
ragazza. Anche Akamaru tra gli altri si stava riprendendo bene.
“Per quanto riguarda Naruto… Beh, lo
conosci: ora che sostiene di essere guarito non ci vorrà molto prima che tenti
di evadere dall’ospedale!”
La camera 115 si animò delle risate del
Team 10.
“Ah ah ah, quel Naruto…” sospirò Ino.
Choji abbassò lo sguardo: “Si, però posso
solo immaginare come si senta adesso per Sasuke…”
Shikamaru però fece subito le spallucce:
“Figurati, niente lo stende quello lì. Non solo gli è già passata, ma già pensa
alla prossima mossa: è da un paio di giorni che non fa altro che blaterare
riguardo qualcosa tra tre mesi e questa parte… pare che centri Jiraya.”
E Naruto non era il solo a guardare al
futuro.
Si spaparanzò sulla sedia, poggiando i
gomiti sullo schienale ed inclinandola leggermente all’indietro. Lasciò i suoi
amici a chiacchierare e si isolò momentaneamente: i suoi occhi si persero a
scrutare la stanza e i suoi dettagli, e la sua mente di riflessioni tanto serie
da non sembrargli nemmeno adatte a sé.
Neji,
Kiba, Rock Lee, Choji...
Non avrebbero perso tempo a ripartire;
avrebbe dovuto farlo anche lui.
Dopo quei giorni si era accesa in loro una
fiamma che da dentro li spingeva a farsi forza, a non darsi per vinti e sforzarsi
più di prima, per diventare in futuro dei prodi shinobi che sarebbero tornati a
Konoha a missione compiuta sulle loro gambe, e non portati dalle barelle.
Lui non era un tipo che si lasciava
entusiasmare facilmente, ma sentiva che al di là del suo carattere e del suo
modo di essere pacato che lo facevano apparire uguale a prima era stato
contagiato anche lui.
A cosa lo avrebbe portato quella svolta tra
alcuni anni, si chiese. Ma dato che non è da Nara pensare troppo al futuro
mentre lo è godersi il presente, smise lì di riflettere e tornò alla realtà.
Giusto in tempo: Ino stava per domandargli
qualcosa: “Shikamaru…”
Anche se sembrò esitare qualche istante.
“Stavo pensando... sapevi che Sakura è
diventata allieva di Tsunade? Ha intenzione di diventare un ninja medico.”
“Si, l’ho saputo.”
A quanto pareva quell’aleggiante volontà di
migliorarsi si espandeva in fretta. Da Naruto era passata a Sakura...
“Credi... che dovrei provare anch’io?”
... ed ora da Sakura passava ad Ino, pensò.
Era davvero contagiosa!
Choji alzò un pò il capo: “A diventare
ninja medico?”
“Si, beh... Non vorrei che Sakura poi si
vantasse di saper fare qualcosa che io non so fare, ecco. La conosco, si
monterebbe la testa, ha bisogno di me a metterle pressione.” In realtà ad
essere sotto pressione era proprio la biondina: dai primi tentativi fatti
l’amica in rosa sembrava promettere bene.
“Se ha deciso di diventare migliore di me
non gliela darò vinta, non senza combattere almeno!” concluse lei, chiudendo la
mano a pugno.
“Umpf! Ti vedo molto determinata.”
“In realtà ancora non sono sicura, non
vorrei tutti poi pensassero che voglio fare il medico solo perché lo fa lei.”
“E non è così?” la prese in giro il suo
amico col codino.
Fu tentata per un attimo di dargli un
cazzotto, invece contò fino a dieci e poi si chiarì:
“No, non solo per quello! Se non farò il
medico troverò qualcos’altro in cui migliorarmi ma devo diventare più forte!”
Sbottò, e una ciocca dorata gli scese sul
naso, improvvisamente rivolto verso il basso.
“Tu vai a fare il capo… Choji a perdere più
chili di quanti una donna possa sperare di perderne in una vita… ed io invece
me ne resto qui a non far nulla!” –disse piena di risentimento- “Non voglio
essere solo una bella (sottolineo BELLA) biondina con gli occhi azzurri, voglio
diventare una kunoichi che possa dare una mano! Capito?”
Eccome: Choji e Shikamaru raramente erano
stati tanto meravigliati da lei come in quel momento.
Si soffiò via dalla faccia l’antiestico ciuffo
fuori posto. Non era affatto la solita Ino: a braccia conserte, fremente di
desiderio di rimediare alla propria scarsa utilità ma con gli occhi pieni di
incertezza: era una carriera molto impegnativa quella.
“Se diventassi medico potresti dare una
mano a tanti.” disse Choji.
“Secondo voi… dovrei provare?”
“Certo che si! Un ninja medico è sempre
utilissimo in qualunque squadra!”
