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Autore: Iaiasdream    15/06/2015    3 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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36° Capitolo: IL PREZZO DELLA VERITA’
 
Avere mal di pancia è una cosa naturale se si è in ansia; ma averci passato la notte, e reggerlo ancora per tutta la giornata, non è normale.
Il motivo per cui mi sto contorcendo lo stomaco come una dannata, potrei affibbiarlo alla chiamata effettuata ieri in un momento di confusione mentale. Ma Dio Santo! L'ho fatto perché quel pensiero mi stava distruggendo!
Se la persona con cui hai drasticamente rotto, si ripresenta dopo un mese di lontananza, senza saperne il motivo e per di più all'asilo, chiedendo di suo figlio, cosa dovrebbe significare?
Beh, io c'ho provato: mi sono concessa a quella curiosità che il più delle volte sotterro nei meandri dei miei sentimenti per non ritrovarmi con i rimorsi che iniziano a divorarmi l'anima. Ho chiamato Armin e naturalmente adesso ne sto pagando le conseguenze.
Il dolore di pancia è dovuto alla colpa che mi sto dando per aver fatto di testa mia e non aver chiesto consiglio a Kim, che come ha ben detto, mi sono comportata male anche nei confronti di Castiel, per non averlo avvisato.
<< Pensa come potresti sentirti se lui l'avesse fatto a te! >> mi ha rimproverato la bruna dopo aver ascoltato tutta la mia conversazione con Occhi di Ghiaccio. Purtroppo mi sono resa conto troppo tardi della sua presenza.
<< Cosa ho fatto di sbagliato? >> ho provato a difendermi.
<< Tutto ciò che fai di testa tua è sbagliato! >> mi ha ammonito alzando la voce.
Inutile negare, che mi sono sentita come una bimba messa ingiustamente in punizione; e adesso che ci sto ripensando, mi sto pentendo della mia avventata azione.
Secondo l'idea di Kim, non dovrei per nulla al mondo perdonare l'atto spregevole di Armin. << Non dovevi neanche azzardarti a pensare di chiamarlo >> ha esclamato sfoggiando la sua rabbia, senza alcun contegno.
<< Non l'ho chiamato per perdonarlo! >> ho affermato infastidita dalla colpa che mi sta appropriando.
Kim ha ragione, non posso perdonare così facilmente Armin, ma d'altro canto non posso fare a meno di pensare che in mezzo a questa storia, anche io ho le mie colpe.
Mentre guardo fuori dal finestrino dell'auto della bruna, mi accorgo che quest'ultima ha rallentato per poter scalare di marcia.
<< Ascoltami Rea... >> riprende dopo aver sospirato nervosamente << ...sei una donna matura ormai, e non sono certo io quella che deve ricordartelo >> aggiunge girando il volante verso il lato destro della strada << sta attenta. La vita ti ha messa a dura prova non una, ma tante volte. Neanche io riesco a capire per quale motivo Armin abbia avuto la felice idea di presentarsi all'asilo senza vedere Etienne, ma non riesco a togliermi dalla mente che se tu accettassi di incontrarlo, questo porterebbe solo guai >>
<< Non parlare così, Kim >> sbuffo passandomi nervosamente una mano tra i capelli << Tu credi che io non abbia pensato lo stesso?... i-io non ce la faccio a non chiedermi perché è andato da Etienne. Sono preoccupata. Ha detto che vuole parlarmi, e il tono che ha usato per dirmelo, non fa altro che accrescere in me l'ansia e anche la paura >>
<< Lo dirai a Castiel? >> chiede a un tratto. Le volgo lo sguardo di scatto. Mi accorgo di trattenere il respiro, mentre la mia voce sembra non volermi aiutare nella risposta.
<< Lo dirai, non è vero? >> insiste, e questa non sembra affatto una domanda, bensì un ordine.
