Crossover
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Autore: Odinforce    24/06/2015    4 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
Il quartetto continuò a salire per diversi piani senza fermarsi. Ormai avevano superato metà dell’edificio, ma avevano ancora molta strada da percorrere. Lara era in testa al gruppo, seguita da Sora, Harry ed Hellboy, che stava in coda. Dopo l’incontro con il diavolo non avevano visto nessun altro, né gli Heartless né gli uomini senza volto. Ciò appariva in qualche modo sospetto, come se il grattacielo fosse diventato improvvisamente vuoto. Forse era già stato evacuato del tutto a causa dell’attacco degli Heartless.
« È strano che non provino più ad attaccarci » commentò Sora, continuando a salire. « Ricordo certi momenti in cui non mi davano un attimo di tregua... non che ora mi lamenti... »
« I nemici sono spesso imprevedibili » aggiunse Hellboy, seguendolo a ruota. « Vedrai che riappariranno quando meno te lo aspetti. »
« Mi è parso di capire che hanno attaccato anche te, giusto? »
« Esatto. Erano un sacco... mai vista un’orda così grande di mostri, peggio della folla al Mercato dei Troll... sono dovuto scappare dopo aver esaurito il primo caricatore. Non mi sono fermato nemmeno il tempo di chiedermi cosa volessero da me. »
« Volevano il tuo cuore, Red. Gli Heartless si nutrono dei cuori della gente, specialmente quelli forti. E tu hai un cuore fortissimo, lo sento. »
Hellboy fece uno strano verso, a metà tra il lusingato e l’incredulo.
« E tu cosa fai nella vita, Red? » riprese Sora, dopo aver superato un altro pianerottolo. « Hai detto di essere un agente del paranormale o roba del genere, ma non ho capito bene... di cosa ti occupi? »
« Più o meno quello che fai tu, ragazzo » rispose Hellboy. « Proteggo la gente dalle forze del male. Do la caccia ai mostri... creature occulte che vogliono conquistare il mondo, e altre cose del genere. Ormai lo faccio da tutta una vita e ci sono abituato. »
« Caspita! Allora sei davvero un eroe! »
« Per anni sono stato un eroe nell’ombra. Non dovevo mai farmi vedere tra la gente, perché non sono diverso dai mostri che combatto. Ma ora è diverso... un po’ di tempo fa sono stato scoperto. Ho affrontato dei mostri nel centro di New York, e sono finito in mezzo ai giornalisti. Da allora sanno tutti chi sono e che cosa faccio. Ma non mi dispiace, perché ho sempre desiderato vivere in mezzo agli umani. »
« Allora è per questo che ti sei sorpreso di incontrare qualcuno che non ti conosceva » intervenne Harry.
« Proprio così. Ma dimmi di te, Potter... tu cosa fai nella vita? Hai avuto avventure come noi altri? »
« Sì, una specie. Ho fatto un po’ di cose, qui e là... »
Hellboy intercettò lo sguardo di Harry, ben lungi dall’essere loquace.
« Ho capito, non hai voglia di parlarne. Ricevuto. »
Tacque senza insistere, continuando a seguire il cammino dei suoi compagni. A un certo punto notò che Sora si era fermato, sul pianerottolo tra due rampe di scale. Guardava fuori, da una grande vetrata che li separava dall’esterno. Anche Harry e Lara notarono che si era fermato, e si voltarono a guardarlo.
« Che hai, ragazzo? » chiese Hellboy.
« Guardate là » disse Sora, indicando un punto verso l’esterno. « È spuntato qualcosa dalla coltre di nubi. »
I tre compagni volsero lo sguardo verso dove indicava Sora, un po’ stupiti per la richiesta. Individuarono quasi subito ciò di cui parlava. Una sagoma scura fluttuava nel cielo sopra gli edifici, muovendosi a gran velocità.
