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Autore: Claire Penny    20/06/2015    1 recensioni
[REVISIONATA]
C'era una volta una principessa.
Ora non più.
A sostituire la dolce, graziosa e bellissima fanciulla di sangue blu, adesso c'è un'anonima, goffa ed ingenua adolescente, con un'incredibile propensione a ficcarsi nei guai e desiderosa di darsi alla ribellione tipica della gioventù.
C'era una volta il principe azzurro.
Un nobile rampollo, alto, gnocco e affascinante, sempre pronto a salvare la vita alla bella di turno in sella al fedele destriero? Seh, una volta, forse.
Al suo posto ora c'è un misterioso, solitario ed asociale studente dal fascino tenebroso, circondato da un'aura che emana pericolo.
Ah, dimenticavo di aggiungere che è perennemente assetato di sangue, preferibilmente quello della sopracitata giovane donna. Contemporaneamente però, scopre di esserne innamorato.
Ora, chi di voi ragazze non ha mai sognato di vivere in una "fiaba moderna" con questi presupposti? Sembra tutto incredibilmente romantico, non è vero? Bene, vi posso assicurare che di romantico qui c'è ben poco.
Come lo so? Beh, perchè io, Serena Dale, e le mie amiche, ci siamo passate.
E credetemi, le nostre storie vi faranno sicuramente cambiare idea sui moderni principi azzurri.
Genere: Satirico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*NdA: Non so cosa penserete voi lettori belli di questo capitolo, però ci tenevo a sottolineare che la trama di "Guida di sopravvivenza ai principi azzurri assassini" si è sviluppata proprio dagli avvenimenti di questo capitolo e di quello che seguirà perciò, capitemi, ne sono abbastanza orgogliosa. Spero lo apprezziate anche voi :)*

 

Dal diario di Serena, 24 ottobre:
«[...]Quindi…finisce tutto così? Oltre un anno buttato nel cesso? Non da me usare certi termini, ma la verità è che nessun vezzeggiativo o sinonimo più gentile riuscirebbe a migliorare questo schifo di situazione. Quando ho avuto l’idea di fondare il club volevo davvero cambiare le cose ed ero sinceramente convinta che ce l’avrei fatta. Invece ora mi ritrovo qui, con in mano un biglietto, un pezzo di carta strappata con sopra scritta una sola, stupida e totalmente inutile parola. Quella che ha dato il colpo di grazia definitivo al nostro gruppo e a tutto quello che avevamo costruito insieme

Se già incontrare una volta la cricca dei vampiri quasi al completo nei corridoi della scuola era difficile da definire “coincidenza”, alla seconda volta Serena capì che doveva esserci qualcosa che non andava. Alla terza, iniziò a chiedersi se fosse il caso di preoccuparsi seriamente.
Dal momento che ormai la voce secondo cui il club era giunto ai titoli di coda si era già sparsa, a Serena non veniva in mente un solo motivo plausibile che potesse spiegare il meeting strettamente privato che aveva luogo nei corridoi ad ogni cambio d’ora tra gli zanne-dotati della loro scuola. Avevano ottenuto ciò che volevano, avevano vinto. Nessun altro si sarebbe più opposto alla supremazia dei vampiri. Aveva avuto la presunzione di poter cambiare le cose e dare loro una lezione che avrebbero ricordato in eterno - letteralmente - ,  invece aveva regalato loro una ragione in più per alimentare il proprio già smisurato ego.
Tristan, Max, Xavier, Eli ed Evelyn - l’unica vampira del clan, che raramente si faceva vedere in compagnia degli altri suoi simili - avevano formato un capannello in corridoio, non molto lontano dall’armadietto di Serena, un capannello di puro concentrato di inumana bellezza che distraeva qualunque studente passasse loro accanto. I componenti di quell'esclusivo gruppo però, nonostante solitamente amassero crogiolarsi in quegli stessi sguardi, quel giorno non sembravano fare minimamente caso alle occhiate adoranti che venivano loro rivolte. Sembravano troppo concentrati a sussurrare tra loro in modo appena udibile, una forma di comunicazione tipicamente vampira che sfruttava il loro udito straordinario per far sì che nessun altro riuscisse ad udire ciò che stavano dicendo. Serena lo aveva imparato quando stava con Tristan, e all’epoca si era anche allenata molto per cercare di comprendere le sue conversazioni con gli altri vampiri quando parlavano a voce così bassa.
Lo aveva fatto perché non voleva sentirsi esclusa, inutile, inferiore, anche se infondo era consapevole del fatto che nulla avrebbe mai potuto intaccare quest’ultima convinzione. Più antichi erano i vampiri, più era radicata in profondità l'idea che gli umani fossero interscambiabili, utili solo per alimentarsi e divertirsi quando l’eternità che avevano di fronte iniziava ad annoiarli, e Serena sapeva bene di non essere nessuno per metterla in discussione. Per quanto lo avesse desiderato e ci avesse provato, ad un certo punto si era dovuta rassegnare che ai loro occhi lei sarebbe rimasta niente di più che una mortale come un’altra, come tante altre.
Nonostante il consueto caos di fine giornata, la ragazza volle provare ad origliare. Negli ultimi mesi di relazione con Tristan era diventata piuttosto brava ad isolare e concentrarsi sui singoli rumori o sulle singole voci, per cui decise di provare a rimettere in pratica tale abilità, nonostante fosse un po' fuori allenamento.
