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Autore: killer_joe    16/06/2015    3 recensioni
Tre amici, una gita in macchina. Un temporale, un lago della Louisiana. La prossima volta, impareranno a non mangiare nulla di cui non sanno la provenienza. Se ci sarà una prossima volta.
Genere: Suspence, Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro, Sanji, Z
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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AUTRICE: killer_joe
TITOLO: Lake Pontchartrain
FANDOM: One Piece
PERSONAGGI: Sanji, Roronoa Zoro, Monkey D. Rufy
RATING: arancione
GENERE: horror, triste
PAROLE: 2008

NOTE: la storia è ispirata alla canzone ‘Lake Pontchartrain’ dei Ludo. Ne consiglio l’ascolto, prima o dopo la  lettura della ff!




“Accadde così…

Ero con due amici, solo Zoro, Rufy ed io. Volevamo fare una gita, per uscire almeno per un giorno da quella città insignificante, che sta nel mezzo di quello Stato ancora più insignificante che è il Missouri. Stavamo uscendo pazzi in quel posto, senza nulla da fare e con il caldo torrido che non permette nemmeno di pensare. Allora ho proposto di prendere la macchina, la mia perché ero l’unico con la patente, e guidare fino a dove l’istinto, la benzina e il dubbio senso dell’orientamento di Zoro ci avrebbero portato.
Abbiamo preso la 55 Louisiana e corso come disperati, con il vento tra i capelli e la musica al massimo volume, credevo che mi avrebbe sfondato l’abitacolo da tanto era il rumore. Verso l’una del pomeriggio ci siamo fermati in autogrill per colpa di quello scemo di Rufy, che rompeva per mangiare da almeno due ore.

“SAAANJI ho FAAAAAMEEEE!”
“Sanji per l’amor di dio, al prossimo autogrill fermati o finisce che l’ammazzo”
“Zitti tutti e due! Tra 100 metri ci fermiamo, Rufy non mordere i sedili o cucino te…”

L’autogrill era di dubbia qualità, ma almeno c’era il ristorante abbinato. Era semideserto in quel giorno d’estate, solo noi tre, qualche camionista in pausa e due centauri in completo da Harley Davidson, quindi vennero quasi subito a prendere le ordinazioni. Il menù non era vario ma mi incuriosii per il piatto del giorno.

“Gamberi?” feci inorridito “di dove, esattamente?”
“E che ti importa? Basta che sia cibo!” mi rispose Rufy, seguendo la sua logica del ‘valuta se è commestibile e mangia lo stesso’. Lo fissai indignato, cercando di ricordargli che IO ero un cuoco dal palato raffinato, non una discarica umana.
“Se non ti fidi chiedi al cuoco…” mi suggerì Zoro, ridacchiando davanti alla scena. Gli assicurai che l’avrei fatto, infatti appena arrivò il cameriere chiesi informazioni.
“I gamberi sono freschi di giornata, pescati qui vicino. Avete mai visitato il lago Pontchartrain?” il cameriere, che poi era anche il cuoco, rispose alle mie domande. Tutti noi conoscevamo il posto, ma non c’eravamo mai andati. Nonostante il cuoco mi avesse rassicurato sulla provenienza dei gamberi, io decisi di ordinare del pollo. I miei amici invece, complice il loro inesistente senso del gusto, mangiarono i gamberi del Pontchartrain. Ci fermammo a riposare all’autogrill, io e Zoro prendemmo un caffè lasciando Rufy a dormire in macchina. Poi riprendemmo la strada, inoltrandoci ancora più profondamente nel territorio della Louisiana. Decidemmo di tornare solo quando vedemmo dei nuvoloni neri che presagivano un temporale coi fiocchi. Eravamo stanchi, quindi ce ne stavamo in silenzio ascoltando del soul alla radio. Era cominciata una canzone di Clarence Carter, uno dei miei cantanti preferiti che Zoro tollerava solo perché altrimenti sarebbe tornato a casa a piedi, quando la interruppero con uno strano programma locale. Era come una nenia, che faceva circa così:

Scendete nel lago Pontchartrain
riposate le vostre anime e nutrite le vostre menti
E’ lì che si arriva a vedere tutto ciò che l’acqua può essere

