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Autore: Liy    11/01/2009    5 recensioni
Uno schizzo di sangue gli sporcò il volto, ma non se ne accorse.
“Sbarazziamoci del cadavere.”
(...)
Gli attori erano tutti schierati, pronti per l'ultima scena, bisognava solo alzare il sipario e lasciar che il pubblico assistesse.
[Noah!Allen] [Noah!Lenalee] [Noah!Lavi] [Noah!Kanda]
Genere: Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Rabi/Lavi, Yu Kanda
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Underwater Moon

 

~ The play is done.

 

“Quanto manca ancora?”

“Me lo hai già chiesto cinque minuti fa, mammoletta dal cavolo.”

“Non ho sentito bene... cosa hai detto, Bakanda?”

Allen sbatté una mano sul grande tavolo di legno, fissando negli occhi il ragazzo di fronte a lui. Se ne avesse avuto il potere, in quel momento lo avrebbe fulminato.

Scattò in avanti, ma una mano fredda si posò sulla sua, bloccando quel sentimento di rabbia.

“Smettetela di litigare voi due, per favore.”

Il ragazzo inglese si lasciò ricadere sulla sedia con uno sbuffo, le mani in grembo e i piedi sul tavolo, in un gesto di sfida. “Ti ha salvato il culo.” Sibilò, indicando Lenalee ancora accanto a lui.

Kanda non resse l'affronto.

“Chi ha salvato il culo a chi?!”

Questa volta fu lui ad alzarsi dalla sedia e saltare sul tavolo, pronto ad avventarsi contro l'avversario.

“Oh, Yuu-chan, fa un po' il bravo, stai seduto al tuo posto.”

Il rosso dall'altra parte della stanza fece un sorriso, abbassando il quotidiano che reggeva fra le mani.

“Zitto, guercio, o faccio lo scalpo pure a te.”

“Adesso basta.” Lenalee si alzò dal suo posto, accanto ad Allen, e si diresse verso una delle tante finestre nascoste da spesse tende rosse maestose, legate fra loro con delle cordicelle oro. “Non siamo qui per giocare, quindi smettetela subito di bisticciare.”

Sbirciò la strada per un attimo, poi fece dietro-front. Il lungo abito che indossava volteggiò nell'aria, sospinto quasi da un vento invisibile. “Ancora qualche minuto, poi tocca a noi Allen-kun.” Sibilò a bassa voce, ma il ragazzo in questione la sentì perfettamente.

“Bene.”

A momenti avrebbero agito, sarebbero finalmente entrati in azione. Erano ormai settimane che non facevano nulla di utile a nessuno.

“Io e lo stupido vi raggiungiamo a lavoro concluso, giusto?”, domandò Kanda, indicando se' stesso e Lavi che, nel frattempo, fingeva di non ascoltare. Sapeva il piano a memoria, non c'era alcun bisogno di continuare a ripeterlo, e ripeterlo, e ripeterlo...

Sospirò, piegando il giornale in due e poggiandolo sul tavolino basso accanto alla poltrona in cui era acciambellato fino a pochi secondi prima. Si alzò piano, sistemandosi il giustacuore e la giacca nera. Sarebbe stata una lunga giornata per loro.

“Allora, Yuu-chan, adesso io e te ce ne stiamo qui buoni poi, quando loro hanno finito, andiamo anche noi. E' semplice, no?”

Kanda non lo degnò di uno sguardo e sbuffò, rivolto in direzione dell'alto orologio a pendolo che dominava la figura apparentemente calma di quella stanza. A volte si chiedeva cosa c'entrassero loro con tutto quello. Soprattutto...

“Lenalee, hai visto la mia giacca?”

... la mammoletta, che non faceva altro che perdere le proprie cose.

“E' sull'appendiabiti, Allen-kun.”

Lenalee era quella più calma. Sopportava tutti e cercava, continuamente, di non farli litigare, anche se, molte volte, invano. Era troppo calma, per una che era a conoscenza di ciò che avrebbe fatto a minuti.