Tutti si voltarono verso sinistra: alla
porta era comparso un uomo alto, dalla folta barba nera e con un pacchetto di
sigarette un po’ ammaccato che gli faceva capolino da una delle tasche del
pantalone: rischiando di farsi beccare da un infermiera aveva dovuto occultarlo
in modo frettoloso.
“Maestro Asuma!”
“Umpf, ti eri nascosto dietro la porta ad
aspettare il momento giusto per esordire al momento giusto con la frase giusta
e fare una bella entrata a effetto?” gliela tirò Shikamaru.
“Tsk, andiamo!”
“Beh, il tempismo con la mia domanda è
stato perfetto.”
“Volete che chiami l’infermiera in
corridoio per farvi dire che sono appena arrivato?”
Shikamaru scosse la mano: “Non fa niente,
ti crediamo.”
Asuma Sarutobi salutò Shikamaru con una
pacca sulla spalla, Choji con un cenno della mano e un sorrisetto e poi si
avvicinò ad Ino.
“Sai, trovo sia un ottima idea. Potrei
chiedere io stesso all’Hokage se può prendere un’altra discepola.”
Ino arrossì: “Però, Maestro…”
“Nessun “però”!” –interruppe facendole
“stop” con la mano davanti la faccia- “Mentre tu sei ancora indecisa Sakura ha
già iniziato nel migliore dei modi: vuoi restare indietro?”
“Se è davvero appena arrivato come fa a
sapere che centra Sakura? Nessuno l’ha nominata di recente.” intervenne il
Nara, spaparanzato sulla sua sedia.
“Tsk! Tutti sanno che Ino e Sakura sono
grandi rivali! Piantala di cercare di incastrarmi!” –rispose il maestro
alterato.
“Maestro è proprio questo il problema: Sakura
ha sempre seguito le mie orme ed ora sono io che seguo lei, che figura ci
farei?”
“Ino.” –Asuma scosse il capo e le strinse
una spalla guardandola severamente- “Piantala di pensare solo alle apparenza
come tuo solito: se deciderai di seguire Sakura non dovrai considerarlo un
colpo alla tua autostima né qualcosa di cui vergognarti con gli altri. Se hai
deciso che diventare medico è il modo in cui vuoi smetterla di essere solo una bella biondina con gli
occhi azzurri e diventare una brava kunoichi allora intraprendi questo cammino
senza pensare a nient’altro che a questo obiettivo. E soprattutto sii fiera di
te stessa per essertelo posto.”
“……”
-Accidenti che belle parole.- pensò
Shikamaru –Tutti i maestri sanno sfornare certi discorsi? Dovrei cominciare ad
imparare anch’io?-
“In ogni caso Ino, qui nessuno ti metterà
pressione per farti diventare medico, anche se qualcuno che metta in sesto
questi due sciocconi qui ci servirebbe proprio, eh eh eh!”
“Ci penserò Maestro. Chissà se con i jutsu
medici si può anche togliere il grasso in eccesso, che ne dici Choji?”
“Ehi!”
“Ah ah ah!”
-Bene!- esultò il genio –Se ci scherza su
vuol dire che è tornata del solito umore. Magari avremo davvero un ninja medico
nella nostra squadra.-
Anche se avere Ino come sua crocerossina
era uno scenario dei più spaventosi che potesse immaginare…
“Mamma mia…”
“Ehi, Choji, e tu che mi dici?” -fece
Asuma- “Volevo portarti un cesto di frutta, ma mi è stato detto che non ti si
può portare del cibo; così ho nascosto questa bella mela nella divisa, eh eh!”
Choji, con un piccolo sforzo si alzò un po’
dal letto, il poltrone invece scattò su dalla sedia: “Anche tu? Ma insomma!
Mele, caramelle… Lo volete capire che se i medici gli hanno vietato di
portargli del cibo da fuori ci sarà un motivo? Gli ordini dei medici vanno
obbediti.”
Asuma, Ino e Choji lo guardarono fissi per
qualche secondo.
“………”
Cedette. Tirò fuori da una delle tasche del
giubbetto (quelle adibite ai rotoli da evocazione) una barretta al cioccolato (però
ipocalorica).
“Che c’è? Non guardatemi così!”
Choji, che era riuscito a mettersi seduto,
rise un po’: “Grazie ragazzi, grazie maestro, davvero un bel pensiero: il cibo
dell’ospedale è… impossibile da definire…”
“Lo sanno tutti.” Assentì il maestro.
“Però Shikamaru ha ragione, voglio obbedire
ai medici. Sono debole e sento come un tappo allo stomaco, non ho proprio
appetito; credo che di seguire la dieta stavolta non si possa discutere.”
Gli altri tre capirono perfettamente e
furono concordi nel pensare che Choji avesse fatto la scelta più giusta e
matura.
“Ehm… però… Potrei avere almeno… la
caramella? Solo quella, lo prometto!”
“Ma sicuro!”
