Serie TV > Alias
Segui la storia  |       
Autore: Jade MacGrath    23/02/2005    0 recensioni
Irina osservò il suo superiore, Alexander Khasinau, allontanarsi per parlare con i piloti che avrebbero pilotato il volo da Los Angeles fino alla base designata in Unione Sovietica. Sua figlia continuava a dormire, e trovato un posto dove sedersi Irina si rilassò aspettando l’ora di partire. Sua figlia si mosse leggermente nel suo abbraccio, e Irina con una mano le carezzò piano i capelli scuri, come i suoi. Ascoltando il suo respiro regolare mentre dormiva appoggiata a lei, capiva che se l’avesse lasciata a suo padre l’avrebbe rimpianto per tutta la vita. Non lo avrebbe fato a vedere, non avrebbe pianto, ma sapeva che lentamente il ricordo l’avrebbe logorata dentro. Facendo così, invece, questo destino sarebbe toccato a Jack. Jack, che non avrebbe potuto far altro che rassegnarsi e dimenticarle...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

20 anni dopo

 

Al poligono di tiro, Lara Derevko prese in mano la sua pistola e inserì il caricatore con un colpo secco. Prese la mira, strinse più forte l’arma e premette il grilletto. Continuò a sparare fino a quando non esaurì i proiettili, e poi richiamò il bersaglio. Fece un piccolo sorriso nel constatare il risultato: nessun colpo era andato sprecato, tutti avevano colpito nel segno. Anche se principalmente il suo era lavoro d’ufficio, non le dispiaceva essere abile anche con le armi da fuoco.

Sentì un rumore familiare di tacchi arrivare dietro di lei, e sorrise più ampiamente, voltandosi con ancora la pistola tra le mani.

“Ottimo lavoro” esclamò Irina, vestita con un impeccabile tailleur da lavoro blu notte, simile a quello che indossava anche sua figlia, di colore nero.

“Dev’essere una cosa di famiglia. Anche tu hai una mira niente male.”

Detto questo, Lara appoggiò la pistola e abbracciò sua madre, per salutarla a dovere.

“Finalmente. Sarà un mese che non ci vediamo.”

“Almeno due, credo. A Taipei le cose con quelle schegge impazzite dell’FTL hanno preso più tempo del previsto. Come va l’università?”

“Va” disse Lara, prendendo la madre sottobraccio e uscendo dalla stanza. “Considerato che sono in viaggio per l’agenzia almeno per tre quarti dell’anno è un po’ difficile avere una frequenza regolare.”

“Vuoi un po’ di tempo fuori dall’agenzia?”

“Lo sai che non resisto lontana dal lavoro… ho tentato di essere solo una brava studentessa, ma sapere cosa succede in realtà, cose che le persone comuni ignorano… mamma, non fa per me.”

“Una settimana per gli esami di metà semestre. È un’offerta non negoziabile.”

“E va bene. Com’è andata in Kenya?”

“Siamo arrivati tardi. L’SD-6 ci ha soffiato il disegno di Rambaldi che volevamo per noi.”

“Pagherei per vedere questo Arvin Sloane soffrire atrocemente, e con lui chiunque gli faccia le soffiate.”

“Se saremo fortunate, li vedremo.”

“Dovevi dirmi qualcosa?”

Sì, Irina doveva dirle qualcosa, e ad un primo sguardo, si disse Lara, non doveva essere una cosa piacevole.

“Lara, tu sai perché mi trovavo negli Stati Uniti, te l’ho raccontato appena sei stata abbastanza grande da capire. Ma il mio incarico non è stato portato a termine del tutto.”

“Sapevo che dovevi eliminare delle persone. Te n’è sfuggita qualcuna?”

“Sì…ma non fare quella faccia sorpresa, ragazzina. Non sono vivi per caso. Alcuni sono agenti giovani, che potrebbero diventare…come dire…una spina nel fianco. Per quanto riguarda gli altri, i miei superiori al KGB erano dell’opinione che sarebbero diventate pedine interessanti…ma ora vanno eliminati.”

“Avevo sentito delle voci.”

“Bene, allora non andrò in dettagli.”

“E hai pensato a me?”

“Vladimir dice che hai una mira incredibile, che sei molto abile con quel genere di arma e non sei tipo da sbagliare bersaglio.”

“Perché io e non Sark? Ha molta più esperienza di me. E non sono certo al suo livello!”

“Lara, tu e lui siete in due situazioni diverse.”

“Ecco il perché…C’è ancora qualcuno che mi guarda e si domanda cosa ci faccio qui, invece di vivere a Los Angeles con…come si chiama? Jack Bristow?”

