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Autore: Iaiasdream    05/07/2015    4 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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37^ capitolo: DOLOROSE SCOPERTE
 
 


Se ci fosse stata la possibilità di aprire gli occhi e non riuscire a vedere più nulla, forse, mi sarei sentita meglio.
I miei sensi si stanno ridestando, e lo fanno contro il mio volere. Riesco a sentire dei rumori, e a poco a poco mi accorgo che sono gli allegri cinguettii di uccellini.
Dove mi trovo? Penso confusa. Non apro gli occhi, e fortunatamente è l'unica cosa che riesco a comandare. Non voglio aprirli, perché il solo pensiero di ritrovarmi di fronte, lo scorrere inesorabile della mia vita, mi sta facendo sentire male.
Ricordo perfettamente tutto: la lite con Castiel, la discussione con Kim, e l'ultima, terrificante situazione, Castiel che scopre ciò che mi ha fatto Armin. E la cosa più dolorosa è che a svelarlo sono stata io. Proprio io, quella che diceva di riuscire a mascherare qualsiasi cosa anche se mi fossi trovata davanti a un vicolo cieco.
Complimenti Rea. Ora non ti resta che aspettare invano l'arrivo della tua fine.
<< So che sei sveglia, perciò apri gli occhi >>. A un tratto, la calda voce del rosso risuona ovattata nelle mie orecchie. Ho un sussulto al cuore capendo che si trova lì, forse a due passi da me.
<< Rea, apri gli occhi >> ripete con voce sommessa ma allo stesso tempo autoritaria.
Mi accorgo di scuotere la testa, ma le mie palpebre non eseguono il suo ordine. "Perché?" mi chiedo sentendo il mio cuore gettare un urlo di dolore dalle profondità del mio corpo.
<< Non piangere, apri gli occhi >>. Ora lo sento più vicino, e la sua mano che poggiata sul mio viso riesce a farmi trasalire, mentre brucianti lacrime rigano la mia pelle.
Scuoto di nuovo la testa, e questa volta singhiozzando rumorosamente.
<< Ho... ho paura >> balbetto stringendo un lembo di quello che deve essere un lenzuolo. Mi avranno portato in infermeria, dato che l'odore di disinfettante impregna l'aria.
<< Quando è successo? >> chiede con voce roca.
<< Prima del matrimonio di Rosa e Lys... L-la sera della cena... >> rispondo sentendomi morire al ricordo di quel giorno.
<< Perché non me l'hai detto prima? Il giorno del matrimonio, quando ti vidi quei lividi sul petto... era stato lui?... perché non me lo hai detto? >> chiede a un tratto stringendomi la mano.
<< Gliel'avresti fatta pagare... >> ammetto tremante al solo sentire quell'ultima parola.
<< Ora è peggio! >>
Spalanco le palpebre di scatto, e tra la visuale appannata, riesco a vedere lo sguardo tagliente di Castiel, che mi guarda con un'espressione mai vista prima.
<< No! >> esclamo con voce soffocata << Che vuol dire che è peggio? Ti prego, Castiel, non fare niente! >>
<< Come puoi chiedermi di non fare niente?! >> domanda incredulo << Come puoi solamente pensare che lasci correre una cosa del genere?! >>
<< È un problema mio... >> rispondo tentando di mettermi a sedere sul letto.
<< Ma che cazzo stai dicendo?! >> esclama alzandosi di scatto dalla sedia << Ma ti sei bevuta il cervello? Come può essere un problema tuo, quando adesso stai con me? >>
<< Castiel... >>
<< Tu non andrai da lui! >> m'interrompe volgendomi uno sguardo quasi minaccioso. << Togliti dalla mente l'idea d'incontrarlo >>
<< Non chiedermi questo >> lo supplico sentendomi il pianto solcarmi la gola << Lui è andato da Etienne, e io devo sapere che cosa vuole >> 
<< È assolutamente normale che un padre voglia vedere suo figlio... >>
<< Tu non capisci, Castiel! >>
<< Cosa?! >> urla, zittendomi ancora una volta << Cosa, non riesco a capire? Nonostante ci siamo ripromessi di non nasconderci più nulla, tu hai cercato di non farmi sapere quello che ti ha fatto quel bastardo! Sai, se non l'avessi confermato tu stessa, avrei creduto che Nathaniel si fosse bevuto il cervello >>
<< N-Nathaniel? Che centra? >> chiedo incredula.
