Underwater Moon
~ The play is done.
“Quanto
manca ancora?”
“Me
lo hai già chiesto cinque minuti fa,
mammoletta dal cavolo.”
“Non
ho sentito bene... cosa hai detto,
Bakanda?”
Allen
sbatté una mano sul grande tavolo di
legno, fissando negli occhi il ragazzo di fronte a lui. Se ne avesse
avuto il
potere, in quel momento lo avrebbe fulminato.
Scattò
in avanti, ma una mano fredda si
posò sulla sua, bloccando quel sentimento di rabbia.
“Smettetela
di litigare voi due, per
favore.”
Il
ragazzo inglese si lasciò ricadere sulla
sedia con uno sbuffo, le mani in grembo e i piedi sul tavolo, in un
gesto di
sfida. “Ti ha salvato il culo.” Sibilò,
indicando Lenalee ancora accanto a lui.
Kanda
non resse l'affronto.
“Chi
ha salvato il culo a chi?!”
Questa
volta fu lui ad alzarsi dalla sedia
e saltare sul tavolo, pronto ad avventarsi contro l'avversario.
“Oh,
Yuu-chan, fa un po' il bravo, stai
seduto al tuo posto.”
Il
rosso dall'altra parte della stanza fece
un sorriso, abbassando il quotidiano che reggeva fra le mani.
“Zitto,
guercio, o faccio lo scalpo pure a
te.”
“Adesso
basta.” Lenalee si alzò dal suo
posto, accanto ad Allen, e si diresse verso una delle tante finestre
nascoste
da spesse tende rosse maestose, legate fra loro con delle cordicelle
oro. “Non
siamo qui per giocare, quindi smettetela subito di
bisticciare.”
Sbirciò
la strada per un attimo, poi fece
dietro-front. Il lungo abito che indossava volteggiò
nell'aria, sospinto quasi
da un vento invisibile. “Ancora qualche minuto, poi tocca a
noi Allen-kun.”
Sibilò a bassa voce, ma il ragazzo in questione la
sentì perfettamente.
“Bene.”
A
momenti avrebbero agito, sarebbero
finalmente entrati in azione. Erano ormai settimane che non facevano
nulla di
utile a nessuno.
“Io
e lo stupido vi raggiungiamo a lavoro
concluso, giusto?”, domandò Kanda, indicando se'
stesso e Lavi che, nel
frattempo, fingeva di non ascoltare. Sapeva il piano a memoria, non
c'era alcun
bisogno di continuare a ripeterlo, e ripeterlo, e ripeterlo...
Sospirò,
piegando il giornale in due e
poggiandolo sul tavolino basso accanto alla poltrona in cui era
acciambellato
fino a pochi secondi prima. Si alzò piano, sistemandosi il
giustacuore e la
giacca nera. Sarebbe stata una lunga giornata per loro.
“Allora,
Yuu-chan, adesso io e te ce ne
stiamo qui buoni poi, quando loro hanno finito, andiamo anche noi. E'
semplice,
no?”
Kanda
non lo degnò di uno sguardo e sbuffò,
rivolto in direzione dell'alto orologio a pendolo che dominava la
figura
apparentemente calma di quella stanza. A volte si chiedeva cosa
c'entrassero
loro con tutto quello. Soprattutto...
“Lenalee,
hai visto la mia giacca?”
...
la mammoletta, che non faceva altro che
perdere le proprie cose.
“E'
sull'appendiabiti, Allen-kun.”
Lenalee
era quella più calma. Sopportava
tutti e cercava, continuamente, di non farli litigare, anche se, molte
volte,
invano. Era troppo calma, per una che era a conoscenza di
ciò che avrebbe fatto
a minuti.
Allen
si sistemò la cravatta nera, ed
infilò le braccia nella lunga giacca dello stesso colore,
con grazia. Nascose
il volto sotto un cappello a cilindro e si avviò verso la
porta, in attesa
della compagna, che lo raggiunse subito.
I
passi cadenzati di Lenalee, nascosti
dalla lunga gonna larga, suonavano rumorosi nella quiete della stanza.
