Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Ameliasvk    14/06/2015    5 recensioni
"In principio ci furono le fiamme."
Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidanzato che non ha nemmeno mai visto in volto. Accade però che durante la festa di fidanzamento, la ragazza viene a conoscenza della più orrenda delle verità. Chi sono le creature che popolano i suoi incubi? Cosa vogliono da lei... ma soprattutto, sono reali? Ma è proprio quando tutte le sue speranze crollarono in mille pezzi, che Amelie viene salvata da un misterioso ragazzo, il quale, subito dopo…
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tempo Di Confessioni

_ Miguel_

Il buio si alternava ritmicamente a fievoli bagliori; i guizzi di fiamma a profonde campiture scure, mentre tutt'intorno regnava il caos.
Ovunque posassi lo sguardo, non c'era altro che rumore, disordine... pura anarchia.
Un vortice asfissiante, fatto di voci, membra intrecciate e mani smaniose.
Rapaci.
Quasi degli artigli.
<< Sterminatore!>> mi sentii chiamare.
Ma non me ne curai, anzi.
Continuai imperterrito il mio cammino, passando attraverso quelle braccia protese, allungate come tentacoli oltre le sbarre.   
<< Sterminatore!>> continuarono.
Tuttavia i suoni erano confusi, indefiniti, meri mormorii nel miasma delle prigioni.
Si trattava per la maggior parte di assassini, ladri, stupratori... la peggior feccia dell'umanità.
Non rientrava nei miei compiti occuparmi di loro, ma quando scarseggiavano i Ghuldrash da abbattere, la Prima Legione pretendeva da parte mia l'assolvimento di incarichi meno pericolosi... come quello di "giustiziere".
Al solo pensiero, soffocai una risata.
Giustiziere...
Ma di cosa? Per conto di chi?
Dell'Ailthium?
Un'organizzazione segreta, belligerante , dalla storia millenaria... ma estremamente corrotta, fino al midollo.
Per quanto i suoi ideali potessero fregiarsi di nobili intenti ed agognare alla salvezza, le sue fondamenta erano marce, imputridite, sul punto di crollare su sé stesse.
Purtroppo, si trattava unicamente di una questione di tempo.
I primi grandi pilastri avevano già cominciato ad incrinarsi.
<< Non restare lì impalato!>> vociò Angus, distogliendomi dai miei pensieri.
Con una sferzata poderosa, strattonò la catena che mi teneva legati i polsi, forzandomi ad avanzare dietro di lui.
Un prigioniero sputò a terra, catturando nuovamente la mia attenzione.
Per qualche strana ragione, non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi.
Pover'uomo...
Per colpa del suo stile di vita efferato, in un modo o nell'altro si era ritrovato a pestare i piedi dell'organizzazione, la quale, senza remore, si prodigava affinché queste persone svanissero.
Nel nulla, nell'oblio, come spettri di anime dannate.
Ed ora li osservavo, sì.
Facevo scivolare lo sguardo sui loro volti sporchi, sudati.
Una sottile patina di lerciume rendeva la loro pelle scura, quasi nera, mentre i capelli avevano preso le sembianze di un'unica una massa solida e collosa.
Come feroci animali da circo, se ne stavano accalcati nelle loro gabbie, circoscritti dal perimetro delle sbarre d'acciaio.
Lo spazio era troppo poco, troppo angusto.
Claustrofobico.
A stento riusciva a contenere quella moltitudine spropositata di carne e sangue.
Ma non era finita lì.
Lo sapevo fin troppo bene.
Quella era solo l'anticamera delle carceri. Una sottospecie di limbo, un luogo indefinito.
Di passaggio.
Le vere prigioni avevano inizio più in basso.
Scortato da quel figlio di puttana di Angus, discesi una lunga scalinata, finché l'ennesimo filare sterminato di gabbie riempì la mia vista.
<< Ti ricordi di loro?>> ghignò il bastardo, facendomi strada con una torcia.
La flebile luce delle fiamme rischiarò le pareti in pietra, prive di finestre, gettando a terra il profilo traballante delle nostre sagome.