<< Mi ha detto che ti ha sentito un giorno, mentre lo stavi raccontando a Kim! >>
Drizzo la schiena nel sentire quelle parole. Mio Dio! Penso ansiosa. "Quel giorno non rivelai solo quello a Kim... che Nathaniel abbia sentito altro?... no, altrimenti Castiel l'avrebbe detto"
<< Non riesco a credere che dopo il nostro ricongiungimento, tu continui a non parlare! >> lo sento esclamare riportandomi alla realtà.
<< Non ricominciare Castiel, anche tu mi hai tenuto nascosto il tuo divorzio! >>
<< Volevo farti una sorpresa! >>
<< Se tu me l'avessi detto prima, forse non sarebbe successo niente! >>
<< Stai cercando di dare la colpa a me?! >>
Lo guardo imperterrita, cercando invano di concepire il motivo per il quale i nostri ragionamenti stanno ormai prendendo una brutta piega, conducendoci per la via del litigio.
<< Perché non lasci da parte questa tua determinazione, e non mi chiedi cosa sento? >> riprendo con voce tremante e allo stesso tempo supplichevole << Perché la prima cosa che mi hai chiesto non è stata: stai bene? Perché invece di impormi di non incontrarlo, non ti offri di accompagnarmi? Castiel, che cosa ci sta succedendo? >>
Lui non parla, non mi risponde; solo, mi guarda, e la sua espressione inquietante non si è ancora cancellata del tutto dal volto; poi si alza, si allontana, e recatosi alla porta, conclude dicendo: << Se hai altri segreti nascosti, ti consiglio di uscirgli adesso, perché la prossima volta... >>, quella frase interrotta, interrompe anche i battiti del mio cuore.
<< Un'altra cosa... >> aggiunge, facendomi trasalire << ...io non torcerò un capello a quel pezzo di merda; ma, se ti azzardi ad andare da lui... fra noi è finita >>
Ed eccolo lì il colpo di grazia. Quel colpo che non mi sarei mai aspettata di sentire da Castiel.
Mi lascia sola, ma inspiegabilmente non riesco a sentirmi tale. A farmi compagnia, ci sono le mille lame affilate che trafiggono il mio cuore arrecandomi dolori strazianti.
Curvandomi in avanti, mi afferro il petto stringendo in pugno la stoffa della maglia. Un mugolio di dolore risuona quasi silenzioso nell'aria, seguito dal pianto che si rende partecipe al mio deprimente stato d'animo.
Non riesco a credere a quelle parole.
Sono convinta che le abbia dette in un momento di rabbia.
È strano, però; quando sono stata io ad allontanarmi da lui, il mio cuore non mi doleva in questa maniera. Adesso, quelle parole e il suo atteggiamento mi hanno ferita molto più di quanto non abbia fatto io; ed è proprio in quel momento che capisco che Castiel ha sofferto tanto quanto me.
Mi ritrovo in un vicolo cieco. Non ho scelta. Se non voglio perdere Castiel, devo ignorare Armin; ma se m'azzardo a fare questo, cosa succederà in futuro? Cosa vuole Armin da Etienne?
Mentre ritorno a ripensare a questo, qualcuno entra nell'infermeria. Alzo di scatto lo sguardo, sperando che si tratti di Castiel, ma il viso colmo di segni di età avanzata, della dottoressa del liceo, compare alla mia vista, rivelando uno sguardo preoccupato.
<< Preside, cosa l'è successo? Sta piangendo! >> esclama avvicinandosi velocemente.
<< No, non si preoccupi, dottoressa Morel... >> intervengo alzandomi dal letto e asciugandomi velocemente il viso. Non appena, però, poggio un piede sul pavimento, le poche forze che ho raccolto da quando mi sono svegliata, mi abbandonano repentinamente, facendomi cascare giù. Fortunatamente, la dottoressa mi afferra prima che il mio sedere possa fare coppia con il freddo marmo.
<< Stia attenta, Preside. È ancora debole >>
<< È stato solo un capogiro >> spiego aggrappandomi alla sua presa e accettando l'invito di ritornare sul letto.
<< Io non direi, Preside >> mormora facendo una smorfia << Anche se non ho alcun esame della sua salute, sono convinta che lei sia anemica >> ammette guardandomi con rimprovero.
Le rivolgo lo sguardo, e sentendomi come una bambina imbarazzata, affondo il collo nelle spalle.
<< Mangia? >> chiede Morel, andandosi a sedere alla sua scrivania.