Dopo aver esitato per qualche istante, sospiro rumorosamente, e massaggiandomi gli occhi con la mano destra, mormoro: << Devo farlo. Gli ho promesso di non nascondergli più nulla >>
<< Non ti riconosco più, Rea >>
Ho un sussulto al cuore nel sentire quelle parole. La guardo con occhi sgranati, cercando di capire dove vuole arrivare. Lei ferma l'auto, ricambia lo sguardo, e accennando un amaro sorriso, riprende: << Hai imparato a mentire. Tu non gli hai mai detto la verità >>. Non aggiunge altro, e senza permettermi di replicare, scende dall'auto e se ne va, lasciandomi sola e esterrefatta.
Cosa voleva dire con questo? Mi chiedo tremando. E per quale motivo non ho fiatato per niente? Cos'è questo, ciò che in molti casi chiamano l'inizio della fine?
Poggiando la testa sul vetro dell'auto, stringo gli occhi cercando inutilmente di scacciare via quei pensieri.
 
***
 
"Avanti, Rea! Respira profondamente, e diglielo!"
<< Castiel, ho chiamato Armin... >> mormoro tutto d'un fiato guardandomi allo specchio del bagno.
"Dannazione, così non va!" sbuffo scuotendo il capo per poi portarmi le mani sul viso e coprirmi gli occhi prematuramente stanchi, dato che siamo appena all'inizio della giornata e non reggo più.
Eppure credevo di avere in mano la situazione. "È una cosa da nulla!" mi son detta, " adesso vado nel mio ufficio e glielo dico". Ero talmente sicura di me stessa, che siamo alla seconda ora di lezione, e l'ufficio mio e di Castiel non ha ancora visto la mia ombra.
A un tratto sento vibrare il mio cellulare, lo afferro con titubanza. È un messaggio, ed è del rosso.
"Dove diavolo sei? È tardi, se non entri subito in ufficio te la faccio pagare... in natura ovviamente"
All'ultima frase sbotto in una lieve risata, << Che scemo >> sibilo infilando il cellulare in tasca.
Sospiro ancora, e tra un lo faccio, e un non lo faccio, esco dal bagno decisa più che mai a parlare con il rosso di quello che ho combinato ieri.
Neanche a farlo apposta, mi ritrovo a camminare lentamente, come facevano i condannati alle prese con la via che li conduceva al patibolo.
E quest'ultimo, per me, rappresenta la reazione di Castiel. Spero solo che non si arrabbi.
<< Ehi, Rea! >> sento a un tratto qualcuno alle mie spalle chiamarmi a gran voce. Mi volto trasalendo con il fiato sospeso. Solo quando mi accorgo di non correre nessun pericolo e che il mio comportamento sta diventando estremamente assurdo, volgo un sorriso a Nathaniel che si avvicina a passo svelto, forse per non farmi perdere tempo.
Anche se durante tutti questi anni non l'ho mai detto, adoro la perfezione che il cherubino dagli occhi dorati ha nel fare tutto, anche nella minima azione deve metterci il suo autocontrollo.
Pensieri a parte. Dopo l'episodio del giorno prima, Nath sembra sempre più imbarazzato nel parlarmi. Cavolacci! Sono io quella ad aver fatto la figura di merda più grande della storia di questo liceo! Perché adesso si comporta in questa maniera?!
Nascondendo abilmente l'irritazione mentale che brama di impossessarsi della mia espressione, mantengo quest'ultima tranquilla e sorridente.
<< Dimmi tutto Nath >>
<< Ho parlato con Castiel della giornata dei club, e ho trovato giusto avvisare anche te >> risponde arrossendo improvvisamente e volgendo lo sguardo da un'altra parte per non incrociare il mio.
Mi conosco, posso riuscire a trattenere le mie espressioni, ma la lingua no.
<< Nathaniel, so perfettamente che il solo rivolgermi lo sguardo dopo quello che è successo ieri, per te è come aver dovuto raggiungere la luna a piedi... >> "Che paragoni del cavolo" << ...ma non ti sembra di esagerare un po'? >>.
