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Autore: Mikirise    24/06/2015    4 recensioni
Quando il ragazzo si era reso conto che Calypso stava entrando nel panico, non riuscendo a trovare dei buoni ricordi che la collegassero a suo padre, le prese velocemente le mani nelle sue e con un sorriso dolce le disse: "Facciamo un gioco. Lo facevo sempre con mia mamma, quando ero piccolo" strinse le mani leggermente callose della ragazza, cercando di trasmetterle un po' di calore -stava diventando quasi bravo con la storia dell'empatia- "Allora, io sceglierò un luogo, un tempo, una situazione e immaginerò come saremmo potuti essere in quel mondo. Lo potrai fare anche tu, ovviamente, scegliendo un posto, un luogo ed una situazione. Sarà un po' come dare una sbirciatina a le nostre vite nei mondi paralleli. Sarà divertente"
{Storia scritta per la challange Dei, miti ed eroi, indetta dalla community campmezzosangue}
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Leo Valdez, Leo/Calipso
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note:
Oggi sono di perfetto umore. Più o meno. E quindi niente, sto aggiornando quello che posso aggiornare, prima di inabissarmi di nuovo nello studio, per l'orale.
Questo AU è stato, tipo, un parto. Perché non ti sei scritto da solo? Rivedendo i Pirati dei Caraibi, mi sono divertita a pensare a Calypso e Leo. Quindi ci sono dei riferimenti a Johnny Depp, al Doctor Who, per la gioia di molti di voi, e il momento della storia in cui è stata ambientata la OS, è completamente di fantasia, nonostante io avessi pensato all'età Elisabettiana, di nuovo… mmmm
I prompt vengono da Dei, miti ed eroi Eeeeee… buona lettura :3
















Saremmo potuti essere

Mondo Otto: È solo una leggenda




A Leo stavano per chiudersi gli occhi e forse non si sarebbe svegliato prima del giorno dopo. Vederlo lottare col sonno, sdraiato, la luna che sorgeva timidamente -quello spicchio di luna, così romantico e patetico- era, in un modo o nell'altro, tenero. Calypso sorrise, passandogli una mano trai ricci.

Sarebbe stato un gesto dolce, se solo le sue dita non si fossero incastrate trai rovi di Leo e lui aveva preso a ridere come un matto, mentre lei cercava un modo di togliergli le dita da sopra la testa.

"Che noia" sbuffò piano piano Calypso. "Tutto con te diventa così." Aveva ancora le dita incastrate.

Il ragazzo la guardò con quel sorriso divertito. C'era comunque un po' di stanchezza nel suo sguardo. Forse perché tutto il tempo che poteva passare a dormire e ricaricarsi, tra tutte le sue responsabilità al Campo, lo passava sveglissimo solo per lei. Questo era un gesto dolce a prescindere.

"A volte mi chiedo cosa..." Calypso sorrise, riuscendo finalmente a far scivolare via la mano. "Cos'avresti fatto al mio posto."

Leo alzò gli occhi su di lei e sorrise. "Non molto. Avrei costruito una casa di metallo e mi sarei dato alla Geologia -che non è una vera Scienza."

"Cosa?"

"Cosa?" Leo scoppiò a ridere, stropicciandosi un occhio. "La lista di Serie Tv diventa sempre più lunga."

Calypso fece finta di non aver sentito niente.








🌊🌊




Quando era piccola, il Ritrovo dei Pirati Nobili non era la Riunione Spettegoliamo sui Membri del Ritrovo. Calypso aveva controllato.

Quando era piccola i nove Pirati Nobili si conoscevano da abbastanza tempo da non fidarsi l'uno dell'altro e continuavano a controllarsi le tasche, sotto-tasche, i cappelli, gli occhi finti, per controllare che nessuno sapesse niente del loro tesoro o di quello che avevano scoperto durante l'anno o chissà che cosa. In effetti, è così che si dovrebbero comportare i pirati.

Quando, uno dopo l'altro, i Pirati Nobili precedenti erano scomparsi -nel mare, o a causa di una pallottola conficcata nel petto-, i loro figli o pupilli avevano preso il loro posto, dimenticando alcune tradizioni fondamentali, perché tutti loro si conoscevano dalla prima volta in cui avevano messo piede per la prima volta in una nave, e si conoscevano da così tanto tempo da affidare agli altri la propria vita. Cosa non consigliabile. Non si fa.