“Non ti manderei se dipendesse da me, voglio che tu lo sappia.”

“È Khasinau, vero? Lui non si fida di me…ma perché? Ho dato l’impressione di voler tradire l’organizzazione?”

“Khasinau non si fiderebbe neanche di me, se non fosse stato il mio superiore quando eravamo al KGB.”

“E se tu non fossi stata la sua amante.”

“Esatto. Ad ogni modo, i suoi dubbi potrebbero far dubitare anche altri.”

“Non mi tiro indietro, mamma. Non l’ho fatto prima e non lo faccio ora. Figurarsi se gli do questa soddisfazione…”

Sua madre le porse una copia di Delitto e Castigo.

“Sulle ultime pagine bianche sono stampati i tuoi ordini. Sono invisibili, ma li potrai leggere mettendo una fonte di luce dietro la carta.”

“Mi ricorda qualcosa…”

“Un sistema che funziona non si lascia.”

“Quando devo partire?”

“Domani.”

“Tu e Khasinau avevate la certezza che sarei partita con così poco preavviso e senza fare domande?”

“Non noi. Sark.”

 

“Se ora mi dirai che di questa missione sapevi tutto e non mi hai detto niente, spero mi perdonerai se deciderò di ucciderti lentamente e dolorosamente!” esclamò Lara entrando come un uragano nell’ufficio di Sark. Ogni volta che ci veniva – sempre più spesso di quanto avrebbe mai ammesso con chiunque – si stupiva di quel posto, di come fosse… perfetto. Non aveva altri aggettivi per descriverlo. Ogni cosa era dove doveva essere, non c’era niente di superfluo, niente anche vagamente fuori posto. Il suo sembrava invece un unico cumulo di fogli, libri e post-it, in cui però si raccapezzava alla perfezione. Dicevano che gli accademici erano famosi per la mente e non per l’ordine… se era così, allora lei rispettava il profilo alla perfezione.

“Buongiorno anche a te, Derevko” rispose Sark senza distogliere l’attenzione dal computer a cui stava lavorando.

Il distacco di Sark di solito le andava bene, ma non quel giorno. Si avvicinò alla scrivania, e con un gesto secco staccò il cavo di alimentazione.

“Posso avere la tua attenzione, adesso?”

Sark le lanciò un occhiata eloquente, e si rilassò sulla sua poltrona, facendo segno a Lara di fare altrettanto.

“Anche se te lo avessi detto non sarebbe cambiato niente.”

“Mia madre mi ha detto perché devo andare io. Dimmi la verità, che cosa c’è sotto?”

“Forse stai parlando con la persona sbagliata.”

“Non credo proprio.”

“Lara, non è un mistero che Khasinau spera tu non faccia ritorno.”

“E tutto per via di un padre che a malapena ricordo?”

“Forse. O magari perché se ci fosse da scegliere con chi schierarsi tra tua madre, te, e lui, qui dentro si ritroverebbe in schiacciante minoranza.”

Era questo? Khasinau aveva tentato di tenerla lontana, screditarla, anche ucciderla, per evitare che un giorno lei potesse prendere in mano tutto questo? Se avesse avuto di fronte quell’uomo, si sarebbe fatta una bella risata. Lei da sette anni ormai aveva due soli scopi: radunare tutte le opere di Milo Rambaldi, e fare in modo che nessuno distruggesse quello che sua madre aveva costruito. L’ultima cosa di cui aveva bisogno, era pensare ad un modo per rovesciarlo e prendere il potere là dentro… anche se a pensarci bene, l’idea di Khasinau alla sua mercé la stava facendo sorridere.

“Interessante… e tu per chi ti schiereresti?”

“Il tuo aereo parte domani. Ti conviene passare al reparto tattico a farti dare le specifiche e le armi. Hai circa una settimana, anzi meno, di quiescenza, per prepararti a dovere, poi dovrai iniziare il lavoro.”

Qualcosa nel tono della sua voce le fece comprendere che la conversazione era finita, e Lara si diresse fuori dalla stanza, mentre Sark riaccendeva il computer e recuperava il lavoro da un file di backup.

Secondo i piani sarebbe dovuta partire il giorno seguente, ma alla vigilia di una missione così importante e pericolosa c’era solo un posto dove voleva andare. E finito il briefing tecnico, andò a parlare con sua madre.

“Avrei intenzione di partire stasera stessa.”

“Stasera?”

“Il piano non cambierà, solo che prenderò il mio alias quando riprenderò l’aereo domani sera… da Lugano.”

Irina non ebbe bisogno di chiedere o di dire niente. Sapeva perché Lara voleva passare per quella città, e non l’avrebbe fermata.