“Tieni.”
Il
ragazzo le porse un parasole viola
scuro, in tinta con i decori dell'abito e i lunghi guanti, che arrivano
a metà
braccio.
“Grazie.”
Una
delle poche parole che pronunciava.
“Grazie”, “Zitti”,
“Basta”, “Allen-kun” e
“Basta Allen-kun”. In quei giorni il
suo vocabolario sembrava essersi drasticamente ridotto. Un record. O
forse era
semplicemente colpa del bustino nero che la stingeva in vita? Non
riusciva a
respirare e quindi teneva il fiato per cose più utili?
“Dovrò
togliermi i guanti? Dici che si
potrebbero sporcare?” Domandò il ragazzino, mentre
lui e la compagna si
allontanavano, chiudendo la porta dietro di loro.
“Basta
che tu li dia a me.”
“Ok.”
Kanda
e Lavi rimasero a fissare la porta di
legno pregiato dalla quale i due erano appena usciti.
“Per
loro due sembra così facile...”,
esordì Lavi, portandosi vicino ad una delle finestre che
dava sulla strada.
Kanda
si lasciò cadere su una sedia
imbottita, le braccia dietro la testa. “E' per questo che ha
mandato loro,
probabilmente. Si sono arresi subito.”
Il
rosso si voltò di scatto verso l'amico,
piuttosto preoccupato. “... Tu invece continui a
combattere?”
Non
rispose subito, fissava il soffitto, ma
lo sguardo perforante del compagno lo sentiva eccome.
“Sì.”
*****
“Di
qua?”
“Sì.”
Sbucarono
in un vicolo, piuttosto buio e, a
detta della gente, inadatto a persone vestite in quella maniera. Di
certo, gli
abiti eleganti che indossavano non passavano inosservati,
così come la
camminata lenta e controllata, inusuale per dei ragazzi della loro
età.
L'uomo
contro il muro urlò nel vederli, e
si appiattì al suolo, titubante.
“Io
so chi siete... Vi prego, lasciatemi
andare!”
Sul
volto apparentemente innocente di Allen
apparve un ghigno. “No.”
“Vi
prego...”
Lenalee
si fece avanti, il parasole che le
nascondeva i boccoli ben sistemati e il viso pallido. “Su,
Mr. Price, qui non
abbiamo tempo da perdere.”
L'espressione
sul volto dell'uomo si fece
ancora più preoccupata e terrorizzata nel momento in cui la
ragazza iniziò ad
avanzare, lentamente, verso di lui. Ogni passo sembrava scandire il
conto alla
rovescia per la sua fine. Lo sapeva già che quel giorno
sarebbe arrivato, ma
sperava non così presto. Sperava di riuscire a diventar
più forte, prima di
doverli affrontare. “No...”
Lenalee
si tolse un guanto e gli sfiorò il
collo, il sorriso sulle labbra carnose. I nervi dell'uomo di sciolsero
e la
mente smise di produrre pensieri, abbandonandosi ad una pace vuota e
misteriosa.
“Oh,
Lenalee. Così mi togli tutto il
divertimento...”
“Scusa,
Allen-kun. Ma sai anche tu che
prima finiamo, meglio è.”
Fissò
per un attimo l'uomo accasciato a
terra; all'apparenza poteva sembrare incantato, visto lo sguardo vuoto
e il
volto privo di espressione. “Lo finisci tu?”
“Hai
già fatto più della metà del lavoro
tu, Lenalee.”
“Vuoi
finirlo tu?”
“Ok,
ok...”
Allen
si tolse il guanto che portava sulla
mano sinistra e lo lanciò alla compagna, che lo
afferrò prontamente e lo
strinse a se', con gli occhi chiusi. Sembrava vuota,
notò Allen. Non
aveva più alcun tipo di reazione, non si comportava come la
vecchia Lenalee che
avevano conosciuto anni addietro. Era totalmente cambiata. Di lei
rimaneva
solamente il volto, per quanto potesse essere ancora il suo volto,
e il
nome. Non considerava nemmeno l'idea di aver avuto un fratello. Komui
la
riteneva morta, e lei fingeva che lui non fosse mai esistito. Era un
tacito
accordo, al quale entrambi si attenevano senza alcuna scappatoia.
