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Autore: Piuma_di_cigno    16/06/2015    3 recensioni
Raf e Sulfus sono tornati per affrontare un secondo anno alla Golden School, ma il sentimento che li unisce è sempre più una sofferenza: ora le lezioni sono volte ad imparare l'arte del combattimento tra Angels e Devils. Difficile per Raf, che deve andare contro tutte le regole, contro la sua natura, per rimanere con Sulfus, e difficile per lui, costretto a trascorrere le giornate nel dubbio che lei non lo ami più.
Sarà proprio l'ormai dolce Say ad aiutare Raf a dimostrare che lo ama ancora, qualunque cosa succeda. Tra le lezioni e gli amici, comincia infatti a delinearsi una situazione terribile, pericolosa, ma che forse ha il potere di risolvere finalmente tutto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arkhan, Raf, Sai, Sulfus, Un po' di tutti | Coppie: Raf/Sulfus, Sai/Tyco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed io, dolente, solo ardo ed incendo
in tanto foco, che quel di Vulcano
a rispetto non è una favilla.
(Giovanni Boccaccio, Rime, XIV secolo).

Capitolo 7 – Questione di esercizio

Coraggio. Acqua. A colazione, lunedì mattina, fissavo intensamente il bicchier d'acqua che Say aveva lasciato sul tavolo. Cercavo di sollevarne il contenuto liquido, ma con scarso risultato.

Su, coraggio, so che mi senti. Dai, per favore.

Aggrottai le sopracciglia, sperando che aiutasse. Niente da fare.

SU! ordinai ad un certo punto con fare imperioso. Niente. Non tremolava neanche. Sospirando delusa, vi immersi un dito e mi concentrai per congelarla. Funzionò.

Mi ero allenata molto il giorno precedente e ora ghiacciare le cose era più facile, ma separare i poteri non lo era per niente. Mancava qualcosa; il mio sesto senso non scattava.

“Ah, vedo che hai fatto progressi.” disse Say mentre entrava in cucina, alludendo al bicchiere congelato. Sospirai, appoggiando la testa sulle braccia.

“Non è quello che intendevo.” brontolai. Si strofinò i capelli bagnati con un asciugamano, scuotendo la testa.

“Senti, se ti riferisci a quella storia di separare i poteri, lascia perdere.” mi avvertiva da quando me l'ero messo in testa. “E' una frustrazione inutile.”

Storsi la bocca, ma non replicai. Non mi andava proprio giù l'idea di avere il potere del ghiaccio. D'accordo, poteva avere dei lati positivi, ma era … Freddo. Crudele. Buio. Non volevo che gli Angels si portassero l'inverno dentro.

Nemmeno Say disse nulla e si alzò per prendere qualcosa in un armadietto. Negli ultimi giorni, avevo cominciato a notare quanto era bella.

Non era bella nel modo di una Devil, ma in quello di una straordinaria e meravigliosa umana. I capelli corvini le arrivavano quasi fino alla fine della schiena, morbidi e setosi, e aveva le curve nel posto giusto, della grandezza giusta.

Anche con una semplice canottiera bianca e un paio di pantaloni larghi, come in quel momento, era splendida.

D'accordo. Concentrazione.

Abbassai lo sguardo sul bicchiere. Separare i poteri.

Acqua! Pensavo che gridare il suddetto elemento funzionasse. Sbagliavo.

Punto e a capo.

Concentrazione.

Visualizzazione del movimento.

Creare una bolla. Coraggio. Uno, due, ce la potevo fare … No, niente.

“Raf, vuoi fissare quel bicchiere tutto il giorno?” chiese ironicamente Say, già sulla porta di casa. Scossi la testa e mi alzai.

“No, no, provo col mare. Sarà più interessante.”

Uscii anch'io e, mentre lei faceva giardinaggio, io fissavo l'acqua a gambe incrociate.

Solo dopo un'ora e mezzo di fallimenti, Say si appoggiò alla vanga con cui stava lavorando e mi guardò.