Senza voltarsi, fingendosi troppo presa dal contenuto del proprio armadietto, cercò le voci dei vampiri, i loro sussurri. Dopo vari tentativi e con non poca fatica, finalmente cominciò a distinguere qualche parola.
-…un problema…-.
Serena riconobbe subito il vampiro che aveva pronunciato quelle parole. Anche dopo tutto quel tempo, la prima voce che era riuscita ad isolare ed identificare era stata quella del suo ex. Prima però che il turbine di emozioni che la pervadeva ogni volta in cui i suoi pensieri iniziavano a concentrarsi su di lui, la ragazza cercò di allontanare il volto di Tristan dai suoi pensieri e riconcentrarsi sulla conversazione.
-…non è pericoloso…-.
Xavier, ne era quasi certa.
-…uno solo…-.
Evelyn, l’unica voce femminile.
-…perché è qui?-.
Non ebbe dubbi: Max. E, per quanto il suo tono di voce fosse a malapena captabile dall'udito umano, Serena fu quasi certa di scorgervi una nota di rabbia.
Per quanto si sforzasse però, non riusciva a capire quale fosse il soggetto della conversazione. Era chiaro che si dovesse trattare di qualcosa di inaspettato e che per qualche ragione costituiva un problema. Un problema non irrisolvibile, ma abbastanza serio da meritare l'attenzione del clan.
Fu allora che, quasi per caso, udì lo stralcio di frase più lungo. L’ultimo che riuscì a distinguere con chiarezza prima di perdere del tutto la concentrazione proprio a causa di quelle parole, pronunciate ancora da Evelyn.
-…proprio adesso che è tornato James…-.
Serena si chiese se non avesse capito male e provò a rimettersi in ascolto, ma sembrava che improvvisamente le voci fossero cessate. In realtà i vampiri si trovavano ancora lì, ma lei non riusciva più ad isolare alcuna voce: la sua mente era ormai troppo occupata ad elaborare quanto appena udito.
James era tornato? Era di nuovo in città?
La ragazza si chiese quale potesse essere la ragione di quell'inaspettato ritorno - sempre che avesse capito bene - ma, prima che la sua mente iniziasse a formulare ipotesi, giunse alla conclusione che la prima cosa da fare era avvertire Aly. Chiuse quindi l’armadietto e corse a cercarla, sperando di riuscire ad intercettarla prima che se ne andasse.
Serena non aveva la minima idea di quali sarebbero potute essere le parole migliori da usare per comunicarle quanto aveva appena scoperto, anche se non poteva dirsi assolutamente certa di quanto aveva appreso. Non riusciva nemmeno ad immaginare quali sarebbero state le conseguenze per Aly, come avrebbe potuto reagire a quella notizia, una notizia che aveva atteso per tanto tempo ma che non era minimamente preparata a gestire con la lucidità e la fermezza necessaria, non ancora.
Tra tutti quei pensieri contrastanti, c’era un'unica certezza: lo scenario peggiore da immaginare era quello in cui Aly si fosse trovata davanti James di punto in bianco, senza alcun preavviso.
Mentre passava davanti al gruppo dei vampiri, che continuavano a parlare sottovoce tra loro, Serena si accorse di una cosa: accanto a Tristan, appoggiata al muro, c’era Mary Annabelle. Non aveva minimamente fatto caso alla sua presenza e, da parte sua, la ragazzina sembrava proprio che desiderasse non essere notata: indossava jeans chiari e una maglietta bianca, teneva i capelli raccolti in un’anonima coda e i libri alla mano, aveva un'espressione assente, il suo sguardo fissava il vuoto. Attendeva come un bravo cagnolino che il suo padrone finisse di sbrigare le sue questioni, questioni di cui lei non faceva e non avrebbe mai fatto parte, perché non abbastanza importante.
Perché umana.
Per un momento, un millesimo di secondo, a Serena parve di vedere il proprio viso al posto di quello della ragazzina. Sapeva bene cosa significasse trovarsi al suo posto, ricordava benissimo lo spiacevole senso di inferiorità che provava ogni volta in cui si trovava nella stessa stanza con un vampiro - Tristan compreso - e quell'odiosa sensazione derivata dalla consapevolezza che per quanto avrebbe potuto provarci, non sarebbe mai stata considerata abbastanza bella, colta o affascinante per i loro standard. Sensazione che tendeva ad insinuarsi immancabilmente in ogni pensiero, anche quelli più felici e ottimisti. Un promemoria che puntualmente le ricordava quanto lei non fosse degna di far parte di quel mondo e quanto dovesse sentirsi onorata e lusingata del fatto che anche un solo vampiro avesse deciso di accordarle il privilegio di tollerare la sua compagnia.
I ricordi di tutte quelle emozioni la travolsero solo incrociando lo sguardo sottomesso di Mary Annabelle, una ragazzina che, tra l'altro, non sembrava aver mai avuto molta familiarità con la propria autostima.
Serena però non era più la ragazzina indegna, il giocattolo, la concubina, la libagione di qualche vampiro, ormai ne era uscita. Lei era e sarebbe sempre stata semplicemente Serena e mai come in quel momento fu felice di ciò. Non avrebbe più permesso a nessuno di privarla della sua dingità.
