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Autore: Haruhi    24/06/2015    0 recensioni
Lei: Occhi verdissimi, capelli rossi che le arrivano giù per la schiena e un nome che più corto di uno starnuto, Mia. Ama la matematica e odia profondamente la facoltà di giurisprudenza. Eppure eccola li tra i libri di diritto romano a cercare di rendere orgoglioso un padre impossibile.
Lui: Alto, capelli neri, quasi rasati e occhi verdissimi, anima giovanile e super protettivo. Il ragazzo perfetto, se non fosse per i suoi 35 anni!
L'altro: alto, capelli neri ricci da sembrare spettinati e in ordine allo stesso tempo, intelligente, con una dote naturale verso tutte le materie umanistiche. Sembra essere l’incastro perfetto per Mia, eppure sarà proprio tutto oro quello che luccica?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Il Molly’s è un pub tipicamente irlandese. Si trova a dieci minuti dal campus e a tredici dalla mia casa.  Ha una simpatica porta blu ed è  stata quella ad attirarmi fin da subito.  Vado  lì da circa un anno e mi sento stramente a mio agio, ormai tutti mi trattano come se facessi parte del personale.  

Entro, facendo titillare le campanelle attaccate alla porta. Molly mi saluta con la mano mentre serve un tavolo e io mi fiondo al bancone. Ci sono pochi clienti all’interno del locale, una musica nel sottofondo e una luce soft che ti rilassa gli occhi. 

“Ehi piccola” mi saluta Adam, il mio barista di fiducia. Gli poso un bacio sulla guancia per salutarlo e mi siedo davanti a lui, mentre pulisce il bancone con una  pezza. 
“Allora, piccola Mia, cosa vuoi oggi? Un bicchiere di vino, vodka, rum?
Rido. Il solito Adam che mi prendeva in giro.
“Bhe, siccome mi manca ancora un anno per poter uscire ubriacarmi e non ricordarmi più il mio nome, opterò per un hamburger, patatine e una cola senza zucchero”
Mi guarda ridendo “il solito dunque” mi dice e manda l’ordine in cucina. 
Guardo l’orologio sul muro, sono appena le cinque, ho quindi tre ore per essere pronta. Non so cosa mettermi, né come acconciare i capelli, né che scarpe mettere. Sono nel caos più totale.
Dopo dieci minuti Adam viene con il mio cibo. Mi avvento ingurgitando tre patatine alla volta.
“Wow, Mia eri affamata!” mi dice mentre è affaccendato tra le bottiglie di alcool. 
“Sono abbastanza stressata” mi guarda e se ne va dentro alla cucina, ritornando due minuti dopo con una fetta gigante di torta alle more.
“Questa la offro io, piccola, scommetto che è andato male l’esame, vero?”
Lo guardo e ne prendo subito un pezzetto, ignorando perfettamente il fatto che stavo mangiando delle patatine esattamente un secondo fa. Sento il sapore delle more che mi esplode in bocca e quello del burro che rende tutto più soffice. Sorrido, mostrando tutti i denti sporchi di more. Lui si siede e finalmente si prende due minuti di pausa. Lo vedo mettersi le mani tra i capelli e assaporare anche lui un pezzo di torta. Non sembra avere trentacinque anni, ma allo stesso tempo sprizza maturità da tutti i pori. Ogni volta che sorride si formano delle piccole rughe attorno agli occhi che non possono non fare tenerezza. I capelli neri sono corti, quasi rasati e i suoi occhi sono verdi, quasi smeraldo. E’ divorziato da poco più di sei mesi, perché la sua compagna voleva dei figli mentre lui si sente ancora  giovane, fin troppo.
“Ehi, vecchietto come procede con la tua ex” 
Fa una smorfia e subito capisco tutto. 
“Oh, le cose stanno sempre più degenerando, adesso sta fingendo di essere pazza per farsi aumentare il mantenimento! Cioè ti rendi conto? Io qua a spaccarmi la schiena giorno e notte e lei per quattro spicci e lei decide di diventare pazza!”
Si accascia quasi teatralmente sul bancone.
“Spaccarsi di lavoro mi sembra esagerato, Adam” dice Molly, rimproverandolo.