Ma quando Annabeth aveva visto la prima volta Percy, lui si stava scaccolando a tribordo della nave del padre. E quando Percy aveva conosciuto Frank, lui stava ancora imparando a nuotare. Thalia li aveva praticamente visti crescere a tutti. E Nico, Reyna, Silena e Gwen erano nati sulle navi degli altri pirati nobili.

Per quanto fosse contro le tradizioni dei pirati, era più forte di loro: dovevano conbattere insieme, ognuno per la salvezza dell'altro. A questo era mirata la Riunione, prima che i Pirati Nobili non decidessero di ficcare il naso nelle faccende di Calypso. Nelle faccende amorose di Calypso.

Il capitano Nightshade, che tamburellava i polpastrelli delle dita contro il tavolo di legno marcio, guardando quella riunione degenerare - "Qui il problema è che Calypso non dovrebbe avvicinarsi a uomini come voi" "Oh, capisco, Miss-Odio-Gli-Uomini, dovrebbe sposarsi con un ananas?" "Io ho un ananas!" "A me piace di più il mango" "Bene, Cal. Ti sposerai con un mango!" "Meglio di avere a che fare con voi!"-, era perfettamente consapevole di essere l'elemento decisivo, l'ago della bilancia per prendere quella decisione che avrebbe segnato il destino non solo dei Nove Pirati Nobili, ma di tutti quanti i pirati.

Arricciò le labbra e per l'ennesima volta da quando era diventata Capitano di Ogigia desiderò avere un secondo in comando, una ciurma, qualcuno a cui parlare prima di proclamare una decisione. Ma lei aveva l'Ogigia e nient'altro. Le decisioni, a volte, le devi prendere da solo.

“Lo farò” disse, come se fosse la cosa più ovvia e stupida da dire. Non guardava nessuno in particolare, teneva i suoi occhi puntati verso il soffitto, sperando che nessuno si rendesse conto dei suoi pensieri.

“Oh, bene.” Percy alzò gli occhi al cielo, per poi battere una mani contro il tavolo. “Adesso dobbiamo solo trovarti un vestito bianco e sacrificarti allo Spirito del Mare.”

Piper, in piedi alle spalle di Annabeth, da buon Primo Ufficiale, sbattè le mani sul tavolo, porgendosi verso il Capitano della Blackjack con occhi di fuoco e un ringhio represso sulle labbra. "Nessuno di noi la vuole sacrificare, Testa d'Alghe."

"Qui qualcuno deve ricordarsi i diritti d'autore" ringhiò il Capitano in risposta e si sarebbe alzato dalla sua sedia, per poter fronteggiare bene la ragazza, se solo Jason non gli avesse posato una mano sulla spalla, consigliandogli di sedersi e calmarsi, per una buona volta.

La discussione sarebbe comunque continuata, perché Frank e Nico erano della stessa idea di Percy: non volevano sacrificare un'amica per qualcosa che non minacciava neanche tutti quanti i Nove Pirati Nobili, anche se questo avrebbe voluto dire morire. D'altra parte la ciurma di Annabeth, come quelle di Reyna e Thalia, era già minacciata dal Governo Inglese e da un dio pagano che neanche qualche mese prima era stato ignorato da tutti loro -un certo Ipno-, spalleggiato dalle Sirene, che, prima d'allora, non avevano mai neanche toccato le donne sulle navi. Se il Governo aveva dalla sua parte un dio, anche se minore, i Pirati, per proteggersi, necessitavano di un dio dalla loro parte.

"Non posso permettere che una ragazza si sacrifichi perché noi non sappiamo fronteggiare un dio da due soldi." Thalia scosse la testa, lanciando sguardi dubbiosi al tavolo e a Phoebe, che annuiva alle sue parole. "Questo spirito del mare ha già quasi ucciso Calypso e..."

"Leo è buono" la interruppe Calypso, attirando di nuovo l'attenzione su di lei. "Non mi sto sacrificando. Non mi sto neanche andando a sposare, Silena" aggiunse, lanciando un'occhiataccia alla ragazza, che ridacchiava. "Sto salvando degli amici."

