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Autore: foodporv    18/06/2015    2 recensioni
Sarebbe rimasta lì ore ad ascoltarlo parlare nel suo accento marcato e nel suo gesticolare continuo e, diamine, avrebbe dovuto smettere di fare tutte quelle considerazioni su di lui: continuando in quel modo ci sarebbe ricascata e, gira e rigira, sarebbe stata un'altra delusione da aggiungere ad una lunga serie.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4th Chapter – Young Folks



Sdraiata sul letto supina, «Uccidetemi!» borbottò Evelyn, passandosi la mano sinistra sulla fronte in un gesto veloce e sospirando pesantemente. Erano le tre e ventitré del pomeriggio quando la mora lanciò la sua copia della Logica di Aristotele sul letto. Nonostante la filosofia le piacesse, il caro Aristotele la stava esaurendo e si stava facendo odiare.
Si alzò con una mossa veloce e si legò i capelli scuri in una coda alta fatta alla bell'e meglio. Indossò le sue morbide pantofole di un azzurro chiaro e decise che era il momento di mangiare qualcosa: alla fine le mancavano solo una decina di pagine che avrebbe potuto tranquillamente leggere la sera stessa o addirittura il giorno successivo, avendo la verifica alla quarta ora.
Arrivò 
in cucina dove trovò Nathan, il busto piegato e con la testa dentro al frigo: «Nate, copriti, per carità!» esclamò la mora, coprendosi gli occhi alla visione dei boxer di lui lasciati scoperti dai pantaloni messi appositamente a vita bassa.
«Non fare la principessina, ho scoperto che voi ragazze amate i culi almeno quanto noi» rispose Nathan, chiudendo il frigo e puntando il suo sguardo sulla figura esile della sorella.
I due non si somigliavano molto: Nathan aveva preso di più i tratti della madre, così come il colore degli occhi e la carnagione chiara. Evelyn invece assomigliava più al padre, identico era il colore degli occhi.
«Potrebbe anche darsi, ma non amiamo i culi dei nostri fratelli, grazie!» esclamò sconcertata dall'affermazione del fratello, tanto da scrutarlo con aria quasi schifata.
Nathan sbuffò sonoramente e alzò gli occhi al cielo, versandosi del succo all'arancia nel suo bicchiere di vetro - utilizzava solo quello e nessun altro era autorizzato ad usufruirne. Sul bancone della cucina c'erano un piatto d'insalata fin troppo condita e una pagnotta di piccole dimensioni. «Come prosegue con Aristotele?» le chiese, prendendo un tovagliolo e avvicinandolo al suo piatto. Dopodiché iniziò a mangiare.
«Mi fa venire voglia di spegnere il cervello, è troppo logorroico e mi fa fare un sacco di trip mentali» borbottò Evelyn, aprendo la confezione di fette biscottate davanti a sé, iniziando a sgranocchiarne una.
«Fortuna che papà non c'è, ti caccerebbe di casa!» sghignazzò Nathan. 
Stephen era uo degli insegnanti di filosofia più noti in città: aveva spesso redatto articoli per il giornale locale, aveva scritto un libro di argomento filosofico insieme ad un suo amico e qualche volta veniva invitato nei vari licei della città. Era molto attento all'istruzione dei propri figli e la cosa gli stava particolarmente a cuore quando si parlava di filosofia: quando infatti Nathan gli aveva detto di avere una mezza idea di iscriversi alla facoltà di filosofia, per poco Stephen non si era messo a fare i salti di gioia, felice come una pasqua.
Evelyn sbuffò guardando il fratello e si sedette di fronte a lui, osservandolo mangiare. Lo scrutò volutamente con attenzione, o almeno glielo fece credere, infatti Nathan, sentendosi osservato, alzò lo sguardo e posò gli occhi marroni in quelli azzurri della sorella: «Beh? So di essere uno schianto, ma-»
«Dio, sta' zitto Nate!» lo interruppe alzando gli occhi al cielo, un sorriso sornione stampato in viso.
«Antipatica» borbottò il ragazzo facendole una smorfia incattivita, ed Evelyn decise di dargliela vinta, solo per quella volta.
La mora sentì la vibrazione del cellulare nella tasca della tuta grigia che indossava. Estrasse l'oggetto e lesse a mezze labbra il nome sul display illuminato: Gwen.
 
