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Autore: Aoboshi    16/06/2015    4 recensioni
Cassandra è ormai prigioniera nella reggia del deserto. Il suo tentativo di fuga viene però interrotto dall'affascinante richiamo della biblioteca della magione, la ragazza si ritrova a vagare tra gli antichi volumi del suo misterioso ospite, il quale la sorprende in quel luogo. Dopo il breve scambio di battute, Cassandra capisce che il breve equilibrio, conquistato dopo anni di tormenti, è stato incrinato e sarà proprio Kuja a condurla verso quel destino a cui lei è sfuggita per troppo tempo. Gli spiriti nella sua mente si sono risvegliati e la reclamano, il loro canto popola imbattuto i suoi incubi e, dopo anni, Cassandra non sa se sarà ancora capace di resistergli.
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuja, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti perduti di Gaya'
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-Aiuto, ti prego…- un dolore lancinante la stava squarciando, aveva urlato, urlato disperatamente. Qualcosa le si era avvinghiato al cuore, ai polmoni, invadendoli tutti e impedendole di respirare. Una sostanza nera le si diffuse anche negli occhi oscurandole la vista
-Ti prego, papà, papà, aiutami!- piangeva disperatamente mentre anche gli arti smettevano di risponderle rendendola prigioniera del proprio corpo.
-Cassandra, Cassandra, puoi farcela! Resisti!- l’uomo sotto di lei diventava sempre più piccolo. Mentre una puntura costante le stava perforando le spalle, un turbinio di piume bianche l’avvolse, vide le sue braccia allungarsi e rispondere ad una volontà che non le apparteneva.
-Padre!-chiamò disperata. La figura di suo padre era ormai svanita e lei era perduta.
Sei nostra, Cassandra!
La risata femminile e tagliente come un coltello risuonò acuta nella sua mente.
 
Un forte clangore la strappò ai sui incubi, Cassandra si alzò di scatto, il petto si alzava ed abbassava ad ampi intervalli, la fronte era madida di sudore. Si sfiorò il volto e guardò le braccia: normali, rosee.
Un sogno, è stato solo un sogno.
Eppure non smetteva di tremare, quella voce le solleticava ancora gli angoli più bui della mente, una minaccia latente, mai del tutto scomparsa. Una mano ossuta l’afferrò per il collo del vestito.
-Andiamo, stupida!- le sputò tra i denti uno dei due raccapriccianti giullari. Venivano lì quasi ogni giorno e la sottoponevano al suo incubo peggiore. Cassandra guardò con orrore la porta della sua cella aperta.
No, vi prego basta…
Zon e Son, i due diabolici giullari, Cassandra non aveva mai apprezzato i clown, ma quello era un abuso, i due erano dei mostriciattoli deformi alti sino al suo ginocchio, indossavano gli stessi vestiti, solo di colori diversi, uno era rosso, l’altro blu. Zon la trascinò fino alla soglia della sua cella, Cassandra prese a dimenarsi.
-Lasciami!- gli ringhiò puntando i talloni e strattonando via il collo dell’abito. La ragazza rotolò sul pavimento di ferro, il medaglione le rimbalzò sulla trachea, fermandole il respiro per un secondo.
-Insostenibile!- saltò il giullare.
-Insopportabile- rispose l’altro
-Inaccettabile!-
-.Ina…-
Cassandra fece saettare gli occhi verso una via di fuga, era ancora terrorizzata dal suo sogno, non poteva sopportare oltre, doveva andarsene.  Fece forza sulle ginocchia e scattò verso l’uscio aperto, il suo slancio si scontrò con una barriera, Cassandra venne sbalzata sul pavimento. Un rivolo di sangue le scese dal naso.
-Maledetto…- ringhiò ancora. Doveva immaginarlo, Kuja monitorava ogni sua mossa, non poteva fuggire. Non ebbe modo di riprendersi che uno dei giullari l’afferrò per i capelli, l’altro le infilò gli artigli nel polpaccio. Cassandra cacciò un urlo di dolore mentre sentiva le unghie del mostro penetrarle nella carne.
-Padron Kuja vuole risultati!- gracchiò Son.
-Risultati al più presto!- ribatté l’altro leccandosi il sangue dalle dita. Cassandra non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto.
-Risultati immediati!-
-Ris…-
Il torpore si impossessò di lei, abbassò gli occhi sui puntini rossi sulla sua gamba, Zon doveva averle iniettato del veleno. Si consolò, per lo meno non avrebbe sentito le inutili digressioni dei due clown. Osservò passiva le varie sale della reggia mentre i due la trascinavano verso i sotterranei. Lo splendore della reggia, man mano che scendevano, svanì gradualmente. Il marmo venne sostituito dalla roccia più grezza, i decori si fecero sempre più sobri, i corridoi più stretti e meno luminosi, le ampie vetrate divennero strette feritoie soffocate.