La sua domanda rimase in sospeso, ma non gli risposi.
Non a voce.
Mi limitai semplicemente a guardarlo storto, con strafottenza, annuendo con un lieve cenno del capo.
Per chi mi aveva preso?
Ovviamente li ricordavo tutti.
Conoscevo i loro nomi a memoria, ogni dato perfettamente registrato, catalogato ed immagazzinato.
Un marchio indelebile, impresso a fuoco nella mia corteccia celebrale.
Senza proferir parola, io e quell'energumeno ci spostammo nelle ombre.
Le sue grosse dita strette intorno al catenaccio che mi legava i polsi.
E tirava.
Con forza, il fiato mozzo per la fatica.
Angus era famoso per la sua forza, era un generale... un alto ufficiale!
Ricopriva una delle cariche maggiori all'interno della Legione, ma in quanto ad intelligenza... di certo non brillava. Avevamo lavorato fianco a fianco infinite volte, conoscevo molto bene l'entità della sua potenza, ma era pur sempre un umano. Potevo schiacciarlo come e quando volevo.
Il problema era che... purtroppo, non potevo.
Quei bastardi tenevano Amelie come ostaggio, e bastava un passo falso da parte mia, per metterla in pericolo di vita.
Maledetti bastardi...
Mi controllavano, sì... ma attraverso un fottutissimo ricatto!
Senza nemmeno rendermene conto, passammo nel mezzo di un lungo corridoio, tra due fila parallele, fatte di sbarre d'acciaio e rigidi portoni in ferro battuto.
Il baccano laggiù era ancora più assordante.
Doloroso.
Mi faceva fischiare le orecchie, sovraccaricandole di una quantità eccessiva d'informazioni.
C'era chi imprecava, chi malediceva il mio nome, chi semplicemente non riusciva a trattenere le urla per la disperazione. Era il delirio, la follia, la bocca dell'inferno.
Poi ogni cosa si spense, le urla cessarono e la stridente cacofonia s'affievolì in sussurri sempre più lontani.
Angus si fece di lato, la torcia puntata in avanti, la luce ingurgitata completamente dall'oscurità.
C'era silenzio ora.
Forse fin troppo.
Ma la quiete durò solo pochi attimi; il tempo d'un sospiro, di un fremito, di un battito di ciglia.
Adesso non c'erano più le gabbie, nessuna cella addossata alle pareti.
Solo il vuoto.
Un baratro immenso, oscuro... una gola che sprofondava sempre più in basso.
Sempre più giù... nelle tenebre.
Tra le viscere della terra.

_ Amelie_

<< Fatemi uscire!>> gridai
Ma non ricevetti alcuna risposta.
Decisi allora di guardarmi attorno, stretta in quegli abiti che non erano i miei, in quella stanza sconosciuta, eccentrica, che non riuscivo a riconoscere.
Mi era tutto nuovo.
Tutto ostile.
Mi trovavo in una camera dall'aspetto piuttosto singolare; la luce emessa dai candelabri invadeva ogni superficie disponibile; c'erano poltrone imbottite, sedie, un grazioso divanetto di forma arrotondata e una specchiera addossata alle mura.
Poi, alle mie spalle svettava il letto: eccessivo, enorme... un tripudio di lusso e cattivo gusto.
Sgargianti sete cinesi si alternavano a broccati dalle tinte cupe, mentre cuscini d'ogni tipo e fattura erano sparsi sul materasso. Il tutto decorato sui toni del rosa, del blu e del giallo più acceso.
Non avevo mai visto nulla di simile.
Ogni superficie sembrava finta, surreale, persino il pavimento cosparso da una moquette azzurrina pareva frutto di un vaneggiamento, di un'illusione.
Si aveva l'impressione di vivere in una casa per le bambole.  
A quel pensiero assurdo scossi la testa, stringendo i pugni con forza, quasi a volermi accertare che le fitte che sentivo fossero reali.
Purtroppo, lo erano eccome.
 << Ehi...>> continuai con voce incerta, << Lo so che sei lì fuori! Mi hai sentito?!>>
Oh, sì.