“Che roba è?” fece Zoro, il primo a riscuotersi. Io e Rufy eravamo ancora frastornati, la melodia era sostenuta e le parole inquietanti. Zoro, vedendoci scossi, provò a cambiare canale, ma senza successo. Ogni stazione di quel buco di posto trasmetteva quella angosciante filastrocca.
“Zoro, cambia musica!” fece Rufy, tremando leggermente.
“Ci sto provando… Tutte le stazioni trasmettono questo schifo!” si lamentò Zoro, cliccando frenetico il pulsante della radio. La cosa cominciava a spaventarmi, l’atmosfera era tesa e, tanto per migliorare le cose, era iniziato a piovere.
“Spegni quella radio!” intimai, e per la prima volta Zoro mi obbedì senza sindacare. Continuai a guidare in silenzio, commentando solo che, probabilmente per colpa del temporale, la radio prendeva solo quello stupido programma.
La pioggia cominciò a scendere fitta e il vento ululava sempre più forte, tanto che facevo fatica a vedere la strada e a tenere la macchina in corsia. Era una di quelle notti in cui sembra che il mondo stia per essere inghiottito dall’inferno, e guidare diventava sempre più difficile. Per colpa di Zoro, ma anche mia perché sapevo che non dovevo affidare a lui la mappa, sbagliammo un’uscita e ci perdemmo in mezzo alle stradine della Louisiana, un’esperienza che non auguro a nessuno. Dopo vari tentativi di recuperare la strada e molte imprecazioni da parte di tutti e tre vedemmo l’insegna del ‘Choctaw Motel’, e decidemmo di parcheggiare per leggere meglio la cartina e ritornare sui nostri passi. Mi fermai sul parcheggio più vicino alla strada, la zona era deserta e, sotto la pioggia, non si vedeva a più di un metro nonostante i fari accesi. Stavo cercando di capire dove diavolo eravamo finiti quando Rufy cacciò un urlo. Alzai lo sguardo verso Zoro, convinto che l’avesse spaventato lui con uno stupido scherzo, ma lo vidi impallidito, terrorizzato e con gli occhi spalancati verso il cruscotto. Alzai lo sguardo verso l’esterno e gridai anch’io.
Sotto la pioggia c’era un uomo, sembrava fosse uscito dall’acqua stessa. Aveva enormi occhi gialli, i denti neri e stava dritto davanti al parabrezza. Cominciò a sbattere sul vetro e ad urlare con il massimo della forza, usando tutta la capacità dei suoi polmoni.

“Scendete nel lago Pontchartrain
Riposate le vostre anime e nutrite le vostre menti
Gratis per voi e tutti i vostri amici, gamberi fino alla vostra amara fine
Scendete nel lago Pontchartrain
Guadate fino a dove le secche si interrompono
E’ lì che si arriva a vedere tutto ciò che l’acqua può essere”

Gridai con tutto il fiato che avevo in corpo. Zoro era congelato dalla paura, Rufy pareva in stato confusionale. Con uno sforzo misi in moto, feci una retromarcia a sorpresa per allontanarmi dall’uomo e schiacciai l’acceleratore. Cominciammo a correre, la macchina al massimo delle sue possibilità, noi non avevamo nemmeno la forza di parlare. Seguii l’interstatale, deciso a raggiungere il primo centro abitato prima di fermarmi di nuovo e capire che strada prendere per tornare a casa. La mia insignificante città ora sembrava il posto più bello del mondo. Cercai di tranquillizzarmi e ragionare razionalmente ma non rallentai la nostra sfrenata corsa.
Ad un tratto, da lontano, vedemmo che un tratto di strada si era allagato, a causa della pioggia che non aveva smesso anzi, se possibile era ancora più forte. Non mi fermai nemmeno a quel punto, e di tornare indietro non se ne parlava… senza nemmeno scalare, presi in quinta una curva e seguii una strada in mezzo agli alberi.
Una mossa sbagliata a ripensarci, ma in quel momento non importò a nessuno di noi. Continuammo a correre come disperati, senza una parola. Era surreale. Tra noi il silenzio, fuori dalla macchina la natura in rivoluzione. La pioggia sbatteva forte contro i finestrini e faceva un fracasso infernale, ormai non ero neanche in grado di vedere dove stavamo andando. La strada scomparve tra la pioggia e fui costretto a fermarmi, con una frenata brusca. Sudato e ad occhi chiusi, cercai di riprendere fiato e mettere ordine nel caos che avevo in testa… era tutto impossibile, non aveva senso! Ci eravamo fatti suggestionare da quella stupida filastrocca e le cose avevano preso una direzione imprevedibile. Ora si trattava solo di rasserenarsi e guidare verso casa. Con calma e senza sbagliare strada. Riaprii gli occhi e, in un istante, persi tutto il sangue freddo che avevo recuperato. Davanti a noi c’era la segnalazione:

LAGO PONTCHARTRAIN

Cercai di ricominciare a respirare in modo normale, il panico mi aveva sopraffatto. Accanto a me, Zoro sembrava assente, sudava freddo e stringeva frenetico il sedile. Con un sussurro forzato, riuscì solo a dirmi
“metti la retro…”
Prima che potessi seguire il consiglio, Rufy strillò dal sedile posteriore, facendoci sobbalzare entrambi. Gli avrei urlato addosso se la situazione fosse stata diversa, ma in quel momento non riuscii a fare nulla. Rufy stava cercando di dirci qualcosa, ma dalla paura o non so quale stato di eccitazione non riusciva a farsi capire. L’ultima frase che disse, però, la afferrai al primo colpo e mi fece congelare sul posto.
“C’è qualcuno laggiù! Là, tra le onde” gridò confusamente. Senza che potessimo fare nulla era saltato giù dall’automobile e stava correndo sotto la pioggia, verso il lago. Terrorizzato guardai verso Zoro, per trovare appoggio  e comprensione, ma non ebbi nulla di tutto questo. Zoro, ancora stranamente distratto, stava aprendo la portiera. Mi scagliai verso di lui per fermarlo ma fui troppo lento, un istante dopo anche lui era sotto la pioggia e si avvicinava al lago.
“Tornate indietro!” sbraitai verso di loro. Ma perché diavolo avevano abbandonato la macchina? E fu in quel momento che le sentii… non mi stavo sbagliando! Sentii le voci, che li chiamavano dal profondo del lago.