Alla fine, il suo sguardo lasciò il volto di Mary Annabelle per mettersi nuovamente alla ricerca di quello di Aly, incontrando però quello di Clare che, accanto alla porta del bagno delle ragazze, era impegnata a digitare un messaggio sul proprio cellulare, con le dita che si muovevano sulla tastiera ad una velocità impressionante.
Serena decise di ignorare i ricordi del suo recente atteggiamento distaccato e di parlarle di quanto aveva appena scoperto. Del resto, era la sola persona che al momento poteva comprendere a pieno la gravità della situazione e aiutarla.
-Clare!- la chiamò.
Questa alzò lo sguardo dal display del cellulare e, quando si accorse dell’espressione allarmata di Serena, le andò subito incontro.
-Che succede?- chiese, riponendo il telefono in una delle tasche anteriori dei suoi jeans.
-Hai visto Aly? È questione di vita o di morte- disse Serena.
-Non credo che oggi sia venuta a scuola- spiegò Clare. -Non l'ho vista ad Algebra e nemmeno a Inglese-.
Un bruttissimo presentimento attraversò il corpo di Serena sotto forma di nodo allo stomaco.
-Dobbiamo andare subito da lei-.
Per strada Serena cercò di spiegare a Clare quanto accaduto poco prima nel modo più sintetico possibile. Quest’ultima ascoltava in silenzio mentre faceva sfrecciare la sua auto a diverse miglia orarie oltre il limite di velocità, in direzione dell’abitazione di Aly.
Dopo aver parcheggiato alla meno peggio sulla strada davanti al condominio, le due ragazze si precipitarono verso l’ingresso dell’edificio. Non dovettero nemmeno suonare al citofono poiché, proprio in quel momento, una vicina di Aly che entrambe conoscevano di vista - un’anziana signora che vestiva in modo impeccabile anche quando portava fuori la spazzatura - , aprì il portoncino per uscire e le lasciò entrare senza fare domande in cambio di un frettoloso “Salve, signora Mitchell!”.
L’ascensore era occupato, per cui alle due ragazze non rimase che farsi quattro piani di scale a piedi, a metà del quale erano già sfinite. Quando finalmente suonarono alla porta di Aly erano distrutte, con i muscoli delle gambe doloranti e il fiatone di chi ha appena finito di correre una maratona.
Nel momento stesso in cui Aly aprì la porta e le riconobbe, la ragazza impallidì di colpo. Nonostante la stanchezza, quella reazione non sfuggì all’occhio attento di Serena, che capì che il suo brutto presentimento iniziale andava inesorabilmente concretizzandosi.
-Aly- esordì, cercando di riprendere abbastanza fiato da riuscire a parlare in modo comprensibile. -Scusaci per essere venute senza preavviso ma si tratta di…-
Smise di parlare nel momento stesso in cui la porta si aprì ulteriormente rivelando accanto ad Aly la presenza di James.
-Salve ragazze- sorrise lui. -Clare e Serena, giusto?-.
Le due non risposero. Erano incredule, nonostante fossero consapevoli che ci fosse una concreta probabilità di trovarsi di fronte alla stessa situazione che in quel momento si presentava loro davanti.
In quell’attimo, anche se nessuna di loro ebbe il coraggio di dire niente, Serena era certa che tutte e tre avessero percepito la sua stessa sensazione: qualcosa tra loro che andava in frantumi.
La consapevolezza di essere arrivate troppo tardi avvolse la ragazza, mettendola di fronte al fatto che le già tenui speranze di salvare il club a cui si era disperatamente aggrappata, erano ormai sul punto si andare completamente in fumo.
-Mi dispiace ma siete capitate in un brutto momento- continuò lui. –Stavamo…-
-Aly!- esclamò Clare, scuotendo la testa come se non potesse credere alla scena a cui stava assistendo. -Lo hai invitato ad entrare?!-.
Un vampiro può entrare in un abitazione privata solo se espressamente invitato ma, una volta invitato, potrà fare ritorno a tale abitazione ogni qualvolta lo desideri. L’invito, tuttavia, può essere ritirato dalla stessa persona che lo ha accordato”. Serena ricordava bene quelle parole, derivanti dall’Enciclopedia Completa del Vampiro che aveva studiato da cima a fondo quando la sua relazione con Tristan era ancora agli inizi, convinta che mostrarsi preparata sulla natura del suo nuovo fidanzato sarebbe stato sufficiente a guadagnarsi la sua stima.
Aly, incapace di sostenere gli sguardi delusi delle sue amiche, abbassò il suo e si strinse nel cardigan sformato che indossava. James le circondò le spalle con un gesto che voleva essere protettivo, ma che a Serena parve più possessivo, una dichiarazione di proprietà.
 Il sottointeso era chiaro: Lei è il mio giocattolo e voi non me lo ruberete.
-In realtà non ha mai ritirato l’invito- rispose lui al posto di Aly, nonostante Serena e Clare cercassero di ignorarlo. -Anche dopo la mia partenza non mi ha mai tradito, sapeva che sarei tornato-.
A quelle parole, Clare lo guardò finalmente negli occhi con quanto più disprezzo riusciva a trasmettere. -Sta’ zitto, cadavere mal resuscitato. Aly sa rispondere anche senza che qualcun’altro parli al posto suo-.