« Cos’è? » domandò Harry, cercando di aguzzare la vista. « Un uccello? »
« Troppo veloce » disse Hellboy. « Emette una scia di fumo, tra l’altro... potrebbe essere un missile. »
« O un aereo » concluse Lara, più seria degli altri due. « Il problema è che vola troppo basso, qualunque cosa sia. Se atterra nei paraggi provocherà grossi danni. »
« Non vi sembra che stia diventando più grosso? » fece Sora.
Guardarono tutti con più attenzione. Aveva ragione, la sagoma diventava sempre più grande, acquistando nitidezza. Ora la vedevano meglio: era una sorta di velivolo, con due paia di alettoni disposte ad X; faceva un gran fumo, e ciò lasciava presumere che fosse danneggiato. Ma non era questo a preoccupare il quartetto, bensì il fatto che...
« Si sta avvicinando » disse Lara, arretrando di un passo. « Punta dritto su questo edificio. »
« Mio Dio... rischia di schiantarsi contro di noi! » esclamò Harry.
« Ne siete sicuri? » chiese Sora. « Forse farà in tempo ad evitarci... »
« No, se il pilota è privo di conoscenza » rispose Hellboy. « E purtroppo pare proprio così... è vicino, fin troppo vicino. Non farà in tempo a virare! »
Infatti andò proprio così. Il velivolo era troppo vicino. Ormai era questione di pochi secondi, e si sarebbe schiantato...
« Allontaniamoci, presto! » urlò Lara. I compagni gli obbedirono subito, gettandosi all’indietro; Sora fu l’ultimo ad allontanarsi dalla finestra, infatti fece in tempo a vedere il velivolo mentre raggiungeva finalmente il grattacielo, sparendo verso il basso. Avrebbe colpito uno dei piani inferiori...
Bum!
Il pavimento tremò violentemente, facendo perdere l’equilibrio a tutti. La vetrata andò in frantumi, colpendo i quattro compagni con una pioggia di schegge. Le scale vibrarono, minacciando di spaccarsi. Durò tutto per un lunghissimo minuto, poi tutto tacque.
« Ah, che botta » borbottò Lara, massaggiandosi il sedere. « Voi state bene? »
« Credo di sì » disse la voce di Harry, poco lontano. Anche lui era a terra, disteso a pancia in giù, ben deciso a restare com’era fino a una conferma ufficiale che fosse cessato il pericolo.
Sora ed Hellboy si stavano già alzando, mettendosi in guardia. Entrambi controllarono fuori dalla finestra, per capire cosa fosse accaduto. Quando guardarono verso il basso, trovarono subito il danno: il velivolo si era schiantato almeno due piani sotto, devastando un intero lato dell’edificio. Da lì potevano vedere la coda del mezzo, metà offuscata da una colonna di fumo e fiamme che aveva provocato all’impatto.
« Porca vacca » esclamò Hellboy. « C’è mancato davvero poco... se non avesse perso quota di pochi centimetri ci avrebbe beccati in pieno! »
« Che disastro » aggiunse Sora, più agghiacciato di lui. « Credi che se la siano cavata, chiunque ci fosse in quel velivolo? »
« È difficile sopravvivere dopo un botto del genere » dichiarò Lara. « Lo dico per esperienza... io stessa sono scampata a un incidente aereo. Comunque non abbiamo tempo per controllare chi c’era a bordo. Dobbiamo abbandonare immediatamente l’edificio. »
« Cosa? Perché? » fece Harry, incredulo.
« È troppo pericoloso restare qui, dopo quello che è successo. Lo schianto potrebbe aver danneggiato la struttura del grattacielo, dunque rischia di crollare. Hai presente l’11 settembre? È la stessa cosa. »
« Veramente no. Cos’è successo l’11 settembre? »
Hellboy e Lara lo fissarono entrambi con aria incredula. Harry restava perplesso, come se non sapesse cos’aveva detto di male. Sora invece guardava gli altri distaccato, non sapendo da che parte stare.