Allen si sistemò la cravatta nera, ed infilò le braccia nella lunga giacca dello stesso colore, con grazia. Nascose il volto sotto un cappello a cilindro e si avviò verso la porta, in attesa della compagna, che lo raggiunse subito.

I passi cadenzati di Lenalee, nascosti dalla lunga gonna larga, suonavano rumorosi nella quiete della stanza.

“Tieni.”

Il ragazzo le porse un parasole viola scuro, in tinta con i decori dell'abito e i lunghi guanti, che arrivano a metà braccio.

“Grazie.”

Una delle poche parole che pronunciava. “Grazie”, “Zitti”, “Basta”, “Allen-kun” e “Basta Allen-kun”. In quei giorni il suo vocabolario sembrava essersi drasticamente ridotto. Un record. O forse era semplicemente colpa del bustino nero che la stingeva in vita? Non riusciva a respirare e quindi teneva il fiato per cose più utili?

“Dovrò togliermi i guanti? Dici che si potrebbero sporcare?” Domandò il ragazzino, mentre lui e la compagna si allontanavano, chiudendo la porta dietro di loro.

“Basta che tu li dia a me.”

“Ok.”

Kanda e Lavi rimasero a fissare la porta di legno pregiato dalla quale i due erano appena usciti.

“Per loro due sembra così facile...”, esordì Lavi, portandosi vicino ad una delle finestre che dava sulla strada.

Kanda si lasciò cadere su una sedia imbottita, le braccia dietro la testa. “E' per questo che ha mandato loro, probabilmente. Si sono arresi subito.”

Il rosso si voltò di scatto verso l'amico, piuttosto preoccupato. “... Tu invece continui a combattere?”

Non rispose subito, fissava il soffitto, ma lo sguardo perforante del compagno lo sentiva eccome. “Sì.”

 

 

*****

 

 

“Di qua?”

“Sì.”

Sbucarono in un vicolo, piuttosto buio e, a detta della gente, inadatto a persone vestite in quella maniera. Di certo, gli abiti eleganti che indossavano non passavano inosservati, così come la camminata lenta e controllata, inusuale per dei ragazzi della loro età.

L'uomo contro il muro urlò nel vederli, e si appiattì al suolo, titubante.

“Io so chi siete... Vi prego, lasciatemi andare!”

Sul volto apparentemente innocente di Allen apparve un ghigno. “No.”

“Vi prego...”

Lenalee si fece avanti, il parasole che le nascondeva i boccoli ben sistemati e il viso pallido. “Su, Mr. Price, qui non abbiamo tempo da perdere.”

L'espressione sul volto dell'uomo si fece ancora più preoccupata e terrorizzata nel momento in cui la ragazza iniziò ad avanzare, lentamente, verso di lui. Ogni passo sembrava scandire il conto alla rovescia per la sua fine. Lo sapeva già che quel giorno sarebbe arrivato, ma sperava non così presto. Sperava di riuscire a diventar più forte, prima di doverli affrontare. “No...”

Lenalee si tolse un guanto e gli sfiorò il collo, il sorriso sulle labbra carnose. I nervi dell'uomo di sciolsero e la mente smise di produrre pensieri, abbandonandosi ad una pace vuota e misteriosa.

“Oh, Lenalee. Così mi togli tutto il divertimento...”

“Scusa, Allen-kun. Ma sai anche tu che prima finiamo, meglio è.”

Fissò per un attimo l'uomo accasciato a terra; all'apparenza poteva sembrare incantato, visto lo sguardo vuoto e il volto privo di espressione. “Lo finisci tu?”

“Hai già fatto più della metà del lavoro tu, Lenalee.”

“Vuoi finirlo tu?”

“Ok, ok...”