“Scendete nel lago Pontchartrain”

“Scendete nel lago Pontchartrain”

“Scendete nel lago Pontchartrain”

“Scendete nel lago Pontchartrain”

I gamberi strillavano, le onde ballavano a tempo con le loro urla. I miei amici scendevano sempre più in profondità e l’acqua saliva sul loro corpo. Arrivava già al loro bacino, ma non accennavano a fermarsi. Io guardavo in preda al terrore i miei compagni, il fragore era orribile e sempre più forte. Ad un tratto il lago si spalancò, accogliendoli e trascinandoli dentro di sé. Urlai i loro nomi, disperato, sperando di vederli riaffiorare. Maledissi le onde e la pioggia, pregai il lago di rimandarli indietro, di lasciarli tornare da me. Ma non accadde nulla. Attorno a me era ancora il finimondo, la pioggia picchiava, il vento tirava talmente forte che era come ricevere uno schiaffo, il lago era tumultuoso, le strida dei gamberi accompagnavano le mie urla. Le mie lacrime si confondevano con le gocce di pioggia, come se il cielo stesse piangendo per loro. Nella mia testa solo silenzio, e un muto richiamo. Tornate qui.

Questo è ciò che è successo, e non sto mentendo. Sono solo un ragazzo che ha perso i suoi amici, non chiedetemi altro, sono affranto e angosciato. E non ho risposte da dare. Se avete altre domande, dovete chiedere al lago Pontchartrain.”

 

--.--.--.--.—

 

Sanji alzò gli occhi verso l’uomo davanti a lui. Il poliziotto in divisa stava facendo il verbale, scrivendo la sua dichiarazione sulla scomparsa dei suoi due amici. Rufy e Zoro… dov’erano ora? Li avrebbe rivisti mai più? Al pensiero dei due ragazzi, Sanji sentì una morsa al petto. Si sentiva in colpa, era un suo errore… se solo non avesse preso quella strada tra gli alberi. Se solo non avesse sbagliato uscita. Se solo avesse vietato loro di mangiare i gamberi. Se solo non avesse avuto l’idea di quella stupida, tragica gita. Li aveva uccisi lui.
L’uomo davanti a lui alzò lo sguardo, sembrava scettico. Merda, ovvio che era scettico, aveva praticamente detto che il lago aveva preso vita e si era inghiottito i due scomparsi. Ma era la verità, dovevano credergli!
“Ragazzo…” l’uomo di fronte a lui aggrottò le sopracciglia. Non sembrava furioso, né dubbioso. A dire il vero, era triste. Lo guardava malinconico, come si guarda a un matto. Sanji saltò in piedi a quello sguardo, credeva fosse pazzo?
“Senta, non sto mentendo! Perché dovrei? Non ho nulla da nascondere!” affermò, il tono un po’ più alto di quanto avesse voluto. La guardia aggrottò le sopracciglia.
“Sei sicuro che siano entrati di loro volontà nel lago?” gli chiese, più gentile. Sanji sentì le lacrime scendergli sulle guance.
“No! Era il lago a chiamarli! Erano ipnotizzati, era un fottuto incantesimo!” dichiarò in un sussurro. L’agente scosse il capo, la voce profonda e abbattuta.
“Non hai visto la tua camicia?”
Sanji abbassò lo sguardo. Sulla camicia bianca, ancora bagnata dalla pioggia, si estendeva un’enorme macchia rossa.

 
Il grido disperato di un ragazzo fece increspare la superficie, liscia come l’olio, del lago Pontchartrain.

 

 

Angolo dell’autore:

Ciao a tutti e benvenuti su “CreepyTV”! No, vabbè… se leggete il testo di “Lake Pontchartrain” dei Ludo è praticamente la stessa storia della fiction, tranne il finale. Sì, in realtà è il pensiero che è venuto a me quando ho sentito la canzone, alla frase “perché dovrei mentire, non ho nulla da nascondere” ho pensato subito “li ha uccisi lui!”, e da qui la fiction. Ma io non individuo mai l’assassino quando guardo/leggo un giallo, quindi suppongo che questo pensiero idiota sia venuto solo a me. E con questa, meglio se chiudo qui l’angolo autore…

Un ringraziamento a chi recensirà la storia, la metterà tra le seguite/preferite/ricordate, la leggerà!

Alla prossima
killer_joe

   
 
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