“Ehi, Mia, come stai?”mi chiede sedendosi.
“Tutto apposto” gli dico mentre finisco il pasto.
“Non è vero sta mentendo!” dice Adam “ Non ha passato l’esame!” lo trafiggo con lo sguardo e lui si irrigidisce.
Abbasso lo sguardo. “Diciamo che non è l’unica cosa che mi preoccupa! Sono inviata a una festa e non so per niente cosa mettere!”
Molly mi guarda, spostandosi gli occhiali, studiando tutte le mie misure.  
“Vieni, Mia, ti risolvo io questo problema!”
“Festa? Mia, quale festa? Dove? Ci sarà dell’alcool?” mi dice farfugliando Adam. Si comporta sempre quasi come se  fosse un padre per me.
“Tranquillo vecchietto, non mi azzarderei mai a bere il mio primo bicchiere senza il mio barista preferito!” gli urlo, mentre Molly mi porta nel retro.

Il retro profuma di muffa ed è pieno di scatoloni. Molly si avvicina ad uno e cerca indaffarata. Molly è una signora di mezza età,  in carne con i capelli biondi e corti. Insomma assomiglia all’idea di segretaria che abbiamo tutti nella nostra mente. In effetti lo era, ma ha abbandonato il suo lavoro per aprire questo locale, il suo sogno più grande.
“Devo averlo qui, da qualche parte in questi scatoloni, eccolo!”
Tira fuori un vestito rosso con delle paillettes rotonde, in una mano e nell’altra un paio di decolté nere.
Mi spinge dietro un paio scatoloni enormi. Mi spoglio lentamente ho paura di sembrare una ragazza poco di buono con questo vestito, nonostante ciò lo provo per non farle dispiacere. Entra tutto con facilità ed esco fuori dal mio nascondiglio.
Molly mi aspetta seduta su una sedia impolverata e appena mi vede le si accendono gli occhi.
“Sei bellissima!” dice.
Il vestito mi arriva più o meno a metà gamba, ha una scollatura piuttosto profonda, ma con il mio poco seno non da l’impressione di essere squallido. I capelli mi scendono lisci e lunghissimi fino a coprirmi quasi il sedere. 
“Molly, ma perché avevi un vestito del genere nel retro del negozio?” le dico.
“ Dovevo farli indossare alle cameriere nella serata gangster,  ma devo ammettere che ti sta una meraviglia! Ah, ho anche un cappello con una piuma e una collana di perle, li vuoi ?” 
Rido e lei fa lo stesso. Metto le scarpe ed esco . Appena arrivo davanti il bancone faccio una giravolta e vedo gli occhi di Adam diventare grandissimi, mentre la sua bocca si apre. Lo fisso e lui si ricompone.
“Non vorresti andare cosi vero? Tu lo sai cosa succede durante le feste del college?” 
Non faccio in tempo a rispondere che Molly si intrufola nel discorso.
“Dai Adam non fare il padre geloso! La nostra bambina sta crescendo è normale che cresca e faccia certe cose!”
Vedo nel suo sguardo il panico più totale, passa dalla mia figura a quella di Molly mozzicandosi il labbro. Io rido ancora di più e guardo l’orologio. Sono le sei e mezzo e devo assolutamente andare via. Do un bacio a Molly e uno ad Adam. I miei capelli gli sfiorano il braccio e lo sento tirarmeli per farmi incontrare il suo sguardo. Si appoggia alla mia fronte, mentre i nostri nasi si toccano. Se non fosse per il centimetro che separa i nostri nasi, adesso ci staremmo baciando. 
“Stai attenta. Non voglio che fai qualcosa di cui ti possa pentire” 
Io lo guardo senza dire niente. La situazione mi sta mettendo a disagio, lui se ne accorge e mi lascia.
Gli sorrido e annuisco.
“Grazie Molly ti devo un favore enorme!” 
“Vorrà dire che quando ci sarà la serata gangster, sarai la mia cameriera! Con una ragazza così farò impazzire gli uomini!” Ride e io annuisco. Cammino via e mentre apro la porta sento Adam rimproverare Molly.
“ Perché diamine gli hai dato quel vestito?”