“E va bene!”

Sussultai per la sorpresa.

“Va bene cosa?”

“Senti, non posso garantirti che non sia tempo perso, ma ti suggerirei di provare a chiudere gli occhi per farlo. Non ti serve a niente fissare l'acqua come un pesce lesso.”

“Grazie!” dissi, raggiante. Quel giorno scoprii qualcos'altro su Say: detestava che le persone a cui teneva perdessero tempo. Non riusciva a sopportarlo. La vita, per lei, non doveva andare sprecata. Neanche un secondo.

Seguendo il suo consiglio, chiusi gli occhi, feci un bel respiro e mi concentrai per l'ennesima volta. Immaginai di scorrere con l'acqua. Lasciai che il suono delle onde mi invadesse la mente.

Concentrazione.

Il mio sesto senso scattò.

“Acqua!”

Nell'istante in cui aprii gli occhi, vidi una specie di bolla informe sollevarsi con la velocità di un bolide e andare a colpire Say in pieno viso.

Gridò per la sorpresa, quando sentì l'acqua gelida arrivarle addosso. Non avevo separato del tutto acqua e ghiaccio, e parte era congelata.

“Raf!” ansimò Say. “Si può sapere come hai fatto?! No, che come hai fatto, ora ti lego le gambe con le alghe! Perché mi hai tirato l'acqua addosso? Avevo appena fatto la doccia!!”

Mi trattenni dallo scoppiare a ridere.

“Non l'ho fatto apposta ...” balbettai, ma era più forte di me, ero piegata in due dalle risate.

“Ma scherziamo!?” esclamò Say, “Che hai da ridere? Qui non c'è niente da ridere!” eppure rideva anche lei.

Quando ci calmammo un po', si scostò i capelli dal viso e li legò con un elastico.

“Come hai fatto?”

“Non so, ho chiuso gli occhi, come hai detto tu.”

Say gettò all'indietro la testa e rise di gusto.

“E poi sono i Devils quelli testardi!” e, senza aggiungere altro, rientrò in casa, con l'ovvia intenzione di asciugarsi. Il mio prossimo obbiettivo era fare una cosa simile ad occhi aperti.

Concentrazione.

“Acqua!” il sesto senso scattò e una secchiata d'acqua gelida mi piombò sulla testa, subito dopo quella che parve una secchiata di neve.

Non potei fare a meno di strillare dallo spavento, più che altro per il freddo improvviso.

Say uscì di corsa, avvolta in un asciugamano.

“Raf, che hai?”

Mi vide lì, seduta, che tremavo in mezzo alla neve.

“Oh, per le fiamme degli Inferi!”

Mandò qualche fiammella verso di me e sciolse parte della neve. Mi alzai, congelata e stordita, sotto gli occhi divertiti di Say.

“Vuoi ancora continuare?”

“Ma certo!” dissi con determinazione. Mi sedetti di nuovo.

Concentrazione.

Questa volta, riuscii a sollevare piano la bolla, ma mi cadde a nemmeno un metro di altezza. Sbuffai.

Concentrazione.

“Acqua!”

L'acqua si sollevò di scatto e partì come un bolide verso la spiaggia, fece una mezza capriola in aria e, quando pensai al ghiaccio per disperazione, si trasformò un un blocco congelato che andò a sfracellarsi con un fracasso tremendo tra casa mia e quella di Say.

Lei mise la testa fuori dalla finestra.

“Raf!” esclamò, vedendo la neve che si scioglieva davanti a lei. Rise di nuovo e mandò le fiammelle a scioglierla più in fretta. “Se continui così, finirai per ammazzare qualcuno!”

Alzai le spalle.

“Temo proprio di sì.”

Mi voltai di nuovo, ma questa volta non mi sedetti. Stare in piedi mi dava maggiore sicurezza. Puntai bene i piedi sulla sabbia.

Concentrazione.