« Scherzi, Potter? » domandò Hellboy. « Mai sentito parlare dell’11 settembre? Ormai è classificato come evento storico. »
« Se è un evento che riguarda i Babbani, è ovvio che non ne ho mai sentito parlare. Non guardo più la televisione da quando sono entrato nel mondo dei maghi. »
« Al diavolo, ne parleremo dopo » dichiarò Lara, agitando un braccio. « Ora andiamocene, prima che crolli tutto! »
Gli altri tre annuirono. Dopodiché rifecero la strada che avevano percorso fino in quel momento. Riscesero le scale fino al piano inferiore, dove notarono i primi segni del disastro aereo. La rampa di scale era bloccata da un gran cumulo di macerie, impedendogli di proseguire.
« Fatevi da parte » dichiarò Harry, avanzando tra i compagni con la bacchetta alzata. « Wingardium leviosa! »
Le macerie sussultarono e si sollevarono in aria, come se fossero prive di peso. Harry le spostò lentamente con pochi gesti della bacchetta, sgombrando poco a poco il passaggio. Sora e gli altri sarebbero rimasti volentieri a guardare ammirati... peccato però che il destino avesse altri piani in serbo per loro. Il locale, già buio per il blackout, si ricoprì di tenebre ancora di più, facendo allarmare tutti i presenti. Sora si voltò in ogni direzione, finché non vide quei fin troppo familiari occhi gialli nell’oscurità: gli Heartless erano tornati.
« Sbrigati, Harry » disse Lara, sfoderando ancora una volta le pistole. « Pensa a sgomberare il passaggio, noi pensiamo ai mostri! »
Sora, Hellboy e Lara si lanciarono alla carica contro gli Heartless, le armi in pugno, lasciando Harry a finire il lavoro. Ognuno di loro iniziò a lottare con il massimo impegno, cercando di arrestare l’avanzare del nemico. Gli Heartless pensarono ad attaccare soprattutto Sora, senza curarsi degli altri due. Il ragazzo fu in breve tempo circondato, ma oppose una seria resistenza; a un certo punto gli Heartless si unirono in un grosso attacco combinato, balzando tutti insieme su Sora. Hellboy e Lara non fecero in tempo ad aiutarlo, e assistettero impotenti mentre l’amico veniva avvolto da una piccola esplosione.
« Aaaargh! »
Il pavimento crollò sotto i piedi di Sora, che cadde nel vuoto insieme a molti Heartless.
« Sora! »
La caduta durò una manciata di secondi, giusto il tempo di fare una decina di metri e atterrare sul pavimento del piano sottostante. Per un’incredibile fortuna, il ragazzo atterrò su qualcosa di morbido; aprì gli occhi e si accorse di essere piombato dritto sopra un letto matrimoniale. Gli Heartless erano spariti, perciò si rese conto di trovarsi da solo in una comune stanza da letto, piuttosto ben arredata. Ne uscì con cautela, guardandosi intorno con attenzione: era un grande appartamento lussuoso, deserto e buio come il resto dell’edificio; le persone che lo abitavano dovevano essere fuggite dopo l’allarme. Meno male, pensò subito Sora, perché altrimenti sarebbero state sicuramente coinvolte nello schianto. Infatti trovò davanti a sé i resti del velivolo che si era schiantato contro il grattacielo. Era uno spettacolo terrificante. Lo schianto aveva devastato buona parte dell’appartamento, tanto che alcuni mobili erano ancora in fiamme.
Quando ormai sembrava che nessuno poteva essere sopravvissuto, Sora lo vide, a pochi metri davanti a lui. Buttato sul pavimento c’era un uomo, vicino al velivolo semidistrutto; non riusciva a vederlo in faccia, ma era vestito con una sorta di tuta spaziale completa di casco. Indubbiamente doveva trattarsi del pilota, nonché unico occupante del mezzo; infatti adesso si rendeva conto che il velivolo era troppo piccolo per contenere altre persone. Ad ogni modo, al momento non aveva importanza: quell’uomo aveva un evidente bisogno di aiuto. Sora scattò dunque in avanti per soccorrerlo, di chiunque si trattasse...