Chiunque ci fosse stato al di là della soglia, aveva udito alla perfezione le mie parole... ma si limitava a giocare, a nascondersi pur di non rivelare la sua presenza.
Ed io stufa... stavo perdendo la pazienza!
Proprio così, perché sapevo di non essere sola.
Percepivo le risate, le voci sommesse, i respiri pesanti.
Tutto.
<< Per favore!>> urlai.
Ma niente, nulla.
La cappa di silenzio persisteva, avvolgendomi in modo sempre più asfissiante nella sua gelida morsa.
Dopodiché, discese l'angoscia.
Una lacrima traditrice ruppe gli argini dei miei occhi, scivolando velocemente verso il basso, sulle gote, per poi andare a morire agli angoli delle labbra.
Sentii il sapore del sale invadermi il palato, ustionarmi la gola, ma cercai ugualmente di darmi un contegno.
Non c'era tempo da perdere, perlomeno non a causa di inutili piagnistei.
Quindi mi alzai da terra, e senza ulteriori indugi mi avventai come una pazza contro il portone.
Dannazione!
La maniglia in ferro era bloccata, irrigidita dalla ruggine e dalla mancanza d'olio.
Non si muoveva, non si abbassava, restava semplicemente immobile.
Allora presi ad urlare, a dimenarmi, sforzando le corde vocali fino all'impossibile.
Ero disperata.
Nel giro di una notte, avevo perduto tutto quanto... di nuovo.
Nigel aveva tentato di stuprarmi, Erick l'aveva ucciso e Miguel... beh, Miguel era stato fatto prigioniero da Ryan.
Il solo pensiero bastava a disgustarmi.
Conati di vomito si alternavano ad inondazioni di lacrime, mozzandomi il respiro più d'una volta.
E tutto per colpa di Ryan...
Quel viscido verme traditore!
Come aveva potuto fare una cosa del genere?
Arrestare Miguel... ma con quale diritto?
Sotto che accusa?
Lui era innocente... non c'entrava assolutamente nulla con l'assassinio di Nigel!
<< Ryan!>> strepitai, le labbra incollate alla porta. 
Erano ore che invocavo il suo nome invano.
<< Apri questa porta!>> continuai imperterrita, sbattendo le nocche contro la superficie rigida del legno.
I colpi erano secchi, furiosi, una raffica di pugni e collera repressa.
<< Lo so che sei qui fuori! Fammi uscire!Ti prego...>> lo implorai disperata, << Dimmi di Miguel...>>
 A malapena percepivo le ossa infrangersi su quella massa compatta, scricchiolante, ma incredibilmente solida.
<< Lui... dov'è?! Dove l'avete portato?>>  
Sconquassata dall'ennesimo senso di nausea, reclinai la testa indietro, cercando in tutti i modi di respirare.
Era difficile.
Ad ogni rantolo soffocato, sembrava che inspirassi veleno.
L'aria aveva assunto la consistenza del piombo e i miei polmoni parevano sanguinare.
Ma che mi stava accadendo?
Forse... sì, forse mi trovavo imprigionata all'interno di un orribile incubo...  o magari stavo impazzendo del tutto.
Chissà.
Come scottata da una cascata d'olio bollente, mi allontanai da quella porta sigillata, posando le mani sulle tempie.
Per un attimo, sembrò quasi che quel contatto potesse alleviare le mie sofferenze...
Quanto mi sbagliavo!
Nel giro di un secondo, il sollievo divenne afflizione, dolore, e la realtà si riversò su di me come una doccia gelata.
Faceva male.
Tremendamente male.
<< Fammi uscire!!!>> ripetei, la voce talmente alta da spaccarmi i timpani.
Ma non ci fu alcuna risposta.
 << Maledizione, Ryan! Ti ordino di farmi uscire di qui! ORA!!!>>
Per l'ennesima volta, tempestai la porta di pugni, fino a sentire le nocche infrangersi e bruciare.
Mi accanii sul legno con tutta la forza che possedevo, dando fondo alle ultime energie che mi erano rimaste.