Tutti i muscoli del mio corpo si tesero sotto il peso della bolla che si sollevava e usciva dall'acqua. Percepii la sua temperatura fredda e feci sciogliere il ghiaccio all'interno, ma sapevo di non poter fare di più, visto che il fuoco e il caldo erano parte dei Devils.

La sollevai lentamente, le mani protese in avanti.

La guidai verso di me, digrignando i denti per lo sforzo. Ero tutta sudata e sentivo che stavo per cedere.

Coraggio. Ancora un attimo … Splash! Ma almeno, questa volta non era caduta addosso a nessuno.

Ero ancora bagnata fradicia e risentita: lo vedevo quasi come un tradimento, il fatto che l'acqua mi si fosse schiantata addosso prima.

Dopo l'ultima bolla, decisi di lasciar perdere per un po' e andare a cambiarmi. Non riuscivo più a concentrarmi e, per quel giorno, il mio sesto senso disse che era anche troppo.

Anche se non capivo perché, mi sentivo euforica. Era come se avessi un bisogno disperato di imparare quelle cose. Motivo, dite? Raro che il sesto senso ne desse uno.

Mi avvicinai a Say, che nel frattempo era uscita di nuovo e stava lavorando in giardino.

“Ti fermi?”

Annuii.

“Sono stanca.”

“Okay, allora guarda questo.” nei suoi occhi si accese una luce di entusiasmo e protese le mani in avanti. In men che non si dica, un grosso cespuglio di fiori rampicanti era cresciuto davanti a noi.

Che meraviglia!

Lo fissai esterrefatta.

“Bello, eh?”

Say sapeva ben poco cosa fosse la modestia. Ma, del resto, aveva proprio ragione.

“E' … E' … Eh …. Eh ...” e all'improvviso, sentendo l'odore dei fiori, starnutii. Quando aprii gli occhi, notai che gran parte dei petali era stata strappata, abbandonando una corolla soltanto, qua e là.

“Ehi!” esclamai, “Che è successo?”

Say mi fissò inebetita.

“Per favore, non starnutire mai più.”

Sgranai gli occhi.

“Sono stata io!?”

“Ovvio!”

“Ma … Ma come? Perché?”

Say mi guardò come se fossi appena scesa da Marte.

“Raf, è naturale non controllare i nuovi poteri.”

Solo in quel momento, notai che la metà del cespuglio, a cui non erano caduti i petali, era coperta da uno spesso strato di acqua, neve e brina.

Ridacchiò vedendo la mia espressione.

“Migliorerai, coraggio!”

Fece scuotere la pianta e le fece rispuntare i petali mancanti.

“Aiutarti è più pericoloso di quanto immaginassi.” commentò Say, quando mi allontanai per evitare di starnutire ancora sulla sua pianta.

Questa volta, formai un cubetto di ghiaccio, che prese ad andare alla deriva in mare.

“Mpf ...” brontolai, “Meglio che faccia ancora un po' di esercizio.”
Quel giorno, insieme alla mia nuova vita, comparve una nuova me. Costanza, pazienza e concentrazione. E mai, mai, mai arrendersi.

Entro quella sera, riuscii a creare bolle d'acqua prive di ghiaccio e a muoverle un po', ma i progressi erano rari e difficili. Dovevo stare attenta ogni volta che starnutivo; aveva provocato l'allagamento della cucina nel pomeriggio.

Say aveva dovuto impiegare un centinaio di fiammelle per asciugare tutto.

Quella sera, a cena, riuscii a far uscire l'acqua dal bicchiere, ma ci mancò poco che si schiantasse nel riso di Say, quindi decisi di smettere. La sua occhiataccia fu più che eloquente.

Non era proprio autunno, perciò la luce e il caldo rimanevano ancora fino a tardi; dopo cena uscimmo e Say poté vedere i miei progressi.

Con il ghiaccio era piuttosto facile, per fortuna.

Ghiacciai un pezzettino di mare e vi pattinai sopra a piedi nudi, ridendo e facendo giravolte. Imparare quelle cose mi faceva sentire così bene. Era come una droga per dimenticare Sulfus: più droga assumevo, per più tempo riuscivo a tenere a bada i ricordi.