Allen si tolse il guanto che portava sulla mano sinistra e lo lanciò alla compagna, che lo afferrò prontamente e lo strinse a se', con gli occhi chiusi. Sembrava vuota, notò Allen. Non aveva più alcun tipo di reazione, non si comportava come la vecchia Lenalee che avevano conosciuto anni addietro. Era totalmente cambiata. Di lei rimaneva solamente il volto, per quanto potesse essere ancora il suo volto, e il nome. Non considerava nemmeno l'idea di aver avuto un fratello. Komui la riteneva morta, e lei fingeva che lui non fosse mai esistito. Era un tacito accordo, al quale entrambi si attenevano senza alcuna scappatoia. Avevano semplicemente smesso di considerarsi all'incirca un anno prima, da quando...

“Mr. Price, prima di andarsene vuol dire qualcosa?”

L'uomo spalancò gli occhi, e allungò una mano stretta a pugno verso il volto di Allen. “Non mi avrete mai!”

Il ragazzo inglese sorrise e, come se nulla fosse, gli afferrò la mano e la rivoltò, finché non udì un sonoro rumore di ossa rotte. “Speravo in qualcos'altro veramente, Mr. Price. Però devo dire che non aspettavo che si sarebbe ripreso così presto.”

“E' ancora paralizzato.” Esordì Lenalee, le braccia incrociate al petto e il parasole ancora aperto per coprirla.

“Ma...”, Allen si voltò per guardarla, “... Si è appena mosso! Se fosse stato paralizzato...”

“E' ancora paralizzato.” Tagliò corto la compagna.

Il ragazzo si volse di nuovo verso l'uomo a terra. Era privo di espressione e sicuramente non poteva ancora pensare, ma com'era possibile che fosse riuscito a... muoversi...? “Ah!” Esclamò, non appena comprese.

“Vedo che hai capito. Ora finiscilo.”

Allen sogghignò; sarebbe stato un piacere farlo, dato che era da tempo che non gli venivano assegnate missioni per via di Quel problema. “E' stato un piacere conoscerla, Mr. Price.” E calò la mano sinistra sul corpo dell'uomo, dilaniandolo. Uno schizzo di sangue gli sporcò il volto, ma non se ne accorse. “Sbarazziamoci del cadavere.” Chiuse gli occhi, ed un cerchio con al centro il numero centodue comparve sotto i loro piedi. Allen prese fra le braccia il corpo e lo lasciò cadere nella porta dell'Arca che aveva appena aperto.

 

 

*****

 

 

“Yuuuuu-chan! Su!”

Il giapponese gli tirò un pugno in pieno volto. “Non mi chiamare per nome, stupido coniglio!”

Lavi si alzò da terra e si ripulì il vestito. Quel giorno Kanda aveva proprio i nervi a fior di pelle!

“Muoviti, guercio, dobbiamo andare.”

“Speriamo che la mammoletta si sia ricordata di aprirci la porta!” Si portò davanti al compagno e spalancò l'armadio nel quale ora si trovava la porta dell'Arca di Noah, la loro via d'uscita da quella stanza. Il rosso salutò con lo sguardo la poltrona verde scuro che era stata il suo nido durante quella settimana. Non l'avrebbe di certo dimenticata. “Ricordami che devo assolutamente averne una simile in camera.”

Kanda sbuffò. “Tsk.”

Attraversarono entrambi la porta, e sbucarono nel meridionale paesaggio fatto di case bianco cangiante, uccelli cinguettanti e pace assoluta. La grande torre al centro di quella città riluceva e si innalzava sopra di loro. Quanti ricordi più o meno spiacevoli. Lì si erano separati, erano diventati forti e avevano scoperto le loro debolezze, avevano corso contro il tempo per non morire ed erano tornati alla vita grazie ad una misteriosa melodia.
Nel cielo terso apparve una stella viola, dalla quale cadde un corpo inanimato e fece capolino la testa di Allen, con tanto di cilindro.

“Yuu, guarda chi c'è, la nostra mammoletta!” Esclamò abbozzando un sorriso, Lavi.

