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Autore: Yasha 26    21/06/2015    7 recensioni
Ancora sorrideva ripensando alla strana conversazione avuta col fratello anni prima.
All’epoca viveva ancora a New York, dove si era trasferito per intraprendere la professione di architetto. Quella chiamata si rivelò essere come il vaso di Pandora, che dopo essere stato scoperchiato, riversò sul loro mondo tutti i mali contenuti al suo interno.
Non che le fossero dispiaciuti poi molto quei “mali”, poiché le avevano riportato il fratello, restituito un’amica felice e dato a lei l’uomo che amava, ma che prima di allora doveva tenere nascosto.
Una semplice chiamata, a volte, può davvero cambiare la vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, izayoi, Kagome, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Devo tornare a casa. -
- Che cosa? Per quale motivo vuoi ritornare a casa tua? –
- Devo andare a prendere una cosa che ho lasciato lì. E poi mi servono i vestiti e le carte di credito per prendere una camera in hotel. – chiarì la ragazza, intuendo i pensieri dell’han’yō. Non voleva certo tornare a casa da quel mostro. Avrebbe preferito dormire sotto un ponte, piuttosto. Per fortuna aveva un lavoro come segretaria di uno studio dentistico e che le avrebbe permesso di vivere dignitosamente anche con le sue forze, senza bisogno del padre.
- Un hotel? E perché? Puoi stare qui, con me. – tentò l’han’yō, nella speranza che lei non rifiutasse.
- Non posso approfittare dell’ospitalità di tua madre. Vedrò come arrangiarmi. –
- Non hai capito Kagome… resta con me! Riproviamoci, ti prego. Non riesco a pensare di vivere ancora lontano da te, non posso e non voglio! Nessuno di noi due ha colpe per quello che è successo, quindi diamoci una seconda possibilità! – le domandò, prendendole la mano e stringendola tra le sue, in un’accorata preghiera.
- Riprovarci? – ripeté pensierosa.
La sera prima, presa dalla disperazione, aveva desiderato davvero ricominciare tutto con lui, ma erano i deliri di una persona confusa, spaesata, che non era neppure in sé, talmente era sconvolta. Ciò che desiderava era un’utopia, ma la realtà era ben diversa. Niente avrebbe cancellato quegli anni di tormento. Dopo tutto quello che era successo, avrebbero davvero potuto buttarsi tutto alle spalle, come se niente fosse accaduto? Era possibile ricominciare?
- Sì! Diamoci una possibilità. Proviamo a vivere quell’amore che ci hanno negato. Io ti amo come prima, anzi, di più. Tu mi ami ancora? – le chiese, timoroso di un suo rifiuto.
Kagome abbassò lo sguardo sulla mano libera dalla stretta del giovane, osservando l’anello di fidanzamento che spiccava al suo dito. Stava per sposarsi, ma non per amore. Non aveva mai amato Hojo. Nel suo cuore viveva da sempre l’amore per InuYasha. Tante volte si era maledetta per quei sentimenti così stupidi, ma il suo cuore non riusciva a dimenticarlo. In lei albergavano amore e risentimento, e sapeva benissimo che non poteva esistere il secondo senza il primo. Quindi sì, lo amava ancora.
- Sì. - rispose solamente, quasi come una sconfitta. Ma poteva essere definita una sconfitta, si domandò. InuYasha non l’aveva abbandonata, era stato costretto, però, perché non aveva mai provato a cercarla dopo? Doveva per forza andarsene all’altro capo del mondo? Continuava a chiedersi questo, e la sua espressione dubbiosa non sfuggì al mezzodemone, che non ebbe tempo di gioire per quella confessione tanto sperata.
- Però? – le chiese lui, angosciato.
- Come? – domandò la giovane, distratta dai suoi pensieri.
- Mi ami, ma c’è un però, non è così? –
- Beh… sì. Perché non mi hai mai cercato? Perché sei scappato così lontano? Perché non sei tornato quando sono diventata maggiorenne per spiegarmi tutto? Perché sei tornato proprio adesso che sto per sposarmi? – si decise a chiedere. Non riusciva a capire perché non lo avesse mai fatto. In otto anni, non si era mai neppure premurato di sapere se fosse viva o morta, ed ora le chiedeva di ricominciare come se nulla fosse.
InuYasha ascoltò le sue domande, sospirando amareggiato. In effetti, era stato uno stupido a non ritornare prima.
- Perché ho preferito non farlo. Ho pensato che non volessi più rivedermi, che mi odiassi, che non mi amassi più. Avevo paura di vedere disprezzo nei tuoi occhi. Non lo avrei sopportato. Vivere a New York era un modo per non venire a cercarti, per questo tornavo pochissimo a casa per le vacanze. Ogni volta che lo facevo, non riuscivo a impedirmi di passare da casa tua, nella speranza di poterti vedere almeno una volta, e dovevo lottare contro me stesso per non suonare a quel maledetto campanello. Per questo non ti ho mai cercato. Temevo anche di saperti insieme ad un altro uomo, felice con lui, e la cosa mi faceva impazzire! – confessò, stringendo i pugni per la rabbia al solo immaginarla a letto con un altro.
