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Autore: Gattina Pazza    16/06/2015    0 recensioni
Alice si è ferita accordando fiducia alla persona sbagliata.
Zane è il migliore amico di chi le ha fatto così male.
Alice vorrebbe solo dimenticare e vivere tranquilla,ben protetta dietro un muro impenetrabile.
Zane vuole conoscere Alice, e salvarla dalla sua solitudine.
Riusciranno i due a incontrarsi? O le difficoltà impediranno loro di sfiorarsi,
pur trovandosi a meno di un passo di distanza l’uno dall’altro?
***
-Che mossa?
-Mah, qualcosa del tipo: “chiedermi della mia vita dopo aver appena cercato di vendermi nuovamente al tuo carissimo amico” ti va bene come risposta?
-Io non sto cercando di venderti a nessuno, ragazzina. Voglio guadagnare la tua stima, fino a che non ti fiderai abbastanza di me da raccontarmi la tua versione.
-Cosa?
-Voglio sentirla. Hai ragione, io so solo quello che mi ha detto Damian, ma chi mi dice che non ci sia altro? O che lui mi abbia riferito solo quello che gli faceva comodo?
-Va bene, frena un attimo… E perché dovrebbe interessarti?
-Questo è un segreto, ragazzina. Ora vado davvero, perché temo che se ti rimarrò davanti ancora per un secondo mi ucciderai sul serio. Ma sarò qua anche domani, sappilo…
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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2. La marcia di Damian, ovvero la foca grassa, grossa, sbilenca e stronza
 
Damian camminava leggermente davanti a me, col suo passo sbilenco che un poco ricordava il procedere di una foca. Azz. Non avevo mai pensato una cosa del genere di lui. Solo quando Alice aveva usato quel paragone il pomeriggio precedente mi era capitato di fare caso che sì, cazzo, la ragazzina aveva proprio ragione. Era passata poco meno di una settimana da che avevo cominciato il mio piano di assedio di Alice. All’inizio, mi fermavo da lei durante le pause o quando mi capitava di passarle di fianco mentre uscivo per fumare; gli ultimi due giorni ero andata a cercarla appositamente più volte per vedere come se la cavava con storia, mi divertiva darle fastidio mentre era concentrata sullo studio. Stavo lì a guardarla, a rubarle le matite come azione disturbante, a elencarle cosa avevo mangiato a colazione e a citare tutte le volte che potevo Damian. Non ne era contenta, e si capiva bene, però non aveva ancora chiamato la sicurezza né mi aveva denunciato per molestie. Una così sarebbe stata capacissima di farlo. E poi mi sembrava che la mia strategia iniziasse a dare i suoi frutti. Insomma, prima quando le parlavo di Damian, dire che si metteva a ringhiare era essere positivi. Ora riusciva pure a farci dell’ironia sopra (e con questo, intendo che lo aveva paragonato a tutti gli animali più ridicoli e imbranati che esistessero sulla Terra e detestavo ammetterlo, ma erano similitudini assolutamente azzeccate).
-Be’, quindi?- domandò Damian, lanciandomi uno dei suoi soliti sguardi sghembi.
-Quindi cosa?- mi riscossi, accorgendomi che il mio migliore amico mi stava parlando e non avevo ascoltato una parola di quello che aveva detto.
-Vecchio, ma ci sei? Hai beccato figa l’altra sera sì o no?
-Ah sì… ho fatto bere una e alla fine ci è stata.
-Grande! Anch’io voglio provarci una di queste sere! Mi manca fare queste cose!
-E Alice?- chiesi a bruciapelo per la sorpresa, mordendomi subito dopo la lingua per l’imprudenza.
-Alice? Cosa c’entra lei, adesso?- replicò infatti sospettoso Damian, fermandosi davanti al pakistano da cui solitamente compravamo la birra prima del calcetto.
-Be’…- mi bloccai a mia volta. Damian si era voltato per fronteggiarmi. –Insomma, credevo di aver capito che volessi parlarle e tornare con lei…- “O almeno provarci, nel caso in cui non ti uccida se fai tanto di avvicinarti a lei.”
-Sì, e con questo?
-Andare con altre quando vuoi rimetterti con la tua ex non è un’idea proprio geniale.
-Ma mica ci sto insieme adesso. E poi non lo verrà mai a sapere e intanto io mi passo un po’ il tempo.
Senza che potessi evitarlo, le parole di Alice mi tornarono alla mente: “è un egoista, e forse questo è anche peggio”. Be’, lei era stata persino gentile. Io l’avrei definito un gran pezzo di stronzo. Una grossa, grassa e sbilenca foca stronza. Ammetto che a volte anch’io, nei confronti delle mie ex, mi ero comportato di merda… molto peggio di Damian, a essere sinceri. Quindi forse non avevo il diritto di giudicarlo. Ma dalla prima volta che avevo parlato a quella ragazza, davanti ad una macchinetta scassata mentre sorseggiava un caffè schifoso e mi mandava a quel paese, ero arrivato alla convinzione che mai e poi mai avrei potuto tenere un atteggiamento simile verso di lei. Non lo so, era troppo intelligente, brillante e al contempo sensibile… persino il peggiore dei criminali ci avrebbe pensato due volte, prima di farle del male. A volte, quando era sicura che io non fossi nei paraggi, l’avevo colta a fissare nel vuoto, gli occhi lucidi e le labbra che tremavano leggermente, pallida. Poi, dopo lunghi istanti di immobilità, scuoteva la testa, si passava le mani sul viso e si rimetteva al lavoro. Anche se faceva tanto la dura, ci stava ancora malissimo. In momenti come quello, sentivo che avrei potuto prendere a sberle Damian.
Mi controllai a stento dal prenderlo davvero a botte. -Già… e quanto pensi ancora di rimandare il discorso con lei?
-Mah, adesso non ho davvero voglia di pensarci, né tempo. Prima o poi.
-Non è detto che quando te ne verrà la voglia lei sarà ancora lì ad aspettarti.
-Ma dove vuoi che vada? È cotta di me, mi aspetterà per tutto il tempo di cui ho bisogno. Che birra vuoi? Offro io.
-Se ne sei sicuro tu…
-Ma si può sapere cos’hai, oggi? Perché non fai che parlare di lei?- Damian, quasi già dentro al negozio, mi lanciò un altro sguardo sospettoso.
-Volevo solo aiutarti, amico…
-Chi te l’ha chiesto?
-Perché l’ho vista in biblioteca, l’altro giorno.- mi decisi infine a dire. Ovviamente, non avevo rivelato a Damian della mia strategia perché altrimenti (e forse non del tutto a torto) mi avrebbe caldamente invitato a farmi gli affari miei.
-Ah…
-Sembrava stare bene. Che fosse felice.- mentii ancora. Perché lo stavo facendo? Per Damian? Mi accorsi che se stavo agendo in quel modo era solo perché avrei voluto non vedere più Alice con uno sguardo sofferente fisso nel vuoto. Ma forse fare sì che Damian tornasse da lei in tempo per salvare la relazione non era la cosa migliore per lei. No, se avessi voluto davvero aiutarla avrei fatto in modo che lui non le si potesse più avvicinare, che lei non avesse la minima possibilità di ricascarci…
Quello che avevo appena detto sembrò colpire Damian. –Come immaginavo. Scommetto che devo ringraziare Tommy, per questo.
Tommy? Il compagno di classe suo e di Alice? Che c’entrava adesso, lui? Aprii la bocca per domandare, ma Damian, col volto rabbuiato, era già entrato nel negozio, lasciandomi solo. Io solitamente non ho una buona memoria, anche perché difficilmente capitano eventi abbastanza eclatanti che mi colpiscano al punto da rimanermi impressi. E un episodio così insignificante come quello di sicuro non aveva nulla di speciale, di per sé. Eppure, davanti a quel negozio con la borsa da calcetto ai piedi, solo, mi tornò in mente quel pomeriggio che Damian aveva portato Alice a casa mia.
 
