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Autore: EffyBk    11/01/2009    0 recensioni
Sapevo che sarebbe arrivato questo momento, ma non credevo così in fretta. E soprattutto non credevo sarebbe stato così doloroso...
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

Ripensando all’inizio della nostra storia, mi rendo conto che era tutto semplicemente perfetto.
Eravamo così felici… ma si sa, la felicità non può durare. E chiunque potrebbe dire che io non mi
devo lamentare perché la mia vita la sognano tutti. Sì, la vita che vedono attraverso le telecamere;
fosse solo quella, la vorrei anche io.

Erano passate già due settimane dal nostro primo bacio. Ero al settimo cielo, capivo ogni giorno di
più che mi stavo innamorando di te e te di me. Nonostante a volte fossi impegnato con interviste,
servizi fotografici e registrazioni, trovavamo sempre un modo per vederci ogni giorno.
Era iniziato da poco l’anno nuovo, quando mi chiamasti chiedendomi di venire da te il più presto
possibile. Notai subito che non era tutto a posto, perciò ti chiesi cosa fosse successo. Tu mi
rispondesti che dovevi parlarmi, ma non volevi farlo per telefono. Iniziai a preoccuparmi, però ti
dissi calmo che appena fosse finita l’intervista sarei volato da te.
Mezz’ora dopo ero davanti a casa tua, corsi alla porta e suonai il campanello. Tu mi apristi quasi subito.
Sul tuo volto non c’era il solito dolce sorriso che sbocciava in te non appena mi vedevi. Eri seria,
non ti avevo mai vista così. I tuoi occhi erano freddi, distaccati, non mi guardavi in faccia. Mi facesti
entrare e ci sedemmo in salotto, sul divano bordeaux. Restammo per un po’ seduti in silenzio,
senza guardarci; avevo capito che la situazione era grave, ma non capivo cosa ti fosse preso:
fino al giorno prima andava tutto stupendamente e ora non ti riconoscevo più.
“Cos’è successo? Di cosa mi devi parlare?” ti chiesi all’improvviso con voce bassa, quasi un sussurro,
come se sperassi che tu non sentissi la mia domanda. Avevo paura della tua risposta.
Aspettasti qualche secondo sempre senza guardarmi, poi ti voltasti e mi congelasti con un’occhiata.
“Bill, credo che sarebbe meglio se non ci vedessimo più” la tua voce era affilata, tagliente, quasi cattiva.
I miei occhi diventarono immensi dall’incredulità, non riuscivo a dare un senso a quelle parole.
“Che…che cosa?” dissi mentre il mio cuore saltava un battito.
“Non ci dobbiamo più vedere” prendesti un respiro “è stato un errore. Non dovevamo neanche iniziare questa storia.”
“Perché? Credevo andasse tutto bene..” la mia voce usciva come se qualcuno mi stesse strangolando.
“Io non voglio più vederti, Bill” la tua voce si incrinò impercettibilmente e distogliesti lo sguardo dai miei
occhi, iniziando a fissare il pavimento. Intanto io ti guardavo, senza però vederti davvero.
Non credevo a quello che sentivo, non volevo crederci.
“Ma, Jenna… io…” non mi lasciasti finire la frase.
“Finite le vacanze tu ricomincerai a viaggiare per il mondo ed io rimarrò sola. Non ti amo abbastanza
per aspettarti.” Dicesti quelle parole come la conclusione di un discorso che non ammetteva repliche.
Anche io puntai gli occhi sul pavimento. Se fossi riuscito a provare qualche emozione, probabilmente
mi sarei sentito bruciare da un fuoco, avrei provato un dolore immenso e sarei scoppiato in lacrime.
Ma mi sentivo completamente vuoto, tutto aveva perso senso, tutto aveva perso colore.
Sentivo l’aria pesante nei miei polmoni, le orecchie chiuse ad ogni suono. La tua voce mi
rimbombava nella mente
‘Non ti amo abbastanza…’. I tuoi occhi freddi, cattivi. No, non ci credevo.
Stavi mentendo, non era quello il motivo, era successo qualcos’altro. Avevo visto, dietro alla
freddezza del tuo sguardo, l’amore di sempre, se non più grande, accompagnato da un infinito dolore.
Era solo una maschera. Tu mi amavi ancora, mi amavi troppo, quasi quanto io amavo te.
Avevi cercato di mentirmi per tenermi nascosto qualcosa, ma non potevi. Passò più di un quarto
d’ora, nel quale entrambi restammo in silenzio, immobili. Nella mia mente ero sempre più convinto
che le tue parole fossero una bugia, anzi ne ero assolutamente sicuro. Ma non ne capivo il motivo.