Ino si voltò verso Asuma e l’altro compagno
e fece una linguaccia, come a dire “ha scelto il mio!”, mentre la sferetta
gialla già scompariva nella bocca di Choji.
-Questo mi rassicura un po’ comunque!-
Shikamaru gli si avvicinò all’orecchio:
aveva un furbo sogghigno sulle labbra.
“Smetterla
di essere solo una bella biondina con gli occhi azzurri” –bisbigliò- “Le
stesse parole che aveva usato poco prima che entrasse. Come la mettiamo?”
Il sensei fece una smorfia!
“Il discorso di Ino era troppo bello per
interromperlo entrando proprio in quel momento!”
“Eh eh eh!”
“Perché ridi, Shikamaru?”
“Oh, nulla, eh eh!”
Con quel cervellone non la poteva proprio
spuntare! Almeno gli altri due non erano altrettanto svegli!
-Il maestro Asuma è un tipo davvero
bizzarro. Però è anche maledettamente in gamba e non solo a parole.-
Si allontanò dal suo orecchio facendo un
passo indietro, in modo da poter avere davanti agli occhi coloro che erano con
lui in quella stanza.
Il suo migliore amico dall’infanzia,
momentaneamente a terra ma con una gran forza d’animo che già emanava bagliori
per quando sarebbe tornata a manifestarsi in tutta la sua sfavillante “grandezza”
e famelicità.
La sua migliore amica, altra conoscenza di
lunga data, l’anima energica e sorridente del gruppo che quel giorno li aveva
resi tutti orgogliosi con i suoi nuovi propositi: se avesse dimostrato la
solita grinta ce l’avrebbe fatta di sicuro.
Il suo maestro, l’uomo che l’aveva iniziato
allo shogi, che gli aveva salvato la vita; la loro guida che li avrebbe tenuti
al sicuro fin quando non sarebbero stati tutti e tre maturi e pronti a
cavarsela da soli.
Il team Asuma: la sua squadra, la squadra in cui aveva passato un sacco di
momenti belli e brutti, quella in cui avrebbe continuato a crescere con i suoi
amici-compagni.
Non vedeva l’ora che Choji rimettesse su
tutti i suoi chili: la normalità sarebbe tornata e da essa il loro gruppetto
sarebbe ripartito all’avventura per migliorare e maturare ancora, stavolta
tutto unito.
Così pensando si rilassò e i tutte le
membra si distesero; che bella sensazione.
!
Proprio mentre aveva finito di pensare alla
normalità, destino volle che si trovasse a guardare verso la porta, e che
Asuma, maleducato com’era, si fosse dimenticato di chiuderla. Proprio in
quell’istante Tsunade e Shizune, passando di corsa con aria turbata, gli
rammentarono che proprio lì, due piani sopra di loro, c’era l’unico qualcosa,
l’unico qualcuno fuoriposto, in più.
“……”
“Dove vai?” chiese Asuma quando si alzò.
“Al bagno.” sbrigativo, ma abbastanza
naturale da non far sospettar loro nulla. Uscì così dalla stanza chiudendo la
porta; qualche secondo di attesa dopo si stava già dirigendo verso le scale.
Nel complesso se la prese comoda, dandosi
il tempo per domandarsi cosa diavolo stesse facendo. Perché andare da lei?
Quale meccanismo fuori dal coro nella sua psicologia tanto avversa ai guai lo
stava portando lassù?
-Curiosità. Sono soltanto curioso. O forse
mi piacerebbe vedere la sua faccia nel risvegliarsi in trappola circondata da
pugnali puntati contro. Si, mi piacerebbe, credo.-
Come andare a vedere uno spettacolo che non
ci interessa particolarmente: non sentiamo il bisogno di non perderlo e
potremmo impiegare meglio il nostro tempo, ma comunque ci andiamo. Forse perché
è l’unico spettacolo in programma in quel momento, ma anche se non fosse così
non ci pensiamo troppo e non andiamo a cercare altro, perché ormai quel germe
di interesse si è innestato nel nostro cervello e quasi come automi ci
dirigiamo al luogo dell’attrazione. I piedi di Shikamaru arrivarono al secondo
piano, attraversarono un corridoio e poi girarono a destra.
-Tanto se non voglio farmi vedere farò in
modo che non mi veda, posso anche stare a guardare da fuori la porta. Questa
faccenda mi è ronzata in testa per tanto di quel tempo che se me la perdessi
ora sarebbe stato solo uno spreco di neuroni.-
Speriamo almeno che la visita valga il
biglietto, si augurò. Per biglietto era da intendersi la salita di ben quattro
rampe di scalini, un prezzo non dei più modesti per uno come lui!
Tsunade rimase scandalizzata: “Che ci fai
tu qui!?”
Shikamaru si limitò a dondolare un po’ la
testa con la solita aria annoiata.
“Come mai sei venuto?”
“Boh?”