- E cosa ti ha spinto a farlo adesso? Perché ti sei deciso proprio ora che dovevo sposarmi? Per un senso di possessione? Per orgoglio? Cosa? – chiese dura. Non riusciva proprio a capire perché si fosse deciso solo dopo otto anni a scombussolarle la vita, tirando fuori quei segreti che mai, altrimenti, avrebbe scoperto. Non che volesse continuare a vivere nell’illusione di una vita apparentemente perfetta, ma perché proprio in quel preciso momento? Era questo che non riusciva a spiegarsi.
- Fino alla settimana scorsa non sapevo neppure che fossi fidanzata. Rin non me ne aveva mai parlato. – le spiegò, lasciandola sorpresa.
- Davvero? –
- Già, puoi chiedere conferma a lei. Comunque ho deciso di tornare non perché stavi per sposarti, ma perché Rin mi ha raccontato che ti eri confidata con lei sul tuo amore non corrisposto, e che non amavi il tuo fidanzato perché amavi ancora l’uomo che ti aveva lasciata. Quella è stata la spinta che mi serviva per tornare. Se mi amavi ancora, forse avevo una possibilità. Così eccoci qui. – le disse sincero.
Kagome non si aspettava quella risposta. Rin gli aveva parlato delle sue confidenze riguardo all’uomo di cui era innamorata anni addietro, e lui aveva capito si trattasse di lui. Non era difficile intuirlo comunque.
- Quindi… non mi hai mai cercata perché temevi ti mandassi al diavolo? – ripeté, per averne conferma.
- Sì, ed è quello che hai fatto quando ci siamo visti tre giorni fa. Se non fossi stato sicuro del tuo amore, sarei già tornato a New York col cuore a pezzi. Non potrei più vivere senza di te Kagome. – ammise nuovamente, guardandola negli occhi, ancora segnati dalle lacrime.
Lei rimase a guardarlo a lungo, in silenzio, riflettendo sul da farsi. Aveva un matrimonio da annullare e un padre con cui tagliare i ponti. Doveva fare le valigie e lasciare quella che era stata casa sua. Doveva ricominciare la sua vita da zero.
- Credi davvero che potremo ricominciare tutto daccapo? – domandò ancora incerta.
- Sì, ne sono convinto! Il nostro amore è stato più forte di tutto, perfino più del dolore, sopravvivendo fino ad oggi. Siamo nati per stare insieme. Non buttiamo tutto. Almeno pensaci. – cercò di convincerla un’ultima volta. Era confusa e indecisa, lo capiva, ma se avesse continuato a titubare, non avrebbe insistito oltre. Forzarla non era una soluzione.
- Va bene. – rispose lei alla fine, sopraffatta da quell’amore che non ne aveva proprio voluto sapere di sparire. InuYasha non era il vero responsabile del suo dolore, doveva tenerne conto. Certo, gli avrebbe sempre rimproverato la colpa di essere sparito nel nulla, ma non aveva altre colpe.
- Va bene cosa? Ci penserai? –
- No… riproviamoci. – chiarì, sorridendogli, vedendolo sorpreso.
Il primo istinto del giovane fu di stringerla tra le braccia, e così fece, tenendola saldamente stretta a sé, per paura di sentirla svanire sotto alle sue mani, così come accadeva nei suoi incubi.
- Nessuno ci dividerà più, te lo prometto! Mi farò perdonare per averti lasciato sola, amore mio! – le promise determinato. Avrebbe fatto di tutto per renderla felice stavolta, felice come lo era lui in quel momento, avendola tra le braccia. Non si sentiva così vivo da otto anni. Era al settimo cielo. Aveva lasciato New York con poche speranze di riuscire davvero a riappacificarsi con Kagome, invece, adesso, poteva tornarci con il cuore traboccante di gioia.
Kagome ricambiò quell’abbraccio sentendosi finalmente in pace. Avvertì come se un grosso peso le si fosse spostato dal cuore, scivolando via e lasciandola libera. Si sentì leggera. Il freddo che imprigionava il suo animo era svanito, scaldato da quell’amore che non aveva voluto abbandonarla.
- Ti accompagno a prendere le tue cose. – le disse, dandole un lieve bacio fra i capelli.
- Preparati ad una bella lite. – rispose quasi ironica. Già immaginava cosa l’aspettava con suo padre, ma non le importava. Avrebbe vissuto la sua vita come voleva, ascoltando solamente ciò che le suggeriva il cuore.
- Preparo le armi? Che dici? – scherzò lui, cercando di sdrammatizzare.
- Le parole ferisco più della spada InuYasha, ed io ho intenzione di usarle tutte a dovere oggi. – sostenne seria.
- Ed io sarò al tuo fianco per sostenerti. Andiamo? – domandò, porgendole la mano.
- Andiamo. – acconsentì lei, prendendo la sua mano e stringendola forte, pronta a chiudere con il passato e ad aprire la strada al futuro, un futuro con l’uomo che amava da tutta la vita, e che avrebbe continuato ad amare fino al suo ultimo respiro.
 