Nuovo messaggio
Ore: 15.33 - Da: GGGwen
“Ti passo a prendere tra mezz'ora perché sto esaurendo, ci sarà anche il resto della plebaglia. Fatti trovare pronta.
#AristoteleUomoDiMerda”

Evelyn rise apertamente, mormorando poi un «La amo!».
«Nate, io vado a prepararmi. Esco con Gwen» avvisò il fratello, intento a posare i piatti sporchi nella lavastoviglie, dopo averli sciacquati velocemente. Il moro si girò in direzione della sorella e si appoggio al piano cottura: «Ma quando?» domandò.
«Viene a prendermi fra mezz'ora» gli comunicò la mora, la quale nel frattempo aveva liberato i capelli dall'elastico azzurro facendoli ricadere sulle spalle.
«No, quando te l'ho chiesto» specificò Nathan, trattenendo un sorriso bastardo, sul volto un'espressione vittoriosa.
A quell'affermazione, Evelyn constatò di star perdendo colpi, si stava facendo prendere per il culo da un essere che aveva imparato ad allacciarsi le scarpe a dodici anni, diamine!
Non ebbe neanche la forza mentale per rispondere, si fermò sull'uscio della porta e alzò un dito medio in direzione del fratello.







Seduta sul divano in soggiorno, Evelyn era piegata in avanti ad allacciarsi le scarpe, un paio di dr. Martens basse. Le gambe magre erano fasciate da un paio di blue jeans a vita alta, indossava una felpa corta nera e sopra ad essa, del medesimo colore, una giacca in jeans col colletto in sherpa.
La mora saltò in piedi come una molla quando sentì il campanello suonare, si diresse a passo svelto verso la porta d'ingresso ma, quando l'aprì, inclinò leggermente la testa, convinta del fatto che Gwen non si fosse fatta una tinta scura di punto in bianco. Di fronte a lei c'era una ragazza dalla carnagione scura, gli occhi verdi e grandi erano impossibili da ignorare. Era poco più alta di Evelyn, la quale non fece in tempo a guardarla per bene che questa parlò con voce dolce:
«Ciao, tu devi essere Evelyn! Bonnie, piacere» aveva pronunciato quelle parole con un intenso accento americano, tendendo la mano destra verso Evelyn che prontamente l'afferrò stringendola un poco.
Bonnie, che strano nome.

«Sono un'amica di tuo fratello - le spiegò con un sorriso di circostanza - È in casa vero?» chiese, sbirciando gli interni di casa Beadle.
«Sì, scusami, entra pure» mormorò Evelyn imbarazzata, spostandosi per fare entrare la ragazza in casa. Dopodiché si chiuse il portone alle spalle.
«Siediti pure sul divano, vado a chiamarlo».
Evelyn percorse la rampa di scale, girò a destra e bussò due colpi sulla porta della camera di Nathan. Su di essa era affisso un cartello con la scritta "Don't come knocking", ripresa dal film del regista tedesco Wim Wenders - uno dei suoi preferiti.
Il ragazzo non ci mise molto ad aprirle e
«C'è una certa Bonnie che dice di essere tua amica giù di sotto» l'avvisò lei, scrutandolo attentamente.
Sul volto del moro c'era un accenno di sorriso che stava cercando in tutti i modi di reprimere, Nathan si limitò a mormorare un
«Okay, grazie» e tornare al piano di sotto assieme alla sorella.
Evelyn gli afferrò il gomito, fermando il passo pesante di lui, il quale si fermò in mezzo alle scale:
«Se non ti salta in mente di provarci, inizia a pensare di essere gay» pronunciò queste parole con voce bassa ed espressione sbarazzina in volto, espressione di chi ci aveva già visto lungo su quei due. Nathan scoppiò in una risata leggera e «Ma smettila!» le disse, dandole un pizzicotto sul fianco che la fece scostare bruscamente.
«Sta' fermo o ti faccio fare una di quelle figure di merda che te le ricordi anche il giorno del tuo funerale» l'avvisò Evelyn, puntandogli l'indice destro all'altezza del viso.
Avevano ripreso a scendere le scale; la mora avrebbe tanto voluto gustarsi la scena del fratello alle prese con la ragazza seduta sul loro divano, ma il campanello suonò nuovamente, l'immagine di Gwen le balzò alla mente.