La vera faccia di questo posto.
Poco alla volta tornò presente a se stessa, Zon aprì con un incantesimo la pesante porta della cripta.      
Era un rozzo blocco sbozzato alla meglio nella pietra grezza, sulla facciata erano accennati i profili di alcune rune sconosciute e qualche altra iscrizione. Il blocco strisciò rumorosamente verso l’alto, liberando il passaggio. Son la spedì dentro, Cassandra si ritrovò al centro della saletta.
Benvenuti signore e signore ad una nuova entusiasmante estrazione…
La cripta era una piccola cella circolare, sul pavimento erano scolpiti una serie di cerchi concentrici in cui vi erano inseriti simboli simili a quelli del portone. La ragazza accarezzò penosamente le scanalature sotto di lei, chiuse gli occhi, sapeva cosa l’aspettava, non c’era bisogno di guardare.
Si dia inizio allo spettacolo
Son e Zon presero a girarle attorno,  le loro voci da cornacchie ripeterono cantilenanti le formule del rito. Cassandra percepì i cerchi dell’incanto circondarla e serrarsi sempre più stretti a lei, prendevano e lasciavano, contraendosi ed estendendosi come un cuore pulsante. La nenia divenne un ronzio indistinto conficcato al centro della sua testa. Arrivò la prima scossa. Cassandra si voltò sulla schiena, gli occhi sgranati, le unghie conficcate nella pietra nel vano tentativo di reggersi a qualcosa. Zon e Son non erano che macchie nel suo campo visivo, avrebbe voluto urlare, implorargli di smettere, ma ormai era tardi, era incapace di muovere la bocca. Arrivò la seconda scossa, Cassandra inarcò la schiena senza fiato, mentre un primo artiglio provò a squarciarle il petto. Urlò. Sentì l’incantesimo strisciarle dentro, scavarle nella mente e nel cuore per portare fuori tutto quello che lei aveva cacciato disperatamente a fondo. La magia le strappò il primo legame, un paio di occhi color ametista la fissavano.
Ixion… Il cavallo nitrì scuotendo la criniera cosparsa di scariche elettriche . Cassandra gridò ancora, un altro legame spezzato, per un attimo il cuore le si era fermato. Il cavallo saltò imbizzarrito nella sala per poi svanirle nel petto, dissolvendosi nel nulla. Non ce l’avevano fatta, l’eidolon non si era distaccato da lei.
Fermi!  
Ma non potevano sentirla e certo non si sarebbero fermati. Avevano impiegato settimane per spezzare quei due legami i quali, ormai fragili, si rompevano più facilmente. La mano dell’incantesimo le strinse l’anima, scavando e afferrando il secondo eidolon. Cassandra sentiva come una trivella nel petto, cercava di dimenarsi, ma era quasi peggio. Il sortilegio lo prese e lo riesumò, dal profondo della ragazza. Un’altra forma luminosa le apparve davanti agli occhi pieni di lacrime di dolore.
Siren… la sua voce era poco più di un guaito.
L’eidolon la guardava contrito, era forse l’unico con cui avesse una sorta di confidenza. L’unico la cui sete di distruzione era inesistente.
Resisti!
La voce, dolce e melodiosa, le ricordava quella di sua madre, ma era attraversata da una nota di terrore.  Sta per rompersi!
Il biondo eidolon sgranò i grandi occhi color topazio, si precipitò accanto a Cassandra accarezzandole il volto con le ali, le prese una mano. Il corpo di Cassandra tremava sotto le scosse dell’incantesimo che la stava smembrando. Chi c’è dopo?
La ragazza era terrorizzata, sentiva anche lei il sigillo della sua volontà cedere. Siren la guardò con compassione e amarezza.
Ce la faremo. Cercò di rassicurarla l’eidolon. Un’altra scossa e Cassandra strisciò la nuca sul pavimento, gli occhi sgranati sino all’inverosimile cercarono disperati l’eidolon.
Chi c’è dopo di te!? La stava supplicando, un’angoscia cieca le stava risalendo dal profondo.  
Gli occhi di Siren furono attraversati da un’ombra, lo spirito deglutì. Il dolore fu lancinante, Cassandra cacciò un altro urlo che superò le parole di Siren. Il penultimo legame si infranse.  Cassandra vide un artiglio grande quanto la sua gamba squarciarle il petto, la schiena si inarcò in modo innaturale. Cassandra sbarrò gli occhi, lo sguardo disperato alla ricerca di Siren.