 
 
 
 
 
- Inuuuuuu! Ti prego! –
- E tu mi hai fatto venire qua per questo? –
- Per favore, tienila tu! Solo per stavolta! Non vedo le mie amiche da tanto! – lo implorò Rin, con occhi da cucciolo bastonato.
- Perché dovrei tenerla io? Lasciala a suo padre! –
- Sesshomaru è a lavoro. –
- Guarda che anch’io stavo lavorando, anche se da casa! Lasciala a qualcun altro! – replicò infastidito.
- E dai, ti prego! Mamma non c’è, Kagome è impegnata, tu invece sei libero. Fai un favore alla tua povera sorellina che si sente tanto triiisteee! – lo pregò nuovamente, cercando di impietosirlo.
- Va bene, razza di rompiscatole! Ma guai a te se manchi più di due ore! – acconsentì in fine.
- Grazie! Sei il fratello migliore del mondo! – esclamò allegra, schioccandogli un bacio sulla guancia.
- Sono il tuo unico fratello, stupida! –
- Sì sì hai ragione. Ciao amore della mamma, a dopo! – disse Rin, dando un bacio alla figlia prima di uscire, dileguandosi come un razzo.
- Yura, hai una madre pazza. – confidò InuYasha alla nipotina, che lo guardava con occhi sognanti. Adorava lo zio perché aveva le orecchie come le sue, al contrario del suo papà e della sua mamma.
- Ziooo, in braccio! – chiese la bambina, allungando le manine verso lo zio che l’accontentò, sedendosi sul divano insieme alla piccola, che aveva iniziato a giocare con le sue bambole.
Che gli toccava fare per amore della sorella, pensò sbuffando. Avrebbe anche potuto aspettare suo marito, prima di prendere impegni con le sue amiche. Invece, come sempre, rompeva le scatole a lui. Altro che “Solo per stavolta”.
- Zio belli cappelli! – esclamò Yura, accarezzandogli i lunghi capelli bianchi, tipici della razza inu-yokai.
- Si dice capelli, non cappelli. I cappelli sono quelli che ti mette in testa la tua mamma quando c’è il sole. – le spiegò lo zio, dando un leggero buffetto sul naso della nipote, che poco aveva preso dal fratello. Somigliava molto di più alla sorella. Occhi scuri e capelli nerissimi. Solo le orecchie bianche sulla testa lasciavano intuire che non fosse umana.
Ancora si chiedeva come diamine avessero fatto i suoi fratelli ad innamorarsi, senza che lui se ne accorgesse, ma a quanto sembrava, mantenere i segreti era una questione di famiglia, pensò, sorridendo divertito.
Quando Rin e Sesshomaru gli parlarono della loro relazione, quasi non ci credette, convinto che scherzassero. Alla conferma della madre, però, dovette credergli, restando basito. Aveva quasi preso a pugni il fratello quel giorno. Non riusciva a vederli come una coppia; erano i suoi fratelli, ed era convinto che anche loro si vedessero tali, salvo poi rammentarsi che non c’erano legami di sangue fra i due. Dopo un primo periodo di disaccordo, sbigottimento e confusione, iniziò a farsene una ragione. Non aveva diritto di protestare per il loro amore. Era una cosa che aveva provato sulla propria pelle, e non voleva commettere lo stesso errore con i suoi fratelli. Se erano felici, lui lo sarebbe stato per loro, si disse. E così fu, visto che poco dopo il matrimonio, Rin annunciò di essere incinta, con gran felicità di tutta la famiglia. La sua nipotina aveva due anni ed era un piccolo terremoto, ma le voleva un gran bene.
Passò circa un’ora, in cui la piccola giocava tranquilla e lui leggeva alcuni articoli dal suo tablet, in merito a dei nuovi materiali biocompositi, che trasformati in base ad alcuni processi produttivi, sarebbero diventati elementi architettonici performanti, leggeri e durevoli. La libertà poi di dargli qualunque forma si volesse, garantendo contemporaneamente grande resistenza, aveva attirato molto la sua attenzione. Di certo dei pannelli in quel materiale gli sarebbero tornati utili per realizzare qualcosa di unico.
- Zio! Guadda! – lo richiamò la bambina, distraendolo dai suoi pensieri. Quando il giovane osservò ciò che la bambina gli mostrò, impallidì.
- Marmocchia pestifera! – esclamò irritato, sottraendo dalle grinfie della bambina i suoi poveri capelli, completamente aggrovigliati in una treccia fatta di nodi. Si era distratto solo un attimo e lei aveva agito indisturbata.
- InuYasha, non chiamare mia figlia marmocchia pestifera! - lo riprese la madre della piccola, appena rientrata in casa.
- Tua figlia “è” una marmocchia pestifera! Guarda i miei capelli, accidenti! – le mostrò, indignato, la treccia scomposta appena realizzata dalla piccola.
- Potevi pensarci prima di lasciarla libera di giocarci, non credi? -
- Non pensavo tua figlia avesse manie da parrucchiera psicopatica! -
- InuYasha! –
- E’ la verità. Sembra avere la mania di toccare i capelli di tutti. - borbottò infastidito, ricordando che non era la prima volta che accadeva.
- E’ interessata solamente ai capelli argentei come quelli del padre, che può farci? -
- Non tormentare i miei, ad esempio! -
- Oh santa pazienza! Un uomo grande e grosso come te che se la prende con una bambina di due anni. Sei ridicolo! -
- Tsè! Me ne vado a casa. Comprerò una bambola con i capelli bianchi a quella peste, così la pianta di sciupare i miei ogni volta che me la molli per uscire con le tue amiche! - iniziò a brontolare, prendendo le chiavi dell’auto e salutando con un gesto la sorella, che lo guardò rassegnata.
- Che zio burbero che hai, piccola Yura. Mi chiedo come riesca a sopportarlo la zia senza impazzire. - ridacchiò la ragazza, accarezzando la figlia, intenta a giocare col suo peluche preferito.
 