<< Uhm... poco >> rispondo con voce flebile.
<< Perché? Non ha fame? >>
<< ...mi sento nervosa, e la fame mi passa... >>
<< Preside... >> riprende dopo qualche istante passato a scrivere qualcosa sul suo taccuino << ...le consiglio di mangiare come si deve, e di fare analisi del sangue. Non può continuare così >>
<< Lo so >> rispondo mortificata << ...è che... non ce la faccio più... >> aggiungo scoppiando in lacrime. Affondo il viso nei palmi delle mani, e non faccio più caso alla dottoressa che preoccupata, si avvicina chiedendomi che cosa mi stia succedendo.
<< Rea, cos'ha? Su, si stenda, non è poi tanto grave. Riposi ancora un po', vedrà che presto si riprenderà... >>
Come sarebbe bello, se quelle parole fossero realtà, ma questa è ben diversa da quella che pensa la dottoressa Morel. La verità fa più male di un semplice dolore corporeo.
Dopo quel piccolo sfogo, la donna mi da un calmante, invitandomi gentilmente a riposarmi. Chiudo gli occhi contro le mie vere volontà: sono convinta che non riuscirei ad addormentarmi, ma a mia insaputa, l'inconscio mi cattura all'istante.
Il sogno che mi visita è confuso e incomprensibile, tanto da farmi riaprire gli occhi di scatto lasciandomi con violenti battiti del cuore, che sembrano voler strappare la pelle del petto.
Smarrita e ansimante,  sollevo la testa dal cuscino, guardo fuori dalla finestra e mi accorgo che grigie e minacciose nuvole, hanno invaso l'azzurro cielo.
Mi alzo un po' barcollante, sembra che mi senta meglio, così mi infilo le scarpe e lentamente mi avvicino alla finestra, bisognosa di respirare l'aria dell'esterno. Quel colore inquietante che tinge l'ambiente non mi arreca nessuna sensazione. Per un istante cerco di sfuggire al mio dolore, ma quando volgo lo sguardo verso il giardino dell'istituto, precisamente, verso il cancello, una scena cattura la mia attenzione: Castiel sta parlando con qualcuno. Si trova di spalle alla mia visuale, e la persona con cui sta discutendo non si nota granché, colpa anche dell'altezza del rosso.
Incuriosita, decido di recarmi da lui per sapere cosa stia succedendo, ma non appena mi accingo ad andare, un'altra scena mi blocca all'istante: vedo lunghi fili dorati, danzare al vento; Castiel si sposta, rivelando la persona con cui sta parlando.
"La misteriosa ragazza!" penso sbalordita. "È venuta di nuovo, e sta parlando con Castiel!"
Vedo i due guardarsi, poi la ragazza abbassa la testa, permettendo al rosso di afferrarle dolcemente il viso e accarezzarle la guancia.
Quella scena s'imprime nei miei occhi come una spina che trafigge il cuore. Inconsapevolmente, mi ritrovo ad artigliate la candida tenda con una mano, mentre con l'altra, cerco do aggrapparmi all'infisso per non rischiare di cadere.
Che diavolo sta succedendo? Mi chiedo volendo urlare quella domanda. Come può Castiel, conoscere quella ragazza? E questa, che diavolo vuole?
Senza pensare ad altro, mi allontano dalla finestra, raggiungo la porta e, uscita dall'infermeria, mi dirigo verso l'androne, percorrendo il corridoio con passo svelto.
Il respiro si fa affannoso, mentre, cattivi pensieri invadono la mia mente.
Il portone di entrata si rivela al mio sguardo, ingigantendosi man mano che mi avvicino ad esso, e non appena me lo trovo a due passi, vedo con mia sorpresa qualcuno entrare. È Castiel.
Mi blocco all'istante, come se i miei piedi si fossero immersi nel cemento e questo si fosse asciugato repentinamente.
Castiel, ignaro, si volta verso di me, e non appena mi vede, si blocca fissandomi scettico.
<< Che ci fai qui? >> chiede con disinvoltura. Non rispondo, non so cosa dire, allora lui accenna due passi verso di me, e infilandosi le mani nelle tasche aggiunge << Ritorna in infermeria e riposati >>, poi si allontana.
<< Chi è? >> esclamo tremante, senza girarmi.
Sento che ferma i suoi passi e forse si gira verso di me.
<< Chi è, chi? >> chiede curioso.
<< La ragazza con cui stavi parlando >> rispondo impassibile.