«Bene, io vado ragazzi - attirò l'attenzione dei due nel soggiorno - È stato un piacere conoscerti, Bonnie. Divertitevi!» esclamò con sincerità, attenta a non fare trasparire nessun cenno di malizia all'invito che aveva fatto loro.
Aprì la porta d'ingresso per la seconda volta in quella giornata e se la richiuse alle spalle velocemente;
«Tempismo perfetto, Thompson» mormorò, strizzando l'occhio sinistro in un occhiolino.
Di fronte a lei, Gwen se ne stava in piedi con una mano fra i capelli biondi e osservava l'amica non capendo a cosa si stesse riferendo: 
«Eh?» chiese infatti.
«Lascia perdere, ho appena conosciuto un'amica di mio fratello e sto desiderando che facciano tanti piccoli pargoli» le confessò, sgranando lei stessa gli occhi azzurri per quelle parole.
Gwen non commentò, si limitò a ridacchiare e a scuotere la testa all'affermazione dell'amica e «Dai, muoviamoci che ci aspettano» l'avvisò, prendendola per il gomito con l'intento di trascinarla.
«Chi ci aspetta?» domandò Evelyn, stringendosi maggiormente nel cappotto caldo. Quel pomeriggio aleggiava un'arietta fresca che le entrò fin dentro ai jeans, solleticandole le caviglie chiare lasciate scoperte dai pantaloni con il risvolto finale.
«Lou ed Harry - Gwen si mordicchiò il labbro inferiore, sentendo il sapore del burro-cacao alla fragola che si era precedentemente passata sulle labbra - Niall, Liam e Zayn dovremmo incontrarli direttamente al Theme Park» le spiegò.
Evelyn fece roteare gli occhi azzurri e sbuffò, nel sentire le ultime due parole. Non che li detestasse completamente, ma non era di certo un fan sfegatata dei parchi divertimento. «Se provate a farmi salire su qualche giostra strana, taglio la testa a tutti» borbottò Evelyn all'amica, accompagnando quella parole con un gesto deciso della mano sinistra.
Finito di percorrere il breve vialetto che attraversava il cortile di casa sua, trovarono di fronte a loro i due ragazzi: Harry si era tolto il beanie di lana per sistemarsi i capelli che probabilmente gli erano finiti davanti agli occhi, Louis invece aveva una sigaretta incastrata fra le labbra, nella mano destra un accendino e quella sinistra era messa a coppa a causa del vento che altrimenti non gli avrebbe permesso l'accensione della cicca.
«Ciao belli!», li salutò con un ampio sorriso in volto, piantando i piedi di fronte a loro. 
Harry aprì le braccia, aspettandosi di essere stretto dalla mora. Evelyn, infatti, gli circondò il busto con le braccia magre e il riccio ricambiò la stretta, posandole un bacio fugace sulla tempia. Fu il turno di salutare Louis:
«Ciao Boo!» lo chiamò con quell'appellativo detestato tanto dal castano, che lo considerava alquanto imbarazzante. Louis se la strinse addosso, cingendole la vita stretta e passandole la mano su e giù lungo la schiena.
«Tommo, stai andando troppo in basso per i miei gusti. Se mi tocchi il culo ti trancio le dita e te le infilo nel naso» lo avvisò Evelyn con tono di voce pacato, quasi stesse dicendo cose totalmente normali. Il castano rise apertamente e «Ho recepito il messaggio, è un peccato però» commentò, ricevendo in risposta un pugno ben assestato sulla spalla.  