Scuoto la testa e entro nel parcheggio. Mi affretto ad entrare nella macchina,ma non riesco a trovare le chiavi. Ormai è buio, io sto morendo di freddo perché non ho né un paio di calze né un giacchetto. Mi accovaccio, poggio la borsa in terra e, per trovare le chiavi, tolgo ogni cosa. Le trovo tra un libro e il portafogli. Esulto di gioia. 
“Ehi, bella come va?”
Si avvicina un signore con i capelli bianchi e in notevole sovrappeso. Non rispondo e mi sbrigo a infilare la chiave, per entrare in macchina. Possono darmi un premio per le mani più veloci del west, perché in neanche due secondi sono nella macchina chiusa a chiave. Il signore cerca di aprire la portiera e il respiro si ferma. Non ci riesce, spiccica qualche imprecazione e se ne va. Rimango in macchina per altri cinque minuti appoggiata al volante, cercando di far fermare il cuore. Forza Mia, prendi coraggio.
Accendo la macchina e parto.

Dopo neanche dieci minuti sono a casa. Devo aver corso troppo, ma l’adrenalina è ancora nel mio corpo. Tolgo i tacchi e mi butto sul letto. Mi sono scordata di rifarlo quando sono uscita questa mattina. E’ faticoso avere una casa propria lontano da mamma e papà. Devi avere il tempo di studiare, fare gli esami, cucinare e ordinare tutto in ventiquattro ore. Per fortuna non ho vita sociale perché se no era qualcosa di impossibile. Guardo l’orologio sulla parete, sono le sette e venti. Dovrei alzarmi per poter andare, ma non ho la forza. Sono ancora abbastanza scombussolata da prima. Prendo il telefono e ascolto un messaggio di mia madre lasciato in segreteria.
Ciao Mia, sono la mamma! Come va? Oggi non hai chiamato, ma capisco che con lo studio ti è troppo difficile! Non fare troppo la secchiona, divertiti un po’, baci.
Questo è uno dei messaggi che ti capita a proposito quando decidi di non andare da qualche parte. Ho bisogno di riposo? In effetti stando qui a deprimermi non risolverei niente. Mi alzo e mi guardo allo specchio. Guardo la scollatura e improvvisamente mi sento nuda, forse proprio per quanto accaduto prima. Mi avvicino all’armadio e cerco una felpa e la indosso. Perfetta. Prendo le scarpe da ginnastica e le metto sotto. La felpa è nera, lunga con delle fragole rosse. Mi arriva quasi all’orlo del vestito quindi non sta così male. Guardo i tacchi ai bordi del letto. Non voglio metterli, ma ho paura che saranno tutte super eleganti. Per un decimo di secondo mi passa l’idea di portarli con me ma decido di no. Non voglio metterli, io non sono così io sono più felpa e scarpe da ginnastica. Prendo un elastico e mi faccio una treccia. Bene, faccio schifo. Ho il mio solito look da secchiona. Ma non ho voglia né il tempo per potermi cambiare, così corro in macchina.

Ci ho messo tre quarti d’ora per arrivare, guidavo a trenta chilometri orari. Non voglio entrare. Sono davanti a casa del ragazzo dagli occhi blu, non conosco nessuno e ho paura. Respiro. Vedo gente uscire dalla casa per fumare. Sembrano tutti cosi a loro agio.  Ripenso alle parole di mia madre! Ho il diritto di divertirmi anche io! Esco con più decisone ma scompare tutta appena entro nella casa. E’ tutto molto carino. Entrando ci sono delle scale che portano al secondo piano nelle camere da letto. Vengo spinta da una coppia di ragazzi che corrono per le scale, non voglio immaginare cosa stanno per fare. Scuoto la testa. Vado in salone, dove una musica assordante mi impedisce di pensare. Decido di andare verso la cucina a prendermi un goccio d’acqua. Qui, la musica è sopportabile. Vado verso l’angolo adibito a bar e guardo le etichette. Rum, Vodka, un intruglio particolarmente strano e poco raccomandabile e altri dieci marche di alcolici di cui ignoro  l’ esistenza. Prendo un bicchiere e lo riempio di acqua del rubinetto. La sorseggio mentre rimango seduta a guardare tutti. Non c’è traccia del ragazzo con gli occhi blu. Forse non dovevo venire. Forse queste feste sono troppo per me, forse avrei dovuto rimanere a casa con dei popcorn a guardare per l’ennesima volta una commedia romantica. Mi riempio ancora il bicchiere, l’agitazione mi sta assorbendo tutta la saliva nella bocca. 