E’ Zalera. Siren sgranò gli occhi atterrita. Hanno liberato il Mortifero…
L’esper prese a svanire così come era apparso. Mentre si dissolveva, le accarezzò la fronte.
Ce la farai, io resterò con te!
Siren ritornò a lei, come prima Ixion. Intanto la voragine dentro di lei cresceva; il sapore di sangue le occluse le vie respiratorie, una massa nera e informe le oscurò la vista; un’altra lacerante artigliata venne fuori. Cassandra mandò fuori un urlo disumano, poi lo sentì, una voce roca e graffiante, come proveniente da una tomba antica quanto il tempo.
Odore… di … vita… inebriante…
Cassandra sgranò gli occhi. Davanti al mostruoso essere, i suoi incubi divennero realtà. Incapace anche solo di parlare, la ragazza vide il mostro chinarsi su di lei. Cassandra fissò le orbite vuote del teschio; questi aprì la bocca, soffiandole addosso l’alito mefitico. Siamo una sola cosa, adesso!
Cassandra scivolò nell’oblio, mentre il Mortifero emergeva dai meandri dei suoi incubi peggiori.
 
-Il padrone non sarà contento!- affermò Zon davanti alla prima luce di eidolon. Ancora una volta, nonostante fossero riusciti a portarlo in superficie, il primo esper non si era distaccato dalla maledetta umana nelle loro grinfie. Avevano semplicemente visto la ragazza dimenarsi e fissare il vuoto davanti a sé
-Il padrone non sarà soddisfatto!- ribatté Son.
Anche il secondo eidolon non rispose, rimanendo ancorato alla volontà di Cassandra.
-Continuiamo?- gracchiò Zon.
-Dobbiamo fermarci?- domandò Son. Il loro incantesimo si scontrò con qualcosa
-Un terzo eidolon!- esultò uno dei giullari.
-Ci proviamo?- chiese l’altro
-Ci riusciamo!- sorrise maligno il compagno. I due giullari ripresero la nenia, i cerchi di energia si allargavano e stringevano sulla ragazza. Cassandra era ormai imprigionata nel loro sortilegio, prigioniera dei suoi spiriti.
-Eccolo!- dissero insieme i due mostri. Visualizzarono il legaccio, il loro incantesimo si serrò su di esso, strappandolo. La tensione esplose, scaraventando i due giullari contro le pareti di roccia. Son e Zon scivolarono per terra, le loro teste dondolavano innaturalmente. Non appena alzarono gli occhi, i due si guardarono.
-Al padrone non piacerà!-
-Il padrone ci ucciderà!-
Al centro della stanza, dove prima giaceva il corpo straziato di Cassandra, torreggiava un enorme scheletro alato. Il teschio portava due lunghe corna ricurve, il mantello nero e stracciato si confondeva con il profilo aguzzo delle ali corvine.  Dalla schiena del mostro si innestava il busto di una bellissima donna bendata dai lunghi e sottili capelli neri, la donna accarezzò il volto scheletrico del suo compagno.
-Siamo liberi- Sussurrò dolcemente la sacerdotessa.
Le orbite vuote dello scheletro  si illuminarono come rubini sanguigni , il ruggito del Mortifero scosse le fondamenta della reggia del deserto.
Il mostruoso essere spiegò le enormi ali nere e si lanciò contro i due giullari. Son e Zon chiusero i loro occhi, l’alito mefitico del Mortifero reclamava famelico i due gemelli.
La vibrazione di incanto esplose rapida, i due giullari furono avvolti da una barriera.
-Cosa, esattamente, è successo qui?- gli occhi di Kuja brillavano eccitati, i due lapislazzuli erano puntati sul magnifico e terrificante eidolon.
-Mio signore…- piagnucolò un giullare. Il Mortifero prese a colpire con i suoi artigli la barriera del mago. Kuja tenne le mani luminose in alto, sostenendo la loro protezione.
-Senza fretta, giovani compagni…- commentò Kuja osservando ipnotizzato quel mostro – Dove è la nostra leggiadra ospite?-
Il Mortifero scagliò un ulteriore attacco, la barriera si frantumò. Kuja eluse l’attacco, un colpo energetico frantumò la pesante porta della cripta.
-Toglietevi di mezzo in fretta, d’accordo!?- gli occhi ferini saettarono verso i suoi servi. Zon e Son lasciarono la stanza in pochi istanti.