Avevano
semplicemente smesso di considerarsi all'incirca un anno prima, da
quando...
“Mr.
Price, prima di andarsene vuol dire
qualcosa?”
L'uomo
spalancò gli occhi, e allungò una
mano stretta a pugno verso il volto di Allen. “Non mi avrete
mai!”
Il
ragazzo inglese sorrise e, come se nulla
fosse, gli afferrò la mano e la rivoltò,
finché non udì un sonoro rumore di
ossa rotte. “Speravo in qualcos'altro veramente, Mr. Price.
Però devo dire che
non aspettavo che si sarebbe ripreso così presto.”
“E'
ancora paralizzato.” Esordì Lenalee, le
braccia incrociate al petto e il parasole ancora aperto per coprirla.
“Ma...”,
Allen si voltò per guardarla, “...
Si è appena mosso! Se fosse stato
paralizzato...”
“E'
ancora paralizzato.” Tagliò
corto la compagna.
Il
ragazzo si volse di nuovo verso l'uomo a
terra. Era privo di espressione e sicuramente non poteva ancora
pensare, ma
com'era possibile che fosse riuscito a... muoversi...?
“Ah!” Esclamò, non
appena comprese.
“Vedo
che hai capito. Ora finiscilo.”
Allen
sogghignò; sarebbe stato un piacere
farlo, dato che era da tempo che non gli venivano assegnate missioni
per via di
Quel problema. “E' stato un piacere
conoscerla, Mr. Price.” E calò la
mano sinistra sul corpo dell'uomo, dilaniandolo. Uno schizzo di sangue
gli
sporcò il volto, ma non se ne accorse.
“Sbarazziamoci del cadavere.” Chiuse gli
occhi, ed un cerchio con al centro il numero centodue comparve sotto i
loro
piedi. Allen prese fra le braccia il corpo e lo lasciò
cadere nella porta
dell'Arca che aveva appena aperto.
*****
“Yuuuuu-chan!
Su!”
Il
giapponese gli tirò un pugno in pieno
volto. “Non mi chiamare per nome, stupido coniglio!”
Lavi
si alzò da terra e si ripulì il
vestito. Quel giorno Kanda aveva proprio i nervi a fior di pelle!
“Muoviti,
guercio, dobbiamo andare.”
“Speriamo
che la mammoletta si sia
ricordata di aprirci la porta!” Si portò davanti
al compagno e spalancò
l'armadio nel quale ora si trovava la porta dell'Arca di Noah, la loro
via
d'uscita da quella stanza. Il rosso salutò con lo sguardo la
poltrona verde
scuro che era stata il suo nido durante quella settimana. Non l'avrebbe
di
certo dimenticata. “Ricordami che devo assolutamente averne
una simile in
camera.”
Kanda
sbuffò. “Tsk.”
Attraversarono
entrambi la porta, e
sbucarono nel meridionale paesaggio fatto di case bianco cangiante,
uccelli
cinguettanti e pace assoluta. La grande torre al centro di quella
città
riluceva e si innalzava sopra di loro. Quanti ricordi più o
meno spiacevoli. Lì
si erano separati, erano diventati forti e avevano scoperto le loro
debolezze,
avevano corso contro il tempo per non morire ed erano tornati alla vita
grazie
ad una misteriosa melodia.
Nel cielo terso apparve una stella viola, dalla quale cadde un corpo
inanimato
e fece capolino la testa di Allen, con tanto di cilindro.
“Yuu,
guarda chi c'è, la nostra
mammoletta!” Esclamò abbozzando un sorriso, Lavi.
“Chi
è la mammoletta, stupido Lavi?!”
Dall'altra parte della stella si sentì la voce acuta di
Lenalee sussurrare un
“Basta, Allen-kun” e il rosso scoppiò a
ridere. “Ti comanda a bacchetta,
Allen!”
Il ragazzo inglese non rispose e si fece scivolare lentamente
all'interno
dell'Arca, seguito a ruota da Lenalee, che aveva il parasole ancora
aperto.