Appena arrivato a casa, si avviò verso il suo studio per lavorare. Era il suo giorno libero e avrebbe preferito passarlo con Kagome a fare qualcosa, ma lei quel giorno aveva un impegno improrogabile, così gli aveva risposto quando le chiese di rimandarlo. Rassegnato a restare solo a casa, aveva iniziato a lavorare sul nuovo progetto della SOM: un enorme centro commerciale nella prefettura di Kanagawa, nei pressi della capitale. Era riuscito ad ottenere un trasferimento in una delle sedi giapponesi, così da non doversi separare più né dalla sua famiglia né da Kagome, che aveva rifiutato di trasferirsi a New York, e lui aveva accettato quella decisione, pur di rimanere con la ragazza. Un po’ gli dispiaceva. Avrebbe preferito portare tutta la sua famiglia negli USA, ma a Kagome non era proprio piaciuta la metropoli newyorkese, nel breve periodo che vi si era trasferita con InuYasha, in attesa del trasferimento. Pazienza, si disse, avrebbe proseguito i suoi progetti anche lì in Giappone, l’importante era aver ottenuto il perdono della sua donna e aver ricominciato con lei una nuova vita, decisamente molto più soddisfacente della semplice fama.
- Sono a casa! Amore, ci sei? – lo chiamò Kagome, appena tornata.
- Sono nello studio! – rispose InuYasha, attendendo il suo arrivo.
- Sempre a lavorare? – lo riprese lei, raggiungendolo nello studio e sedendosi sulle sue gambe, per poi salutandolo con un bacio.
- Visto che ero solo, che altro potevo fare? –
- So che Rin ti aveva chiesto di badare a Yura. –
- Infatti è così, ma è tornata abbastanza presto. Tu, piuttosto, dove sei stata tutta la mattina? – le chiese curioso. La ragazza non aveva voluto dirgli che impegno avesse e questo lo infastidì un po’. Aveva fiducia in lei, ma non capiva il perché di tanto mistero.
- Sono stata da mio padre. – rispose lei sorridente.
- Tu che? – domandò sbigottito l’han’yō, che non sentiva più nominare quel mostro da tre anni.
L’unica cosa che sapeva di lui era che dopo l’allontanamento di Kagome da casa sua, la salute di quell’infame era andata via via peggiorando, tanto da costringerlo a ricoverarsi in una clinica privata, dove lo accudissero giorno e notte, poiché non c’era nessuno ad occuparsi di lui. Il destino lo aveva ripagato con la peggiore delle punizioni: la solitudine. Aveva tentato diverse volte di mandarle messaggi, tramite gli infermieri della clinica; le aveva più volte chiesto di fare pace, ma lei non voleva più saperne di lui.
- Ho saputo che la sua salute sta peggiorando, ha avuto problemi respiratori a quanto pare. – gli spiegò la ragazza.
- Vuoi far pace con lui per seguirlo nei suoi ultimi mesi di vita? – chiese il ragazzo, cercando di essere comprensivo. In fondo era pur sempre suo padre, anche se non lo meritava.
- Assolutamente no! Ha ucciso mio figlio e questo non glielo perdonerò nemmeno in punto di morte! Non sono andata a trovarlo per perdonarlo e occuparmi di lui. Ha un’infermiera che lo fa. – chiarì fredda. Forse avrebbe dovuto perdonarlo viste le sue condizioni, ma non ci riusciva. L’odio che covava dentro era maggiore della compassione. Lui ne aveva forse avuta per lei? No, questo si diceva, quindi nemmeno lui avrebbe avuto compassione dalla figlia.
- Allora che diamine ci sei andata a fare? – domandò perplesso.
- Sono andata a mostrargli questa. – disse, mostrandogli un oggetto, che riconobbe subito.
- L’ecografia? Perché sei andata a mostrargliela? Non ti chiederà mai perdono per nostro figlio. – le fece presente il giovane. Sapeva quanto quell’uomo detestasse i demoni, e non si sarebbe mai pentito di quel grave gesto, quindi era inutile tentare di farlo ragionare.