“Buona fortuna per la missione.”

“Grazie.”

Lara ritornò nel suo ufficio, e si lasciò cadere sulla sua poltrona con una mano sugli occhi. Amava la sua vita, ma certe volte era così complicata…

Qualcuno bussò alla sua porta, ma Lara decise che non aveva voglia di parlare con nessuno. Se la sbrigassero senza di lei, per una volta.

Quel qualcuno però insisteva.

“Lara, alzati e vieni ad aprire, tanto lo so che ci sei. Ti ho vista entrare!”

Mary.

Per Mary avrebbe fatto un’eccezione.

“Entra.”

Mary era più giovane di lei di circa quattro anni, e tutte le volte che la vedeva girare per i corridoi della loro base operativa si domandava che ci facesse lì… Un po’ come gli altri facevano con lei, a dire il vero. Poteva sembrare la creatura più dolce e fragile di questo mondo, e per certe cose lo era, ma la sua mente fredda e lucida anche in situazioni ad alto rischio era stata di grande aiuto nella pianificazione di molte missioni. A giudicare dall’altro membro della sua famiglia, suo fratello maggiore, dovevano essere caratteristiche iscritte nel loro codice genetico. Beh, non c’era da essere troppo sorpresi, se si considerava che quella persona era Sark.

“Ho visto che sei stata assegnata ad una missione a lungo termine a Los Angeles e dintorni. Come stai?”

“Non lo so ancora. So però che starò lontana per non so quanto tempo, e nel frattempo chi manderà avanti le mie ricerche?”

“Le tue ricerche sono già molto avanti. Hai dato lavoro a noi poveri strateghi ben un bel pezzo, credimi” rispose Mary, avvicinandosi e sedendosi sul bordo della scrivania. Giocherellò con un tagliacarte per qualche istante, poi squadrò di nuovo Lara.

“Sai, quell’espressione l’ho già vista.”

“Davvero?”

“Non su di te. Su Julian.”

“Julian?”

“Sark.”

“Scusami…tu sei l’unica a chiamarlo con il suo nome di battesimo. Tutti gli altri credo pensino che non ce l’abbia… sai, a furia di chiamarlo sempre Sark…”

“Certe volte lo devo chiamare così anch’io, se no non si volta!” rise Mary, insieme a Lara. Poi ritornò seria.

“Che tu ci creda o no, non è la fredda macchina che sembra, e all’inizio non è stato facile neanche per lui…ma sai come si dice, la vendetta comanda e uccide.”

Mary aveva ripreso a giocherellare distrattamente con il tagliacarte, ma Lara sapeva a che stava pensando, perché Mary stessa glielo aveva raccontato una sera di qualche anno fa, davanti al fuoco del camino della casa che dividevano. Ripensare al passato suo e di suo fratello non era una cosa piacevole, perché implicava ricordare l’orfanotrofio dov’erano cresciuti e le difficoltà dentro e fuori quel posto. Suo fratello Julian si era costantemente occupato di lei dopo la morte dei genitori, e Mary lo aveva sempre adorato. Anche quando aveva deciso di diventare un sicario, per inseguire i suoi piani di vendetta e cercare l’assassino della loro famiglia, o quando era riuscito a trovarlo e lo aveva ucciso. Quando aveva ricevuto l’offerta da Derevko e Khasinau, aveva accettato solo se Mary sarebbe potuta venire con lui. Dopo essere stata assegnata agli archivi per l’equivalente di una vita, aveva guadagnato il suo status quasi per caso. Ascoltando il piano di uno dei tattici, e cogliendo una discrepanza tra le sue parole e il materiale d’archivio, aveva avvicinato una delle agenti e aveva dato a Lara un suggerimento su come condurre con successo la missione. Mary aveva avuto ragione, lo stratega incaricato torto, e Lara aveva fatto in modo che Mary potesse lavorare a tempo pieno al reparto tattico come meritava.

In breve le due ragazze erano diventate amiche e confidenti. Mary era l’unica con cui Lara si apriva, e in un certo senso lei ne era lusingata. Posando il tagliacarte, prese in mano una fotografia e la mostrò a Lara.

“Come vanno le cose con lei?”

“Bene.”

“Quando farai ritorno a Lugano?”

“Parto stasera. Sarò a Lugano domani mattina all’alba, e ripartirò verso sera per Los Angeles in pieno rispetto della tabella di marcia.”

“Ti dispiace salutarla anche da parte mia?”

“Tranquilla. Lo farò.”

 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Alias / Vai alla pagina dell'autore: Jade MacGrath