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Autore: Haruhi    24/06/2015    0 recensioni
Lei: Occhi verdissimi, capelli rossi che le arrivano giù per la schiena e un nome che più corto di uno starnuto, Mia. Ama la matematica e odia profondamente la facoltà di giurisprudenza. Eppure eccola li tra i libri di diritto romano a cercare di rendere orgoglioso un padre impossibile.
Lui: Alto, capelli neri, quasi rasati e occhi verdissimi, anima giovanile e super protettivo. Il ragazzo perfetto, se non fosse per i suoi 35 anni!
L'altro: alto, capelli neri ricci da sembrare spettinati e in ordine allo stesso tempo, intelligente, con una dote naturale verso tutte le materie umanistiche. Sembra essere l’incastro perfetto per Mia, eppure sarà proprio tutto oro quello che luccica?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Guardo e riguardo la domanda che avevo davanti,non riuscendo a trovare minimamente una risposta. Prendo l’elastico che ho sul polso e lo giro attorno ai capelli.
Forza devo almeno completare quest’analisi o ancora una volta non passerò l’esame di filosofia.
La stupide materie letterarie, cosi insulse, che cercano di trovare un significato a quelle stupide domande di carattere critico. affondo la testa tra le mani, disperata. Non posso credere che dopo giorni e giorni di studio, a leggere e ripetere, lo sforzo era stato inutile. Cerco di ricordare tutto quello appreso dalle numerose notti passate tra un libro, un riassunto sul computer e all’incirca un migliaio di tazze di caffè. Eppure tutto sembra essersi fermato in prossimità degli occhi, senza che il cervello apprendesse e rielaborasse quello appena letto. Posso infatti rispondere a qualsiasi domanda su la vita di questi autori, ma appena la richiesta svincola dalla normale dalla elencazione di quello appena imparato, la mente si offusca da qualsiasi risposta. Il rumore di qualcosa che sbatte sul tavolo mi entra nel cervello. Giro la testa senza neanche pensarci, per vedere da dove arriva questo fastidioso rumore .
Dall’altra parte un ragazzo alto con i capelli così neri da intravedere al suo interno sfumature di blu scuro, che con sguardo fisso davanti a lui, continua a sbattere a matita sul foglio.
Lo fisso sperando di incontrare i suoi occhi per mettere fine a questo tormento, ma gli occhi del ragazzo non smettono di fissare con sguardo assente un punto indecifrato del muro.
“Ehi”
Gli sussurro, con la speranza di non essere sentita dal professore. Il rumore continua e il ragazzo non sembra essersi accorto minimamente di me.
“Ehi!” gli urlo in maniera un po’ più decisa.
Due occhi blu, come il mare e se è possibile, come la sfumatura che potevo intravedere nei suoi capelli, mi guardano con insistenza. Non riesco a parlare, per a prima volta sento come delle minuscole catene che chiudono le mie labbra e mi impediscono di pronunciare qualsiasi parola. Le sue pupille riflettono perfettamente la mia immagine e posso notare la faccia da ebete che sto facendo, eppure sono incantata.
“troppi festini e niente studio?”
Mi risponde e all’interno dei suoi occhi vedo un velo di malizia. Non so se la domanda è sarcastica o meno ma le guance arrossiscono e posso sentire che sto andando in fiamme, ormai qualsiasi possibilità di concentrazione è andata in vano. Scrivo qualche risposta a caso sulle ultime domande e mi alzo lentamente, riponendo tutti gli oggetti, nel loro posto . Consegno il test al professore e lo sguardo va quasi automaticamente al ragazzo che come me si sta alzando, ma non mi sta degnando di uno sguardo. Mi sbrigo ed esco dalla sala. Mi dirigo subito in bagno e mi scaravento una quantità indefinita di acqua sulla faccia. Per fortuna quella mattina non avevo messo nessun trucco. Tolgo l’elastico e scuoto la cascata di capelli rossi carota che avevo.  Il rossore ancora è presente sopra le mie guance, facendo accentuare ancora di più il colore verde dei miei occhi e le lentiggini che oltre al mio viso ricoprivano quasi tutto il mio corpo. Prendo il mascara e faccio due passate ogni occhio, tanto per non sembrare totalmente arancione. Adesso non mi dispiace il colore della mia pelle, chiarissima, colorata di arancione da piccole macchiette rosse; o il colore dei miei capelli, ma da piccolina il nomignolo carota non mi lasciava mai da sola. Tre ragazze entrano nel bagno e cominciano a parlare dell’esame appena svolto. Non voglio sentire, mi allontano  a tutta velocità , uscendo dal bagno.
La stanza è piena di ragazzi che si muovono verso le aule degli esami. Vedo gente agitata che sfoglia il libro come nella speranza di poter apprendere il più possibile con i minuti contati; gente che si mostrava sicurissima, come se i proprio occhi potessero trasmettere all’insegnate le ore interminabili di studio. Rido, cercando di identificarmi all’interno delle diverse tipologie di alunni. Eppure io non sono né  quella studentessa nel panico che cerca in tutti i modi di apprendere più notizie possibile, né quella che mostra la propria sicurezza. Io sono semplicemente quella ragazza che è nel mezzo.
“aia”
Sbatto con la testa sopra il corpo di un ragazzo. Alzo lo sguardo, mentre con la mano mi tocco la testa.
“Ehi, donna da festini”
Mi dice il ragazzo che pochi minuti fa stava condividendo con me l’orrore di quel maledetto test di filosofia.
“Scu…sa” balbetto, presa da un’improvvisa agitazione.
“oh” mi dice fissandomi con quegli occhi celesti come il mare; anzi no come l’iris.
“Di solito non mi dispiace quando le ragazze mi si spalmano addosso” ride, sotto i baffi, come per prendermi in giro. Sono sicura di essere arrossita.
“Io non mi ti sono spalmata addosso, sei tu che sei d’intralcio!” Ride più forte di prima, forse per la mia presa di posizione e giuro è una di quelle risate di quei divi del cinema. Controllata, cristallina.
“ Mi preoccuperò a non esserti più d’intralcio ragazza dei festini” saluta con la mano una cerchia di ragazze che improvvisamente si animano tutte insieme.
“Potresti non chiamarmi così? Non so che idea ti sei fatto di me ma io non sono quel tipo di ragazza” gli dico indicando le studentesse poco più là.  Lui le fissa, poi passa con lo sguardo su di me, come per fare un confronto.
“Senti, io devo andare, però sta sera organizzo una festa e non posso fare a meno della ragazza dai festini, a casa mia, tieni questo è l’indirizzo, ci tengo”
Mi porge un bigliettino con scritto a penna il nome di una via. Lo guardo esterrefatta.
“Ma mi hai ascoltato per diamine? Ti ho detto di non chiamarmi così!” gli urlo mentre se ne va camminando velocemente.
Lui si gira e con una sicurezza da far paura mi dice di venire per le otto. Rimango lì, abbastanza confusa. Non sono mai stata a una festa, non ho mai avuto neanche così tanti amici da poterne organizzare qualcuna, eppure adesso sono invitata ad una festa del college e mi sentivo stranamente impaurita ma anche emozionata.
Cammino per il corridoio della scuola, per poter arrivare alla macchina. Faccio tutto con calma come se non credessi realmente a quello che stava succedendo. Decido di andare al mio solito pub, per scaricare lo stress e in pochi minuti sono al parcheggio e davanti a quella familiare porta blu.
  
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