Eravamo in ritardo per il calcetto. Damian e Alice ci avevano messo più del previsto a finire qualsiasi cosa stessero combinando e quindi eravamo usciti tardi. La stavamo accompagnando alla bici e poi avremmo aspettato che Ben ci passasse a prendere con la macchina; anche se forse questo ci avrebbe fatto rimanere a piedi, Damian aveva insistito per passare a prendere da bere. Era entrato, lasciandomi da solo con lei.
Era davvero bella. Non perfetta, non una modella, ma c’era qualcosa in lei che ti attraeva inesorabilmente. Piccola e minuta, con gambe né troppo grasse né eccessivamente magre, il culo più bello che avessi mai visto (quella parte di lei sì che era perfetta), e mani dalla forma affusolata. Era la prima volta che facevo caso alle mani di una donna, ma sulle sue mi era subito caduto l’occhio. E poi aveva un bel visetto da angelo, circondato da una massa di capelli ricci e biondissimi. Penso che ciò che più mi colpì di lei furono gli occhi: grandi e dall’espressione intelligente.
Rimanemmo qualche istante in un silenzio imbarazzato. Poi, tanto per rompere il ghiaccio, commentai: -Damian continua a sostenere che ci siamo già incontrati ad un diciottesimo, ad ottobre.
-Sì, lo dice anche a me. Quello di Eva Hoffman. Giusto?
-Esatto.
-Be’, io c’ero quindi se anche tu eri tra gli invitati è probabile che ci siamo incrociati.
Risi. –Allora ci siamo visti. Ma devi scusarmi, ho una cattiva memoria. Non mi ricordo di te.
Ridacchiò a sua volta. Ricordo che pensai che se a Damian riusciva di conquistare una del genere, allora o era dannatamente bravo o i miracoli esistevano davvero. –Nemmeno io mi ricordo di te, quindi siamo pari.
-Be’, potresti almeno fingere di sforzarti.
-Non servirebbe.
-Io almeno ho la scusante che quella è stata una serata impegnativa. Avevo bevuto parecchio.
-Guarda che anche la mia non è stata semplice. La mia amica…
In quel momento Damian uscì dal negozio con le nostre birre. Mi porse la mia ed io la aprii. Quindi tornai a guardare Alice. –Dicevi, scusa?
Lei mi fissò per qualche istante, perplessa. Poi scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Era davvero bellissima, quando sorrideva. Damian doveva mettercela tutta per non farsela scappare. –Ah, non mi ricordo assolutamente. Te l’ho detto che ho una cattiva memoria, no?
Scoppiai a ridere a mia volta. –Cavolo, Damian, questa ragazza è da sposare!
Solo allora mi accorsi del malumore con cui il mio migliore amico aveva osservato la scena e aveva accolto la mia affermazione e, per evitare problemi, mi affrettai a ricordare a tutti che eravamo in ritardo ed era meglio muoversi.
 