La sua corsa terminò bruscamente. Un nuovo gruppo di Heartless emerse dal pavimento, circondandolo per l’ennesima volta. Sora estrasse il Keyblade, pronto a lottare di nuovo, e a vincere. Nell’ultimo anno aveva infatti maturato un’incrollabile determinazione, che lo portava a compiere qualsiasi impresa. In confronto a questo, una manciata di Heartless non contavano assolutamente nulla.
Ma poi...
« Sei arrivato troppo tardi, ragazzo » annunciò una voce dalle tenebre. « Questo posto l’ho prenotato già io. »
Sora alzò lo sguardo, decisamente sgomento. Quella voce aveva qualcosa di familiare, ma nulla di piacevole. A quel punto emerse qualcun altro dal pavimento, ponendosi fra lui e l’uomo ferito. Aveva sembianze umane, celate completamente da un soprabito nero completo di cappuccio, che nascondeva il suo volto. Ma questo mantenne Sora in allarme, perché conosceva fin troppo bene quell’indumento: lo avevano indossato i suoi nemici, i membri dell’Organizzazione XIII. Eppure li aveva eliminati tutti, com’era possibile?
« Tu chi sei? » esclamò Sora, stringendo la presa sul Keyblade. « Mostrami il tuo volto, maledetto! »
Lo sconosciuto obbedì. Afferrò il cappuccio e lo abbassò di scatto, rivelando il suo volto. Sora si stupì molto nel constatare che non apparteneva a nessun membro dell’Organizzazione XIII da lui affrontato, ma lo conosceva ugualmente. Era Ansem, il Cercatore dell’Oscurità... il suo primo nemico.
« Non ci posso credere... ancora tu? Come fai ad essere ancora vivo? »
Ansem fece un verso scettico, serrando le braccia nella sua solita posa.
« La vita è qualcosa di ignoto, per chi ha abbracciato l’oscurità. È per questo che continuo a tornare. Tuttavia devo ammettere che stavolta la resurrezione non dipende affatto da me, ma lo apprezzo ugualmente. Mi ha dato una nuova opportunità... un’occasione per vendicarmi. »
Gli Heartless saltarono addosso a Sora subito dopo, obbedendo al comando del loro signore. Per un attimo riuscirono a sopraffare il ragazzo, ma poi furono respinti in un lampo di luce, dissolvendosi nelle tenebre. Il potere del Keyblade lo aveva salvato ancora una volta.
« Non sono più quello di una volta, Ansem » dichiarò Sora con un sorriso determinato. « Dovrai fare di meglio, se vuoi battermi! »
« Oh, ne sono sicuro » rispose Ansem, restando immobile. « In effetti vedo che sei molto migliorato dal nostro ultimo incontro. E io, purtroppo, sono rimasto lo stesso. Finché hai quel Keyblade in mano resti invincibile, per me. Dunque come potrei fare per batterti? »
Sora rimase ad ascoltarlo. C’era qualcosa che non lo convinceva nel suo tono di voce. Ansem sembrava sincero, eppure ironico, come se sapesse benissimo ciò che doveva fare. Forse aveva in mente qualcosa...
In quel momento apparve qualcosa alle spalle di Ansem, una grande ombra che assunse le sembianze di un grosso Heartless. Sora lo riconobbe subito: era il suo Guardiano, l’ombra che usava come arma per combattere. Chiaramente voleva affrontarlo.
Invece il Guardiano fece qualcosa di totalmente inaspettato. In un attimo afferrò l’uomo ferito e lo sollevò in aria, stringendo la presa sul suo collo.
« No! » gridò Sora, pur sapendo quanto fosse vano. « Lascialo andare! »
« Oh, non temere, lo farò... non appena sceglierai di arrenderti » dichiarò Ansem, con tutta la naturalezza possibile. « Ormai ti conosco abbastanza da sapere che non oserai sacrificare una vita innocente. »
Sora digrignò i denti, visibilmente amareggiato. Ora comprendeva il piano di Ansem, prendere qualcuno in ostaggio per costringerlo ad abbassare la guardia. Un’azione classica per ogni essere malvagio, ma pur sempre efficace... quanto spregevole.