- Non è “quell’ecografia”. Guarda bene… - rispose lei, indicando col dito la data posta in alto.
- Ma… è la data di oggi. Aspetta, significa che… - chiese incredulo, guardando alternativamente l’immagine e la ragazza.
- Sono semplicemente andata ad informarlo che presto diventerà nonno di un piccolo mezzodemone, e stavolta nessuno me lo porterà via! – spiegò emozionata.
Quella mattina aveva appuntamento col ginecologo per fare un controllo. Aveva un lieve ritardo del ciclo, il che di per sé non era insolito, ma le nausee mattutine, che la accompagnavano appena sveglia da un paio di giorni, accesero in lei una piccola lampadina. Quando poi ebbe conferma ai suoi dubbi, si sentì talmente felice da voler andare a spiattellarlo in faccia al genitore, che non vedeva più da quando aveva deciso di tornate con InuYasha. Era stata una grande soddisfazione infierire a quel modo sul padre.
Appena entrata nella camera del genitore, fu accolta con un gran sorriso dall’uomo, che appariva notevolmente emaciato. Sul viso vi erano i segni della morte che presto sarebbe arrivata a reclamarne la vita. Non lo salutò nemmeno. La prima cosa che fece, invece, fu passargli il referto medico appena ricevuto dal medico. Quando il padre lo lesse, ebbe un mancamento; non la prese bene ovviamente. Nemmeno in quelle condizioni mostrava un po’ di umanità, né per lei né per il figlio, così, nonostante i medici fossero intervenuti per soccorrere l’uomo, lei uscì dalla stanza con l’animo sereno, noncurante delle sorti di colui che le aveva procurato solo dolore.
- E’ la notizia più bella che potessi darmi! Diventerò padre! Quasi non ci credo… un figlio! Il nostro bambino! – esclamò elettrizzato il ragazzo, abbracciandola forte. La voglia di avere un figlio, era scaturita in lui tre anni prima, al pensiero di quel piccolo mai nato e che mai avrebbe potuto conoscere. Da quel giorno non faceva altro che immaginare come sarebbe stato diventare padre, ma temeva di parlarne con Kagome. Non voleva riaprire vecchie ferite che ancora faticavano a rimarginarsi. Aspettava fosse lei a parlargliene, quindi la notizia di un bambino era arrivata del tutto inattesa.
- Finalmente avremo la nostra famiglia. – mormorò lei, con voce incrinata dal pianto.
- Non piangere tesoro, sono sicuro che il nostro bambino è felice per noi. – le disse comprensivo l’han’yō, asciugandole le lacrime e sperando di tranquillizzarla. Sapeva che non era facile per lei, perché avrebbe sempre pensato al passato, e anche lui, ma adesso c’era il loro presente da vivere.
- Piango perché sono felice. Nonostante tutto, adesso sono felice. Mi spiace per quel bambino e nessuno potrà sostituirlo ma… sono stata immensamente felice stamattina, quando il dottore me l’ha mostrato. Lo amo già tantissimo e sapere che è tuo figlio mi rende ancora più contenta. – ammise lei.
- Che intendi che sei felice sia mio? – domandò confuso il giovane.
- Se mi fossi sposata con Hojo suppongo avremmo avuto dei figli, e per quanto li avrei amati, essendo miei, non sarebbe stato lo stesso che saperli figli dell’uomo che amo. E’ un ragionamento contorto, lo so, però è questo che penso. –
- Per fortuna quel tipo è fuori dalla tua vita, quindi non pensiamoci più. Già sapere che ci andavi a letto, mi ha dato fastidio. Pensa ad immaginarti madre dei suoi figli! Un legame che non si può sciogliere. Mi vengono i brividi solo al pensiero. –
- Era il mio fidanzato e futuro marito. Perché ti da così fastidio? Era una cosa del tutto normale che avessimo dei rapporti intimi. E poi anche tu hai avuto i tuoi incontri, no? – gli fece presente.
