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Autore: VeronicaDauntless    15/06/2015    1 recensioni
Nelle fiabe, a volte, i sogni si avverano. E se sognaste di cadere in un pozzo guardando il vostro riflesso? Fin da bambina la più grande paura di Belle è quella di addormentarsi, quella di sognare. Non immagina che di lì a breve, tentando di salvare suo fratello, si sarebbe ritrovata prigioniera di una bestia.
Dal prologo: "Avrebbe potuto dire di aver perso la sua umanità molti anni addietro, ma la verità era che non l’aveva mai avuta. [..]Questa non è la sua storia. Questa è la storia di come il suo cuore riprese a battere."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adam, Belle, Gaston, Lumière, Quasi tutti | Coppie: Adam/Belle
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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            Image and video hosting by TinyPic 15- Bestia

Aveva distrutto l’unica speranza che avrebbe mai avuto. L’aveva frantumata, sbriciolata,
calpestata, polverizzata, e con le sue stesse mani. Aveva visto una possibilità profilarsi 
all’orizzonte, si era prodigato affinché ogni cosa andasse nel verso giusto e poi aveva 
rovinato tutto. Le aveva confessato di essere la causa della morte di sua moglie e lei 
aveva semplicemente smesso di guardarlo. Era tornata al castello, silenziosa, senza 
aspettarlo né proferire parola. Non aveva osato seguirla, fermarla, provare a spiegare. E, 
quando non era voluta scendere per la cena, aveva sentito ogni suo sforzo farsi vano, 
l’ultima sua occasione scivolargli via dalle mani come acqua, lui, che come un bambino 
troppo smanioso aveva cercato di afferrarla. Alla fine lei lo aveva riconosciuto per quello 
che era davvero, un mostro e lui non poteva sopportarlo. Lei era la sua unica possibilità 
per porre fine alla maledizione e tornare quello che era un tempo. La frustrazione aveva
bussato alla sua porta, pronta, e lui aveva lasciato che lo sopraffacesse, che la rabbia le si
sostituisse indisturbata.
Ed esattamente in quell’istante, aveva sancito la sua condanna.
Continuava a vedere quello sguardo spaurito, terrorizzato che lo fissava allibito. 
L’espressione spaesata quando l’aveva lasciata nelle segrete, il rumore del fiato trattenuto 
quando l’aveva stretta con troppa forza.
Cosa rimaneva dell’uomo, ora che non aveva più neanche il controllo di sé?
La bestia. Rimaneva solo e sempre la bestia.
Uscì dalla sua camera con furia, davanti alle scale che conducevano alle celle esitò per alcuni
istanti.
Scusarsi, parlare, spiegare, essere gentile..
Avrebbe dovuto andare da lei?
Con un ringhio soffocato recuperò la furia che l’aveva animato e uscì dal castello.

Cosa rimaneva dell’uomo..? Solo la bestia..
Sull’ultimo gradino iniziò la sua corsa.
Sovrastato dalla notte, circondato da morte e gelo, fu a quattro zampe, come l’animale che 
era, avanzava, rapido, letale, fiutando l’aria, sguainando gli artigli, mostrando le zanne, 
cacciava.
Si era illuso di poter essere ancora un essere umano, quando non era altro che un predatore
e della preda sentì l’odore, rintracciò la corsa, braccandola.
Catturò il cerbiatto, ruggendo, avventandosi su di lui con le fauci spalancate.
E la preda non ebbe scampo.
Ma, con i denti e l’anima immersi nel sangue e nella carne della creatura, avidi della sazietà,
un sussulto richiamò la sua attenzione, facendogli sollevare di scatto la testa.
Due occhi sbarrati lo fissavano sconvolti.