Mi riscossi con un sussulto solamente quando Damian, con aria irritata, mi ficcò la bottiglia di birra aperta in mano. –Vecchio, ma ci sei o ci fai, stasera?! Sembri completamente fuori…
-Ah, scusa…
-Quindi?
-Quindi cosa?
-Sveglia! Sei fatto, per caso? È la quarta volta che ti chiedo se ti interessa conoscere mia cugina. È una bella ragazza e le piaci…
Rimasi per qualche istante allibito a fissare Damian che, dopo quelle parole, recuperava il borsone da calcetto e si avviava con il suo passo da foca. Così, come se nulla fosse. Come se non gli avessi appena parlato di Alice, della ex ragazza a cui diceva di tenere tanto e di cui aveva tutto l’intenzione di prendersi gioco. Non mi mossi di un passo. Notando che non lo seguivo, né rispondevo alla sua domanda, Damian si voltò. –Zane? Si può sapere che c’è?
-Scusa, Damian, stasera pacco il calcetto.- gli comunicai lentamente. In due passi lo raggiunsi, gli ficcai la bottiglia ancora piena in mano e quindi mi misi a correre nella direzione opposta a quella dove stava andando lui.
-Ehi! Ma che…? Zane, si può sapere che cazzo fai?!
-Non posso proprio! C’è una cosa davvero importante che devo fare! Scusati tu con gli altri, saprò farmi perdonare, promesso!
Accompagnato dagli insulti di Damian mi precipitai lungo la via in direzione della biblioteca. Speravo che lei fosse ancora lì. Era tardi, le sette passate, così corsi come un forsennato. Da casa mia, vicino dove avevamo comprato le birre, non ci volevano nemmeno cinque minuti ad arrivare. Il vantaggio di vivere in centro e di avere tutto ciò che mi serviva (biblioteca, ristoranti, alcool e discoteche) sotto casa.
La sala da studio era praticamente deserta. Per un attimo ebbi paura che se ne fosse già andata… quando individuai il cespuglio di capelli biondi che oscillava al ritmo della musica che stava ascoltando. Mi accostai quasi timidamente a lei. Non si accorse della mia presenza, tanto era presa dal libro davanti a sé. Le posai una mano sulla spalla. –Ragazzina…- sussurrai quindi.
Sobbalzando, si affrettò a togliersi le cuffie. –Tu? Che diamine ci fai qui? Non te n’eri andato?
-Sì, ma sono tornato.
-Ah, che voglia di stare qua dentro….
-Nessuna, e infatti adesso usciremo, sia tu che io.- E così dicendo presi ad afferrare i colori che aveva sparso su tutto il tavolo e a ficcarli nell’astuccio.
-Ehi! Che cavolo fai, cretino?!- scattò subito lei, alzandosi in piedi e chiudendo l’astuccio con una mano.
-Ho bisogno di parlare con te.
-Adesso?! Non parliamo già abbastanza della tua colazione ogni giorno?!
-Sì, adesso.
-Mi farai impazzire, tu! Non ti capisco, non ti capisco proprio, lasciamelo dire!
-Potrai fare quello che vuoi, ma solo dopo avermi dato la tua “versione”!
A queste parole Alice, che cercava di bloccarmi dall’infilare la sua roba nello zaino, si bloccò. –Cosa?
-So che forse non sei pronta, ma io ho bisogno di sentirla. Adesso. Per favore.
Alice rimase a fissarmi per qualche istante in silenzio, a bocca spalancata, con il quaderno (di fisica, se ben ricordavo) alzato a mezz’aria. Le ci volle ancora un attimo prima di riuscire a darsi un contengo, e anche allora continuò a non parlare. –Ehi, ti va qualcosa da bere?- domandò infine, abbassando lentamente il bloc-notes, e senza smettere di fissarmi intensamente.
-Se mi permetti di offrire, sì.
Questa volta mi riuscì di farla ridere. La vista del suo sorriso mi rasserenò almeno in parte. Era persino più bello di quel che ricordassi. –Paghi pure per sentire cose che probabilmente non ti farà piacere sentire. Sei proprio matto.
-Non importa. Voglio sentirle.
-Molto bene, allora. Se smetti di provare a violentare il mio astuccio e lasci fare a me, accetto la proposta.
Annuii. E quando si mosse verso l’uscita, seguii quella ragazza per cui, almeno in quel momento, sentivo un sentimento di solidarietà più forte di qualsiasi legame mi avesse mai unito al mio migliore amico.
 
   
 
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