Contrariamente a quanto immaginavo, non era il dolore ad aver preso posto nella mia mente: era un vuoto. Un vuoto terribile allo stomaco e al cuore, sempre lì, sordo, ma presente. Ogni tanto, mi sembrava che le fiamme dell'Inferno si fossero portate via definitivamente Sulfus da me, anche se sapevo che lui era ancora alla Golden School, vivo e vegeto.

Era preoccupato? Forse. Ormai erano passati un po' di giorni da quando me n'ero andata. Sperai che lui e i miei amici non cominciassero le ricerche. Non ero pronta per incontrare nessuno di loro e non volevo fuggire ancora; vivere con Say mi piaceva.

Non era simile a una madre, e nemmeno completamente a un'amica o a una nonna. Era Say e mi aveva aiutata tantissimo negli ultimi tempi. Chissà come avrei fatto senza di lei!

Mentre il sole tramontava, annegando nel mare, noi giocammo a pattinare sul ghiaccio che avevo creato, e poi a farci scherzi a vicenda, ritrasformando la lastra di ghiaccio in acqua quando l'altra non se l'aspettava. Lei con le fiamme, io con l'acqua vera e propria. Tendevo a renderla ancora piuttosto fredda, ma persino Say dovette ammettere che stavo migliorando.

Rientrammo bagnate fradice e, dopo la buonanotte e una camomilla, io andai a farmi una doccia e lei crollò esausta sul letto. Si addormentò ancora prima che chiudessi la porta di casa sua.

Sotto la doccia, mi abbandonai alla sensazione di calore dell'acqua e cercai di non pensare a Sulfus, concentrandomi su quando mi sentissi bene. Era da molto che non facevo esercizio fisico e i miei muscoli erano intorpiditi e rigidi; riprendere quest'abitudine con uno scopo prefisso mi aveva fatto decisamente bene.

Appena mi misi sotto le coperte, sentii la familiare sensazione di stanchezza che mi si appiccicava addosso ogni sera. La giornata era stata faticosa, e la doccia e l'acqua di mare avevano fatto insieme il loro lavoro.

Say lo faceva per il mio bene: mi ero accorta che cercava di tenermi più impegnata possibile e io le ero grata per questo. Segretamente speravo che forse, se avessi finto di non avere quel vuoto ovunque, alla fine sarebbe scomparso davvero.

 

Il mattino seguente mi svegliai da sola, all'ora giusta, ma mi accorsi subito che qualcosa era cambiato. L'aria era molto più fredda, non era tiepida come lo era di solito a quell'ora.

Mi affacciai alla finestra e, spostando un paio di foglie, vidi che sulla spiaggia erano ammassati tronchi e resti di vario genere; doveva esserci stato un temporale, la notte scorsa.

E addio all'estate, pensai tra me e me.

Aprii il borsone, alla ricerca di qualcosa di più caldo da mettere. Avevo infilato lì dentro vestiti per tutte le stagioni, a detta del mio sesto senso. Era parecchio strano che gli avessi dato retta fino a quel punto.

Afferrai un vestito bianco come una nuvola e leggermente più pesante di quello che indossavo di solito, con le maniche lunghe. Vi abbinai delle calze e un paio di stivaletti chiari. Raccolsi i capelli in una crocchia disordinata e uscii, portandomi dietro un cappotto color crema che avevo preso l'estate scorsa in un negozio al Nord.

Incontrai Say, che usciva nel mio stesso momento. Indossava una maglia nera e un paio di jeans.

“Ciao Raf!” mi salutò.

“Ciao!” risposi io. “Come mai sei già in piedi? Oggi non lavori, se non sbaglio.”

“No, infatti.”, confermò lei, “Devo fare un salto in un negozio vicino, quindi ti accompagno fino alla pasticceria.”

Sorrisi e mi incamminai a fianco a lei.

