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Autore: poetaperiferico    22/06/2015    0 recensioni
Non è l’uomo a gestire il futuro e ne tantomeno delle semplici parole.
Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un po’ di ricordi svaniscono col giorno,
i più belli li ruba la notte
e quei pochi che restano, ci pensa l’età a dimenticarli…
 
Per questo scrivo.
 
Ora non ricordo in che stagione ero,
ma ricordo che avevo sette anni,
il mio essere bambino, era un essere straniero
in qualsiasi parte del mondo.
A farmi viaggiare realmente,
non c’erano macchine, TV o qualsiasi tipo di tecnologia,
bastava quel pizzico di fantasia
e si spalancavano gli occhi,
di felicità colorate.
 
Quando ciò non bastava,
a farmi star bene a quell’età,
ci pensavano i ragazzi del cortile
e quel pomeriggio, io ero lì.
Mentre giocavamo a quei giochi da bambini,
nel vento volavano colorati volantini,
osservavo tutti quanti guardarli contenti,
così mi avvicinai ad uno di questi a passi lenti.
 
Nella torraccia si sarebbe svolta una festa,
così la felicità, si mischiò ai ricordi e rimase in testa.
 
Quella sera scesi di notte,
per la prima volta
a camminare sotto il cielo blu,
fu un qualcosa che rimase per sempre dentro,
non davo importanza alla festa iniziata,
quella sera diedi importanza alla luna,
ma poi mi lasciai andare
ed entrai nel clima della festa.
Erano accesi luci diverse,
ma con lo stesso significato,
bambini ed adutli erano accesi,
anche loro stavolta con lo stesso significato.
 
Tendoni e tantissimi giochi,
mi stavano aspettando,
urla e schiamazzi,
rendevano tutto così famigliare, così casa.
 
I bambini erano tanti come me,
ed erano ovunque,
c’era un bancone ed una donna sola,
così andai da lei
per dar pace alla gola.
 
“Chi sei ?”,
gli domandai senza timore,
“ sono una cartomante, prevedo il futuro con carte e parole. “
L’entusiasmo si poggiò leggero,
come una farfalla su un fiore.
Lei riprese a parlare,
“ non sono una che prevede il futuro
Come tutte le altre,
io lo prevedo solo sull’amicizia.”
Sentì che non era una balla,
sentì che non stava mentendo,
eppure non avevo mai creduto
ad un uomo che prevedeva il futuro.
Istintivamente, forse per fiducia,
o per curiosità,
gli diedi la mano.
 
Ma lei disse,
“no, non voglio la tua mano,
oggi voglio solo parole.”
I respiri si fecero lenti,
la farfalla aprì le ali.
“ Fammi tre domande sull’amicizia,
ed io ti risponderò.”
 
La mente vagò a vuoto,
il cuore invece
aveva già tutto scritto.
 
“Cos’è l’amicizia? “,
dissi con ingenuità.
“È come una farfalla,
è bellissima, ma vive poco.”
Rimasi un po’ perplesso,
e vidì che qualche bambino
si iniziava a mettere in coda
dietro di me.
 
“Fammi la seconda domanda,
ora è la tua curiosità, che ti comanda.”
“Avrò mai qualcuno che rimarrà per sempre? “,
forse la domanda era scontata,
ma lei disse,
“l’unica cosa che rimarrà per sempre,
sarà la felicità,
che gli altri condividono con te
e che tu condividi con loro,
sarai una parte di ognuno di loro,
ed essi una parte intera di te.”
 
Da nessuno che prima veniva,
ormai la fila era diventata enorme,
ed ero perplesso,
ma allo stesso tempo felice,
perché a così tante persone,
importava dell’amicizia.
Così, senza la terza domanda,
lasciai spazio agli altri,
convinto che prima o poi
l’avrei ricontrata.
Passarono gli anni,
e di lei non ebbi più nessuna traccia,
da solo capì che quella donna
aveva messo le sue esperienze raccolte,
dentro la vita di alcune frasi.
 
Non è l’uomo a gestire il futuro e ne tantomeno delle semplici parole.
 
Però, avrei voluto rivederla,
solo per fargli quell’ultima e decisiva domanda.
 
“Perché questa farfalla non muore?,
eppure sono anni, che vola sempre intorno allo stesso fiore.”
   
 
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