« Sei un vigliacco » disse Sora, mantenendo la presa sul Keyblade. « Lui non c’entra nulla! Lascialo andare e affrontami da uomo! »
Ansem continuò a sorridere, rivolgendo lo sguardo sull’ostaggio ancora privo di conoscenza.
« Ma io non sono un uomo... o meglio, non lo sono più. E poi, ritengo che quest’uomo sia più coinvolto nella nostra storia di quanto tu creda... »
« Cosa? Che intendi dire? »
Ansem sbuffò.
« Spiacente, non ho alcuna voglia di dirtelo. Ho conosciuto la sconfitta troppe volte a causa della mia lingua lunga, dunque mi perdonerai se stavolta taglio corto. Ora posa a terra quel Keyblade, se non vuoi vedermi prendere il cuore di quest’uomo. Ammetto che non mi dispiacerebbe, a giudicare dalla forza che percepisco in lui... »
Sora esitò per qualche altro secondo, poi decise di arrendersi. Ansem aveva ragione, non era tipo da sacrificare un innocente per sconfiggere un nemico. Dunque mollò la presa sul Keyblade, lasciandolo cadere a terra.
« Bravo ragazzo » rispose Ansem con un ghigno. « Ora lascialo dov’è. So perfettamente che il Keyblade torna tra le tue mani ad un tuo comando.
« Sai, posso quasi leggerti nella mente... scommetto infatti che stai pensando di non aver bisogno del Keyblade. Lo avevi già detto in passato, me lo ricordo. Sostieni che il tuo vero potere è un altro... il tuo cuore. Ma esso in realtà è anche la tua debolezza. Il tuo legame con gli altri ti rende debole, vulnerabile... ti fa provare emozioni inutili come la pietà. Un’emozione che provi persino per i perfetti estranei, come questo miserabile che stringo tra le mani. Non lo conosci, eppure vuoi salvargli la vita... è così patetico... »
Zwhoom!
« Argh! »
Ansem urlò all’improvviso, dopo che un lampo di luce lo aveva colpito da dietro, tagliando di netto il braccio del Guardiano. L’Heartless si ritrasse, più sorpreso che spaventato. Non guardava più Sora, ma l’uomo che aveva preso in ostaggio, in piedi e perfettamente cosciente.
Era stato lui stesso ad attaccare Ansem. L’uomo infatti teneva in mano l’arma che aveva tagliato il braccio del Guardiano, una sorta di spada fatta di luce verde. Sora lo fissò sbalordito, ma nel contempo sollevato. Ne approfittò per recuperare il Keyblade e rimettersi in guardia.
« Hai perso il tuo salvagente, a quanto pare » dichiarò Sora, recuperando la spavalderia. « Ora non ti resta che affogare. Tu stai bene? » aggiunse, rivolgendosi all’uomo.
L’uomo si stava nel frattempo togliendo il casco, rivelando il suo volto, illuminato dal bagliore della sua arma. Era un giovane sui vent’anni, con una chioma di capelli biondi che gli incorniciavano il volto. Aveva uno sguardo determinato, battagliero, non diverso da quello che aveva Sora. Questo in qualche modo lo rendeva simile a lui, degno perciò di fiducia.
« Sto bene » disse il giovane, lanciandogli una breve occhiata. « Grazie per l’aiuto. »
« Figurati. »
Il guerriero biondo tornò a concentrarsi su Ansem, che nel frattempo era tornato in guardia. Il suo Guardiano aveva rigenerato il braccio perduto, ritornando cupo e minaccioso come prima.
« Non ti conosco, creatura delle tenebre » annunciò il giovane, puntando la spada luminosa contro Ansem, « ma ti giuro che pagherai caro per aver minacciato la mia vita. Preparati ad essere distrutto! »
Ansem, per nulla intimorito, attaccò. Il giovane sollevò la mano libera contro di lui, sicuro di sè. Un attimo dopo Ansem cadeva all’indietro, come se fosse stato colpito da una gigantesca mano invisibile. Il nemico andò a sbattere contro il muro più vicino, provocandovi una grossa crepa.