Un sussulto le aveva scosso il corpo e si era coperta la bocca con le mani per non urlare. 
Quegli occhi gialli, ora folli, la guardarono per pochi attimi, prima che la bestia si 
sollevasse, aspettando una sua azione. Era coperto di sangue,  intorno alla bocca, sulle
zanne, sul corpo, ritirò gli artigli, continuando a scrutarla. Il cerbiatto giaceva a terra, ai suoi
piedi, ormai senza vita, dilaniato.
A quella visione, si girò e scappò via, sperando che non la raggiungesse, pregando di 
arrivare allo specchio prima che la fermasse, chiamò a raccolta tutte le sue forze, implorò i 
muscoli di sostenerla. Non osò voltarsi indietro, né ascoltare il rumore dei suoi passi dietro
di lei, sentiva solo il proprio fiato sfiancato e terrorizzato tuonarle nel petto, il battito ansioso
del cuore pulsarle nella testa. Respinse le lacrime che già le pungevano gli occhi, mentre, 
sfinita, rallentava la sua corsa.
Non ce l’avrebbe fatta..
Un ululato la raggiunse, vicinissimo, e si fermò di colpo. Più di un ululato. In un battito di ciglia
cinque lupi la circondarono, fissando gli occhi su di lei e sfoderando i canini.
Come nel suo sogno, quello di fronte a lei balzò, scagliandosi contro il suo volto e lei urlò, 
coprì il viso con le braccia e strinse gli occhi.
Ma il colpo non arrivò mai. Per uno splendido istante, pensò di essersi svegliata, che quello
fosse tutto solo un incubo. Quando aprì gli occhi, vide la bestia lottare con i lupi.
Lo circondarono, avventandosi su di lui, mordendolo.
Lui urlava, ferito, ma continuava a graffiare a sua volta, mordendo, ringhiando contro di loro, 
animato da una furia più folle che mai.
Lo guardava, incapace di muoversi, un terrore acuto che ancora le squarciava il petto.
I lupi erano in maggioranza, forti e la bestia parve arrendersi, accasciandosi sulle ginocchia, 
respirando a fatica. I lupi lo sovrastarono.
Si guardò intorno, agitata. Doveva aiutarlo. Le serviva qualcosa, qualunque cosa.
Raccolse da terra un ramo spezzato, abbastanza sottile per poterlo stringere in una presa salda
e poterlo sollevare. Raggiunse una delle belve e la colpì con forza.
Non sarebbe scappata mentre lui moriva. Non l’avrebbe abbandonato.
Il lupo guaì, voltandosi e guardandola con occhi iniettati di sangue.
Arretrò, spaventata, impugnando con forza il ramo davanti a sé.
Sarebbe morta, di questo era certa, ma non l’avrebbe abbandonato. Poi, con un sussulto, sentì un
urlo brutale e la bestia si eresse dietro l’animale, scaraventandolo via con una zampa. Quello guaì
ancora e corse via, abbandonando i corpi ormai senza vita dei suoi compagni.
Belle li guardò, stesi sulla terra macchiata di sangue, inermi. E guardò Adam, ancora in piedi di 
fronte a lei, ferito, che la scrutava in silenzio. Lui l’aveva
salvata. Di nuovo.
Notò che barcollava leggermente sulle gambe sanguinanti e aveva il fiato affannato. Gli porse la 
mano e lo aiutò a tornare al castello. 