Feccia. Kuja si scostò un ciuffo argenteo dalla fronte
-Benvenuto nella mia umile dimora…-  Kuja guardò con occhi avidi quel capolavoro. Eccolo, il potere degli esper, il tormento di Garland, era davanti a lui in tutta la sua magnificenza. Per tutta risposta il Mortifero sfiatò il suo miasma velenoso, una nebbia verdognola e invasiva. Kuja sorrise chiudendosi in una nuova barriera
–Odio gli esseri così irragionevoli!- si scostò la piuma dal viso sottile, la barriera esplose in mille schegge incandescenti, investendo l’eidolon. Le luci dei frammenti dell’incantesimo lanciarono aloni simili a delle piccole torce nella nebbia.   Kuja non si lasciò distrarre dalla bellezza pirotecnica del suo incantesimo, schivò agilmente l’artiglio del nemico, il quale emerse a tradimento dalla foschia tossica in cui la cripta era avvolta.  Kuja si incurvò attorno al braccio mostruoso dell’essere, lo afferrò saldamente mentre le sue mani si infuocavano, cercando di bruciare la carne viva che ricopriva l’ossatura sporgente del Mortifero . I sensi del jenoma vibrarono, Kuja mollò la presa mentre, facendosi forza sul braccio di Zalera, fece una capriola.
Il colpo sacro gli sfiorò la guancia.
-Suvvia, Cassandra, è un deludente spreco di abilità!-  ma il mago non fece in tempo ad atterrare, la lunga gamba dell’eidolon lo colpì. Kuja richiamò un’altra protezione, il colpo venne indebolito, lui e la sfera in cui si era protetto vennero scagliati contro la parete. Le fondamenta della reggia tremarono, la sfera si incastonò nel muro, prima di svanire. Il soffitto prese a tremare, dei grossi tocchi di pietra si staccarono precipitando sull’antico pavimento.
Se continuiamo in questo modo, dovrò trovare un’altra magione!
Gli occhi acuti del jenoma scrutarono la polverosa baraonda, c’era un silenzio innaturale, qualcosa gli pizzicò un angolo del cervello. Kuja si allontanò con uno scatto dal muro prima che delle braccia lo afferrassero. Ancora i suoi sensi erano in allerta, questa volta Kuja richiamò la sua vibrante energia, sulle dita apparvero delle scintille, con gli occhi sgranati per l’eccitazione, il mago scagliò la sfera di energia contro il nuovo avversario. Una pira illuminò l’ambiente,  Kuja si avvicinò al corpo consumato dal suo fuoco: un cadavere. Il mago si scansò all’ultimo, un altro morto vivente aveva cercato di colpirlo, Kuja gli servì un calcio tale da spedirlo contro la parete. Il jenoma fece avvampare le fiamme nelle sua mani, illuminando l’ambiente circostante e disperdendo la nebbia verdognola. Al centro della cripta, circondato da morti viventi, c’era Zalera.
Questo potere…
-I miei complimenti, madame!- disse sprecandosi in un inchino.  Lui e Zalera erano circondati da morti, al minimo cenno del loro signore, Kuja era certo si sarebbero avventati su di lui. Non una gran minaccia, ma, certamente, un’efficace diversivo per il loro signore.  Una risata femminea e cristallina risuonò tra le mura della cripta, Kuja alzò lo sguardo al busto di donna alle spalle del Mortifero. Era di una bellezza terrificante con quella pelle candida e i capelli lisci e scuri come le piume dei corvi, al centro della benda zaffiro, brillava una gemma.
-Sprecate il fiato, insulso jenoma… la vostra amica non può sentirvi-
Gli occhi di Kuja si ridussero a due fessure. Insulso jenoma!?
Non gli piacque il tono di quella donna, anche se era uno spirito, nessuno poteva dargli del jenoma alla leggera. Ma tenne a bada la furia cieca che poco alla volta stava riemergendo dai meandri del suo essere.
-Con chi ho dunque il piacere di parlare?- mascherò l’irritazione con un falso gesto di cortesia.
La donna si voltò verso il teschio cornuto sotto di lei, accarezzando ipnotizzata le ali. Sarebbe potuto sembrare un segno di affetto, ma era una visione troppo grottesca per associarvi un simile aggettivo.