«Malik!» esclamò Niall Horan, dando una pacca sulla spalla dell'amico, il quale sobbalzò nel sentire urlare il suo nome, nonostante quella voce gli fosse più che nota. Zayn si girò in direzione del biondo, stirando le labbra in un sorriso. Il biondo tese il braccio verso Zayn, si salutarono con una stretta di mano e un pugno, come erano soliti fare. «Non sei puntuale, ma addirittura in anticipo! - appurò Niall, conoscendo le pessime abilità di arrivare in orario del moro - Potrei commuovermi» mormorò con tono scherzoso, scrollando le spalle minute. «Come mai già qui?» aggiunse con tono più serio, infilando la mano destra nella tasca dei pantaloni della tuta color grigio chiaro che indossava. Sopra ad essi, una felpa nera, caratterizzata dalla scritta hype bianca messa in risalto per le sue dimensioni.
Niall si sedette vicino all'amico, su una panchina un po' malandata situata all'entrata del Burwell Park, a pochi metri dall'effettivo parco divertimenti.

«Dovevo accompagnare Safaa da un'amica e ho preferito stare in giro» gli spiegò, tastandosi le tasche posteriori dei jeans neri, andando alla ricerca del suo pacchetto di Camel Black. Finalmente lo trovò e si portò alla bocca una sigaretta, spostò il pacchetto in direzione di Niall che «No, tra», gli disse, permettendo a Zayn di riporre il pacchetto dov'era in precedenza.
«Sto smettendo» borbottò Niall, osservando l'amico che  si muoveva compiendo gesti lenti ma del tutto naturali. «Questa volta sul serio» si affrettò ad aggiungere, ridacchiando e mostrando il suo apparecchio per i denti bianco che luccicava alla luce del sole. Umettò le labbra con una veloce passata di lingua e le sigillò immediatamente, come gesto incondizionato. Provava imbarazzo nel  mostrare il suo sorriso con l'apparecchio, perciò faceva di tutto pur di non farlo vedere. Niall controllò il cellulare come se lo avesse sentito vibrare - ci sperava, più che altro -, ma si diede mentalmente dell'idiota quando appurò di essersi sbagliato. Sospirò pesantemente.
Questo gesto non sfuggì agli occhi scuri di Zayn, il quale aveva scrutato e seguito ogni movimento dell'amico.
«Adelaide? Insomma, come vanno le cose?» si azzardò a chiedere Zayn, continuando a fissare il biondo vicino a lui, il quale scosse le spalle in modo veloce: «È una stronza patentata, hai presente Louis quando è fatto? - chiese Niall e quando vide Zayn annuire e ridacchiare leggermente, proseguì - Ecco, sono acidi nella stessa maniera. Più che stare con me, credo che a volte voglia farmi del male fisico. Non scherzo. Però a me lei piace, lei lo sa perfettamente ma non ne abbiamo mai parlato in modo serio. E a me, per ora, va benissimo così» concluse il biondo con un lieve gesto della testa e uno strano luccichio negli occhi chiari. Anche Zayn sorrise, di riflesso, e diede una pacca sulla spalla all'amico, sinceramente felice per lui.
L'attenzione di Niall venne catturata dalla suoneria del suo cellulare, Take It Easy degli Eagles: «Dimmi» rispose, dopo aver letto velocemente il nome "Tommo" sullo schermo.
Louis, dall'altra parte del telefono, lo avvisò che lui, Harry e le ragazze sarebbero arrivati in poco meno di una decina di minuti; Niall riattaccò subito. Nel vedere la fronte aggrottata di Zayn, il quale aveva intuito che quella voce squillante appartenesse all'amico Louis,
«Tommo dice che stanno arrivando» gli comunicò, subito dopo ripose il cellulare in tasca.
Zayn schiacciò la cicca ormai consumata sotto la suola delle sue Vans Old Skool nere e annuì con lentezza, arricciando di poco le labbra.