"Ti ha quasi ucciso!" gridò Thalia con quel tono da ma quanto può essere stupida questa ragazza? Anche detto il tono sono preoccupata per te, cavolo.

Calypso prese un respiro profondo, cercando di calmarsi e odiando il fatto di non avere un Primo Ufficiale come tutti gli altri, qualcuno che la potesse far respirare, poggiando una mano sulla sua spalla. Voleva solo non essere sola. "Leo è buono." E la discussione si fermò lì.











Calypso non era pirata perché sembrava una cosa cool essere pirati.

Se avessero chiesto alla se stessa piccola, probabilmente avrebbe detto che la cosa più cool in questo mondo era il giardinaggio e rotolarsi nel fango. Il suo sogno era aprire una locanda in mezzo al niente, o accanto al mare, per poter accogliere suo padre dai suoi lunghi viaggi e cantare, nelle sue lunghe gonne e raccogliere pomodori. Sognava una vita tranquilla, lei.

Ma suo padre non le aveva lasciato in eredità una locanda, e l'Ogigia non era mai stata una nave come tutte le altre. Calypso lo sapeva da quando le sue sorelle maggiori guardavano il padre salpare verso tramonti tristissimi e avventure solitarie, da quando suo padre le aveva detto di sentire, sulle sue spalle, il peso di mille mondi.

Non salivano marinai sull'Ogigia, solo suo padre, Atlante. Non si vedeva l'Ogigia comparire, la ci si trovava davanti e basta. Il Capitano non era invecchiato, era morto.

C'era un compito da svolgere, se si era il Capitano dell'Ogigia e un giorno Atlante non ha potuto più farlo e la nave si era materializzata davanti alla casa delle figlie, pretendendo che una di loro, solo una, salisse e diventasse colei che custodiva i confini del mondo e la linea che divideva il Regno dei Vivi da quello dei Morti, aiutando, delle volte, le anime perse in mare a trovare la strada per tornare a casa.

Era salita Calypso, perché le sue sorelle erano abituate ad altri tipi di vita, loro credevano ancora di poter trovare la felicità, e, arrivata in coperta, aveva sentito il suo petto diventare pesante e sul suo braccio un marchio nero e indelebile proclamare la sua appartenenza alla nave.

Aveva iniziato a viaggiare, gridando ordini al nulla, ma che stranamente venivano eseguiti da mani invisibili. Il suo primo compito era stato portare suo padre nel Regno dei Morti e da lì, l'Ogigia, come un essere cosciente, la guidava dove era necessaria e non dove voleva. Non aveva più rivisto le sue sorelle. Si ritrovava molto spesso nella rotta dei Pirati Nobili, di cui era un membro a tutti gli effetti. A volte si chiedeva se era lei a guidare la nave, o se fosse il contrario. Perché i posti in cui si fermava non erano mai i posti in cui sarebbe voluta andare, e bastava un pisolino, una piccola distrazione, perché l'Ogigia cambiasse definitivamente rotta.

Calypso non si lamentava. Gli piaceva essere un Capitano, ma gli sarebbe piaciuto avere qualcuno con cui viaggiare, con cui litigare e a cui dare ordini. Lo disse ad alta voce solo una volta, consultando delle mappe con aria distratta e facendo segni perché le vele fossero spiegate.

Una volta bastò perché l'Ogigia rispondesse alle sue preghiere e Calypso cadde a terra, svenuta, senza che nessuno potesse dire o fare niente -perché sull'Ogigia non c'era nessuno oltre a lei- e la nave la guidò nell'unico posto che i pirati consideravano una leggenda.

Calypso aveva aperto gli occhi perché qualcuno le stava dando schiffetti sulle guance. Si stropicciò gli occhi, accigliata, per poi grugnire qualcosa di poco carino.

"Non per niente, ma hai distrutto i miei studi sulla spiaggia."

La ragazza con credeva di aver sentito bene, continuò a stropicciarsi l'occhio. "Uno studio?"