“Lavi, portalo alla porta numero trentasette...”
Sibilò la ragazza,
evidentemente irritata dalle parole dette dal compagno. “...
E muoviti.”
“Sissignora!” Era meglio non farla arrabbiare. Da
un anno addietro, Lenalee era
diventata scontrosa in un modo particolare, che mascherava con quella
finta
calma che portava sempre in volto.
Si
caricò in spalla l'uomo morto e si avviò
alla porta in questione, seguito da Kanda.
“Con
questo siamo a quattro, vero?”
“Sì.”
“E
questa notte si parte, giusto guercio?”
“Esatto,
Yuu-chan!” Lavi si preparò a
ricevere il colpo che l'avrebbe steso ma, contro ogni sua aspettativa,
questo
non arrivò. Si voltò per guardare Kanda in
faccia, però il ragazzo fissava il
terreno -o meglio, le proprie scarpe di vernice nuove di zecca. Doveva
esser
dura per lui, sopportare tutto quello. 'Persino quelle scarpe devono
ucciderlo,
non ne è ancora abituato', pensò Lavi. Ma
infondo, chi era Lavi per criticare?
Sapeva benissimo di essere nella stessa situazione di Kanda, ma cercava
sempre
di non badarci e di pensare per il meglio, come ai vecchi tempi.
“Neh,
Yuu, hai mai avuto una ragazza?”
Questa
volta il pugno arrivò e lo mandò riverso
a terra. “Ma che domande del cavolo fai?!”
Lavi
rise. Sapeva che comportandosi in quel
modo avrebbe innervosito ulteriormente il moro, ma infondo il suo
obbiettivo
era quello. “Eddai, era solo per fare un po' di
discorso...” Si rialzò
agilmente e sistemò i capelli scompigliati. “Sai,
ormai abbiamo ventidue anni e
siamo qui ancora a combattere, senza una donna che ci attenda a casa...
E'
stressante come cosa.”
Kanda
lo fissava, senza vederlo realmente.
Stava riflettendo sulle sue parole e, sinceramente, non trovava stressante
quella situazione. “Se lo dici tu...” Quel genere
di discorsi non erano i suoi.
Anzi, lui non era proprio il tipo da fare molti discorsi. Preferiva
starsene
zitto e combattere.
Il
rosso lo schermì ancora con un sorriso
sbieco e il compagno finse di non vederlo. Ne aveva veramente troppo di
lui.
“Guercio, la porta.” Disse Kanda con tono pacato,
indicando il muro alla loro
destra.
“Ah...
Non l'avevo vista! Grazie Yuu-chan!”
Buttarono
il cadavere dell'uomo dall'altra
parte, senza troppi complimenti.
Ed
ora mancava solo la parte più importante
di quel piano. Il finale.
A/N:
Bene.
Se state
leggendo queste note dell’autore vuol dire, probabilmente,
che avete cliccato
sul link che portava a questa pagina e forse avete anche letto quello
che sta
sopra. Se avete veramente letto tutto l’unica
cosa che posso chiedervi è questa: recensite, per favore.
E’ bello vedere che
la propria fanfic a volte viene inserita fra i preferiti di qualcuno,
però è
brutto scoprire poi che nel 90% dei casi queste persone non
recensiscono mai.
Non serve molto: basta cliccare il link qua sotto e scrivere quattro
parole in
croce che esprimano un vostro giudizio su quello che avete letto.
Ok,
sfogo personale a parte, vi lascio per
andare a finire il secondo e ultimo capitolo di questa cortissima
Long-fic che
in origine era nata per essere una One-Shot. Ah, il prossimo sarà più lungo di sicuro! xD
P.s. Grazie a
tutti quelli che hanno recensito le One-Shot “Give away to
Darkness” e “Happy
Birthday, Merry Christmas”!
E per quelli che seguono la Raccolta AreRina “And then we must go on…”, sappiate che non l’ho abbandonata. Sto solo finendo la dannatissima sesta One-Shot che si allunga ogni volta che ci metto mano.