Ok. Se qualcuno si stesse chiedendo se ho bevuto, la risposta è: mi sono bevuta il cervello di tensione mixata all'ansia; e solo adesso mi accorgo di aver prolungato il discorso con una cavolata pazzesca. Mi è bastato vedere la faccia del biondino, che messa a confronto de' l'Urlo di Munch, quest'ultimo sarebbe sembrato solo una squallida copia.
Il silenzio piomba tra di noi talmente strafottente, che riesco finanche a sentire i passi di un insetto che gironzola indisturbato sui muri del corridoio.
<< ...s-stavi dicendo, Nath? >>
Ecco un'altra cosa che adoro di questo ragazzo; la capacità di afferrare al volo le figure di merda altrui per poi acconsentire a insabbiarle con altri ragionamenti, e tutto questo in maniera estremamente discreta.
<< Il giorno in cui si terrà la giornata dei club >> risponde come se non fosse successo nulla.
<< Allora? >> insisto volgendo lo sguardo sulla cartellina che regge sottobraccio.
<< Questo sabato >>
<< Bene >>
<< Ok >>
<< Puoi andare Nathaniel >>
<< Sì >>, e così finisce il mio tentato suicidio per non affrontare Castiel.
Sì, c'ho provato. Ho cercato un appiglio per ritardate la mia entrata in ufficio. Ma adesso sono in trappola, non c'è più nessuno. Nessuno può chiedermi qualcosa, per un istante ho provato nostalgia di Alain. Attraversando il corridoio l'ho immaginato appoggiato all'armadietto che mi guardava con malizia e mormorava qualche sua solita perversione.
Questo non perché voglio essere stuzzicata da lui, assolutamente! Ma perché il solo sapere che avrei avuto la possibilità di svignarmela e martoriare mentalmente quel teppista pervertito, mi sta facendo sollevare l'anima.
Sono solo un'idiota. Non ho altre parole per descrivermi.
A via di pensare a queste assurdità, non mi sono neanche accorta di avere la porta del mio ufficio davanti agli occhi, mi basta solo afferrare il saliscendi, abbassarlo e spingerla.
Incerta mi accingo a farlo, ma un altro squillo dal mio cellulare risuona dalla tasca del pantalone. Scopro che si tratta di Kim, e so già cosa vuole. Sicuramente mi chiederà se ho portato a termine il mio compito nonché dovere.
Decido di non rispondere, e sbuffando, rifiuto la chiamata rimettendo il cellulare nella tasca, poi catturata quanta più aria possibile, apro la porta entrando nello studio con una sicurezza tale da farmi fermare sulla soglia. Ed eccolo lì. Castiel, seduto dietro la sua-mia scrivania con alle spalle la vetrata che permette ai raggi del sole di illuminarlo in controluce.
<< C-ciao... >> esordisco cercando di farmi sembrare il più calma possibile, ma mi accorgo che sta diventando uno sforzo sovrumano per le mie possibilità. Castiel, dal canto suo non risponde, e tantomeno accenna una reazione. Rimane seduto con lo sguardo inchiodato su di me. A quel punto, chiudo la porta, e affondata la testa nelle spalle, mi dirigo al mio posto come un cane bastonato.
"Che succede?" mi chiedo a un tratto nervosa "perché non parla?".
Scossa dall'ansia, decido di cominciare la conversazione, convinta che di seguito potrebbe sbucare quello che ho da dirgli.
Esordisco con due colpi di tosse, poi, senza volgergli lo sguardo, mormoro: << Uhm, Castiel... mi hai mandato quel messaggio, cosa volevi dirmi? >>
Non riesco a finire la domanda che il rosso prontamente, scaraventa una penna sulla scrivania e si alza bruscamente dalla sedia.