Ma alla fine, come un fantoccio a cui avevano tagliato i fili... caddi a terra.
Esausta, svuotata, esaurita di ogni linfa vitale.
<< Ti prego!>>
L'aria si riempì dei miei singhiozzi, mentre con il cuore in frantumi fissavo la ruggine sui cardini, nelle speranza di sentirli scricchiolare.
Dopodiché ci fu il silenzio più assoluto, interrotto unicamente dal ritmico ticchettare di un orologio a pendolo.
Le lancette segnavano le tre e un quarto, ma non avrei saputo se del mattino o del pomeriggio.
La stanza era priva di finestre e quel portone chiuso rappresentava l'unica via d'uscita.
Improvvisamente, però... ci fu un ronzio metallico, d'ingranaggi, e l'orologio batté l'ora quattro volte, cinque, fino ad arrestarsi sullo scandire del settimo battito.
Il suono rimbombò tra i muri, frastornante come il contraccolpo d'un tuono, facendomi sussultare spaventata.
Ma com'era possibile?
Le sottili stanghette dorate erano ferme alle tre e un quarto...
<< Quanto baccano! Quell'orologio è insopportabile, quasi quanto le tue urla!>>
Per poco non sputai via il mio stesso cuore.
Mi voltai di scatto verso la porta, trovandola improvvisamente spalancata.
<< C-chi sei? C... Come sei entrata?!>> gracchiai terrorizzata.
La ragazza si fece avanti con nonchalance, scrollando lievemente le spalle.
Possibile che non l'avessi sentita varcare quella soglia?!
<< Il mio nome è Elizabeth, ho il compito di vegliare su di te. Ma se ti va puoi chiamarmi Lizzy.>>
Il sorriso che la giovane mi rivolse fu quasi accecante, tanto che dovetti distogliere lo sguardo per non restarne folgorata.
Ma non le risposi, non parlai.
Restai semplicemente zitta, nell'attesa che le mie pulsazioni cardiache riacquistassero un ritmo normale.
L'improvvisa comparsa di quella fanciulla, mi aveva lasciato senza fiato.
<< Ti senti male?>> fece sporgendosi in avanti.
La vidi tendermi gentilmente una mano, ma con un gesto brusco la rifiutai.
Non volevo che mi toccasse.
<< Tu sei una di loro!>> le ringhiai contro, << Fai parte della stessa combriccola di Ryan!>>
Mi alzai in piedi senza il suo aiuto, fronteggiandola in tutta la mia altezza.
Elizabeth mi guardò con aria di sfida, incrociando le braccia al petto in un atteggiamento che voleva essere minaccioso... peccato che la sovrastassi di ben trenta centimetri.
Era una ragazza di bell'aspetto, ma piuttosto bassa, con fluenti capelli castani e occhi color nocciola.
Solo in seguito mi resi conto che fosse vestita come un uomo: indossava un vecchio completo grigio antracite, con tanto di cravatta annodata al collo, guanti e panciotto.
<< E quindi?>> disse con voce stizzita, << Faccio parte dell'Ailthium, sì! Sono una cacciatrice e ne vado fiera! Qualche problema?>>
<< Molti.>> sibilai.
Un ghigno strafottente le sfiorò le labbra, facendola sembrare quasi minacciosa.
Ma non del tutto.
<< Beh, vorrà dire che dovrai farteli passare, principessina dei miei stivali!>>
Sentii i miei polmoni gonfiarsi di boria, erano pronti a scoppiare da un momento all'altro.
<< Come mi hai chiamata?>> m'inviperii.
Elizabeth schioccò altezzosamente la lingua.
<< Oh, beh... te ne stai lì, tutta composta, indignata, con la puzza sotto al naso... Scendi dal piedistallo, tesoro, ora appartieni all'Ailthium!>>
<< Che cosa vuol dire?>> strepitai.
<< Semplicemente quello che ho detto: sei nostra ospite, adesso. Non avrai scampo...>>
La guardai con occhi spiritati, come se davanti a me ci fosse un'entità aliena.