“Devo andare in libreria.” mi spiegò.

“Ti piace leggere?” ero un po' … Sorpresa. Pensavo che i Devils detestassero leggere.

“Sì, certo.” ridacchiò. “Ultimamente mi dedico un po' ai romanzi, ne voglio comprare qualcuno. Per fortuna, vendono anche i libri usati, meno costosi. Ogni tanto me ne concedo qualcuno.”

Sorrisi.

“Anche a me piace leggere … Ma non romanzi.” Say intuì subito il motivo e non fece domande.

Raggiungemmo la pasticceria in silenzio, e lei mi salutò infilandosi in una strada a destra. Ricambiai il saluto, ed entrai.

Le gemelle dovevano essere già in cucina, perché le sentivo parlottare tra loro. Presi il mio grembiule e lo indossai.

“Quel libro era un insulto alla letteratura!” borbottava una delle due signore.

“Ma che insulto e insulto, era un capolavoro! C'era scritto anche sulla copertina ...”

“Buongiorno!” salutai, infilando la testa in cucina.

“Buongiorno Raf!” salutarono entrambe contemporaneamente. “Oggi Ruby ci aiuterà in cucina,” mi spiegò la signora 1, “e tu dovrai anche servire ai tavoli.” spiegò la signora 2.

Annuii e andai verso la cassa, dopo aver girato il cartello con la scritta aperto.

Neanche un quarto d'ora dopo, entrarono Nancy e Lory.

“Ciao Raf!” salutarono quelle e mi chiesero il solito, così andai a chiamare le gemelle che uscirono di corsa, affibbiandomi un impasto da mescolare. Non avevo la più pallida idea di come fare, ma cercai di lavorare al meglio e, con mia sorpresa, ci riuscii.

Le gemelle, quando rientrarono in cucina, furono molto fiere di me e decisero che da quel giorno le avrei aiutate con i dolci, tranne il sabato, e che avrei anche servito ai tavoli.

Ruby fu trasferita alla cassa.

“Metti in forno quei muffin!” trillò la signora 2 e io feci come ordinato. Per ora, mi davano ordini semplici, come mettere in forno, o mescolare, o cuocere qualcosa.

Nonostante ciò, non fu un'impresa facile. A parte il fatto che le gemelle battibeccavano spesso su cosa dovessi fare e come, dovevo stare molto attenta al rubinetto. Da quando mi allenavo con i poteri, tendevo a fare cose strane con l'acqua anche quando non volevo.

Ad un certo punto, trasformai in ghiaccio quella nel recipiente che dovevo dare alla signora 1. Sconcertata, aveva fissato il contenuto e infine aveva incolpato la sorella di avermi fatto un crudelissimo scherzo.

Per quanto avessi negato, non era servito a nulla e le due avevano litigato tutto il giorno, tirando in ballo le cose più assurde, risalenti sicuramente ad una sessantina d'anni prima. Poi, era stata la volta del congelatore. Mi avevano chiesto di andare a prendere un po' di burro perché si sciogliesse prima di fare una crostata, ma avevo trasformato il ghiaccio in acqua e la cucina si era praticamente allagata.

Mentre asciugavano, le gemelle ridevano come pazze di quello che era successo, tanto che finirono per discutere sulla possibilità di affibbiarmi un soprannome.

“Mostro d'acqua!” strillò la signora 1.

“Che mostro d'acqua! Chiamiamola Creatura delle acque!” e avanti così. A fine giornata, ero talmente stanca che non seppi nemmeno come riuscii ad arrivare fino a casa e mi addormentai dimenticandomi di cenare, senza nemmeno togliermi i vestiti.

 

Dopo quelli che mi parvero solo pochi minuti, mi svegliai di nuovo per andare al lavoro. Mi cambiai e indossai una felpa rosa chiaro, con un paio di jeans, ma misi ancora gli stivaletti: si erano rivelati utili durante l'allagamento della cucina.

Afferrai il cappotto e uscii di corsa, questa volta senza incrociare Say.