«A proposito di ragazze, Malik - parlò Niall. Zayn iniziò a domandarsi quando il biondo avrebbe incominciato a chiamarlo per nome ma sorvolò sulla questione - Un uccellino mi ha detto che t'interessa la Beadle» disse, facendo comparire sul suo volto latteo un'espressione che sarebbe dovuta sembrare maliziosa.
«È più forte di te chiamare le persone per nome?» chiese retorico il moro. «Non cambiare discorso - lo ammonì Niall - Allora, ti piace?»
«Perché siete tutti fissati con questa storia? È così strano il fatto che io sia amico di una ragazza?» domandò Zayn, alzando gli occhi al cielo, stufo di tutte quelle insinuazioni, ripensando alla conversazione avuta qualche giorno prima con Harry e Louis.
«Sinceramente? Sì.» disse Niall, alludendo al fatto che Zayn non fosse proprio un santo e che non fosse molto abile nell'instaurare un rapporto di sola amicizia con una ragazza. Poteva essere studiato come un fattore matematico-scientifico.
«Quando ci vai?» chiese Zayn al biondo, il quale prese a fissarlo con espressione confusa: «Dove?»
«A fare in culo con Louis e Harry, brutte facce da cazzo!» esclamò Zayn, guardandolo truce e depositandogli uno schiaffetto all'altezza della nuca, facendo muover Niall in un movimento secco ma agitato.
Niall fu sul punto di rispondergli per le rime - con un pugno, s'intende -, ma si trattenne alla vista di un beanie verde scuro, di lana, che riconobbe essere quello di Harry. Gwen camminava di fianco a lui, la mano destra intrecciata con quella sinistra, e molto più grande, del riccio.
Zayn si accorse che l'irlandese aveva distolto l'attenzione da lui, seguì la direzione di quegli occhi chiari e si ritrovò a guardare le quattro figure dei suoi amici. Una in particolare, quella di Evelyn, catturò la sua attenzione. Era di fianco a Louis e la smorfia che lei stava regalando al castano fece ridacchiare Zayn: probabilmente lui l'aveva presa in giro per qualcosa ed Evelyn gli aveva risposto in quel modo. La trovò adorabile, quando notò che il giubbino che indossava le andava largo di almeno una taglia; si ritrovò ad avere un sorriso idiota sul volto. Salutò Harry e Louis con una stretta di mano, mentre si limitò a fare un sorriso cortese a Gwen - non per altro, ma non la conosceva poi tanto bene. Louis comunicò a Zayn che Liam lo aveva avvisato del fatto che quel pomeriggio non ci sarebbe strano e, sebbene al moro parve piuttosto strano, decise che al momento non voleva pensarci. Successivamente, Zayn guardò Evelyn in modo insistente, sperando che lei prima o poi reagisse in qualche modo.
La ragazza si stava dondolando sui piedi, lievemente imbarazzata. Quando si sentì osservata, alzò lo sguardo e incontrò un paio di occhi scuri da cerbiatto che la scrutavano e che, al momento, la fecero arrossire e sorridere un poco, felice di quella piccola, impercettibile attenzione.
«Ciao Jawy!» lo salutò Evelyn con tono di voce entusiasta e che avrebbe dovuto nascondere il suo precedente imbarazzo. Zayn, che si stava avvicinando alla figura minuta di Evelyn, alzò gli occhi al cielo e «Se la smetti con quel nomignolo giuro che ti pago» borbottò ma sempre con un accenno di sorriso sul volto. Circondò un fianco della mora, che a quella mossa cercò di non andare nel pallone, e le diede un bacio sulla guancia lattea che ben presto assunse un colorito rossastro. Zayn lo notò e ne fu compiaciuto e «Tutto bene?» le chiese, guardandola in quei grandi occhi azzurri che lo facevano sentire a casa. 
Nel frattempo avevano preso a camminare verso il Theme Park: Niall e Louis stavano facendo gli imbecilli - niente di nuovo, quindi - e intonavano Livin' on a prayer di Bon Jovi, il tutto muovendosi in modo imbarazzante. Harry si stava accendendo una sigaretta e aveva un'espressione concentrata in viso, Gwen si era fermata a guardarlo, incantata dalla bellezza del riccio. Evelyn era convinta che l'amica avrebbe trovato favoloso anche il modo di respirare di Harry.