La Babbea roteò gli occhi e decise di non
perdere altro tempo con quel molliccio essere barboso. Entrò, Shikamaru invece
inizialmente non volle arrischiarsi a superare la soglia della stanza,
limitandosi a scrutare un po’ all’interno.
Tsunade e Shizune erano vicino la branda;
con loro stazionavano sull’attenti due ANBU, ciascuno a un lato del letto, due
guardiani attenti. Immaginò i loro volti serafici e impassibili come le
maschere che li coprivano, una dall’aspetto di tigre e l’altra di falco.
Nell’angolo a sinistra appena entrati vide che c’era anche l’infermiera: se ne
stava lì su una sedia isolata e dimenticata, la sua espressione mostrava una
gran voglia di non essere lì in quel momento. E come dargli torto, l’atmosfera
non era certo delle più piacevoli. Nessuna delle quattro imponenti figure muoveva
un dito o emetteva un fiato. Gli sembrava di guardare una foto o un quadro, non
fosse stato per il leggero ondeggiare delle tende alla finestra, sul fondo
della stanza rispetto a lui. Era aperta e da essa entrava aria fresca e luce che
con i colori delle pareti e della stanza tingeva quell’ambiente di
arancio-rosato e lunghe ombre.
Fece un passo in avanti, badando di restare
nascosto dietro il tizio con la maschera più vicino: si stava muovendo.
Movimenti intorpiditi, partivano improvvisi e continuavano lenti, come degli
spasmi. Ad un tratto sbirciò la sua faccia corrugarsi: stava stringendo gli
occhi.
“Dove sono?” chiese un filo di voce quando
furono spalancati leggermente.
Con la vista appannata scrutò il soffitto
come stordita. Si accorse di trovarsi sdraiata e strinse nuovamente le palpebre
nel cercare le forze necessarie per mettersi a sedere e scrutare il resto di
ciò che la circondava. Una volta sollevatasi, la testa le crollò un momento in
avanti sul petto; -“Che succede?”- cercò di rialzarla, ma i forti raggi di luce
del tramonto provenienti dalla sua destra le fecero sbarrare di nuovo gli occhi
e si voltò dall’altra parte. Stufa e spinta dal desiderio di capire li riaprì
piano, prendendosi il tempo necessario ad abituarsi alla luce.
Lentamente girò la testa prima a sinistra e
poi a destra, individuando le persone intorno a lei.
“Chi siete?”
Shikamaru deglutì, ma per fortuna era
ancora nascosto ai suoi occhi si disse.
Tsunade, accigliata, provò ad aprire bocca,
ma in quell’istante la ragazza si accorse dei tubi delle flebo infilati nella
carne del braccio sinistro.
“Un ospedale!?” balbettò un po’ più sveglia di qualche secondo prima ma ancora
stanca nella voce e nell’aspetto.
“Stai tranquilla.” disse l’Hokage
avvicinandosi ancora, ma quasi in tono di imposizione, il che non le piacque
affatto.
“Che mi è successo? Perché mi trovo qui?”
Distolse gli occhi da quella donna
dall’enorme davanzale e cominciò a muovere la testa alla rinfusa. Si fermò ad
indugiare qualche attimo in più sull’ANBU alla destra del suo letto: era molto
alto e le stava proiettando la sua ombra addosso: le fu difficile alzare tanto
il capo da riuscire a vederne la fine, e quando si accorse della maschera
bianca dall’inquietante inespressività venne percorsa da un brivido.
Il capo scese di nuovo giù da quella
montagna e notò dell’altro di cui temere.
“Ehi! Perché sono armati?” voleva essere un
piccolo grido, ma non aveva abbastanza voce. Istintivamente provò a farsi
indietro sul letto, spingendosi indietro con i piedi, cercando il confortevole
rifugio dei cuscini.
“Non agitarti!” la redarguì ancora Tsunade
perentoria, ma quella preferì prestare attenzione all’altro gigante mascherato
alla sua sinistra che si era avvicinato, e per giunta aveva sguainato uno
spadino che teneva al fianco. Con sgradevole sorpresa, voltandosi vide che
anche l’altro stava estraendo una lama.
Shikamaru passò rapidamente gli occhi
dall’uno all’altro: era chiaramente misura di precauzione sapendo delle
capacità del nemico che avevano di fronte, probabilmente era stato loro detto
di intervenire appena avesse fatto una mossa sbagliata, e per come si stava
scaldando non mise in dubbio che continuando così avrebbero agito. Non sapeva
se l’avessero semplicemente stordita o qualcosa di più, ma sentì che quel
metodo gli dava un fastidio non irrilevante.
Tuttavia aveva altro di cui pensare: aveva
notato qualcosa che non andava…
Tayuya adesso respirava affannosamente e
cercava di tenere d’occhio i due ANBU con scatti delle iridi tremanti nelle
orbite.