<< Io? Io non ho da dirti niente! Sto aspettando te, invece. Cosa devi dirmi? >> chiede fissandomi malamente.
<< Cas... >>
<< No aspetta! >> m'interrompe ancora una volta, piazzandosi davanti la mia scrivania << Io ho qualcosa che devo dirti, anzi no! Ho qualcosa che mi sto chiedendo ormai da minuti: che cazzo ci faccio io con te? >>
Quell'ultima frase lacera il mio petto per arrivare dritto ad infilzare il mio cuore come una lama di coltello ben arrotata.
<< Ca-Castiel, che stai dicendo...? >> balbetto alzandomi lentamente, e guardandolo fissa negli occhi, iniziando a sentirli bruciare.
<< Hai anche la sfacciataggine di chiedermelo?! >> esclama irritato << Ma per chi cazzo mi hai preso? Per un idiota? >> finisce per urlare.
In otto anni che ci conosciamo, questa è la prima volta che vedo Castiel urlarmi contro e con estrema rabbia. Non si era mai comportato così prima d'ora.
<< Che diavolo dovrei pensare, che mi hai preso per il culo fin dall'inizio? >>
<< Dannazione, Castiel... ti vuoi spiegare? >> chiedo con il pianto che mi solca la gola.
<< Sei tu che devi spiegarmi! Per quale fottuto motivo devo venire a sapere le cose dagli altri, e per di più sempre per ultimo, quando abbiamo promesso di non nasconderci più nulla?!... sto parlando di Armin! >>
Istintivamente mi porto una mano sul petto sentendomi strappare il cuore da una forza invisibile.
Quanto sei sciocca Rea, volevi vedere la sua reazione, ed eccola qui, inesorabilmente dolorosa.
<< I-io, te l'avrei detto... >> sussurro con voce rauca.
<< E quando? Quando ti saresti sentita alle strette? Ma fammi il piacere... >>
<< Sei ingiusto Castiel >> esclamo a un tratto iniziando a tremare, accorgendomi che non è paura, bensì rabbia. << Non puoi trattarmi in questa maniera solo perché non ti ho detto della chiamata. Ti ricordo che fino ad ora, tu sei stato l'unico a nascondermi le cose! >>. E sono quelle frasi che mi feriscono ancor di più.
Perché sono così ipocrita? Chi sto rimproverando, lui o me stessa? Mentre mi ferisco da sola, mi accorgo che il rosso ha un'azione brusca, data dal suo istinto: si dirige lentamente verso la scrivania e di scatto scaraventa a terra l'intero contenuto, rompendo degli oggetti di vetro che fino a qualche istante fa, facevano da fermacarte.
Impaurita da quell'atto, mi tappo le orecchie con le mani, stringendo le palpebre.
<< Sei una stupida idiota! >> esclama poi, voltandosi verso di me.
<< Perché adesso ti comporti così? Perché?! >> chiedo disperata trattenendo a stento le lacrime.
<< Io ho lottato per quattro, interi, fottuti anni, per togliermi di mezzo quella maledetta, e adesso che finalmente posso sperare di rimanere per sempre con te, tu acconsenti alla richiesta di quell'idiota?! >> urla un'altra volta gesticolando nervosamente con le mani << Sai cosa c'è? >> chiede poi con più tranquillità << Io mi sono rotto! Chi cazzo me lo fa fare? >> digrigna serrando le mascelle << L'hai chiamato per incontrarvi, no? Bene! Allora sai cosa ti dico? Fanculo! Chi se ne frega! Va da lui e lasciami in pace! >> e sputate queste ultime parole si reca alla porta uscendo come una furia per poi sbatterla violentemente facendo vibrare il vetro al suo interno.
A quel rumore chiudo istintivamente gli occhi, sbuffando un gemito di pianto.
Mi fa male il cuore, sento tutti i miei sensi scombussolati e un improvviso dolore di pancia annunciare violento la sua entrata; conati di vomito salgono su per la gola, e non avendo tempo per raggiungere il bagno, mi chino sul cestino dell'immondizia e dò sfogo al mio dolore.