-Zalera- la nuova voce non aveva nulla della precedente eleganza femminile, bensì era l’urlo di due voci sovrapposte – Noi siamo ciò che attende le anime perdute, i guardiani corrotti della morte!-
Gli zombie si scagliarono contro Kuja, il mago eluse gli attacchi con una rapidità inaudita, scorrendo rapido tra gli avversari, tempestandoli di attacchi. Dette fuoco all’armata dell’oltre tomba, ma per quanti ne facesse fuori, ce ne erano sempre di nuovi. La mente del mago elaborò in fretta, doveva assoggettare quell’essere ai suoi desideri. Era difficile combattere mentre la sua testa andava alle grandi cose che avrebbe potuto fare con un potere simile a sua disposizione. Il profumo dell’ambizione gli solleticava l’animo
– Incantato!- il mago fece un’enorme pira con i suoi avversari –Questo è dunque il momento delle dovute presentazioni!-
-Sappiamo chi sei, jenoma!- lo ammonì la donna. Kuja digrignò i denti, le avrebbe fatto volentieri saltare la testa se l’avesse chiamato ancora così, ma non avrebbe potuto, gli spiriti non erano facili da decapitare, ripiegò sulla retorica.
-Orbene, allora saprete che la vostra libertà è un mio merito!- si guardò distrattamente le unghie curate
–Sono quasi certo che non assaporavate la libertà da tempo… - altri zombie vennero fuori dalle macerie, Kuja sospirò dando immediatamente fuoco ai nuovi nemici, sembrava di essere alla festa di compleanno di un bimbo, gli zombie brillavano come candeline –Perdonate l’impertinenza, ma non è semplice adempiere ai miei doveri di ospite con i vostri servi che cercano di uccidermi!-
-Non abbiamo interesse nelle vostre insulse parole, jemona!- rispose freddamente la donna.
-Oh!- il tono falsamente sconcertato cercò di coprire il moto di rabbia – Curioso, non fosse stato per il mio generoso intervento, voi, grande Mortifero sareste ancora imprigionato nel fragile corpo di una donnina…-
Lo scheletro cornuto emise un ringhio basso e minaccioso. Gli occhi di Kuja mandarono un bagliore di soddisfazione, ecco cosa dava fastidio all’eidolon: ricordare il suo vincolo all’essenza di un miserabile umano.
-Credete forse che vi portiamo riconoscenza?- lo ammonì severa la donna. Kuja si accorse che non parlava, la sua voce gli echeggiava nella mente, come se avesse accesso libero ai suoi pensieri, la cosa lo infastidì.
Kuja si massaggiò le tempie–La gratitudine è sentimento  assai raro di questi tempi- lasciò guizzare gli occhi sul Mortifero – Sebbene sia innegabile il mio contributo ad eliminare quello sciocco contenitore che vi ingabbiava, non pretenderei mai la vostra gratitudine!-
-E cosa vorrebbe dunque la creatura di Garland da noi…-
Un fuoco gli bruciò il petto, l’ira prese a scorrere assieme al sangue, una smorfia di disgusto gli stirò il viso. Kuja dovette trattenere il suo impeto rabbioso. Era una partita delicata e Zalera era maledettamente subdolo, stava cercando di irritarlo, ma il suo odio per Garland e la sua sfrenata ambizione erano qualcosa di troppo importante per cedere alle provocazioni del giudice dell’oltretomba.
-Una collaborazione!- affermò aprendo le braccia e sorridendo con fare accattivante – Vi offro la possibilità di prendere tutte le anime che desiderate, di spiegare le vostre ali funeste su Gaya e saziare la vostra sete… al prezzo di una!-
-Alludi forse alla nostra guardiana?-chiese con voce neutra la donna.
- Affatto!- sogghignò il mago, forse quell’eidolon non era così lungimirante come sembrava –Tenete pure la sua petulante anima con voi, se la cosa vi rallegra… No…- alzò gli occhi luminosi e feroci
-L’anima che voglio è quella dell’osservatore stellare, la sua, voglio che sia lui il primo a varcare i cancelli dell’oltre tomba!- era quasi assuefatto da quel sogno, era un passo più vicino. L’inebriante forza di Zalera avrebbe spazzato via il suo maledetto creatore, e solo lui, Kuja, sarebbe rimasto a regnare incontrastato su Gaya e su Tera. Lo vedeva già in ginocchio, il maledetto vecchio, schiacciato dalla potenza dell’eidolon. L’eccitazione gli animò il petto, i respiri del mago si fecero più lunghi e ansanti.           
-Dunque ci offri la vita del tuo creatore- rise la donna, poi il tono si fece affilato –Quale generosa offerta, piccolo jenoma! Perché mai dovremmo…-
Il jenoma sgranò gli occhi, quella maledetta donna, il desiderio di squartarle la gola si fece sempre più forte
-Perché…- e questa volta il tono di voce tradì tutto il suo risentimento – Come vi ho liberato, vi posso rispedire in fondo a quella minuscola prigione di carne e sangue a marcire finché la vostra maledetta ospite non crepa!- lo sibilò a denti stretti, sputando con astio ogni parola. Si era sbilanciato un po’ troppo.