Lo sguardo di quella donna, fiero e
soverchiante, e dei due uomini mascherati gli erano addosso. Shizune e
l’infermiera nell’angolo assistevano alla scena intimorite e preoccupate. E
l’isolato Shikamaru appariva tutt’al più chiuso in un attonito distacco, come
stesse ragionando su qualcosa di impensabile.
“Che succede?” Sembrava che ogni volta
parlasse compisse uno sforzo immane.
Tsunade sembrava essere l’unica a volere
che la situazione restasse sotto controllo, i due shinobi che si era portato
appresso sembravano ansiosi di eseguire il loro compito; nonostante cercasse
continuamente di tranquillizzarla era inutile e lei stessa sembrava come
sapesse molto poco di come comportarsi, era chiaramente in difficoltà.
Il nemico innanzi a lei era come un animale
in trappola. Ma anche gli animali in trappola sanno non darsi per vinti e
reagire; l’affanno le sparì per un istante e riuscì ad alzare la voce: “Che
succede?”
Ora aveva anche un’espressione più
combattiva, ma era una maschera di cartapesta. Quelle degli ANBU erano vere
maschere, e quei due non si scomposero né fuori né dentro.
Shikamaru vide che quello con la maschera
di tigre aveva portato alla luce di colpo altri dieci centimetri buoni di lama
dalla guaina…
Scattò audacemente in avanti:
“DATEVI UNA CALMATA! TUTTI QUANTI!”
L’urlo di Shikamaru fu come lo stop di un
regista a cui tutti gli attori di quella brutta scena obbedirono all’istante!
Poi però il Nara si sentì subito in un imbarazzo mortale con tutti a fissarlo!
Porto avanti anche l’altro piede e pensando –Che figura, e che rottura!- si
diede una calmata anche lui. Gli ANBU nel frattempo si scambiarono un “occhiata”
per chiedersi che dovevano fare con le corte spade già metà sfoderate…
Si strinse un po’ i capelli del codino,
come quando si picchia l’asino per farlo partire, e così avanzò verso il letto,
chiedendo anche “Permesso.” all’ANBU-falco passando.
Poi sembrò diventarlo lui un falco per il
modo in cui ora stava puntando dritto nelle orbite la loro “preda”.
Questa lo guardava, ricambiava il suo
sguardo senza però fare niente ad eccezione di tremare impercettibilmente e
fare una sonora esibizione di respiro corto.
Aveva capito che c’era qualcosa di strano
quando l’ANBU che lo copriva si era avvicinato minaccioso al letto scoprendolo.
Per poco più di un secondo lo aveva visto, ne era certo. Però niente, nulla di
nulla.
Avvicinò la faccia indagatoria ancora di
qualche centimetro: “Come ti chiami?”
“Tayuya.”
Lo sapeva già e non era quello che gli
interessava così fregandosene passò subito alla domanda successiva:
“Senti, puoi dirci chi sei? Da dove vieni?”
A rispondergli fu soltanto il suo rumoroso
respiro che passava sibilando tra i denti chiusi, ma che andava calmandosi.
“No…”
“Non lo so… Non… Non ricordo nulla…”
Mentre esterrefatta la prigioniera si
passava una mano tra i capelli vicino la tempia, Shikamaru si allontanò e
guardò Shizune e Tsunade, che inconsapevolmente stava mordendosi il labbro. La
sua espressione beffarda stava a dire: “Mi spiace, ma tant’è.”
Gli ANBU rinfoderarono gli arnesi, ma
molto, molto, molto lentamente.
Per quanto riguardava l’infermiera
nell’angolo aveva già perso un paio di battiti da quando avevano cominciato!
“Ma…” –fece Tayuya, richiamando a sé
l’attenzione che l’aveva oppressa poco prima- “Ma tu chi sei? Chi sono loro? E
perché sono qui?”
“Beh, non lo immagini? Come hai detto tu
sei in un ospedale, e ci sei perché ti sei fatta male. Per quale altro motivo
si và in ospedale, scusa?”
Effettivamente non faceva un grinza.
Nonostante non rispondesse alle decine di pressanti interrogativi che aveva in
testa in quel momento, era inattaccabile!
“Suvvia” –proseguì poi con grande faccia
tosta- “Se sei in un nostro ospedale significa anche che puoi fidarti di noi:
uno mica ti cura per poi farti di nuovo del male, no?”
Con qualche incertezza, Tayuya annuì.
“Bene” –batté piano le mani- “Direi che per
oggi è abbastanza con lo stress, quindi ora noi andremmo. Non è così ragazzi?”
domandò rivolto a due in particolare in quella stanza.
“Un momento!”
“Non agitarti, te lo ha detto anche lei,
no? Hai ancora bisogno di riposo. Su, che aspettate?” disse calmo.
I due perticoni in maschera guardarono il
Nara, e poi chiesero un cenno all’Hokage che glielo diede e si avviarono verso
la porta.