Nonostante la pesante offesa ricevuta, James non si scompose. Il suo sorriso si affievolì appena, trasformando l’espressione di falsa cortesia in una di superbia. La più classica, tra quelle della sua specie, nonché la più irritante.
-Aly è semplicemente troppo gentile per dirvi di andarvene. Sto solo facendo un favore sia a lei, che a voi, evitando di farvi perdere altro tempo- dichiarò.
-Oh, certo. Beh, ti ringrazio ma del tuo altruismo facciamo volentieri a meno- ribatté Clare in tono pesantemente ostile. Resistere alle provocazioni non era mai stato il suo forte. -Serena, dì qualcosa!- incalzò.
Serena però, che fino a quel momento aveva osservato la discussione in silenzio, non aveva idea di cosa dire. La scena che aveva davanti era la prova definitiva del suo fallimento e sapeva, era certa che qualunque cosa avesse detto non sarebbe servito a niente, non avrebbe mai cambiato le cose per il semplice motivo che non era una scelta che dipendeva da lei, ma da Aly, la quale era ancora troppo fragile per riuscire ad affrontare la prova più difficile davanti a cui il destino avrebbe potuto metterla: il ritorno improvviso del vampiro da cui era stata ossessionata per oltre un anno. D’altra parte, quello di James era stato un colpo davvero basso: si era presentato da Aly di punto in bianco, ben sapendo che cogliendola alla sprovvista, la ragazza non avrebbe avuto il tempo di ragionare lucidamente su quanto stava accadendo ed in questo modo sarebbe stato più facile farla ricadere nella rete da cui poteva ricominciare a controllarla come aveva sempre fatto.
Serena fece un passo avanti, superando Clare. Guardava Aly, la quale continuava a tenere lo sguardo basso, segno che provava almeno un po' di vergogna per la scelta compiuta, ma non abbastanza da decidere di tagliare definitivamente i fili che la rendevano la marionetta di James. Si chiese cosa le avesse detto, cosa lui le avesse raccontato in merito a quell’anno di assenza e cosa le avesse promesso se lei lo avesse nuovamente accolto come suo compagno. Probabilmente Aly inizialmente aveva tentato di opporre una lieve resistenza facendo appello alla sicurezza acquisita negli ultimi tempi, ma Serena era certa che all’ennesimo gesto o parola affettuosa di James, tutte le sue difese fossero inesorabilmente crollate. Sì, era certa che le cose fossero andate pressappoco in quel modo.
La ragazza si avvicinò ad Aly, accostò le labbra all’orecchio e le sussurrò qualcosa, dopodiché indietreggiò. Aly finalmente alzò lo sguardo e, per un breve istante, le due si fissarono, dopodiché Serena rivolse la sua attenzione a James.
-Tu sei la più grande carogna che abbia mai avuto il dispiacere di incontrare, anche per gli standard della tua razza- disse, puntando l’indice verso il vampiro con fare accusatorio. Il tono estremamente calmo e controllato strideva con la durezza delle sue parole. -Ma sono convinta che prima o poi il karma ti fotterà e che Aly quel giorno sarà lì, in prima fila, ad assistere-.
Per un momento, un breve, meraviglioso momento, vide la sicurezza vacillare negli occhi verde ghiaccio del vampiro, che però si ricompose subito dopo come se quel commento non lo avesse in alcun modo toccato.
-Penso che sia davvero ora che ve ne andiate- disse, e subito dopo chiuse la porta in faccia alle due ragazze senza che Aly reagisse in alcun modo a quel gesto.
Il viaggio di ritorno fu molto più tranquillo di quello all’andata, nonché molto più silenzioso. Quando tornarono a scuola per recuperare l’auto di Serena, il parcheggio era ormai quasi deserto ed in giro non si vedeva nessuno. Serena ringraziò Clare ma quest’ultima, prima di andarsene, volle sapere cos’avesse detto ad Aly.
-Le ho solo ricordato che non è la stessa persona dell’anno scorso. Le ho detto di non dimenticare quanto sia diventata forte-.
***
La mattina dopo, quando Serena aprì il suo armadietto, notò un pezzo di carta, probabilmente strappato da un quaderno, su cui c’era scritta un’unica parola. Una parola che però, nella sua semplicità, poteva racchiudere mille significati diversi. Un significato che a Serena fu subito chiaro e che le fece mancare la terra sotto i piedi. La grafia era quella di Aly e diceva solo: “Scusatemi”.

* * *

Dal diario di Clare, 25 ottobre (prima parte):
«Non avrei alcun motivo per scrivere qui. Questo  il diario del club e, stando a quanto riportava il messaggio inviatomi ieri sera da Serena, il club non esiste più. Dovrebbe essere un sollievo, visto che in questo modo ho evitato il di dirle che anch’io volevo mollare, ma la verità e che dopo quanto successo a casa di Aly, mi sento schifosamente in colpa.
Voglio dire, lo so che non  certo colpa mia se Aly ha la forza di volontà di un robot telecomandato quando si trova di fronte a quell’imbecille di James, ma sento che avrei potuto fare di più per lei. Per noi.