La risata di Zalera rimbombò nella cripta, il tono non piacque affatto a Kuja, il quale vagliò l’ipotesi di fare a pezzi quell’abominio, a prescindere dalla sua risposta.
-Ci stai forse minacciando, piccolo jenoma!?- lo schernì l’eidolon  -Lascia che ti dica una cosa, l’insulsa anima che ci imprigionava si è frantumata in pezzi così piccoli che neppure in un millennio, tu o il tuo creatore, sareste in grado di  ricomporre!-
Kuja sgranò gli occhi, avvertì una fitta – Non credo di …-
Ma l’eidolon rise ancora –Non c’è minaccia, perché non esiste più alcuna prigione!-
Per un istante il modo si fermò, gli occhi acquamarina guardarono in modo nuovo quell’essere terrificante.
Morta…Kuja non riuscì a trattenere un conato di vomito, gli sembrava tutto tremendamente irreale. No che non era morta, Cassandra non poteva essere morta. La sua voce risuonò come un sussurro sommesso nella  mente del mago. Kuja scosse la testa, non era morta,  l’avrebbe saputo, l’avrebbe sentito se fosse morta.
-Qualche problema jenoma, mi pare di averti sentito dire che potevamo far ciò che volevamo della nostra prigione…-lo stava deridendo, quell’essere disgustoso, più morto che vivo, quel dannato essere che aveva ucciso Cassandra… Kuja serrò i pugni per impedire al flusso di magia di fuoriuscire violento. Doveva fare i conti con quella verità, se Cassandra era morta, lui aveva perso il suo vantaggio e questo voleva dire…
-Ascoltami bene, jenoma, non ci sarà vita che non reclameremo… a cominciare dalla tua!-
Il ruggito di Zalera fece vibrare le pareti. Kuja aveva già erto la sua barriera, il suo richiamo era arrivato freddo e perentorio alla sua cavalcatura. La cripta esplose, Zalera  aprì le immense ali, ingrandendosi fino a sfiorare i tre metri.  Kuja scattò verso l’alto, tra polvere e macerie cercò un bagliore argenteo. Lo colse. Le grandi ali membranose del drago fendettero l’aria rapide, Kuja posò i piedi sulla groppa del suo compagno. L’urlo di Zalera fu un raccapricciante connubio di strilli, Kuja vide l’eidolon puntare verso di lui.
Maledizione.
Spronò la sua cavalcatura, il drago ruggì e partì rapido tra i venti. La mente di Kuja era persa in un caotico flusso di pensieri: l’eidolon lo inseguiva. Cassandra era morta. Non avrebbe avuto modo di vendicarsi di Garland perché il Mortifero esigeva la sua testa. Cassandra era morta. I suoi sogni di gloria erano destinati a fallire miseramente. Cassandra era morta.
NO!
Kuja si sporse verso il muso del drago, fissò accigliato gli occhi della sua cavalcatura, sapeva dove andare. Il drago colse, virò con decisione, separando le correnti d’aria. L’alito della morte era sempre più vicino. Kuja superò la familiare catena montuosa, sotto di lui, il deserto sfilava rapido, i sottili capelli color argento gli danzavano davanti al viso, fretta, doveva fare in fretta. Il mare accolse lui e il suo drago, la vasta distesa zaffiro brillava sotto il sole. Miglia, miglia interminabili lo separavano dal suo dannato obiettivo.
Resisti.
Una pioggia di sfere di energia gli piombò addosso assieme ad una raffica di piume nere e affilate come coltelli. Una gli ferì il braccio, Kuja accolse con orrore la lingua cremisi macchiare la bianca manica vaporosa.
-Più veloce!-  urlò al drago. Il richiamo di Kuja rimbombò potente, in pochi attimi, le strida di uno stormo di draghi argento riempirono l’aria tesa. Zalera volava veloce e i suoi colpi sacri andarono a decimare la protezione di Kuja. Finalmente all’orizzonte comparve una lingua di terra. Kuja salutò entusiasta il continente dimenticato.