Aveva chiesto a Rebecca di portare dell’acqua e delle bende, sorridendole, quando aveva esitato, 
vedendola. Ad Adam, invece, aveva detto di sedersi davanti al fuoco, sulla poltrona, poi si era
inginocchiata accanto a lui e aveva pulito le sue ferite, facendo ben attenzione a non alzare gli occhi
sul suo viso, nonostante sentisse il suo sguardo rovente puntato addosso.
-Stavi scappando- disse alla fine, ritraendo appena la mano. Doveva fare molto male, ma lei non 
poté fare a meno di sorridere.
-Sì- disse solo.
-Chi ti ha aiutato?-
Sollevò lo sguardo, alzando le sopracciglia.  –Va bene, non dirmelo-
Fasciò l’avambraccio con una delle bende, poi passò al volto. Lavò via il sangue, tamponò 
delicatamente i tagli con una delle bende asciutte. Cerotti e acqua ossigenata sarebbero andati molto
meglio.
-Perché non sei andata via quando potevi?-
-Non abbandono qualcuno che è in pericolo-
-Neanche me?-
-Adam, tu sei.. una bestia e non intendo questo- indicò il suo volto. –Hai dimenticato cosa vuol dire
l’umanità già da prima della maledizione, ma.. se ti avessi lasciato lì lo sarei stata anch’io-
Abbassò lo sguardo, stringendo i pugni e serrando la mascella.
-Quindi ora lo vedi- tornò a fissare gli occhi nei suoi.  –Il mostro-
Ripensò al cerbiatto, al sangue, al modo in cui l’aveva trascinata nelle segrete. Una buona azione non
riscattava tutto.
-Sì-
-Perché mi hai visto nella foresta?-
-Perché mi hai ingannato, perché non hai imparato nulla dal passato. Solo le bestie compiono sempre
gli stessi errori- sospirò.  –Avresti mai considerato il debito estinto?-
Non rispose, si limitò a guardare il disegno della rosa sulla mano che teneva ancora la benda. La indicò.
-Se avessi attraversato lo specchio, saresti morta. Cosa avevi intenzione di fare?-
-Io.. beh, c’è un solo petalo ancora, quindi manca una sola notte. Avrei aspettato nella rimessa, 
sperando che tu non ti accorgessi della mia fuga fino a quel momento. Ma, se tu non avessi 
considerato il mio pegno pagato neanche allora, immagino che sarebbe stato inutile-
Chiamò Rebecca, le porse la bacinella piena d’acqua cremisi e le bende avanzate. Tornò a sedersi
accanto a lui.
-In ogni caso, grazie per avermi salvato. Neanche tu eri costretto-
Si morse il labbro, avvolgendo le braccia intorno alle ginocchia.  –Dimmi una cosa. Eri nei miei sogni.. 
com’è possibile?-
-Una strega. È arrivata qui attraverso lo specchio anche lei e non è più voluta andare via-
-Lo specchio nella rimessa? Perché è lì?-
-L’ho fatto spostare io, subito dopo l’arrivo della strega. Avrei voluto distruggerlo, ma lei mi convinse
a risparmiarlo-
-Era di Rosaline?-
Annuì.  
Ma allora.. era stata Rosaline a fare in modo che lei arrivasse in quel posto o erano state tutte 
coincidenze? La copia dello specchio che la mamma aveva trovato nel negozio di antiquariato, la strega
che l’aveva convinto a non distruggerlo.
Aveva fatto in modo che Adam entrasse nei suoi sogni. Leon.. in fondo, le mancava.
Spostò lo sguardo sulle vetrate del salone, mentre le prime luci dell’alba facevano capolino in lontananza.
-Belle!- un urlo ancora fioco la raggiunse. Scattò in piedi, il battito accelerato e gli occhi sbarrati.
-Belle!- sentì ancora, più chiaramente.
Sorrise, sollevata e raggiante. Era Christian. Era tornato a prenderla, come nel suo sogno.
Suo fratello era lì.


Balzò alla porta, il fiato sospeso, un enorme sorriso che le illuminava il volto.  –È Christian!-
Sulla soglia del salone si fermò, perdendo il sorriso. Si voltò verso Adam, che non distoglieva l’attenzione
dalle fiamme nel camino.
Tornò da lui, cadde in ginocchio, le mani poggiate sul bracciolo della poltrona, lo sguardo implorante.
-Ti prego- sussurrò.  –Non fargli del male-
Fissò lo sguardo spento nel suo, imprigionandola per alcuni istanti.
Le mostrò il palmo della mano, chiedendole con quel gesto la sua.
Esitò, studiando la sua espressione, ma alla fine lo assecondò e aspettò.
Sfiorò la rosa con le dita e quella sparì poco a poco, come un serpente che si allontana tra l’erba alta. Lo
stelo spinato, il bocciolo ornato da un solo ultimo petalo.
Sgranò gli occhi e li fissò nei suoi. La stava lasciando andare?
-Il debito è estinto, sei libera. Va’ da tuo fratello, tornate a casa-
Avrebbe dovuto sorridere. Avrebbe dovuto gioire, non perdere altro tempo e correre fuori. Ma non ci riuscì. 
Non poté sorridere e non si sentiva felice. Per quanto Adam le avesse mentito, Leon le era sempre stato 
accanto. Continuò a tenere lo sguardo fisso nel suo, con l’anima preda di mille parole che avrebbe voluto 
pronunciare e che invece si persero prima di arrivare alle sue labbra.
La bestia ruppe improvvisamente quel contatto, voltando la testa verso il fuoco.
-Vattene!- sbraitò rude.
Sobbalzò, scattando in piedi. Lo guardò un’ultima volta.
-Belle!- sentì ancora.
-Prima che cambi idea- aggiunse.
Si avviò al portone d’ingresso, ma, prima di raggiungerlo, tornò a voltarsi.
-Grazie- sussurrò.
Non vide i pugni serrati o gli occhi privi di luce inchiodati sulle fiamme o l’anima che crollava in frantumi 
sempre di più ad ogni suo passo.
Attraversò l’ingresso, si precipitò per le scale e poi tra gli arbusti, senza mai voltarsi indietro.
-Christian!- urlò in risposta.
E lo vide. Non molto distante da lei, gli occhi cerchiati da grandi occhiaie e il volto pallido che si illuminò 
non appena la scorse.
Spalancò le braccia e lei vi si catapultò, lasciando che la stringesse a sé.
-Ero così preoccupato- sussurrò contro i suoi capelli.
Gli prese la mano e lo esortò a velocizzare il passo. Doveva allontanarsi da quel posto, da quegli eventi e
da quell’uomo. Avrebbe dovuto semplicemente dimenticare ogni cosa, lasciarsi tutto dietro le spalle.
Arrivati alla rimessa, Christian le fece segno di andare per prima attraverso lo specchio. Fece un profondo
respiro, costringendosi a guardare solo lo specchio e il suo riflesso su di esso, a non voltarsi indietro, a 
non esitare, a non soffermarsi su quel piccolo rifugio che ora le sembrava meno oscuro e crudele. Guardò suo
fratello, che le sorrise, chiuse gli occhi e passò attraverso la sua immagine riflessa.