<< Tu sei pazza!>> gridai, << Io non appartengo a nessuno! Mi avete portato qui con la forza, avete rapito Miguel... siete tutti dei bastardi!>>
La giovane inarcò leggermente un sopracciglio, sorridendo a mezza bocca.
<< E così sei tu...>> sogghignò, squadrandomi dalla testa ai piedi.
Dopo un'attenta analisi, annuì col capo, tornando a fissarmi con aria divertita.
<< Sei tu la "mela della discordia"... colei che ha fatto imprigionare lo Sterminatore...>>
<<
Non so di cosa stai parlando...>> bofonchiai.
<< Miguel Meterjnick...>> replicò, << Lo Sterminatore...>>
Nel sentir pronunciare il nome di Miguel dalle sue labbra, una fitta dolorosa mi colpì al cuore.
Non sapevo cosa centrasse lui con questa mezza specie di congregazione dal nome assurdo... ma era certo che all'interno di quest'ultima fosse conosciuto fin troppo bene.
<< "Sterminatore">> ripetei, << Perché lo chiami così?>>
Elizabeth riuscì a stento a trattenere le risate.
<< Non lo sai?>> domandò incredula, << Davvero non lo sai?>>
Scossi la testa imbarazzata, mentre le mie guance sfioravano i toni del viola.
Miguel era sempre stato riservato, soprattutto per quanto riguardava le questioni di lavoro...
<< Beh... lui è la nostra arma più potente. Il nostro mastino da caccia. È lo sterminatore di Ghuldrash.>> esclamò con aria fiera.
Poi i suoi occhi castani si rabbuiarono.
<< Ma per colpa tua... sarà sottoposto ad un processo. E sai una cosa, principessina? Nessun imputato ne è mai uscito vivo.>>
<< Che cosa?!>> urlai, terrorizzata dalle sue parole.
Elizabeth distolse lo sguardo.
<< No!>> strillai, << Non può essere! Lui è innocente! Non è stato lui ad uccidere Nigel! Io lo so!>>
Con una foga che non riuscii a contenere, afferrai le mani di Elizabeth, costringendola a guardarmi in faccia.
<< Devi credermi!>>
I suoi occhi ebbero un guizzo.
<< Ti credo.>> disse puntando le pupille nelle mie, << Ma loro sono convinti del contrario!>>
<< Chi?!>> chiesi in preda al panico.
La ragazza ricambiò la mia stretta, con vigore, fin quasi a stritolarmi le dita.
Era piccola, bassa, ma incredibilmente forte.
<< Ma non sai proprio niente, tu!>> vociò esasperata, << Loro! I capi! Quelli del consiglio ristretto!>>
<< Fammi parlare con loro! Gli spiegherò tutto!>> mi affrettai a dire.
Ma Elizabeth scoppiò in una fragorosa risata.
<< Tu vaneggi, principessina! Senza una convocazione, è impossibile incontrarli. E loro non convocano. Mai. Nessuno li ha mai visti, nessuno conosce le loro facce. Nemmeno i membri più importanti.>>
Quella notizia calò su di me come una scrollata di pioggia ghiacciata.
E adesso?
Che cosa potevo  fare?
<< Lizzy, ti prego!>> la implorai, arrivando a chiamarla persino con il diminuitivo del suo nome... pur di entrare le sue grazie.
Non so se lo stratagemma fece effetto, ma quantomeno riuscii ad ottenere la sua completa attenzione.
<< Ti scongiuro... devi aiutarmi! Dobbiamo liberare Miguel, presto... subio, il prima possibile! Lui è innocente! Non può essere processato per un crimine che non ha commesso!>>
La brunetta accentuò maggiormente la presa sulle mie mani.
<< Su questo siamo d'accordo.>> sostené, << Ma non so come aiutarti.>>
 
<< Non dire così, ti prego! Non posso parlare con nessun altro?>>
Alle mie parole, il suo volto s'illuminò di speranza ed un sorriso ricco di promesse le increspò le labbra.