-Sei finito piccolo jemona-
Kuja fece avvitare il proprio drago, eluse l’offensiva di Zalera, l’eidolon era però davanti a loro e bloccava il passaggio. Il mago lasciò fluire la sua rabbia, una raffica di colpi infuocati si abbatté sull’eidolon, il quale si coprì con le possenti ali. Kuja sfruttò l’occasione per proseguire la sua folle corsa. Finalmente, nell’insenatura dei monti, dopo sterminate miglia di deserto, vide il profilo della sua salvezza. Un colpo esplose, il drago ruggì, Kuja avvertì la stessa fitta della sua cavalcatura. La città era praticamente sotto di loro. I due precipitarono, il mago riuscì a richiudere in una barriera se stesso e il suo drago. L’impatto fu durissimo. Kuja rotolò nella sabbia sanguigna, mentre una sensazione orribile gli bloccò la bocca dello stomaco. Il fiato gli si bloccò nei polmoni, fu come sentire una mano strisciargli dentro e afferrargli il cuore, impedendogli di battere. Una disgustosa sensazione di impotenza si impossessò di lui.
E’ necessario. Strinse i denti, cercò di mettere a fuoco il panorama davanti a lui. I venti trasportavano un’irritante sabbia rossastra, la quale si infilò ovunque, nelle narici, negli occhi, nella bocca. Tra i sospiri del vento, Kuja vide emergere  una gigantesca figura nera, le ali sembravano un gigantesco mantello di quel signore della morte. Kuja trattenne una smorfia di disgusto.
-E’ la tua fine, distruttore di Gaya…- lo schernì la voce di Zalera. L’eidolon dette un possente colpo d’ali. Kuja guardò il suo drago, era riverso a terra, tra la sabbia, a molti metri da lui, oltre il confine, il petto scaglioso si alzava e abbassava lentamente.
Perfetto!
Il fruscio di ali lo informò che Zalera era atterrato dietro di lui. Kuja si sforzò di girarsi, l’eidolon torreggiava minaccioso su di lui, le orbite vuote del teschio sembravano quasi fissarlo, promettendo un oblio per nulla allettante.
-Le tue ultime parole, insulso jenoma!-la voce di Zalera era altera e affilata.
Kuja sfoggiò un sorriso sghembo
-Sì, benvenuti a Oeilvert!-
Uno sfrigolio improvviso riempì l’aria attorno a Zalera. L’eidolon fece per muovere un passo, ma l’aria attorno a lui era diventata un mulinello impenetrabile . Kuja accolse con piacere le strida di Zalera. Un vortice di scariche si avvolse attorno all’enorme Mortifero, il quale cadde in ginocchio, il suo secondo busto umano tossì schiacciato dalla barriera anti magica dell’antica città terana.
-Cosa hai fatto!-la voce mostruosa non era più quella di una donna, ma il coro di anime maledette dall’eidolon. Kuja rise entusiasmato da quello spettacolo meraviglioso. Le scariche si abbatterono sull’eidolon, mentre il vortice di sabbia gli imprigionava le gambe. Zalera provò a fuggire inutilmente, dei tentacoli neri lo tennero stretto al terreno, serrandosi sulle ali, spezzandogliele, finché la figura venne completamente coperta dal vortice di sabbia. Le acute strida costrinsero Kuja a coprirsi le orecchie, il mago si trascinò lontano dal marasma, ridendo sguaiatamente davanti alla dipartita del suo nemico. La tempesta di sabbia coprì tutto fin anche le grida dell’eidolon, poi, finalmente tornò il silenzio. Il profilo di Oeilvert si stagliava poco più a fondo, con i suoi cancelli diroccati. Kuja si rialzò, barcollava appena, era strano non sentire il flusso di energia magica, talvolta doveva soffocare il singulto di una risata. Il mago camminò fino nel punto in cui era svanito Zalera. Lì, tra la polvere e la sabbia, qualcosa si contorceva. Kuja fece qualche passo in avanti, la risata gli si strozzò in gola.    
 
-Padre- se la voce non fosse stata così roca, probabilmente sarebbe stata un grido - Vi prego…non lasciatemi…- Cassandra era in preda agli spasmi. Kuja era a un passo di lei, ipnotizzato dal suo contorcersi disumano.
-Vi prego padre… FA MALE!- sgranò gli occhi prendendosi la testa tra le mani.
Kuja arretrò, c’era qualcosa di grottesco e innaturale nella sofferenza di quella donna.
E sei tu l’artefice.
Questo pensiero gli fece venire la nausea, non c’era nulla di bello in ciò che vedeva. Talune volte, la distruzione di città, la voce della guerra, gli erano sembrate belle, un nutrimento irrinunciabile per la furia dentro di lui, ma non aveva mai fatto i conti con ciò che aveva davanti.
Gli occhi di Cassandra erano coperti da una patina dorata e iridescente, la ragazza si accovacciò in posizione fetale mentre, comunque, le scosse non le permettevano di mantenere a lungo alcuna posizione. Kuja non sopportò oltre, dette le spalle alla carcassa sanguinolenta e si avviò verso il drago.