«Bene, grazie - accompagnò le parole ad un cenno della testa, un cenno d'assenso - tu?» domandò a sua volta.
«A posto» il moro strizzò l'occhio.
«Ti prego, Malik! Con quell'occhiolino sembri un playboy fallito».
«Sto iniziando a pensare che il nome "Zayn" vi faccia schifo».






«Ricordatemi perché sono qui» borbottò Evelyn, vedendo di fronte a sé una sfilza di attrazioni alte venticinque volte lei e che i suoi amici non vedevano l'ora di provare.
«Perché questo è decisamente meglio della Logica di Aristotele, che domande!» rispose in modo ovvio Gwen, che aveva sgranato gli occhi nel sentire le parole dell'amica. Era a conoscenza del motivo per cui Evelyn odiasse tutto quello, chiunque l'avrebbe fatto se, a sei anni, avesse provato una giostra decisamente poco - affatto - adatta alla sua età. In qualche modo, ne era rimasta traumatizzata. Decise che Evelyn avrebbe potuto continuare a lamentarsi, sì, ma da sola.
La castana, infatti,  si girò in direzione del suo ragazzo, chiedendosi come diavolo facesse ad essere bello in qualunque situazione. Harry aveva lo sguardo fisso davanti a sé, i lineamenti rilassati e le labbra carnose caratterizzate da un sorriso sereno. Sulla fronte ricadeva qualche riccio sfuggito al beanie. Sentendosi osservato, Harry si girò in direzione della ragazza che, colta in flagrante, arrossì di botto ma sorrise disinvolta. Il riccio l'avvicinò a sé prendendola per un fianco e
«Su che giostra andiamo?» le chiese, stando a pochi centimetri dalle labbra di lei. I loro nasi si sfioravano, i respiri s'infrangevano, gli occhi inscindibili.
«Sul Maxxx, anche se so che poi me ne pentirò» rispose lei, ridacchiando poi. Harry rise a sua volta, subito dopo le lasciò un lieve bacio sul naso e le sfiorò lievemente i capelli, smuovendoli e facendo sì che le sue narici venissero inebriate da un odore dolce e ormai familiare.
«Ragazzi! - Harry attirò l'attenzione del resto del gruppo e prese ad accarezzare la mano di Gwen - Noi siamo temerari e andiamo ad ammazzarci sul Maxxx, se sopravviviamo vi scrivo un messaggio e vi chiedo dove siete» li avvisò.
Louis fece comparire sul suo volto un'espressione maliziosa che, però, venne subito intercettata da Evelyn: la mora lo guardò truce, come ad intimargli di non fare battute stupide e sporche. Il castano, colto in fallo, si limitò a sbuffare e ad alzare gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto, come un bambino. Ormai Evelyn lo conosceva fin troppo bene.