<< Nessuno >> ribatte dopo qualche secondo di esitazione.
<< Non si può guardare e accarezzare nessuno! Chi è quella ragazza? >>, mi giro e lo fisso dritto negli occhi. Vederlo così tranquillo, mi mette in stato di irritazione. Perché si sta comportando così?
<< Sei gelosa? >> chiede ad un tratto sfoggiando il suo famoso sguardo beffardo.
<< Non si tratta di gelosia! Voglio sapere che cavolo sta succedendo? Perché tutt'a un tratto ti comporti così? Solo perché ho risposto alla chiamata di Armin? Tu non... >>
Castiel non mi da neanche il tempo di finire che, si avvicina velocemente a me e afferratami per un braccio, si pianta sulle mie labbra, premendo quasi con impeto.
Quando si distacca, mi lascia impietrita. Non mi aveva mai baciata in modo così... freddo.
<< Non ti preoccupare, sono ancora tuo >> mormora con voce roca; poi mi lascia e si allontana.
Rimango scioccata, non solo dal gesto, ma anche dalle sue parole. Cosa significavano? Dovrei sentirmi alle stelle e invece sto... male. È come se lui si stia sentendo costretto di qualcosa, ma di cosa?
No. Non può essere cambiato tutto così dal giorno alla notte.
Se non esco immediatamente da questo posto, sento che presto morirò.
Lentamente raggiungo la porta e apertala, il vento minaccioso mi investe. Porto la mano davanti agli occhi per proteggermi, poi quando sembra essersi calmato, esco dirigendomi verso la mia auto.
La meta non è precisa, e forse ha comandato il mio inconscio, perché senza che me ne rendessi conto, mi sono ritrovata davanti l'ex villa di Castiel.
La guardo malinconica e molti ricordi -belli o brutti che siano- ritornano a riempire il mio cuore. Questa, è stata la casa che ha visto crescere l'amore fra Cass e me. Questa, è la casa che ha accolto le mie lacrime in quattro anni di sua assenza, quando in balia della tristezza, mi recavo qui e mi perdevo nel mare dei ricordi, cercando invano, fra questi, di ritrovare il mio Castiel.
Questa, è la casa che non è più.
Scendo dall'auto senza distogliere lo sguardo da quelle mura oscurate dalla luce tempestosa delle nuvole, e lentamente mi avvicino al cancello. Afferro le sbarre di ferro battuto e poggio la fronte su di loro. Sento a un tratto un cigolio, e mi accorgo che il cancello di sta spostando. È aperto? Mi chiedo stranita. Guardo le finestre e noto che tutte le persiane sono chiuse, tranne però, la porta di entrata. Sembra essere socchiusa.
Titubante, sposto in avanti il cancello, aprendolo del tutto. Accenno qualche passo in avanti e spinta dalla curiosità, decido di entrare.
Il giardino si presenta ben curato e libero da erbacce. Non c'è nessuno, ma continuo a chiedermi per quale motivo, sia il cancello che la porta, li abbia trovati aperti.
Quando arrivo alla porta di entrata, sento un rumore riecheggiare dall'interno.
A dir la verità, sono molto spaventata, ma non posso non ammettere che sono anche curiosa.
Entro.
<< C'è nessuno? >>, e nessuno risponde.
Mi inoltro passando per il salone, c'è un'assurda penombra, e la visibilità è discreta, se non fosse che conoscessi questa casa, direi subito che mi tovo in un maniero abbandonato e infestato, dati gli affreschi che riflettono una sensazione terrificante.
Il salone è ordinato, quindi, l'ipotesi che fosse entrato qualche ladro, la deframmento immediatamente dalla mente.
Un altro rumore mi prende di soprassalto.
<< C'è qualcuno? >> ripeto trasalendo, e questa volta alzando la voce. << Chi c'è? Castiel, sei tu? >>
<< In due giorni rinchiusa qui dentro, non mi era passata per la mente l'idea che potessi venire a trovarmi >>, quella voce famigliare risuona dietro di me, prendendomi alla sprovvista. Mi volto di scatto, e l'immagine di quella persona che ha assillato il mio cuore per troppi anni, si delinea repentinamente davanti ai miei occhi.
Anche se in controluce, la riconosco, e non mi è bastato soltanto ascoltare la sua voce, la sua sola presenza ha confermato il mio dubbio.
<< Gi-Ginevra... >> sibilo con voce soffocata.