Quando abbiamo cominciato mi sentivo così fuori posto a stare con quella banda di disagiate che pensavo sarei durata al massimo un paio di settimane prima di cedere alla tentazione di inventarmi una scusa e tirarmene fuori. Ero convinta di non avere problemi gravi quanto i loro, dal punto di vista emotivo. Dopo questi tredici dannati mesi insieme però, ho dovuto ricredermi. Il posto nel club l’ho sempre meritato tanto quanto le altre.
Devo ammettere che, da questo punto di vista, Serena ha fatto davvero un ottimo lavoro, sia con noi che con sé stessa: ci ha costrette a toglierci una volta per tutte le mani dagli occhi per guardare in faccia la realtà e vedere davvero che cosa eravamo diventate, come avevamo ridotto la nostra vita e fino a che punto ci eravamo annullate in nome di quella che era solo un’imitazione tremendamente realistica dell’amore.
Non che il “club” abbia mai vissuto un vero periodo d’oro, in realtà. Il nostro è stato un gruppo disfunzionale fin dall’inizio a causa di tutti i problemi che ognuna di noi si portava appresso e dei nostri caratteri dannatamente diversi, tuttavia siamo riuscite a creare un (precario) equilibrio e a mantenerlo, almeno fino all’altro giorno.
Nonostante tutto, eravamo diventate amiche. Una banda di amiche disagiate, è vero, ma pur sempre amiche.
Eravamo un po’ come una famiglia
: non siamo noi scegliere dove nascere, chi saranno i nostri genitori o i nostri parenti ma, a prescindere dalle nostre differenze, impariamo ad amare chi ci sta intorno con tutto noi stessi. Tra di noi è stata la stessa cosa. [...]».

-Diego, passami quel coso, non fare l’egoista- stava dicendo Nikki quando Clare arrivò davanti alla porta della camera di Melanie.
Il vecchio gruppo si era dato appuntamento a casa di quest’ultima poiché pioveva da quella mattina e sembrava non avesse la minima intenzione di smettere. Era ormai terminata la stagione dei temporali che arrivavano veloci e senza preavviso in branchi di grosse nuvole scure e se ne andavano altrettanto in fretta, lasciando come unico ricordo del proprio passaggio un temporaneo sollievo dal torrido caldo estivo. Erano tornate le nuvole di un grigio smorto, opaco e malinconico che sembravano non avere né inizio, né fine. Ci si svegliava in una qualsiasi mattina di ottobre ed erano là, al posto del cielo terso e del sole cocente a cui ci si era ormai abituati. A quel punto, non rimaneva altro da fare che rassegnarsi al fatto che, a parte qualche sporadica comparsa, il sole non si sarebbe quasi più rivisto e che quelle nuvole avrebbero accompagnato buona parte delle proprie giornate fino alla primavera successiva.
Clare entrò nella stanza e per un momento gli altri ragazzi s’irrigidirono tutti insieme improvvisamente, come fossero stati sorpresi a compiere qualche genere di reato. Quando però si accorsero che era lei, espirarono tutti nello stesso momento, visibilmente sollevati.
-Cazzo, Scheggia, mi hai fatto prendere un colpo- esordì Mel. -Per un attimo ho creduto che fosse tornata mia madre-.
Clare sorrise. -Non che io abbia niente contro tua madre, ma se mi scambi per lei mi sento offesa- commentò, facendo scoppiare a ridere gli altri presenti.
La ragazza era sul punto di chiedere loro cos’avessero da nascondere di così terribile da temere persino la distratta madre di Melanie, quella che ogni tanto usciva senza troppo preavviso e senza dire dove andava per poi tornare quando voleva, anche un paio di giorni dopo, lasciando Mel e sua sorella più piccola a casa da sole. Poi però un particolare odore dolciastro le saltò al naso. Un odore a lei familiare. Guardò in direzione di Diego e si accorse che quello che Nikki gli aveva chiesto era uno spinello fumato quasi a metà. Il ragazzo aspirò un’ultima volta, dopodiché lo passò all'amica, la quale lo imitò.
Dopo aver realizzato quel che stava succedendo, Clare per un attimo si sentì completamente fuori posto. Eppure era presente anche lei la prima volta in cui avevano deciso di provare a fumare una canna, durante un noioso venerdì sera di qualche anno prima, ai giardini del quartiere. Nate aveva tirato fuori dalla tasca del giubbotto uno di quei cosi, annunciando fieramente di averlo rubato a suo fratello maggiore.
-Tuo fratello si droga?- aveva chiesto Mel, quasi scandalizzata.
Nate aveva riso. -Fumarsi uno di questi ogni tanto non è “drogarsi”. Ti rilassa un po’, tutto qui. Che dite, proviamo?-
Avevano acconsentito tutti. In realtà Clare non era stata molto convinta della scelta, ma non volendo passare per la santarellina sfigata di turno, quando lo spinello aveva fatto il giro ed era finito delle sue mani, con un po' d'incertezza l’aveva messo tra le labbra ed aveva aspirato una, due, tre volte. Proprio lei, che in tutta la sua vita aveva a malapena provato a fumare una normale sigaretta – tra l’altro con scarso successo.
A seguito di quell’episodio, nessuno di loro era diventato un accanito fumatore di marijuana. Solo Nate di tanto in tanto tirava fuori erba e cartine - rigorosamente rubate dalla scorta personale di suo fratello - e se ne rollava una. Tuttavia, trovandosi nuovamente davanti a quella scena, Clare ebbe l'impressione che per gli altri quella situazione non fosse più così insolita come ricordava, anzi.