<< Cassandra...>> sussurrò piano, con un filo di voce, quasi fosse un sacrilegio pronunciare quel nome in vano. << Sì, Cassandra... non c'è soluzione! Lei è la sola in grado di fare qualcosa.>>

_ Miguel_

Raramente le torture avevano effetto su di me; la pelle tendeva a rigenerarsi velocemente, senza sanguinare, per poi tornare liscia e compatta, come nuova.
Ma la flagellazione, era una sevizia di tutt'altra pasta.
Il segreto stava nella velocità: più i colpi venivano inferti in modo incalzante, minore era tempo a disposizione delle ferite per guarire.
Ovvio, ogni caso era a sé stante... ma una pena del genere, se inflitta magistralmente, era piuttosto efficace.
 << Allora?!>> ghignò Angus, tra una sferzata e l'altra. << Ti sei deciso o no?>>
Mi morsi la lingua pur di non parlare, e stringendo i pugni, sopportai stoicamente un altra carrellata di frustate.
<< Razza di bastardo!>> imprecò esausto, facendo cadere l'arma a terra.
<< Che c'è, Angus?>> lo sfidai, << Sei già stanco? Basta così poco a fiaccarti?>>
Gli occhietti da cinghiale dell'energumeno si ridussero a due fessure scure, senza fondo.
Potevo leggere al loro interno, ma non trovai altro che odio e frustrazione.
Stavo mettendo a dura prova i suoi nervi, provocandolo in continuazione, ma lui non se ne rendeva nemmeno conto.
<< Brutto stronzo!>> ringhiò, << Te la faccio vedere io!>>
Con un piegamento mal calcolato, protese le braccia a terra in direzione della frusta e dopo averla afferrata, tornò in piedi barcollando.
Impressa sul suo volto c'era un'espressione rivoltante, animalesca.
Un puro concentrato di disprezzo.
<< Confessa!>> tuonò, << Devi confessare!>>
Ma le mie labbra, stoicamente, rimasero serrate.
<< Avanti!>>
Il Metallo fischiò, le catene tirarono e per la milionesima volta, la frusta calò impietosa sulla mia schiena.
Sentii il cuoio scalfire la carne, la pelle lacerarsi e un fottio di sangue fuoriuscire dalle ferite.
Il liquido rosso m'inzuppava completamente i vestiti, rendendoli vischiosi come fango.
<< Confessa!>> continuò a gridare quel figlio di puttana. << Avanti, Miguel! Confessa!>>
<< No... mai!>> sibilai, stringendo i denti per non urlare.
Ma Angus non sopportava un "no" come risposta, e con ulteriore violenza, scudisciò l'ennesimo colpo sulla mia spalla.
Al pari di un veleno mortale, il dolore dilagò fulmineamente attraverso i vasi sanguigni, incendiandoli.
Ma ormai c'ero abituato.
Innumerevoli strisce scarlatte, percorrevano la mia schiena in ogni direzione; si sovrapponevano tra loro, le une sulle altre, in un reticolo fitto, composto unicamente da solchi profondi e lembi di pelle sbrindellata.
<< Non fare lo spavaldo, amico! Non ti servirà a niente!>> ruggì il bestione.
<< Fottiti!>> tossii, sputando a terra il mio stesso sangue.
A quella vista Angus sorrise, forse soddisfatto del suo operato.
<< Ottimo lavoro, Angy!>> esordì una voce alle nostre spalle.
Era roca, irritante, fin  troppo riconoscibile.
<< Camaleonte...>> lo accolse il mio aguzzino.
A stento riuscii a voltare il capo, quel tanto per distinguere la sagoma smilza e ben vestita di Ryan.
<< Miguel... caro amico mio...>> si rivolse a me, sfoggiando il più fasullo dei sorrisi.
<< Se sei qui per consigliarmi amorevolmente di confessare, stai sprecando fiato.>> lo avvisai, << Sono innocente. Non confesserò MAI un crimine che non ho commesso!>>
La sua risata gutturale si sparse tra le mura dei sotterranei, diradandosi in echi sempre più bassi, lontani.
Fino a svanire nel nulla, fagocitata dal buio.