"Tipo dove uno fa proggetti!" spiegò esasperata la voce di quel qualcuno che stava iniziando a stare molto antipatico al Capitano. "Non so se hai presente."

Calypso si era tirata su a sedere, i suoi pantaloni pieni di sabbia, come i capelli e la vecchia bandana di suo padre. Ovviamente l'Ogigia scomparsa -aveva una vita propria, quella nave-. "Dove sono?" chiese, guardandosi intorno.

"Nell'ultimo posto che i pirati vedono prima di morire."

Era una battuta? Non sembrava una battuta. Decisamente, quel ragazzo le stava antipatico.










I preparativi per la partenza non sarebbero stati lunghi, se solo Primi Ufficiali e Capitani non l'avessero interrotta continuamente, con quello sguardo preoccupato e quell'addio velato, che proprio non volevano dire ad alta voce.

Era una cosa stupida. Calypso sarebbe tornata con Leo al suo fianco. E avrebbe salvato degli amici. E anche Leo. Era il patto. O, meglio, era la promessa.

Ma la prima volta che era arrivata ad Argo, era stata Ogigia a portarcela. Questo la preoccupava. Nonostante i preparativi fossero già a metà, chi le avrebbe assicurato che la sua stupida e capricciosa nave l'avrebbe portata dov'era necessario essere? Se non fosse stato necessario che lei andasse da Leo? Aveva aspettato a lungo, cercando di capire in quale momento sarebbe potuta tornare e… e se neanche questa volta fosse la volta giusta?

“Vedi di tornare.” Percy si rifiutava di salire sull'Ogigia. Non perché avesse paura o non lo avesse mai fatto. Semplicemente perché sentiva che se fosse salito sulla sua nave, avrebbe dovuto dirle addio. Darla vinta al Fato non era mai stata una sua intenzione. E quindi se ne stava lì, a guardarla dal porto, mentre Jason correva di qua e di là, sgridando qualche mozzo imbranato.

“Torno sempre, Jackson. Altrimenti devi dirmi chi vi salva il fondoschiena.”

Percy sorrise. “Finalmente impari il gergo piratesco, eh?”

Risero. E prima che Calypso potesse dirgli addio, l'Ogigia, così, da sola, salpò.











“Cosa vuol dire?”

“Quello che ho appena detto.” Il ragazzo ai pulì i vestiti, alzandosi da terra e guardando verso l'orizzonte, prima di lanciare uno sguardo a una vecchia casa atta di legno e metallo. “Il mare manda qui i pirati non voluti e li lascia qui finché non muoiono. Devi essere proprio fastidiosa per avertici mandato. Qui, dico.”

Calypso sbatté le palpebre e guardò il ragazzo. “Tu sei stato mandato qui?”

“Io? Oh, no.” Non disse altro, andò verso la sua casetta, lasciando lì una ragazza confusa e molto molto frustrata.

La prima cosa che Calypso pensò fu: Devo uscire da qui. Semplicemente, non sembrava poi così impossibile e l'Ogigia sarebbe ricomparsa, visto che necessitava un capitano -il marchio sul suo braccio non era scomparso, anche se Calypso sapeva poteva scomparire solo nel momento della sua morte, quindi la sua nave non poteva abbandonarla. Farle qualche scherzo, magari. Stupide navi con coscienza propria.

Per questo iniziò a mettere insieme degli stupidi pezzi di legno per fare una zattera. E prese del cocco, delle banane e dell'acqua di un piccolissimo fiume accanto al mare. Mettere insieme i tronchi risultò molto difficile, soprattutto per le sue mani. Si ferì più volte. Sanguinò più volte. E quel ragazzo la guardava, le chiedeva se non voleva un po' di riso, delle bende per le ferite, dei vestiti puliti. La verità era che Calypso voleva tutto quello che le offriva, tutto, niente escluso, ma era stata cresciuta da un pirata orgoglioso, e lei era orgogliosa a sua volta. Quindi: “No, grazie. Tieniti le tue schifezze per te!”, al che il ragazzo se ne andava, alzando le spalle.

Poi, un giorno, la zattera di Calypso era pronta e lei, tutta felice, ci salì sopra. Non doveva affondare e da qualche parte -verso Est, continuava a ripetersi la ragazza- doveva andare.