Nikki, Ben e Diego avevano gli occhi più arrossati e lo sguardo più vacuo di quello di Mel, la quale invece appariva perfettamente lucida e sembrava molto più presa dal suo cellulare che dai presenti. Probabilmente stava scambiando messaggi con lo spasimante di turno. Mediamente, ne cambiava uno ogni mese.
Clare si accomodò accanto a Nikki sul letto rifatto alla meno peggio e questa, dopo un ultimo tiro, le offrì lo spinello. La ragazza ebbe un attimo di esitazione e sentì le vecchie insicurezze insinuarsi tra i suoi pensieri: non le andava di intontirsi come quella prima volta al parco con Nate. Non le era piaciuta la sensazione di confusione e smarrimento che le aveva provocato quella sostanza ma, se voleva stare nel gruppo, sapeva di dover dimostrare loro di farne ancora parte, di non essere cambiata solo perché ora viveva in un quartiere più agiato.
Ma tu ormai sei diversa” le sussurrò un pensiero proveniente da qualche angolo della sua mente. Clare decise di ignorarlo e prese in mano la canna. Proprio quando stava per portarselo alla bocca però, sentì il ronzio del campanello diffondersi nell’appartamento, un suono a malapena udibile a causa dell’alto volume dello stereo.
-Vado io- disse Mel, in tono svogliato.
Fece ritorno poco dopo con un espressione che Clare non avrebbe saputo decifrare, a metà tra lo stupore e la confusione.
-Scheggia, è per te- si limitò a dire.
La ragazza si affrettò a restituire lo spinello a Nikki, che lo accettò ben volentieri e ne approfittò per aspirare un’altra boccata.
Il panico s’impossessò del corpo di Clare, rendendo i suoi movimenti ed i suoi passi molto più rallentati. Era certa che alla porta avrebbe trovato i suoi genitori o per lo meno uno dei due. Dovevano essersi accorti delle sue assenze ingiustificate degli ultimi giorni ed avevano iniziato a tenerla d’occhio, pronti a sgamarla in compagnia delle persone che le avevano categoricamente proibito di frequentare e che oltretutto stavano fumando erba solo due stanze più in là.
Ad ogni passo, Clare sentiva che la sua fine era vicina e si maledì per essere stata così poco attenta e così tanto ingenua da credere che sarebbe riuscita a farla franca in eterno. Non osava nemmeno immaginare quale sarebbe potuta essere la reazione dei suoi nel trovarla lì. Questa volta non ci sarebbero state attenuanti, la punizione che avrebbe ricevuto avrebbe fatto sembrare allettante anche un anno di isolamento ad Alcatraz, ne era più che certa.
Quando però arrivò all’ingresso non ci trovò i suoi genitori, bensì l’ultima persona che avrebbe mai pensato di trovarsi davanti: Max.
Nello stesso momento in cui Clare incrociò gli occhi azzurri del suo ex, questa si bloccò all’istante, sconcertata e totalmente colta alla sprovvista.
Se non altro, con quello si spiegava la strana reazione di Melanie.
Il vampiro indossava un paio di jeans slavati, maglia bianca e giacca di pelle, la sua combinazione preferita, nonché quella che gli donava di più.
Se ne stava lì, davanti alla porta, con quell’aria da bel tenebroso che da sempre faceva strage di cuori tra la fauna femminile della scuola e che, nonostante tutto quello che aveva passato a causa sua, non lasciava indifferente nemmeno la ragazza, per quanto lei si vergognasse ad ammetterlo.
-E tu che ci fai qui?- le parole le uscirono di bocca prima che avesse il tempo di formulare qualcosa di più appropriato.
D’altra parte, quali sono le parole più appropriate da utilizzare quando il vampiro che ti ha spezzato il cuore si presenta nell’ultimo posto nel quale ci si aspetterebbe di incontrarlo?
Max però non parve fare minimamente caso alla reazione della sua ex. Probabilmente doveva essersi aspettato un'accoglienza del genere. Del resto era difficile sorprendere i vampiri, essendo loro quasi dei chiaroveggenti per quanto riguardava i comportamenti degli esseri umani.
-Sono venuto a prenderti-  rispose lui, serio.
Clare contrasse il viso in un’espressione perplessa. Quella situazione era talmente assurda che aveva temporaneamente accantonato tutto il risentimento che covava verso di lui.
-Tu…cosa?-
-Le spiegazioni dopo. Adesso vieni con me- disse, dopodiché fece per afferrarle il polso, ma per una volta Clare fu più svelta ed evitò la sua presa.
-Si può sapere con quali pretese e quale coraggio ti presenti qui?- domandò irritata.
Nel frattempo, alle sue spalle, sentì gli occhi di Mel, Nikki, Ben e Diego puntati su di loro.
-Ti sto impedendo di buttare via la tua vita- rispose lui, risoluto.
-Per quello sei in ritardo di oltre un anno e mezzo- ribatté lei, riferendosi chiaramente al periodo in cui era iniziata la loro storia.
Max sospirò e le rivolse un mezzo sorriso di compassione. -Ma guardati, te ne stai qui a fumare canne con i tuoi amici sbandati…sempre che si possano chiamare “amici”, dopo quello che mi hai raccontato sul loro conto-.