Si riprese poco dopo e «Noi che facciamo?» chiese e nel frattempo la coppietta si era già allontanata da loro. «Autoscontri!» a prendere parola fu un Niall entusiasta, Zayn era intento ad accendersi una sigaretta ed Evelyn lo fissava con la coda dell'occhio, attenta a non destare sospetti. Lo trovava maledettamente attraente: aveva l'abitudine di mettere il piede sinistro davanti a quello destro, quasi come se farlo gli facilitasse l'accensione della sigaretta, le labbra ben sigillate circondavano il filtro e la fronte era corrucciata, facendo sì che sul suo volto ci fosse una sorta di broncio.
Iniziarono a camminare verso il luogo dedicato agli autoscontri, Evelyn si sentì prendere sottobraccio, era Louis: «Se lo fissi così si sciupa» mormorò a bassa voce, in modo tale che potessero sentire soltanto loro due, e col sorriso beffardo tipico di Louis Tomlinson.
«Che?» domandò Evelyn, con aria da finta ingenua, pur sapendo che con Louis non avrebbe attaccato. Mai e poi mai avrebbe mollato l'osso.
E, infatti,
«Zayn», le suggerì il castano, spostando gli occhi azzurri verso il diretto interessato che intanto parlava con Niall e si passava una mano tra i capelli scuri - era una sorta di tic. Anche lo sguardo di Evelyn finì sulla figura del moro e «Qual è il punto?» gli chiese, non capendo veramente dove volesse andare a parare, intuendolo soltanto.
«Ti piace?» Louis la fissò, mentre le faceva quella domanda. La vide trattenere il respiro per un attimo, subito dopo la mora si rilassò. «È un bel ragazzo, tutto qua» rispose Evelyn, fingendo un'aria disinvolta e affatto turbata. Perché, sì, il fatto che qualcuno si fosse accorto del suo comportamento valeva a dire che doveva agire con maggior prudenza e, cazzo,  si sentiva una maledetta ninja alle prese con un furto in casa di qualche riccone disonesto!
«E poi non sono decisamente alla sua portata» aggiunse a mezze labbra, tant'è che non fu sicura che Louis l'avesse sentita.
Louis non aggiunse altre parole, alzò le spalle e la prese per il polso allungando il passo, in modo che tutti e quattro fossero vicini. I modi maldestri del castano fecero scontrare la sua spalla con quella di Zayn, il quale girò il capo nella sua direzione e le sorrise, incastrando la lingua fra i denti in un modo che Evelyn trovò così adorabile, che anche lei non poté fare a meno di ricambiare quel sorriso.
«Pronta?».
«A farmela sotto? , ma in realtà no!» rispose la mora, ridacchiando nervosa e simulando - neanche tanto - un'espressione impaurita. Ne avrebbe viste di ogni, quel giorno, ne era certa.





Holiday dei Green Day arrivava ovattata alle orecchie di Evelyn e Zayn, data la loro lontananza. Se l'erano bellamente svignata alla proposta - imposizione - di Niall di salire sul tappeto volante. Zayn era terrorizzato dalle altezze ed era certo che quella giostra non avrebbe fatto altro che aumentare quella sua paura; Evelyn, invece, li aveva convinti con un «Vi brucio i capelli, brutti scemi» detto in modo fin troppo serio e a cui non erano seguitate altre parole.
I due stavano passeggiando sull'erba ben tagliata del Burwell Park, alla ricerca di una panchina che non fosse troppo malandata, col fine di sedercisi per un po' e rilassare le gambe ormai stanche.
Erano sei meno un quarto circa e il sole che qualche ora prima era alto stava pian piano tramontando e sebbene attorno ci fossero parecchie nuvole - quella notte avrebbe sicuramente piovuto -, il cielo era caratterizzato dalla sfumatura arancione tipica dei tramonti.