Ora era assolutamente certo che le loro
facce non erano affatto imperturbate come le loro maschere; sorrise.
Mise le mani in tasca ed uscì dalla stanza
con lei a bocca aperta.
“Infermiera.”
“Si, signora Hokage?”
“Gli somministri un calmante, dal pallore
si vede che ha bisogno di riprendersi ancora, ma non troppo forte: voglio che
si riposi, non che caschi come un pezzo di piombo nel mondo dei sogni.”
“Si, signora Hokage.”
Richiamò Shizune ed uscì anche lei.
Chiudendo la porta, in ombra davanti uno spiraglio di tramonto dalla finestra,
vide Tayuya di nuovo distesa e l’infermiera che infilava l’ago nella flebo.
“Amnesia.”
L’orario delle visite era finito, il cielo
si stava facendo blu pallido e in uno dei corridoi del secondo piano si
svolgeva una piccola riunione d’emergenza.
“Nessuno di noi aveva immaginato un simile
scenario” –disse Tsunade- “Del resto era plausibile avesse riportato un trauma
cranico di gravi entità durante la battaglia.”
“Plausibile.” –ripeté l’ANBU-falco- “Come è
anche plausibile che stia soltanto fingendo.”
“Si, anche questa è una possibilità.”
Shikamaru, lì ad ascoltare con le braccia
incrociate, storse il naso.
“Però” –riprese il ninja leggendario- “per
un ninja esperto è facile riconoscere dagli occhi e dal linguaggio del corpo le
emozioni di qualcuno.”
A lei non era sembrata affatto una volgare
recita, e anche il membro della squadra speciale doveva ammettere nemmeno lui
aveva avuto questa impressione.
“Per un ninja esperto è facile anche
dissimularle.” L’ANBU sembrava decisamente convinto della propria ipotesi.
Difatti aveva lasciato il compagno con la maschera di tigre ad osservarla a
vista.
“Umpf! Se è così non doveva fare la ninja
ma l’attrice.”
Il tremore, gli occhi umidi e spaventati,
la voce carica di inquietudine… personalmente non aveva dubbi a dire che la
ragazza era stata sincera, ma sapeva anche che era solo un opinione, la sua, e
dall’opinione di un Hokage dipende molto quindi doveva prenderla alla leggera.
“Se posso permettermi, nemmeno io penso si
tratti di una finta: conoscendone almeno un po’ il carattere sono certo che,
anche se all’inizio avesse voluto fingere, mi avrebbe strangolato quando mi
sono avvicinato a lei.”
Il che induce a riflettere su quanto
coraggio avesse avuto a farlo! Alla fine se l’era cavata, ma non sapeva ancora
dire se lo spettacolo che aveva avuto a qualche palmo dal proprio naso valeva
il biglietto: troppo… sorprendente per i suoi gusti! Si chiedeva come mai non
stesse gioendo: si era immaginato diversamente vedere un acerrimo nemico alle
strette. In quel caso poi era stato troppo pietoso.
“Signora Hokage, dobbiamo essere prudenti;
non possiamo fidarci così di una nostra nemica che per quanto ne sappiamo
potrebbe essere abbastanza furba da fregarci tutti.”
“Su questo ti do ragione: voi ANBU continuerete
a sorvegliarla assiduamente, forse vi disporrò anche qualche altro elemento di
rinforzo.”
Quella concessione parve acquietare un po’
il diffidente shinobi.
La Leggendaria Babbea ebbe un moto di
sconforto: sbuffò e diede loro le spalle per appoggiarsi vicino la finestra.
Una parete era occupata dagli ampi vetri, l’altra dalle porte delle camere; la
fila di lampade che percorreva il soffitto lungo tutto il corridoio si era
accesa sulle loro teste. L’illuminazione rendeva l’ambiente più caldo e
confortante; sebbene fosse un ospedale almeno in quell’ala avevano evitato le
solite luce bianco-spettrali che si sposavano anche troppo bene con le pareti
verde niveo; lì invece i colori avevano tinte più calde.
“Ma tu guarda un po’…” –si lamentò lei
guardando fuori dalla finestra- “E noi che pensavamo già a tutte le utili
informazioni che avremmo potuto ottenere interrogandola. Se ha davvero perso la
memoria non ne caveremo un ragno dal buco: ci saremo soltanto illusi
purtroppo.”
“Beh, basterà aspettare che le ritorni,
no?” fece il saputello, ma Tsunade che di medicina ne sapeva certo più di lui
lo zittì subito.
“Non sempre accade.”
Il terzo intervenne in modo risoluto: “Non
è detto che sia stata portata qui per niente. Basta che lei autorizzi noi della
squadra speciale a sottoporla alla tecnica ipnotica e potremmo sapere ciò che
ci serve su Orochimaru e Sasuke Uchiha.”