<< Non ti facevo così sciocco, Miguel!>> fece con tono disinteressato, avanzando di qualche passo.
<< Deve essersi fottuto il cervello!>> commentò Angus.
Ryan raggiunse gli anelli che tenevano le mie braccia sollevate, accarezzandoli con la punta delle dita.
<< Hai perso molto sangue, amico mio. E ne perderai ancora... presto o tardi la fame si risveglierà ed il tuo corpo inizierà a reclamare una sostanziosa quantità di nutrimento...>>
Senza staccare gli occhi dai miei, fece scivolare una mano nel taschino interno del suo soprabito nero, rivelando la presenza di una boccetta di vetro, contenente un liquido scuro.
Sangue...
Alla sua vista, una fitta improvvisa mi attanagliò lo stomaco.
<< Sono sopravvissuto a situazioni peggiori...>> sogghignai, celando il dolore dietro una maschera d'inflessibile arroganza.
Ryan sorrise amabilmente, ma non i suoi occhi.  
<< Oh, Miguel... ma non abbiamo ancora finito con te!>> mormorò d'un fiato, sfiorandomi le labbra con il tappo della boccetta.
La vicinanza del sangue eccitò irrimediabilmente i miei sensi, e fuori controllo, i miei occhi s'irrorarono di porpora.
<< Potresti porre fine alle tue sofferenze con un'unica parola... non è difficile, ti basta confessare. Avanti... >>
<< Preferirei bruciare al rogo, piuttosto!>> gli inveii contro.
Vidi il volto di Ryan rabbuiarsi, il suo sorriso spegnersi e lo sguardo diventare totalmente inespressivo.
<< Bene... tra meno di un giorno avrà inizio il processo. E chissà, amico mio... con tutte le probabilità, il tuo desiderio finirà per avverarsi.>>

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------


Angolo dell'Autrice: 
Saaaaaaaalveee! Vi ero mancata? Voi moltissimo T.T
Purtroppo questo è un PERIODACCIO e devo sto preparando ben 6 esami... quindi immaginate quanto io sia schizzata in questo momento! XD Non credo che sia difficile, purtroppo è tanto che non aggiorno, e dopo questo capitolo, credo che passerà altrettanto tempo, poiché la vera e propria sessione d'esami inizierà il 22 giugno e prima di luglio, non credo che riuscirò a postare il prossimo capitolo! Davvero, mi dispiace tantissimo farvi aspettare ma... capitemi! T.T Prometto che mi farò perdonareeee! Lo giuro! 
Coooomunque, tornando a questo capitolo... Beh... Non so nemmeno io che cosa dire... lo considero un capitolo di transizione, dove non succedono chissà quali cose, ma è necessario per la narrazione. Innanzitutto, facciamo un giro nelle prigioni dell'Ailthium... che non sembrano affatto un bel posto >.> e poi comincia anche a delinerarsi maggiormente la figura dell'Ailthium. Purtoppo, il nostro Miguelito non naviga in buone acque... soprattutto tra le grinfie di Angy (non è carinissimo? XD) e Ryan. 
Ame invece, si ritrova reclusa in una stanza stranissima, e dopo vari incontri di box con la porta, fa la conoscenza di Lizzy, una cacciatrice dell'organizzazione che ha il compito di tenerla d'occhio. Non so voi, ma io mi sono divertita un mondo nel descrivere il loro incontro XD Mi piace Lizzy, soprattuto per il modo in cui tratta Amelie. 
Speriamo solo che l'incontro tra le due fanciulle porti a qualcosa di buono per il nostro Miguelito... 
Ps. Non vedo l'ora di scrivere di Cassandra *_* 

Eeeeeeee poi, i ringraziamenti! 
Dunque! Vi ringrazio tutti dal più profondo del cuore, davvero, lo so che ad ogni nota divento monotona e ripetitiva, ma davvero senza di voi che leggete, seguite, e recensite questa storia... non saprei davvero come andare avanti! Mi aiutate tantissimo! E ve ne sono infinitamente grata <3

Un bacione
Vostra, 
Rob 
<3

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Ameliasvk