- Vero, anche se non erano le mie fidanzate. Dopo di te non ho avuto storie, solo donne da una notte e via. – puntualizzò InuYasha.
- E non ritieni sia peggiore questo? Io stavo con un solo uomo, tu con chissà quante donne! – replicò contrariata. La infastidiva la gelosia insensata che aveva nei confronti del suo ex.
- Forse. Però, se avessi aspettato il matrimonio per concederti a lui, sarebbe stato meglio. Almeno non ti avrebbe toccato con un dito. Sono geloso. Che vuoi farci?! – rispose il ragazzo, tornando ad abbracciarla possessivo.
- La tua gelosia è uguale alla mia. Comunque ora non ha più importanza, l’anno prossimo ci sposiamo, quindi non pensiamo più a Hojo o alle tue amanti. Abbiamo qualcosa di meglio a cui pensare. – disse lei, sorridendo nel guardare l’ecografia, riportando così l’attenzione sul loro bambino.
- E’ vero. Ma a proposito di matrimonio… che ne dici di anticipare la data a prima che nasca il bambino? –
- Anticiparla? E perché? –
- Perché dopo che sarà nato, non potremo goderci il viaggio di nozze, no? Saremo impegnati tra pappe, pannolini e pianti nel cuore della notte. E poi… -
- E poi? –
- E poi voglio diventi mia moglie il prima possibile. Non ero d’accordo sull’attendere tanto, lo sai. –
- Non potevamo sposarci subito dopo essere tornati insieme. E se non fossimo andati d’accordo? E se non fossimo stati innamorati come la prima volta? Il matrimonio è una cosa seria InuYasha. Ho accettato solo quando sono stata pronta e sicura, te l’ho già spiegato. –
- Io non avevo dubbi che saremmo stati felici insieme, per questo ti avrei sposato subito. Ora che sei sicura di noi, non possiamo anticipare? –
- Non ti arrendi mai, vero? –
- Se lo avessi fatto, non saremmo qui a parlare di matrimonio, non credi? –
- E va bene, anticipiamo la data del matrimonio. – si arrese Kagome, lasciando la vittoria al suo compagno, che stava esultando dalla gioia.
In quel momento, però, fu felice di aver accettato quella piccola sconfitta, soprattutto per poter assistere alla felicità dipinta sul volto dell’uomo che amava da quasi tutta la sua vita; perché lei amava InuYasha da che ne aveva memoria, fin da bambina, dal primo giorno che la sua nuova amichetta Rin le aveva presentato il fratello. Quanti anni aveva? Undici? Dodici? Non lo ricordava. I suoi occhi brillavano ogni volta che lo osservava, sempre in cerca dei suoi lineamenti perfetti e delicati, tipici della razza demoniaca. Era affascinata da quel diciottenne che spesso dava loro ripetizioni di matematica e geometria. Spesso fingeva di non saper svolgere i suoi problemi di aritmetica per il puro piacere di averlo al suo fianco a spiegarle i vari passaggi da fare.
Lo amava. Lo amava con tutte le sue forze, e quell’amore non si era mai affievolito negli anni. Tuttavia, aveva paura che tutto potesse finire nuovamente, che InuYasha capisse di non amarla più, che le cose potessero andar male tra di loro, aveva paura di essere nuovamente lasciata, per questo non aveva voluto sposarlo subito. Le era servito del tempo per capire che, invece, era possibile ricominciare davvero tutto daccapo, che InuYasha la amava come e più di prima, che la loro vita insieme sarebbe stata meravigliosa, soprattutto adesso che era in arrivo un bambino.
Ora ne era davvero sicura: InuYasha l’avrebbe resa felice. Non sarebbe mai più andato da nessuna parte, e lei non avrebbe più vissuto nell’apatia, accontentandosi di sopravvivere e non di vivere appieno la sua vita, perché in fondo lo sapeva… non era vita, se non poteva viverla con lui.
 