Clare s’irrigidì. Era certa che anche lui si fosse accorto della loro presenza e che avesse tirato fuori quell’argomento di proposito. Aveva passato intere serate a sfogarsi con Max su quanto accaduto con Nikki alla festa al Garage e su altri episodi accaduti i passato che riguardavano il resto del gruppo.
La sicurezza di Clare vacillò. -Non ti azzardare a…-
-La ragazza che mi ha aperto, Melanie- continuò lui, interrompendola. -Non è forse la stessa che si è portata a letto il ragazzo che ti piaceva, un certo Nate, se non sbaglio, pur essendo a conoscenza di quello che provavi per lui, per poi mettercisi insieme e mollarlo un paio di giorni dopo, allontanandolo in questo modo dal gruppo? E dalla descrizione che mi hai fatto di lui, mi è sembrato di riconoscere Diego, quello che una sera ha approfittato del fatto che eri ubriaca e che eravate rimasti soli per provare a metterti le mani addosso, giusto? Immagino poi che ci sia anche Nikki, la detentrice del premio Migliore Amica del Decennio, quella che ti ha lasciato sola e semisvenuta in mezzo alla strada, in piena notte, per evitare di essere beccata dalla polizia e che non si è nemmeno mai sprecata a rivolgerti una sola parola di scuse. Sì, devo dire che hai davvero gusti impeccabili, in fatto di amicizie-.
Di fronte a quelle parole, Clare non seppe più come reagire. Sapeva che gli altri avevano sentito tutto e non aveva idea di cosa stessero pensando. Forse Nikki, Ben e Diego avevano la mente troppo annebbiata per capire fino in fondo quanto stava succedendo, ma Melanie aveva sentito tutto e di sicuro si sarebbe preoccupata di rinfrescare loro la memoria non appena fossero tornati a ragionare.
Fortunatamente la ragazza non aveva avuto il tempo di togliersi la giacca e non aveva lasciato niente di suo nella camera, perché non avrebbe mai avuto il coraggio di tornare a riprenderlo ed affrontare gli sguardi, o peggio, le parole degli altri. Spinse quindi da parte Max e corse fuori, verso le scale esterne. Come aveva immaginato però, dopo solo una manciata di secondi lui le fu accanto.
-Non avevo altra scelta- le disse.
Lei lo ignorò, diretta alla sua macchina. Camminava più veloce che poteva ma per Max stare al passo con lei non era certo un problema.
-Clare…-
-No! “Clare” un cavolo!- esclamò la ragazza, fermandosi e voltandosi d’istinto e senza preavviso verso il vampiro, rischiando di scontarsi con lui. -Si può sapere cosa vuoi ancora da me? Un anno fa mi hai buttata via come se non valessi nulla, come se fossi stata niente di più di un qualunque oggetto usa-e-getta. Ho cercato di farmene una ragione, di risollevarmi assieme a Serena e alle altre ma tu, con la tua banda di vampiri sfigati non potevate lasciarci in pace, vero? No! Dovevate renderci la vita impossibile fino a rovinare il nostro rapporto e distruggere tutto quello che avevamo costruito! Perché ora stai cercando di allontanarmi anche dalle ultime persone che mi restano? Non sei ancora soddisfatto? Non credi di avermi rovinato abbastanza l’esistenza? Sei uno stronzo, Maximus. Lo sei sempre stato e l’unico rimpianto che avrò per il resto della mia vita sarà quello di non essermene accorta in tempo!-.
Detto ciò, la ragazza si diresse nuovamente alla sua macchina, convinta di aver chiuso una volta per tutte quella discussione. Max però non si dimostrò dello stesso avviso e, una volta salita in auto, Clare se lo ritrovò sul sedile del passeggero, per nulla intenzionato a lasciar perdere, nonostante lo sfogo che la ragazza gli aveva appena rivolto.
-Ti conviene scendere prima di subito- gli intimò col tono più risoluto, ma lui non le diede retta.
-Voglio parlarti e voglio che tu mi stia a sentire, Clare Danielle Taylor. E se alla fine di tutto mi dirai ancora che non vuoi più vedermi allora d’accordo, sparirò-.
Clare non sapeva come reagire. Aveva appena detto a Max quello che lei e tutte le ragazze del club avevano sempre sognato ma non avevano mai avuto il coraggio di dire ai rispettivi ex. Nella sua mente aveva immaginato di mandarlo a quel paese una volta per tutte in almeno mille modi diversi, ma ognuna di quelle fantasie si concludeva nel medesimo modo: lei pronunciava la fatidica frase ad effetto che lasciava Max senza parole, dopodiché lei usciva di scena trionfante. Non aveva mai messo minimamente in conto il fatto che fosse praticamente impossibile avere l’ultima parola con i vampiri e che, a maggior ragione, Max non era il tipo da darla vinta tanto facilmente nemmeno con i suoi simili. Del resto però non si sarebbe mai aspettata di vivere una scena del genere al di fuori della sua testa, e nella sua testa era tutto terribilmente più semplice.