Tsunade si voltò. Abbassò le pupille come a
rifletterci ma poi scosse il capo: “Non è così semplice. Quella tecnica è
troppo invasiva, e qui non si tratta di far parlare qualcuno o riportargli alla
mente qualcosa che non rammenta più: lei ha subito un forte shock cerebrale, i
suoi ricordi sono stati rimossi, quelli di un intera vita sembra!” –spiegò con
trasporto la donna- “Se provassimo a forzarle la mente nelle sue attuali
condizioni il cervello non lo sopporterebbe, rischieremo di farle perdere
completamente il senno.”
L’ANBU dal tono di voce non sembrava molto
colpito: “Anche se fosse c’è sempre la possibilità che non accada e che
otteniamo comunque ciò che vogliamo. Inoltre, lei non è un ninja della Foglia…”
A Shikamaru prese un colpo quando Tsunade a
due passi da lui sbatté violentemente il tallone sul pavimento, crepandolo
appena.
“Il Villaggio della Foglia non è mai stato
tanto cinico e crudele con dei prigionieri e non permetterò di certo che si
cominci ora!” urlò.
In certi casi non basta essere membro della
squadra speciale ed avere anni di addestramento alle spalle per non
intimorirsi. L’ANBU-falco chinò il capo: “Chiedo scusa, signora Hokage.”
Tsk, questi ANBU…- pensò il Nara –Sono
proprio dei perfetti soldati: meschini e utilitaristici.-
Per loro ciò che contava erano i risultati
e l’efficacia dei modi. Con o senza memoria quella Tayuya restava una
prigioniera potenzialmente pericolosa e potenzialmente molto utile per non
approfittarne: sapevano fare proprio bene il loro dovere, pensò stringendo i
denti.
Videro che dal fondo del corridoio stavano
sopraggiungendo Shizune e quella pavida dell’infermiera così interruppero il
discorso e aspettarono arrivassero a portare novità.
“Signorina Tsunade, le abbiamo
somministrato un leggero calmante, ma le sono mancate le forze e si è
addormentata poco dopo.”
“Molto bene, Shizune. Direi che questo è un
altro elemento a favore dell’autenticità della sua amnesia: se avesse voluto
darsela a gambe non sarebbe certo rimasta lì tranquilla a farsi sedare, non
credi?”
“Forse sta solo aspettando il momento
propizio.”
In ogni caso, l’amnesia di Tayuya
convinceva sempre più, e nonostante l’Hokage non fosse tanto gretta quanto gli
ANBU, anche lei non poteva fare a meno di considerarlo un male, un occasione
che stava sfumando.
“Ehm, mi scusi, io avrei finito il turno…”
mormorò titubante l’infermiera.
“Si, va bene: puoi tornare a casa; Shizune
vai un po’ tu ora ad occuparti di lei.”
“Si, signorina.”
Shizune si avviò verso la camera 153;
l’infermiera invece sospirò e si passò una mano sulla fronte imperlata di
sudore e pareva proprio stesse pensando: “Meno male che è finita!”
“Umpf!” rise il ragazzo vedendola andare via.
“Penso che basti così per oggi con la
nostra ospite inaspettata. Tu e il tuo compagno fatevi dare il cambio e
congedatevi: più tardi saranno fornite tutte le nuove disposizioni per la
sorveglianza della… di Tayuya.”
“Si, signora Hokage.” scattò sull’attenti
ed andò via anche lui, lasciando soli nel corridoio lei e il giovane chunin.
Ovviamente questi non poteva esimersi
dall’esprimere le sue impressioni con la sua classica aria seccata: “Bah, che
bella situazione, eh?”
“Quella ragazza potrebbe riacquistare la
memoria da un momento all’altro come non potrebbe riaverla mai; dipenderà da
molteplici fattori e stimoli, quindi la faccenda è nell’incertezza più totale.
Sigh!”
“Sigh… Perlomeno non darà problemi finché è
così.”
“Sarà pure” –ribatté appoggiandosi ancora
vicino una finestra- “Ma davanti a questa complicazione dovranno prendersi
provvedimenti: quella ragazza non è ancora in forze, ed avendo perso la memoria
sarà molto debole psicologicamente.”
“Già, me lo immagino…”
Conosceva il suo nome, ma soltanto questo
pareva: non aveva riconosciuto lui che giorni prima aveva combattuto così
strenuamente, non sapeva cosa l’aveva costretta al ricovero, chi erano quegli
individui che l’avevano aiutata ed anche terrorizzata a morte, chi era lei, e
quale era il suo vero posto e tra quali persone…
Si morse di nuovo il labbro: “C’è bisogno
di qualcuno che aiuti a gestire la situazione: che stia vicino a quella povera ragazza
e se ne prenda cura, qualcuno che faccia in modo non si senta minacciata…”
Gli orecchini ai lobi di Shikamaru
vibrarono, eppure non si era mosso di un millimetro…
“Qualcuno di cui impari a fidarsi, e che
all’occorrenza sappia come affrontarla nel caso ritorni ostile…”
Il suo brevettato “senso della fregatura in
arrivo” si attivò…
“……”
Alzò gli occhi e si vide due strabordanti e
morbidi palloni e un sorriso falso e doppiogiochista puntato contro.