Le gemelle mi offrirono la colazione, quando arrivai in pasticceria, e cercai di non dare nell'occhio mentre ingoiavo la quantità industriale di cibo che non avevo mangiato a cena il giorno prima.

Quel giorno, la pasticceria era particolarmente affollata e noi tutti eravamo molto indaffarati; le gemelle in cucina dovettero rimandare ogni battibecco e collaborare. Dovetti ammettere che, quando si mettevano d'impegno per farlo, erano come una persona sola. Si capivano al volo e senza dire nulla facevano quello di cui l'altra aveva bisogno, compensandosi a vicenda.

Io servivo ai tavoli e Ruby era alla cassa.

Dopo Nancy e Lory, cominciai a fare la conoscenza degli altri clienti che, abitualmente o meno, affollavano il locale.

Molte erano ragazze che studiavano alla scuola di musica lì vicina o a quella di danza. Gli istituti non erano molto lontani dalla pasticceria e le studentesse si premiavano con qualche dolcetto tra una lezione e l'altra. Si capiva subito quali studiavano danza: tranne che per il fisico, chiedevano tutte le paste alla frutta, senza eccezioni. Ogni tanto, entrava anche qualche coppia, ma feci tutto quello che potevo per starne alla larga; ogni volta che li vedevo anche solo sfiorarsi le mani, mi si stringeva il cuore.

Non potevo farci proprio niente.

A parte questo, cercavo di ignorare il vuoto che mi stava crescendo dentro. Lo ignoravo più che potevo, ed era sorprendentemente facile, data la quantità di concentrazione che richiedeva il mio lavoro.

Correndo dalla cucina ai tavoli, mescolando di qua e cuocendo di là, riuscivo ad evitare qualsiasi pensiero. I brutti pensieri dovevano venire a cercarmi negli incubi.

 

“Attenta Raf!” quella giornata non voleva finire proprio mai! Ed eravamo solo mercoledì! Abbassai di scatto la testa, mentre una forchetta volava per la cucina e andava quasi a conficcarsi nel muro.

“Signora 1!” esclamai indignata.

“Oh, lo so, lo so.” sospirò lei, riprendendosi la forchetta. Era la terza cosa che volava in giro per la cucina ed era difficile non trattenermi dall'urlarle due o tre paroline educate per farla stare un po' più attenta.

Lavò la forchetta, la mise in un piatto con una fetta di torta al cioccolato e mi spedì fuori.

“Portala alla ragazza coi capelli rossi seduta nell'angolo!” disse. La trovai subito e mi avviai verso il suo tavolo, ma avvicinandomi notai che stava piangendo.

Rallentai il passo, incerta se procedere o meno. Alla fine, arrivai di fronte a lei, che non alzò nemmeno lo sguardo.

“Ehm ...”, le porsi la torta, “Ecco quello che ha ordinato.”

La voce mi era uscita in poco più di un sussurro.

Quando i suoi occhi incontrarono i miei, per la prima volta dopo giorni, avvertii il mio istinto di Angel scattare. Sentivo di dover aiutare quell'umana a tutti i costi.

“Va tutto bene?” chiesi. Non appena glielo domandai, lessi una speranza balenare nei suoi occhi verdi; gli umani non sapevano cos'eravamo, ma in noi percepivano qualcosa di inspiegabilmente buono e generoso: erano attratti dagli Angel. Per loro, era come se attorno alla nostra testa volasse un sole personale, che poteva scaldarli quando ci stavano accanto.

“No.” rispose in un sussurro tremulo. Mi guardai in giro e mi sedetti.

“Cos'è successo?”

Seppellì il viso tra le mani.

“Il mio ragazzo … Mi ha lasciata.”

Per un attimo, il mio cuore parve mancare un battito e la mia mente ci mise più del solito ad elaborare le parole, come se non volesse sentirle. Infine, mi costrinsi a dire qualcosa.

“Perché?”

Scosse la testa e le sue spalle tremarono.