“Chi è la mammoletta, stupido Lavi?!” Dall'altra parte della stella si sentì la voce acuta di Lenalee sussurrare un “Basta, Allen-kun” e il rosso scoppiò a ridere. “Ti comanda a bacchetta, Allen!”
Il ragazzo inglese non rispose e si fece scivolare lentamente all'interno dell'Arca, seguito a ruota da Lenalee, che aveva il parasole ancora aperto.
“Lavi, portalo alla porta numero trentasette...” Sibilò la ragazza, evidentemente irritata dalle parole dette dal compagno. “... E muoviti.”
“Sissignora!” Era meglio non farla arrabbiare. Da un anno addietro, Lenalee era diventata scontrosa in un modo particolare, che mascherava con quella finta calma che portava sempre in volto.

Si caricò in spalla l'uomo morto e si avviò alla porta in questione, seguito da Kanda.

“Con questo siamo a quattro, vero?”

“Sì.”

“E questa notte si parte, giusto guercio?”

“Esatto, Yuu-chan!” Lavi si preparò a ricevere il colpo che l'avrebbe steso ma, contro ogni sua aspettativa, questo non arrivò. Si voltò per guardare Kanda in faccia, però il ragazzo fissava il terreno -o meglio, le proprie scarpe di vernice nuove di zecca. Doveva esser dura per lui, sopportare tutto quello. 'Persino quelle scarpe devono ucciderlo, non ne è ancora abituato', pensò Lavi. Ma infondo, chi era Lavi per criticare? Sapeva benissimo di essere nella stessa situazione di Kanda, ma cercava sempre di non badarci e di pensare per il meglio, come ai vecchi tempi.

“Neh, Yuu, hai mai avuto una ragazza?”

Questa volta il pugno arrivò e lo mandò riverso a terra. “Ma che domande del cavolo fai?!”

Lavi rise. Sapeva che comportandosi in quel modo avrebbe innervosito ulteriormente il moro, ma infondo il suo obbiettivo era quello. “Eddai, era solo per fare un po' di discorso...” Si rialzò agilmente e sistemò i capelli scompigliati. “Sai, ormai abbiamo ventidue anni e siamo qui ancora a combattere, senza una donna che ci attenda a casa... E' stressante come cosa.”

Kanda lo fissava, senza vederlo realmente. Stava riflettendo sulle sue parole e, sinceramente, non trovava stressante quella situazione. “Se lo dici tu...” Quel genere di discorsi non erano i suoi. Anzi, lui non era proprio il tipo da fare molti discorsi. Preferiva starsene zitto e combattere.

Il rosso lo schermì ancora con un sorriso sbieco e il compagno finse di non vederlo. Ne aveva veramente troppo di lui. “Guercio, la porta.” Disse Kanda con tono pacato, indicando il muro alla loro destra.

“Ah... Non l'avevo vista! Grazie Yuu-chan!”

Buttarono il cadavere dell'uomo dall'altra parte, senza troppi complimenti.

Ed ora mancava solo la parte più importante di quel piano. Il finale.

 

 

 

A/N: Bene. Se state leggendo queste note dell’autore vuol dire, probabilmente, che avete cliccato sul link che portava a questa pagina e forse avete anche letto quello che sta sopra. Se avete veramente letto tutto l’unica cosa che posso chiedervi è questa: recensite, per favore. E’ bello vedere che la propria fanfic a volte viene inserita fra i preferiti di qualcuno, però è brutto scoprire poi che nel 90% dei casi queste persone non recensiscono mai. Non serve molto: basta cliccare il link qua sotto e scrivere quattro parole in croce che esprimano un vostro giudizio su quello che avete letto.

Ok, sfogo personale a parte, vi lascio per andare a finire il secondo e ultimo capitolo di questa cortissima Long-fic che in origine era nata per essere una One-Shot. Ah, il prossimo sarà più lungo di sicuro! xD

P.s. Grazie a tutti quelli che hanno recensito le One-Shot “Give away to Darkness” e “Happy Birthday, Merry Christmas”!

E per quelli che seguono la Raccolta AreRina “And then we must go on…”, sappiate che non l’ho abbandonata. Sto solo finendo la dannatissima sesta One-Shot che si allunga ogni volta che ci metto mano.

   
 
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