“Ehi la ragazza dei festini!”
Alzo lo sguardo e lo vedo. Vedo i suoi occhi blu intenso, i suoi  capelli ancora più scompigliati, riccissimi ma pur sempre perfetti. Vedo il suo sorriso nell’incontrarmi e vedo la sua mano. La sua mano intorno a quella di una ragazza. Una ragazza bellissima alta, con un vestito giallo e i capelli neri corvino. Mi guarda disgustata mentre li saluto. 
“Ehi il ragazzo che fa i festini” 
Osservo la sua mano e lui se ne accorge. Dice qualcosa alla ragazza al suo fianco, che se ne va guardandomi male. Lui arriva e si serve un bicchiere dello strano intruglio.
“Cosa bevi?” 
“Acqua” rispondo senza pensare, maledicendomi per non aver risposto in qualche altro modo.
“Troppo presto per l’alcool, la notte è ancora giovane!”
Ride e si siede accanto a me.  C’è il silenzio ed è imbarazzante. Lui beve, io bevo e guardiamo gli altri. 
“Vuoi assaggiarlo? E’ buono! Sai me la cavo con gli alcolici” mi dice offrendomi il bicchiere.
Istintivamente penso a Adam e alla promessa che gli avevo fatto e invento una scusa.
“No guarda non posso, sono sotto antibiotici”
Mento con poca convinzione. Lui si alza e io mi maledico. Mi alzo anche io, per non sembrare la solita sfigata che sta da sola ad una festa. Lo sorpasso e vado nel salone. La musica si è abbassata e tutti sono in cerchio. Un ragazzo sta in piedi e aspetta che tutti siano nel silenzio più totale. 
“Ragazzi gioco della bottiglia?”
Tutti ridono e non gli danno conto, continuando a bere e a parlare con gli altri. Alzo la mano.
“Io gioco!”
Tutti si girano a guardarmi e per la prima volta mi maledico per aver messo una felpa con delle fragole.
“Fragoline gioca! Tu Ethan?”
Il ragazzo dietro a me risponde con un si e riconosco subito la sua voce. Il ragazzo con gli occhi blu, adesso so il suo nome. Mi siedo accanto al ragazzo che aveva proposto il gioco e Ethan di fronte a me, accanto alla ragazza con il vestito giallo. Li vedo giocare e parlarsi mentre lui gli tocca i capelli passando poi alla gamba. Sono un po’ gelosa. 
“Bene iniziamo, sapete come sono le regole. Obbligo e verità con la bottiglia, iniziamo!”
Dice il ragazzo accanto a me. Obbligo o verità? Nessuno aveva parlato di obbligo e verità, ma solo del gioco della bottiglia. Mi sudano le mani.
Qualcuno gira la bottiglia e mi asciugo i palmi su le cosce. La bottiglia gira per trenta secondi, li conto uno dopo l’altro, poi si ferma davanti a me. Lo sapevo. La ragazza con il vestito giallo è la prima a parlare.
“Obbligo e verità?”
Non voglio dover dire qualcosa di imbarazzante del tipo: non sono mai stata a una dannatissima festa.
“Obbligo” dico senza pensare.
La ragazza si avvicina a Ethan e i due ridono. Mi guarda ridendo. Sono sicuramente diventata rossa.
“Ti obbligo a togliere quella bellissima felpa con le fragoline”
Ridono tutti e io sprofondo nella vergogna. La vedo prendere girarsi verso Ethan e ridere ancora con più cattiveria. Mi vengono in mente le parole di Molly e lo sguardo di Adam. Raccolgo tutte la mia sicurezza e mi alzo, quasi per farmi guardare da tutti. Con una lentezza estrema mi alzo la felpa, tenendo gli occhi incollati a quelli di Ethan e lui fa lo stesso ma rivolge lo sguardo al mio corpo che man mano si scopre sotto il vestito rosso attillato.