E quindi prese il largo. Beh, il largo… prese un'onda, poi la zattera si rovesciò, quando l'isola sulla quale era intrappolata sembrava un puntino nell'orizzonte, lei cadde in acqua e venne trascinata verso il basso, senza speranza di ritornare a galla e bevve molta acqua. Bevve così tanta acqua da pensare che sarebbe morta lì, l'acqua nei polmoni e la sua nave lontana, chissà dove.

Svenne. E poi si risvegliò. I capelli bagnati sulla sabbia caraibica e abbastanza aria dei polmoni per respirare.

E ancora il ragazzo, che la guardava riprendere conoscenza.

“Come…?” iniziò a chiedere lei.

“Mi spiace Calypso” l'interruppe lui. “Non posso lasciarti andar via. È il mio compito.”











C'era quest'enorme tempesta. E l'Ogigia si stava dirigendo dentro l'enorme tempesta. E questa sembrava la volta buona in cui il suo capitano sarebbe morto.

“Cosa stiamo andando a fare?”

Ovviamente nessuno rispose e la nave continuava la sua rotta verso la tragedia. Lenta, inesorabile.

La tempesta arrivò all'Ogigia e l'Ogigia alla tempesta.

Le onde colpivano la nave da tribordo, babordo, da poppa, da prua e l'Ogigia oscillava pericolosamente, mentre l'acqua iniziava a bagnare Calypso, che si attaccava a qualsiasi cosa, pur di non cadere a terra, o peggio in mare. L'intento delle onde sembrava appunto quello di rovesciare la nave, e l'infrangersi delle onde sembrava una voce straziante. Qualcuno che gridava un'ordine.

Poi, eccola, la sirena davanti a lei, innalzata dal mare, con un tridente tra le mani e una smorfia sulle labbra. “Nessuno” iniziò. “Nessuno torna all'Argo per due volte.”

“Ulisse è stato un mio fudanzato.” Il capitano ordinò col braccio di spiegare le vele e andare in avanti. “Trovo ingiusto che lui possa tornare da Leo e io no.”

La sirena fu travolta dall'Ogigia, ma le onde continuavano ad infrangersi contro il viso della ragazza, quasi volessero affondare sia lei che la nave.

“Ne pagherai le conseguenze.” Una voce che si levava dal mare. “Ne pagherai le conseguenze.”

L'Ogigia si piegò in orizzontale e Calypso cadde, trascinata da prua verso poppa. Cercava di tenersi, di reggersi a qualcosa, ma sembrava inutile.

Intorno a lei la tempesta tuonava e l'Ogigia decise che poteva cavarsela da sola, facendole sbattere la testa.










Lasciando da parte il fatto che l'aveva quasi annegata, Leo era una brava persona. O spirito. O dio delle correnti marine. Brava a modo suo, certo.

“No” rispose un giorno, alla domanda di Calypso, che si chiedeva se lui fosse nato su Argo. “No. Io sono nato mortale, come te. Ma sono morto nell'Oceano Atlantico, durante una traversata insieme a mio fratello, quando non avevate neanche dato il nome all'Oceano. Mio fratello ha chiesto a un dio pagano di riportarmi in vita, e sembra abbia pianto tantissimo, perché alla fine eccomi. Una specie di dio minore. E da quel giorno, il giorno in cui sono stato messo qui… quest'isola ha cessato di essere un posto rispettabile. Ho visto succedere cose che… per colpa mia.”

“Dio minore?”

Leo alzò le spalle. “Più forte di te, succube degli dei più grandi. Una vera rottura.”

“Hai mai pensato di scappare?” Calypso si era decisa ad aiutare Leo a tenere in ordine quel macello che erano i suoi studi all'aperto, e segnalava, con certo stupore, i marchingegni inventati da lui, piccoli, a volte addirittura inutili, per chi vive in un'isola deserta e semi-mitica.

“E andare dove?” Leo sospirò. “Io non ho nessuno a cui tornare. E qui ho il wifi.”

“Nemmeno io,” Calypso ignorò l'ultima parte delle parole di Leo. Era una cosa che aveva imparato a fare, dato che il ragazzo continuava a fare riferimenti a cose che non esistevano, che non avevano senso e che, secondo lui, un giorno sarebbero successe. “Ma a stare qui da sola sarei diventata matta. Non c'è nessun modo per andarsene?”