“Dice di non amarmi più … Ha trovato un'altra ragazza.” singhiozzò. “Noi dobbiamo stare insieme … Io amo solo lui … Io amerò solo lui.”

Tra me e me sorrisi.

“Non preoccuparti, andrà tutto bene.” le sfiorai una mano e le porsi un fazzoletto che, per puro caso, avevo in tasca. “Se è davvero così, tornerà da te.”

Singhiozzò di nuovo e scosse la testa, soffiandosi il naso.

“No … I suoi occhi … Erano così freddi ...”

Mi morsi il labbro. Cosa dovevo fare? Cosa doveva fare un'Angel in questo caso?

“Cosa ti ha detto di questa ragazza?”

Alzò le spalle.

“Niente ...” prese un bel respiro, cercando di parlare con voce meno tremula. “Ha detto solo che ha trovato un'altra e poi mi ha lasciata lì ...” una lacrima scese di nuovo sulla sua guancia.

Il mio sesto senso ebbe un guizzo.

“E tu lo ritieni possibile?” chiesi, seria, “Pensi davvero che lui abbia un'altra?”

Scosse la testa.

“No! È completamente assurdo ...”

Le porsi un altro fazzoletto.

“Perché non vai da lui?” sgranò gli occhi. Io annuii e sorrisi. “Secondo me non ti ha detto la verità.”

Scosse la testa, incredula, ma sapevo che sotto sotto, in fondo in fondo, quel vago istinto che anche gli umani possiedono le diceva che era la verità.

“Io … Non lo so.”

Sorrisi, incoraggiante, e cercai di fare appello a tutta la mia aura di Angel perché mi ascoltasse.

“Non ti ferirà di nuovo, fidati.”

Mi fissò per un istante, come abbagliata da qualcosa. Ogni tanto gli umani erano teste dure, anche se sapevo di averla già convinta.

Sospirò.

“Ci penserò.”

“Promesso?”

Mi scrutò ancora un istante.

“Promesso.” disse infine, con un sorriso.

Io mi guardai in giro e mi alzai.

“Devo tornare al lavoro.” annunciai, “Mangia quella torta o chiederò a Ruby di farti pagare il doppio.” le feci l'occhiolino. “Il cioccolato fa sempre bene quando si lascia il proprio ragazzo.”

Fece un altro debole sorriso.

“A proposito, io sono Ellie.” sentii il mio volto illuminarsi. “Io sono Raf, tanto piacere.”

Mi voltai e rientrai in cucina, con le ali che formicolavano nella schiena per la felicità. Avevo cambiato la vita di una Terrena in meglio!

Appena varcai la soglia, le gemelle mi si buttarono addosso e mi schioccarono un bacio ciascuna. Prima che potessi chiedere il motivo, mi riabbracciarono di nuovo.

“Oh, Raf!” cinguettarono all'unisono. Le fissai perplessa.

“Sei stata così dolce con lei!”

“Ti prego fallo ancora!”

“Torneranno insieme!”

“Amo le storie d'amore!”

Erano felicissime per quello che avevo fatto. Dovevano averci spiate da dietro la tendina per tutto il tempo.

Quando me ne accorsi, risi di cuore e anche loro risero con me.

Il giorno successivo, Ellie tornò e ordinò ben tre fette di torta, ma questa volta non servivano a far passare la malinconia. Lo capii dal suo viso raggiante.

Portai al suo tavolo le fette di torta e la guardai in attesa di notizie.

“Oh, Raf, grazie!” si alzò e mi abbracciò e io sentii ancora una volta le ali formicolare nella schiena. Volevo volare e far volare anche lei con me, per ringraziarla di avermi donato tanta gioia.

I suoi occhi splendevano.

“Avevi ragione!”

“Avete fatto pace?”

Ellie fece un saltello e mi invitò a sedermi.

“Oh, sì!” rispose sognante. Io le sorrisi.

“E … Come mai aveva deciso di lasciarti?”

Per un attimo, si rabbuiò.