Clare non sapeva che fare: da una parte l’orgoglio cercava di convincerla a mantenere la fermezza che aveva mostrato fino a quel momento e a rifiutare qualunque proposta di Max, per quanto condita da atteggiamenti apparentemente affabili che lo facevano sembrare l’incompreso, la vera vittima di tutta quell’assurda situazione. In contrapposizione però c’era il lato di lei che ancora soffriva per l’inconcludente fine della loro relazione e che desiderava disperatamente sapere cosa volesse dirle con così tanta insistenza. Prima che avesse il tempo di decidere però, una terza reazione del tutto inaspettata prese il controllo e fece sì che i suoi occhi s’inumidissero senza che lei potesse fare niente per evitarlo. Infine le lacrime ruppero gli argini e si riversarono sulle sue guance della ragazza, aggiungendo l’umiliazione tra il caos di emozioni contrastanti che stava provando in quel momento.
-Perché mi fai questo?- chiese, con voce rotta dal pianto. -So che a voi vampiri non frega niente di noi stupidi, inutili umani. Allora perché almeno non ci lasciate andare avanti con la nostra vita, dopo averla rovinata?-.
Max la fissò per qualche istante, in silenzio. Per la prima volta da quando Clare lo conosceva, ebbe la sensazione che il vampiro non avesse idea di quale fosse la cosa migliore da dire.
-Pensi davvero che quei ragazzi ti aiuteranno a costruirti una vita migliore?- domandò infine lui. –No, tu sei più intelligente di così. Quando ho saputo che avevi ricominciato a frequentarli sono venuto qui e li ho tenuti d’occhio per qualche giorno. Fidati, da quello che ho avuto modo di osservare posso dirti che si stanno distruggendo qualunque prospettiva di un futuro sereno. Tu sei stata fortunata, Clare. Hai avuto l’opportunità di andartene da qui prima di avere la tentazione di lasciare la scuola, o di iniziare a bere o a drogarti. Perché è questo che succederà loro a breve, se non decideranno di cambiare strada. Ne ho visti tanti come quei ragazzi, sai. Il più delle volte sono svegli, hanno talenti, potenzialità, ma si giocano tutte le loro possibilità di coltivarli in cambio di un altro bicchiere, di un’altra dose, di un'altra scommessa, di un’altra opportunità per fare soldi facili. Stando con quei ragazzi forse mi dimenticherai, ma getterai al vento anche i sacrifici dei tuoi genitori, i progressi che hai fatto a scuola, le vere amicizie…e tutto questo per cosa?-.
Per dimenticarti. Per te. Per colpa tua. Clare lo pensava, ma non l’avrebbe mai potuto ammettere ad alta voce, quindi cercò di aggirare la domanda.
-Max, perché sei qui?- chiese. -Mi stai facendo la predica come se fossi mio padre, fingi di preoccuparti per me, mi dici di non buttare via la mia vita e tiri in ballo le mie amiche dopo che proprio tu assieme alla tua congrega di sanguisughe vi siete dati tanto da fare per metterci l’una contro l’altra. Quindi ti chiedo di nuovo, che cosa vuoi?-.
A quella domanda, Max tirò un pugno al cruscotto che fece sobbalzare la ragazza, la quale non si aspettava una reazione simile.
-Dannazione, Clare! Io non sto fingendo e non c’entro con i tiri mancini di quei quattro idioti! Come puoi pensare che io mi abbassi a certi livelli?-.
Clare non voleva dire quello che pensava. Non voleva che lui lo sapesse ed era perfettamente cosciente del fatto che pronunciando le parole che aveva in mente, lui avrebbe capito. Avrebbe capito che non aveva ancora smesso di amarlo, nonostante tutto. Ma, per qualche ragione, parlò ugualmente.
-Dopo il modo in cui mi hai abbandonata, sinceramente non so più cosa pensare di te. Ed è anche per questo che non riesco a capire perché, nonostante tutto, quello che provo per te non è mai cambiato-.
Tra i due calò il silenzio. Un silenzio sottile e leggero come un velo e freddo come la brina in un mattino d’inverno. Clare non seppe dire quanto durò, forse fu solo un minuto o poco più, ma fu il minuto più interminabile della sua vita.
Se davanti a lei ci fosse stato un ragazzo come tanti, era certa che se ne sarebbe andato all’istante, senza aggiungere altro, ma quello che aveva davanti non era un ragazzo qualunque, e non perché non fosse umano.
Max era, e sarebbe sempre rimasto, il suo primo vero amore. Era responsabile di aver risvegliato in lei quel sentimento del tutto nuovo, folle, impetuoso, inebriante e dolorosamente meraviglioso che l’aveva spinta a rischiare, affrontare le cose mettendosi completamente in gioco e superare ostacoli di cui non si sarebbe mai creduta capace. Il tutto nella più totale incoscienza. Perché provare un sentimento come quello, non lascia spazio alla prudenza. Non ci sono certezze, è un salto nel vuoto che sarebbe potuto terminare nel più tragico come nel più miracoloso dei modi.
Clare aveva saltato, ma il miracolo per lei non era arrivato. Sarebbe stata costretta a portare le cicatrici di quel gesto per sempre con sé e nulla avrebbe davvero potuto cancellarle. Avrebbe solo potuto tentare di nasconderle. Tentare di dimenticarle o di imparare da esse.
Alla fine fu Max a rompere quel silenzio, ma le parole che usò furono le ultime che si sarebbe mai aspettata di sentirgli pronunciare.
-Clare, io…sono gay-.
   
 
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