A quello Leo non rispose. Continuò a lavorare e a mettere in ordine roba che non gli sarebbe mai servita.







Ogigia è una nave che fa un po' quello che gli pare. Calypso batte i pugni contro la porta che l'avrebbe dovuta portare in coperta e si fa male alla mano.

Stupida mano.

Stupida nave.

Stupida tempesta.

Stupida Calypso.







Fuggire fu semplice. No, forse non così semplice.

Ma non perché Calypso non trovasse il modo per andarsene, l'Ogigia arrivò a lei quella mattina in cui si era risvegliata con le dita di Leo intrecciate tra le sue di dita. L'Ogigia ha bisogno di un Capitano.

“Ma tu non puoi lasciarmi andare. È il tuo compito, no?” Sembrava disperata, Calypso, guardando il mare e Leo, invece, sembrava così calmo, da farle salire i peggiori istinti, da volerlo colpire ripetutamente in faccia, da volerlo spingere in acqua e fargli male, perché sei così indifferente?

“Questa nave, penso sia molto più potente di me. E ha bisogno di un Capitano.” Sorrise. “È, tipo, non so, mai visto Pirati dei Caraibi?”

“Non so di che parli.”

“Mea culpa. Troppo presto.” Sorrise ancora. “Il tempo qui è difficile…”

“Ti sentirai solo…”

“Ho una cosa chiamata televisione. Voi ancora non la conoscete, ma è una delle cose più…”

Calypso lo zittì, premendo con una dolce violenza le labbra su di lui e allontanandosi prima ancora che lui potesse reagire. “Tornerò a prenderti.”

“Nessuno torna due volte ad Argo.”

“Non capisco perché tutti pensiate che Ulisse sia così fantastico…” Calypso alzò un lato delle labbra, guardando il ragazzo che cercava di capire di cosa stesse parlando. Quando il suo cervello mise insieme i pezzi, scoppiò a ridere, scuotendo la testa.

“Meno male che lo hai lasciato, quello lì” disse. “Quando è arrivato qua, ci ha spudoratamente provato con me. Credo sia il mio fascino da oltreoceano.”

“Oh, taci.”

Scappare da Argo fu facile, ma alla fine non così tanto.







La porta si apre e la mano di Calypso continua a sanguinare.

“Raggio di Sole, ma che cavolo…?” Leo s'inginocchiò accanto a lei, guardando più da vicino la ferita. “Non è che ti tagli, vero? Perché sarebbe eccessivamente ante-litteram. Se soffri, potresti pure parlarne con me, invece di…” continuava a blaterare.

Calypso alza gli occhi verso di lui e sorride. “Sono tornata a prenderti.”

Lui si guarda intorno, l'Ogigia che navigava placidamente verso lei solo sapeva dove e lei, con un sorriso eccessivamente felice, che continuava a guardarlo. “Sì, beh, abbiamo sopravvalutato Ulisse.”

“Ma non è una visita di piacere. Abbiamo bisogno di te.”

Leo sorride e alza le spalle. “Me lo aspettavo.”

Sul suo braccio era stato impresso, come dal fuoco, il marchio di Ogigia.





SET LEO/CALISPO DI MICHIGR
Hogwarts!verse, «Toglimi di dosso le tue diavolerie Babbane»✔️
Pirate!AU, «Quest'isola ha cessato di essere un posto rispettabile»✔️
War!AU, «Non mi interessa il tuo schieramento»
College!AU, «Questo caratterino lo riservi a chiunque ti rivolga la parola o è un trattamento speciale?»✔️
Steampunk!AU, «È più grande all'interno!»✔️
Regency!AU, «Il vostro è il giardino più bello che io abbia mai visto»✔️
HungerGames!AU, «Ho scommesso su di te»✔️
Modern!AU, «Pronto? Garage Valdez? Mi si è rotta la macchina in mezzo al nulla»✔️
Zombie!AU, «Come fai non sapere che è in corso un'Apocalisse Zombie?!»✔️
COMPLETATE: 8/10
  
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