 
 
 
 
Fine.
 
 
 


 
Credo sia doveroso spiegarvi alcuni passaggi che noterete mancano ^_^
Uno è la lite col padre di Kagome quando lei torna a casa. Perché non l’ho messa? Semplice, troppo banale, scontata nei dialoghi, che sarebbero stati più o meno così:
Papà Higurashi: Come puoi andartene con un lurido mezzodemone??? La nostra prestigiosa famiglia è bla bla bla patapim patapum patapam (sì l’ho rubata al padre di Taz Tazmania XD)
Kagome: Tu mi hai mentito, sei un padre pessimo! Ti odio! Ora vivo la mia vita. Ti considero morto, addio!
InuYasha: Da adesso ti renderò io felice, non piangere amore mio!!! *prode cavaliere che la stringe mentre lei è in lacrimucce T^T*
 
Beh… che noiaaaaa! Roba trita e ritrita (mi sembrava di imitare la Kagome di Vivo per Lei quando va via da casa, e io odio ripetermi) (Ok mi sono autoplagiata Black Diamond ma quella è un’altra cosa XD)

Altro punto mancante…Hojo. La loro conversazione sarebbe stata più o meno questa:
Kagome: Hojo io non ti amo. Il matrimonio era opera di mio padre. Amo un altro anche se sono venuta a letto con te. Addio!!!
Hojo: (opzione uno) Tu sei una sgualdrina che se la fa coi demoni! Vergognati e  mocciala ippi mokemoke saaa (era uno dei ridicoli incantesimi del principe Reid di Guru Guru: Il Girotondo della Magia XD ridevo ogni volta che lo usava XD)
Hijo (opzione due) Nooooo Kagomeeee perchèèèè… io ti amoooo! Ma ti capisco quindi stammi bene e non dimenticare di pestare le canne di bambù che fa bene alla salute!!
 
Insomma, credo che ci siamo capiti che si cadeva nello scontato anche qui XD
Stessa cosa per la visita di Kagome in ospedale. Quella sarebbe stata anche poco carina da descrivere ulteriormente. Non amo allungare il sugo dove capisco che non serve.
Spero non siate rimasti delusi dalla mancanza di fuoco e fiamme XD non volevo appesantire con giochini del padre o melodrammi inutili.
Grazie per il tempo dedicatomi e grazie davvero per le recensioni ^_^ sono felice di essere riuscita a finire questa storia, un po’ come se avessi superato un mio blocco mentale ^_^
Detto ciò… baci baci Faby <3 <3 <3 <3 
   
 
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