“Mi dica che non ho azzeccato con la mia
intuizione.”
Si portò il pugno chiuso davanti la bocca e
tossì: faceva così ogni volta impartiva a qualcuno un ordine o una missione
importante.
“Shikamaru Nara…”
“Ho paura di sentire il seguito…”
“Da domani in poi sarai assegnato a
Tayuya!”
Reagì come gli fosse caduto un masso in
testa: “URGH! L’HO SENTITO!”
“M-ma che ha in mente? Cioè… che dovrei
fare? Aiutarle a farle tornare la memoria così poi mi ammazza?” arrancò lui.
“Beh, non proprio… Vedi Shikamaru, perché
le torni la memoria dobbiamo fare in modo che non si stressi; se si sentisse in
pericolo inoltre potrebbe anche tentare la fuga; e poi non si può lasciare a sé
stessa una povera fanciulla in un ospedale senza che sappia chi è e come è
finita lì, non si può proprio! Un po’ di umanità, insomma.”
“Ma-ma-ma… perché proprio io? Non ho mai
fatto servizi sociali di alcun tipo, figurarsi in un ospedale!”
“Le missioni di grado D sono di per sé dei
servizi sociali, e comunque se ho scelto te l’ho fatto…”
“Perché mi odia?”
“Perché sicuramente facendoti avanti a
fermare quei due bruti con la maschera e a rassicurarla un po’ le hai fatto
certamente una bella impressione poco fa!”
-Mannaggia al mio altruismo!-
“Andiamo! Non hai di che temere: come ho
detto ci saranno anche gli ANBU a controllarla e ti daranno tutto il supporto
necessario in caso di bisogno.”
“Certo…” Se erano gli stessi ANBU di prima
c’erano seri dubbi!
“Non devi sforzarti a farle tornare i
ricordi, anche se qualche aiuto sarebbe apprezzato: devi solo darle un occhio.”
“Col rischio che si riprenda e me lo cavi
l’occhio però!”
Tsunade gli si fece addosso e lo scrutò
minacciosa: “Vuoi discutere un ordine dell’Hokage?”
“Non posso, è diverso.” ribatté con stanca
rassegnazione.
“BENE!”
“SIGH!”
E così, facendo risuonare elegantemente i
suoi alti tacchi, la bionda signora delle lumache gli passò oltre salutandolo.
“……”
Aveva l’impressione che ora che gli
mostrava le spalle stesse ridendo discretamente a crepapelle.
Si era sbagliato: l’Hokage Tsunade era
davvero una carogna!
Con le braccia penzoloni e gli occhi
sgranati, Shikamaru tornò alla stanza 115 due piani sotto.
“Shikamaru!” –chiamò Asuma notandolo
tornare- “Si può sapere dove eri finito?”
“A prendermelo in quel posto.”
“Che!?” fecero Ino e Choji pensando di aver
capito male.
“A cercare quel posto… il bagno, no? Ma
perché negli ospedali lo nascondono sempre?”
Asuma guardo gli altri due allievi ma erano
perplessi quanto lui: scrollarono tutti insieme le spalle.
Shikamaru si risedette sulla sua
seggiolina, testa verso il pavimento e mani congiunte.
Il quel momento un pensiero, o meglio una
parola, imperava nella sua testa:
MENDOKUSE!
Che ovviamente vuol dire: “CHE PALLE!”
Povero Shikamaru! Questo il prezzo della
sua curiosità e della sua pietà per la ragazza di troppo! Allora cari lettori,
il capitolo vi ha lasciato con le orbite da fuori? XD
È venuto parecchio lungo, e ad un certo
punto temevo di allungare il brodo inutilmente con la scenetta del gruppo 10,
ma volevo approfondirne la psicologia dei membri e narrare dal mio punto di
vista ciò che è potuto accadere nel manga ma che per ragioni di spazio non si è
mostrato. Ma ora veniamo all’evento clou del capitolo…
TAYUYA HA UN AMNESIA!
E che amnesia! I progetti di Tsunade di un'altra chance di recuperare Sasuke
sembrano sfumare, quelli di Shikamaru per un po’ di tranquillità sono di certo
andati! Ci avreste pensato? Sono riuscito a tenervi sospesi fino alla rivelazione?
E soprattutto, vi è piaciuta questa bella piegozza che ho dato alla mia storia?
XD
Mi raccomando, fatemi sapere, che qui in
particolare voglio il vostro punto di vista! ^^
Per sapere che succederà ora, e come se la
caverà il povero Shikamaru vicino all’ignara Tayuya non dovete far altro che
continuare a seguirmi! Spero vi sia piaciuto, alla prossima!
PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!