<< Ciao Rea >> mormora accendendo la luce, per rivelarsi completamente. Sta sorridendo e lo fa con cattiveria << Noto con dispiacere che è tua abitudine intrometterti nelle cose altrui >>
<< La villa è tua? >> chiedo con tono incredulo.
<< Sì. Il mio "ex" marito, me l'ha gentilmente donata, in cambio... >>
<< Di cosa? >>
<< Mi ha chiesto di sparire definitivamente dalla sua vita >> risponde indurendo lo sguardo. Ci guardiamo per qualche istante, e ammetto che il suo malizioso e cattivo sguardo mi sta tentando molto. Vorrei afferrarla per i capelli e sbatterla contro il muro; ma come una sciocca, mi limito solo a stringere i pugni, affondando nervosamente le unghie nella carne.
<< Io ho accettato >> ammette con un sorriso sardonico << d'altra parte, non potevo più continuare a minacciarlo; quell'idiota del padre si è fatto fregare, e prima che potessi rimanere senza nulla, ho accettato l'offerta... ma, ora, non so per quale motivo, mi sto pentendo di averlo fatto >>, si ferma e mi guarda, e lo fa non sguardo duro.
Dal canto mio, non mi faccio intimorire, e anche se non so perché non riesco a parlare, le tengo testa guardandola in modo sprezzante.
<< Ma forse, so per quale motivo >> riprende << ...è la tua presenza! È bastato rincontrarti per farmi venire la voglia di riprendermi Castiel! >>
Deglutisco a fatica sentendo quelle parole, e increspo le labbra preparandomi a gettare fuori la mia rabbia.
<< Per un momento ho pensato che avendoti qui davanti a me, avrei potuto toglierti di mezzo. Ma poi mi son detta che farti soffrire in un altro modo, fosse stato più piacevole >>
<< Sei una pazza! >> digrigno tremando.
Lei scoppia in una risata quasi isterica. << Ah, Rea! Sei una stupida, ed è proprio per questo che continuerò a starmene buona e calma qui dentro, godendomi il mio bottino di guerra >>
<< Non ho mai voluto il male di nessuno, ma spero con tutta me stessa che ti pentirai amaramente per ciò che hai fatto, non solo a me e a Castiel, ma anche a tuo fratello Erich! Quella creatura non centrava assolutamente niente con le tue malefatte! >>
<< Se non ti fossi messa in mezzo, Erich sarebbe stato felice! >> mi ammonisce alzando la voce << La colpevole di tutto, sei tu! >> aggiunge sprezzante. << Ma non preoccuparti. Il presente porterà con sé il futuro, e per come si stanno mettendo le cose, io sono compiaciuta! >>
<< Va' all'inferno, Ginevra! >> sentenzio avvicinandomi a lei per sorpassarla e uscire; ma quando le sono vicino, lei mi afferra per un braccio, fermandomi.
<< Tu pensi di aver vinto? >> mi sibila nell'orecchio.
<< Lasciami! >>
<< Adesso fai la forte perché Castiel è tornato da te... >>
<< Puzzi di invidia a solo un metro di distanza! >> esclamo strattonandola per farle mollare la presa.
Mi lascia, scoppiando un'altra volta a ridere.
<< Che idiota! >> sghignazza << Sei davvero convinta che Castiel in quattro anni ti abbia pensato intensamente? >>
Mi blocco ancora una volta.
<< In tutti questi anni, Castiel ha avuto un'amante! Mi ha tradita, e non con te, ma con una puttanella conosciuta ad una festa di amici! >>
Getto all'aria un mugolio di dolore, sentendo quelle parole trafiggermi il petto.
<< Non pensare che l'abbia liquidata, perché saresti solo un'illusa. Un giorno o l'altro, ti ritroverai davanti quella ragazza e in quel momento capirai quanto il tuo amore per lui, sia stato solo una semplice perdita di tempo! >>
Subito l'immagine della ragazza che si presenta ogni tanto al liceo si disegna davanti ai miei occhi e il dolore al petto si fa più intenso.
Ginevra continua a ridere, mentre la mia mente cede alla confusione.
In quel momento una voce dentro di me mi consiglia di non ascoltarla, perché quelle cattiverie sono frutto della menzogna.
Continuando a stringere i pugni mi incammino verso l'uscita, e per l'ennesima volta Ginevra mi ferma.
<< È molto bello il tuo Etienne. Ha gli stessi occhi del padre >>
Mi volto ancora una volta, sentendomi avvampare e questa volta la rabbia diventa incontrollabile.