“Non ti credo, Jenna” dissi deciso, alzando lo sguardo. Anche tu lo alzasti e lo puntasti nei miei occhi.
Vidi che la tua maschera di ghiaccio si era frantumata; ora amore miscelato a dolore e sofferenza
si riversava fuori dai tuoi occhi come un fiume in piena. Capii di non aver sbagliato.
“Tu mi ami, come io amo te. Ho imparato a conoscerti, a capirti, sei un libro aperto per me ormai. Tu non mi puoi mentire.”
L’espressione che si disegnò sul tuo volto era distrutta dalla sofferenza; era un misto di supplica,
pentimento e arresa. Non ti avevo mai vista così fragile e mi si strinse il cuore.
“Hai ragione, non ti posso mentire” facesti un respiro profondo “e ti amo tantissimo Bill… mi dispiace”
“E allora cosa c’è? Mioddio Jenna, cos’è successo?” ti chiesi in preda al panico, senza riuscire a capirti.
“Io… io non riesco a dirtelo. Bill, non riesco a mentirti, però credimi se ti dico che sarebbe meglio chiuderla qui.”
Feci fatica a sentire quel sussurro, come se ti mancasse l’aria.
“No, non chiudiamo proprio nulla. Ora mi dici cosa ti succede. Ti prego…” volevo dare un po’ di autorità
alla mia voce, ma alla fine suonò come una supplica. Vidi i tuoi occhi riempirsi di lacrime,
ma riuscisti a trattenerle con un sospiro e capii che ti stavi preparando a raccontarmi tutto.
“Io… io sono malata. Ho la Sindrome di Richter”
“La Sindrome di…Richter?” ti chiesi in cerca di chiarimenti.
“E’… una sorta di complicazione della leucemia linfatica cronica” la tua voce tremava.
Non appena sentii le parole
complicazione, leucemia e cronica, sentii il terrore invadermi.
Avevo paura a fare la domanda cruciale, ma dovevo saperlo.
“E… ed è molto grave? Da quanto lo sai?”
“Qualche mese fa mi hanno diagnosticato una ‘normale’ forma di leucemia cronica. Non è una bella
malattia, avrei sicuramente avuto una vita corta, ma almeno fino a 40-50 anni e magari, curandola,
anche di più. Era stato uno shock, ma mi stavo abituando all’idea. Bill, te l’avrei detto, credimi,
ma non avevo fretta, non era una cosa così grave. Però ora…” la tua voce si spense.
“Sì, capisco. Però?” cercai di suonare incoraggiante, ma il risultato fu scarso.
Il tuo viso si rigò di lacrime mentre dicevi “Ora la situazione è diversa. L’ho saputo questa mattina,
sono arrivati i risultati delle analisi. Una persona affetta da Sindrome di Richter ha un’aspettativa di vita
di pochi mesi” respirasti “Bill, tra due mesi potrei non esserci più. Hanno detto che nel migliore
dei casi potrei arrivare a novembre, forse dicembre di quest’anno.”
Ti lasciasti andare ad un pianto convulso tra le mie braccia. Le emozioni che prima non ero riuscito a
provare mi crollarono addosso tutte insieme, ma moltiplicate all’infinito. Ci misi un po’ a
comprendere davvero le tue parole; ti abbracciavo forte, mentre bagnavi la mia felpa di lacrime amare.
“No…” riuscii a dire “no… no, non è vero” mi uscì una risatina isterica che ben presto si trasformò in singhiozzi.
Lacrime silenziose uscivano dai miei occhi, disegnando sottili righe nere sulle mie guance.
Quello che provavo dentro non si può descrivere, mi sembrava tutto troppo assurdo, come un orribile incubo.
A questo punto preferivo la prima versione; preferivo che tu non mi amassi piuttosto che
sapere che tu te ne saresti andata nel giro di pochi mesi… per sempre.
“No, non è giusto. Ci dev’essere un errore…” parlavo come per convincermi che non era la verità
quella che mi avevi appena detto.
“Mi dispiace. Ora capisci perché è meglio se la finiamo qui. Non voglio che tu stia male per me,
non voglio che tu mi compatisca. Non devi soffrire…” mi dicesti tra le lacrime senza staccarti da me.
“Jenna, io soffrirei troppo a stare lontano da te. E in questo momento più che mai hai bisogno di me.
Io ho bisogno di te. Se tu lo vuoi, passeremo il resto della tua vita insieme. Io non scappo davanti a
questa situazione e tu non devi smettere di vivere ora. C’è ancora tempo, lotta fino alla fine,
lottiamo insieme. Io ti amo.” ti diedi un bacio sulla fronte senza neanche cercare di trattenere le lacrime.
Rimanemmo così, abbracciati sul divano, a farci forza, a cercare di assimilare quella notizia
che non ci sembrava neanche vera. Ma almeno eravamo ancora insieme. Insieme ce la potevamo fare.
  
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