–PADRE! – non fu un urlo, ma un latrato. Cassandra sputò sangue, rotolò sulla schiena e conficcò le unghie nel terreno –Non lasciatemi sola…- fu solo un sussurro.
Kuja si fermò. Cassandra strisciò verso di lui, sotto di lei si disegnò una scia di sangue e polvere. Il mago si voltò, una smorfia d’angoscia dipinta in viso, osservò la creatura ai suoi piedi. Che accidenti voleva da lui, perché non moriva in silenzio!? Cassandra era sudata, le ciocche mogano erano attaccate alla fronte, il diadema con le foglie d’argento era andato distrutto, la ragazza teneva una mano serrata attorno al medaglione che portava al collo. Lo sguardo cupo del jenoma rimase ipnotizzato da lei. Non era morta. Qualcosa si sciolse dentro di lui, la possibilità di sfruttare la sua forza non era ancora del tutto perduta.
Non è morta…
Kuja si piegò sulle ginocchia, osservando più da vicino il volto della ragazza. Gli occhi dorati le impedivano di vedere qualsiasi cosa. Zalera non aveva del tutto mentito, quell’estrazione aveva frammentato i suoi ricordi spedendola in uno dei tanti incubi di cui era vittima. Kuja conosceva quasi tutti ormai. Da quando l’aveva portata alla reggia del deserto, l’aveva monitorata ogni girono, l’aveva vista mentre si prendeva le ginocchia tra le braccia e si rannicchiava,  o quando, se non riusciva a prendere sonno,  canticchiava il suo motivo straziante per darsi coraggio. L’aveva vista quando aveva picchiato contro la porta urlando che lo odiava e che non si sarebbe piegata, che non sarebbe diventata il mostro che lui voleva.
Kuja serrò i pugni, come era familiare quella scena e come era strano vederla dall’altra parte.
-Perdonatemi padre…- biascicò lei contro il terreno – Non ho mantenuto la promessa… fa… male…-      
Il rumore di passi venne coperto dal fruscio del caldo vento di Oeilvert.. Cassandra sgranò gli occhi sul cielo della sua infanzia, poco alla volta il torpore sedò i suoi sussulti, poi le palpebre si chiusero e finalmente il vero oblio la accolse. La testa della ragazza scivolò sul petto di Kuja. Il mago l’aveva presa in braccio, era leggerissima, sulle guance sporche di terra e sabbia le lacrime lasciarono dei piccoli rivoli lucidi. Kuja sbuffò, finché non usciva da Oeilvert, le sue forse restavano esigue, stette attento a non incorrere in qualche nemico, era così frustrante quella sensazione di impotenza. L’espressione di Cassandra si contrasse, Kuja le scostò una ciocca della fronte sudata.
-Tranquilla fiore del deserto, il più è fatto!- non appena attraversò il confine della città dimenticata, il flusso magico investì Kuja, il quale si inebriò della sua stessa forza. Fece un profondo respiro, il drago, scrollatosi di dosso la sabbia, volò verso di lui. L’enorme bestia planò delicatamente,  nonostante la mole, ed espose il fianco, permettendo a Kuja di salire più agilmente. Non appena gli salì in groppa, il mago cinse le spalle dalle ragazza con un braccio, alzandole appena rispetto alle gambe, la lasciò scivolare verso di lui, dandole modo di accucciarsi al suo petto. Il respiro leggero di lei, sulla pelle, gli procurò un brivido. l drago grugnì. Kuja lo fulminò con uno sguardo.
-Muoviamoci, abbiamo un’armata di zombie da scacciare!-   
Il drago si alzò sulle zampe, le ali presero a mulinare, finché non si staccò da terra. L’aria calda gli accarezzava la pelle, Kuja abbassò lo sguardo sulla ragazza, non aveva più l’espressione contratta, Cassandra, serena, dormiva tra le sue braccia.    
 
Restava solo un legame, quello dell’eidolon più potente,  ma, Kuja se lo ripromise, l’avrebbe spezzato solo con il consenso di lei.


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NdA: grazie per coloro che leggeranno, alcuni dovuti chiarimenti. L'eidolon dell'inizio (parte in corsivo) non è Zalera, così come la sua voce non è la stessa della sacerdotessa del mortifero. Mi scuso per eventuali errori. La storia ha preso una piega molto più dark del previsto (O.O), certo non avevo intenzione di raccontare di allegri unicorni a spasso sugli arcobaleni, ma neppure un contrasto così forte. Penso che aggiungerò alla raccolta qualcosina in più sul passato di Cassandra, penso a questo punto che qualche chiarimento sia necessario.
   
 
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