“Ecco … Insomma, rispetto a quello che credevo, per me è stato meglio, anche se è brutto lo stesso da dire.” Prese un bel respiro. “Johnny … Insomma, ecco ...” le sue labbra diventarono una linea sottile e sulle sue guance comparve il rossore. “E' andato ad una festa e ha bevuto un po' … Anche se in realtà, sono stati i suoi amici ad esagerare … Gli hanno proposto una scommessa … E ha dovuto … Ecco ...”

La osservai perplessa. Era così imbarazzata! Cosa aveva mai fatto questo Johnny?

“Fare certe … Mh … Cose con una ragazza ...” io sussultai, ma non dissi nulla. Dove sono gli Angels quando un Terreno ne ha bisogno?

“... Ma quando la mattina dopo si è ricordato tutto, ha capito che aveva fatto qualcosa di orribile e così mi ha lasciata … Si sentiva in colpa ...” arrossisce ancora di più.

Per un attimo, pensai che potesse averle mentito di nuovo. In fondo, gli umani erano creature volubili e sapevano essere molto crudeli, soprattutto se sotto l'influenza di qualche Devil.

Ma Ellie, parve leggermi nel pensiero.

“E i suoi amici hanno testimoniato tutto e si sono scusati con entrambi. Avevano bevuto un po' troppo, non sapevano quello che facevano.”

Era raggiante e, dopo quella precisazione, lo ero anch'io.

“Sono tanto, tanto, tanto contenta per te, Ellie.”

“Grazie!” esclamò battendo le mani. Mi voltai discretamente, senza farmi notare, e vidi, come immaginavo, le teste delle gemelle che sporgevano dalla cucina.

“Bene!”, sospirai alzandomi, “Io devo tornare al lavoro.”

Ellie mi sorrise e continuai a sentire i suoi occhi su di me anche mentre andavo in cucina. Forse, aveva percepito qualcosa. Aveva capito che ero arrivata lì proprio per lei, anche se non poteva sapere che ero un'Angel.

Quando entrai in cucina, le gemelle mi saltarono addosso, pigolando come uccellini e facendomi i complimenti per quanto ero stata brava con lei e chiedendomi se ero una sensitiva.

Forse, fu da quel giorno che io e loro cominciammo a diventare amiche. Quel pomeriggio, fui inclusa nei battibecchi in cucina, ma ci divertimmo come matte. Ridevamo, ci tiravamo farina e, a volte, portavamo allegria ai clienti che mangiavano i nostri dolci nel locale, o che li portavano a casa.

Non sembrava che le gemelle facessero tutto questo per soldi, però. Più volte erano uscite dalla cucina e avevano fatto sconti al primo che avevano visto alla cassa. E succedeva almeno quindici volte al giorno.

Ormai, erano le quattro e mezza ed eravamo vicini all'orario di chiusura: alle cinque, giravamo finalmente il nostro amato cartello sulla porta.

Non aveva molto senso tenere aperto oltre le cinque, visto che la gente dopo quell'ora cominciava a cercare un posto per cena, non un dessert.

“Sei nuova?” riscuotendomi dai miei pensieri, mi accorsi che stavo servendo dei muffin a un ragazzo dagli occhi azzurri che non avevo neanche guardato.

Stupita di me stessa, annuii lentamente.

Sentii un brivido percorrermi la schiena. Di solito i Terrestri non avevano questa … Luce.

Gli indirizzai un sorriso timido, a cui rispose immediatamente e per un istante mi parve di vedere tutta quella luce che lo circondava sprigionarglisi intorno come se un sole personale gli ruotasse attorno alla testa.

Spazio autrice: il capitolo non è molto emozionante ... In questo periodo sto incentrando tutto sulla situazione di Raf, sul cambiamento della sua vita, ma nella prossima puntata le cose miglioreranno molto :). Spero tanto che continuiate a leggere e a lasciare recensioni ... Per chi scrive, i lettori sono tutto!
Baci,
Piuma_di_cigno.

   
 
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