Le venature della gola si gonfiano impedendomi di poter respirare regolarmente, e tra un rigetto e l'altro, la testa inizia a scoppiarmi di dolore. Quando sembra che anche l'interno del mio corpo si sia asciutto, mi siedo sul pavimento e appoggio la schiena e la testa contro la scrivania, alzo gli occhi al soffitto permettendo alle lacrime di prendere il posto che gli spettava fin dall'inizio della discussione.
Come possono essere vere le sue parole? Non riesco a credere a ciò ch'è successo. Non può essere vero, quello non era Castiel.
<< No, non è vero... >> sibilo tra i singhiozzi, affondando il viso fra le mani per soffocare il rumore dl pianto.
A un tratto la porta dello studio si apre, facendo entrare Kim come una furia. Trasalisco spaventata da quel rumore brusco; è stato solo per un attimo, ma come una stupida ho creduto fosse Castiel.
La bruna mi guarda con occhi strabuzzati, mentre senza curarsene, ansima, forse per la corsa.
<< N-no... >> balbetta, facendo ciondolare le braccia lungo i fianchi << ...non dirmi che è troppo tardi >>
<< Sei contenta adesso? >> chiedo con voce roca.
<< Non dire stronzate, Rea! Ti ho chiamata per avvisarti, ma mi hai rifiutato la tele... >>
<< Dovevo dirglielo io! >> esclamo irritata alzandomi dal pavimento per poi piazzarmi davanti a lei e guardarla duramente.
<< Fammi spiegare! >> m'interrompe tenendomi testa << Io pensavo che glielo avessi detto. Non immaginavo che non ti eri presentata in ufficio dall'inizio delle lezioni! Ti ho cercata per tutto il liceo, dato che non mi rispondevi! >>
<< Sai cosa c'è?... C'è che di questa storia ne ho piene le tasche!... vuoi la verità? Sono una codarda! Ecco, l'ho detto; non ce l'ho fatta! Non ho avuto il minimo coraggio per affrontarlo. E sai perché? Perché ogni giorno che passa, sto iniziando a chiedermi per quale dannato motivo devo tante spiegazioni. Lui ha detto che negli ultimi anni ha lottato per togliersi di mezzo sua moglie. Ma chi diavolo ha sofferto per davvero?! >> urlo gesticolando nervosamente, confondendo la mia voce stridula con gli ansimi.
<< Non urlare... >> cerca di calmarmi Kim, ma non l'ascolto, alzo di più la voce cercando di sfogarmi il più possibile.
<< Perché ogni cosa che faccio, non va bene a nessuno?! Che male faccio nell'agire come voglio? >>
<< Tu, non ti rendi conto che sei tu stessa a farti del male! >> strilla la bruna sbattendo un pugno contro la porta, facendola socchiudere. << Se lo diciamo, è per il tuo bene! Castiel... >>
<< Che cazzo ne sa Castiel di ciò che ho passato?! Era per caso presente, quando ho dovuto subire ciò che ho subito?! >>
<< Sei stata tu a non volerglielo dire! >>
<< Cosa?! >> la interrompo ancora una volta zittendola bruscamente << Cosa, avrei dovuto dirgli? Che Armin mi ha violentata? >>
Ed è in quel momento che la porta si apre, e due occhi di calda cenere sembrano mutarsi in lava incandescente pronta per esplodere da un momento all'altro.
La paura che ha albergato dentro di me per tanto tempo, ormai ha raggiunto il suo scopo: quello di impossessarsi del mio essere. La testa inizia a girarmi, mentre non mi accorgo di barcollare in avanti. L'ultima cosa che riesco a sentire, è il grido di Kim, e la frase di Castiel, rivolta a qualcuno che è entrato dopo di lui, << Allora è vero... >>.
Poi il buio.
   
 
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