«E com'è avere entrambi i genitori insegnanti?» chiese Zayn, scrutando la mora di fianco a lui con sguardo interessato. Lei gli stava raccontando della sua famiglia, aveva appena detto del lavoro dei suoi genitori.
«Dal fuori può sembrare che siano dei pezzi di merda anche a casa, però siamo una famiglia normale. Certo, mio padre a volte se ne esce con certi trip mentali filosofici da diventare matti, ma tutto sommato è normale anche lui. A modo suo, diciamo» rispose Evelyn con un sorriso sulle labbra. «Poi c'è mio fratello Nathan, che secondo me è stato adottato, e niente lui è tutto strano. È la versione più svampita di Louis, ecco - aggiunse sospirando per accentuare quanto Nate fosse un caso perso - I tuoi invece?» pose a sua volta la domanda.
«Mia madre è casalinga, sai, siamo quattro figli. Mio padre invece è vigile del fuoco» spiegò, indicando col capo una panchina sulla quale si sarebbero potuti sedere.
Alle ultime tre parole del moro, «Cacchio!» disse Evelyn, rimanendo con le labbra socchiuse»
«Già», le diede corda il Zayn.
«Insomma, non dev'essere facile vivere col pensiero che tuo padre rischia la vita tutti i giorni» la mora mormorò quelle parole senza pensarci nemmeno e «Dio, non volevo essere così brutale però... Scusa» si affrettò ad aggiungere, sentendosi in colpa per il suo essere stata troppo diretta ed indelicata.
Zayn la trovò buffa e la scrutò con un sincero sorriso bonario: «Non ti preoccupare. E comunque no, non è facile, infatti cerco di pensarci il meno possibile» concluse, stirando le labbra in un sorriso.
Il moro fece per aprire bocca e cambiare argomento, ma la voce di Drake in Hold on we're going home risuonò: una chiamata, Louis. Quest'ultimo gli disse di mettere il viva-voce e così Zayn fece.
«Dovete sentire questa! Assolu-» il castano, dall'altra parte, non riuscì a concludere la frase perché scoppiò a ridere, scaturendo le espressioni divertite sul volto di Zayn ed Evelyn. «Lou, se continui a ridere come un idiota non possiamo capire», disse quest'ultima.
Louis cercò di ricomporsi e
«Niall voleva fare il duro ed è salito sul disco volante, era su e credevo volesse svenire ma non è questo il punto! Appena è sceso ha rubato un cappello ad un bambino e ci ha sboccato dentro» raccontò l'accaduto, successivamente riprese a ridere in modo sguaiato. Zayn scoppiò a ridere, tanto da doversi stringere la stomaco, Evelyn lo trovò disgustoso, e «Povero!» esclamò, ma non poté fare a meno di farsi qualche risata anche lei. Dall'altra parte del telefono, il castano raccomandò ai due ragazzi di raggiungerli, così come stavano già facendo Harry e Gwen.
Zayn si alzò per primo dalla panchina e tese la mano verso Evelyn, la quale, tirandosi sù, l'afferrò prontamente con un ampio sorriso stampato in viso e gli occhi azzurri che brillavano.
Non ci misero molto a raggiungere gli altri: trovarono Niall più pallido di quanto già non fosse che si guardava intorno con occhi spaesati, Harry prestava la felpa alla sua ragazza, la quale aveva iniziato a sentire freddo e si stava pentendo di aver indossato abiti leggeri; Zayn intanto si accendeva l'ennesima sigaretta di quella giornata, non sapendo di avere un paio di occhi azzurri (non quelli di Louis né di Niall) puntati addosso, il tutto con molta prudenza.
Louis saltò in aria come una mina quando sentì la voce di Luke Pritchard, cantante dei The Kooks, cantare sulle note di Young Folks, sebbene la musica arrivasse in modo ovattato. Anche Evelyn sembrò riprendere coscienza di se stessa e, con sorriso complice, guardò il maggiore del gruppo; quest'ultimo si chinò, facendo intendere alla mora che avrebbe dovuto aggrapparsi alla sua schiena, cosa che Evelyn fece subito.

«And we don't care about the young folks, talking 'bout the young style» iniziò a cantare - urlare - Louis, muovendosi in modo troppo goffo.
Subito Evelyn si unì, stupendo però il castano:
«Tommo se mi fai cadere, io ti spacco la faccia!» canticchiò queste parole, senza scostarsi dalla base della canzone e facendo ridere il resto del gruppo. Si girò in direzione degli amici e la prima cosa - persona - che notò fu Zayn che rideva guardandola: Evelyn sorrise, felice di aver scatenato il riso del moro. Constatò che quella risata non era nient'altro che musica per le sue orecchie.









 



 
 
 
  
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