 
Riaprì gli occhi in una stanzetta stretta, soffocata da troppe cianfrusaglie inutili o dimenticate e illuminata solo
da una piccola lampada da comodino. Suo fratello apparve subito dopo di lei.
-Ho spostato lo specchio nello sgabuzzino, sai, per evitare che accadesse qualcosa a Dominic o alla mamma
e anche perché non mi vedessero tentare di attraversarlo-
-Tentare..?-
-Dopo che la bestia mi ha scaraventato indietro, non sono più riuscito a passare, non fino ad oggi. Credo che 
ci fosse una specie di.. barriera, non so, o forse permette solo un determinato numero di viaggi ogni mese, 
l’importante ora è che tu sia qui-
-Ogni mese?-
I giorni erano passati così velocemente e allo stesso tempo le era sembrato che fosse passato molto più tempo.
Era stata via per un mese.
-Cosa hai detto alla mamma?-
-Ecco..- si portò una mano alla nuca con aria colpevole.  –Non le ho detto nulla, lei ha pensato che tu fossi, beh.. 
scomparsa. Ha chiamato la polizia-
Lo fulminò con lo sguardo, sospirando. Ma dopotutto, non avrebbe certo potuto dire che una bestia al di là di uno
specchio la teneva prigioniera. Fece per uscire dallo sgabuzzino, pronta ad inventarsi chissà quale bugia, quando
Christian la fermò.
-Belle, mi dispiace davvero tanto per quello che è successo, giuro che d’ora in poi ti darò sempre ascolto-
Era ora.
-Sono così dispiaciuto, è stata tutta colpa mia e lo so che sarà difficile perdonarmi, ma..-
-Christian- lo zittì con un gesto.  –Ti ho già perdonato, dopotutto, sei tornato indietro per me-
-Temevo che ti facesse del male-
-Non mi ha fatto del male, sto bene-
La studiò e lei sorrise, rassicurandolo.
Sospirò, lasciando la presa sul suo braccio.  –Una strana avventura da raccontare quando saremo vecchi-
Afferrò una mazza da baseball che Dominic aveva voluto comprare ad ogni costo, ma che poi era stata 
abbandonata lì, inutilizzata.
-Che vuoi fare?-
-Evitare che accada ancora-
Alzò le braccia e colpì lo specchio. Lei urlò, cercando di fermarlo, ma era troppo tardi. Un rumore acuto li circondò
e si coprirono il volto per proteggersi dalle schegge. Quando rialzò lo sguardo, Christian aveva lasciato cadere a 
terra la mazza da baseball e fissava l’involucro vuoto che gli stava di fronte. Decine di pezzi di vetro facevano 
risplendere il pavimento, rimandando indietro i loro riflessi spezzati.
Non sarebbe più potuta tornare indietro.

  
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