<< Non so come tu conosca mio figlio e di certo non voglio saperlo... >> digrigno avvicinandomi a lei, minacciosamente << Ma se t'azzardi a toccarlo, io t'ammazzo! >>
Lei non mi risponde, cancella dalla sua espressione quel cattivo sorriso, e condivide il mio sguardo. Quel inquietante confessione termina lì. Esco da quella casa e raggiungo la macchina. Sfreccio per la strada come una furia, con lo scopo ben preciso di raggiungere il liceo.
Castiel dovrà spiegarmi tutto. Adesso basta, non posso e non riesco a non credere alle parole di quella vigliacca. Gli atteggiamenti del Rosso, e anche quell'incontro con questa misteriosa ragazza, sembrano coincidenze, e io non posso assolutamente non farci caso.
Mentre cerco di tener ferma la concentrazione sulla guida, come un fulmine a ciel sereno, mi ritorna in mente la frase di Ginevra: "È molto bello il tuo Etienne. Ha gli stessi occhi del padre".
No. Mi dico scuotendo il capo. Non può essere vero.
Svolto l'angolo parcheggiando l'auto proprio davanti al cancello. So che lì c'è il divieto di sosta, ma per come mi sento adesso, manderei a quel paese anche le forze dell'ordine.
Velocemente rientro nell'istituto. Vedo Kim venirmi incontro.
<< Ah, sei qui! Ti stavo cercando, sono andata in infermeria e non ti ho trovata >>
<< Dov'è Castiel? >> chiedo ansimante, interrompendola.
<< Grazie per esserti preoccupata per me Kim, ti sono molto riconoscente! >> esclama questa, cercando di imitare la mia voce.
<< Non ho tempo di giocare, Kim! >>
<< Ti ricordo che ore fa, c'è stata una discussione e che il tuo amato Castiel ha scoperto tutto. Non puoi per un istante fermarti e pensare di risolvere la questione? Non hai paura che possa andare da Armin e combinare un casino >>
<< Mi ha promesso che non gli torcerà un capello! >>
<< E tu sei così sicura di questo! >>
<< Kim, per favore. Questa giornata si sta letteralmente rivelando faticosa e disastrosa. Per come si stanno mettendo le cose, ho bisogno di parlare con Castiel! >>
<< È andato via pochi minuti fa >> risponde ritornando seria.
<< Dove? >> chiedo titubante.
<< Sono per caso il tipo di persona a cui Castiel riveli i suoi pensieri?... non so dove sia andato >>
Senza aggiungere altro, saluto Kim e mi dirigo nel mio ufficio.
Non appena sola, vado a sedermi dietro la scrivania, guardo nel vuoto e inizio a sentire la mente invasa da pensieri che sembrano ticchettare come centinaia di bombe ad orologeria pronte per esplodere.
Chiudo gli occhi portando indietro la testa. Sospiro rumorosamente, sentendomi pervasa da un voltastomaco.
Quando riapro le palpebre, mi massaggio la fronte, ed è in quel preciso istante che, dopo aver abbassato lo sguardo, mi accorgo che il primo cassetto della scrivania è aperto.
All'inizio non ci faccio caso, e mi accingo a chiuderlo, ma qualcosa ferma il mio gesto.
Un flebile e coraggioso fascio di luce, fuoriuscito da qualche spiraglio lasciato dalle nuvole, illumina un oggetto nascosto nel rettangolo di legno, illuminandolo. Immergo la mano, toccandolo. È un pezzo di carta, precisamente una fotografia.
Quando la estraggo, i miei occhi sembrano voler fuoriuscire dalle orbite.
L'immagine è stata strappata, e la parte salva, ritrae il sorriso di una giovane ragazza dai lunghi capelli biondi, che abbraccia qualcuno che non si vede.
L'unica cosa a cui riesco a pensare è: "perché Castiel ha questa fotografia?"
Tremante, l'immagine mi scivola dalle mani, e su di lei una lacrima amara si poggia, illuminata da quel flebile raggio di sole.
 
 
BAKA TIME: Ed eccomi qui, di nuovo in ritardo! Però ci sono! Come vi è sembrato questo capitolo? Fatemelo sapere, mi raccomando.
Non ho altro da aggiungere, solo che fa caldo, e che ringrazio tutte le lettrici che mi seguono!
Spero di non deludervi fino alla fine!
Un bacione a tutte. :-*
   
 
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