Vedo la ragazza guardare Ethan e dagli un schiaffo per fargli chiudere la bocca. Il ragazzo accanto a me si tocca i capelli biondi.
“Cazzo, perché mai lo tenevi nascosto?” dice ridendo .
Mi siedo in maniera goffa. Tutta la sicurezza di due secondi fa è sparita. L’adrenalina del momento ha lasciato il posto all’imbarazzo. 
Il gioco continua, tocca a Ethan, chiedermi se scelgo obbligo o verità.
“Obbligo” dico, senza neanche pensare.
“ Via le scarpe e la treccia” mi dice guardandomi intensamente. Riesco a vedere un fuoco dentro quei occhi blu, sento la sua voglia di starmi accanto. Come se fossimo due poli di una calaminte costrette ad avvicinarsi.
“Sono due obblighi” gli dico con la voce bassa, quasi suadente. Mi sto sorprendendo di me stessa. Ma Ethan mi fa questo effetto. Mi fa venire voglia di essere donna.
“Via tutte e due” mi dice con la voce ancora più bassa della mia. Sta volta non controbatto e tolgo prima una scarpa e il calzino poi l’altra. Lo guardo prima di sciogliere la treccia, lui continua a fissarmi. Prendo i capelli e tolgo l’elastico. Una cascata rossa mi incornicia il viso. La treccia ha lasciato piccole onde. Tutti parlano, ridono, eppure nella sala non sento nessuno tranne lo sguardo di Ethan, che continua a fissarmi. Il nostro gioco di sguardi viene interrotto dal ragazzo affianco a me.
“Ok, ragazzi però adesso basta con lo spogliarello!” Ride e improvvisamente mi sento nuda. Incrocio le mani attorno al petto e il gioco continua. Ci sono baci, verità imbarazzanti altre un po’ meno. E’ un gioco tranquillo che degenera verso la fine. Tutti sono per terra straiati stanchissimi. Decido di alzarmi e andare verso la cucina per prendermi da bere, Ethan mi segue subito dopo.
“Ancora acqua, signorina dei festini?” 
Lo fisso e prendo un bicchiere.
“Cosa mi consiglieresti, re degli alcolici?”
Prende una bottiglia e mi riempie all’incirca un quarto del bicchiere.
“Questo” mi dice toccandosi i capelli.
Ho paura di berlo. Non ho mai toccato niente di alcolico e non voglio farlo in sua presenza. Ethan mi fa già uno strano effetto non voglio immaginare cosa potrebbe succedere. Lo odoro. Il liquido dentro il bicchiere è rosso per via del contenitore. Glielo porgo e faccio un sorriso.
“Non mi va grazie, prendo dell’acqua”
Lui beve tutto in un sorso e riempie lo stesso bicchiere con dell’acqua. Mi fa un po’ schifo ma lui mi sta fissando. Poso le labbra. Indirettamente è come se ci stessimo baciando. Arrossisco per il pensiero cosi infantile.
“Sai che ci siamo dati quasi un bacio adesso?”
Lo guardo e sorrido al pensiero di aver avuto la stessa idea. Lui si avvicina, siamo distanti poco più di due centimetri,. Mi sposta i capelli portandoli dietro le spalle e comincia a passare il suo indice sul collo. Si sofferma sulle piccole lentiggini che ci sono. Sono poche ma sono sempre state su tutto il mio corpo. 
“Come ti chiami?”
“Mia” rispondo senza neanche pensarci.
“Mia, mia mi piace. Mia posso baciarti?” il suo tono si abbassa sempre sul mio nome, mentre si  avvicina sempre di più, piegandosi per arrivare alle mie labbra. 
“No” dico, piano quasi un sussurro. Sono incantata da lui, dal suo profumo, ma non ho voglia di baciarlo.
Lui rimane basito. 
“No?” 
Dice allontanandosi. Io riprendo coscienza e rido.
“No!” mi allontano e vado a prendere le scarpe in salone, lui mi segue per tutto il tragitto. Le metto mentre lui chiede spiegazioni.
“Perché no?!” faccio le spallucce e vado per la porta. 
Lui rimane lì a guardarmi andare via,mentre il freddo della notte mi punge la pelle. Mi sento libera e potente.
  
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