Sora guardò il suo alleato con un notevole stupore. Non capì subito cosa fosse accaduto, ma pian piano intuì la verità. Evidentemente la spada luminosa non era l’unica arma a disposizione del giovane: doveva essere dotato di qualche potere misterioso.
Ansem si rialzò. Non aveva riportato alcun danno fisico, ma sul suo volto era evidente la collera di chi ha subito un duro colpo. Tuttavia non intendeva ancora arrendersi, perciò scatenò il pieno potere dell’Oscurità, facendolo scaturire dal suo corpo sottoforma di fiamme nere. Era pronto a usare tutta la sua forza per annientarli...
« Sora! »
Sora si voltò, guardando il punto da cui era partito. Lara, Harry e Hellboy erano apparsi dal nulla, accorsi finalmente in suo aiuto. I tre compagni lo raggiunsero in un attimo e lo affiancarono, le armi in pugno.
« Stai bene? » chiese Lara un pò ansante. « Scusa il ritardo, siamo stati impegnati con gli Heartless e le macerie. »
« Chi accidenti è quello? » fece Harry, fissando Ansem con aria disgustata.
« Uno che ha fatto male i conti, a quanto pare » mormorò Hellboy, puntandogli tranquillo la pistola mentre fumava un sigaro. « Non si aspettava di avere a che fare con tutti noi. »
Ansem rimase immobile per qualche secondo, indeciso. Le fiamme oscure si ritirarono dal suo corpo, sparendo nel nulla. L’Heartless tornò quindi a braccia conserte, nella sua posa preferita. Chiaramente non intendeva più combattere.
« Che seccatura » mormorò, fissando il gruppo con rabbia. « Speravo di uccidere la mia nemesi una volta per tutte e di tornare subito ai miei affari. Peccato... mi toccherà rimandare l’atteso evento.
« Stavolta hai vinto tu, Sora. Non posso sperare di eliminarti, ora che sei circondato dalla tua nuova banda... ma ti assicuro che verrà il momento in cui saremo nuovamente soli, faccia a faccia. E al nostro prossimo incontro, uno di noi troverà la sua fine! »
Scoppiò a ridere, mentre l’Oscurità lo avvolgeva fino a farlo sparire nel nulla. Tuttavia la sua risata continuò ad echeggiare, in modo raggelante. I compagni si guardarono in torno ansiosi, tutti tranne Sora: sapeva perfettamente che ormai Ansem se n’era andato, pronto a riapparire in una nuova occasione. Per il momento era finita.
« Ma chi diavolo era quello? » domandò Lara, che non accennava a mettere giù le pistole.
« Ansem, il Cercatore dell’Oscurità » rispose Sora senza guardarla. « È il capo degli Heartless, e mio nemico durante i miei ultimi viaggi. Chiaramente è stato lui a guidare gli Heartless in questo edificio, con l’intenzione di stanarmi. »
« Allora anche lui è finito in questo mondo come te? »
« Apparentemente sì, ma non ha senso. Ansem dovrebbe essere morto... lo avevo eliminato io stesso, un po’ di tempo fa. Non riesco a capire come sia sopravvissuto. »
« Per alcuni, la morte è una condizione difficile da raggiungere » aggiunse Harry. « Lo so per esperienza... ho conosciuto qualcuno che non aveva intenzione di morire. »
« Tu, invece, che ci racconti? » chiese Hellboy, rivolto al giovane dai capelli biondi. « Per il momento voglio sapere solo due cose da te, chi sei e da che parte stai. Ti consiglio di rispondere con sincerità. »
Il giovane guardò Hellboy. In lui era evidente lo stupore, ma non come quello che avevano provato Sora e gli altri quando lo avevano incontrato. Era come se il suo aspetto non significasse un granché. Forse aveva già sentito parlare di lui, magari in televisione. Tuttavia volle accontentarlo, rispondendo alla sua domanda.
« Mi chiamo Luke Skywalker, Cavaliere Jedi della Nuova Repubblica. Sono un guardiano della pace e della giustizia, e combatto per difenderle dalle forze del male. Percepisco che anche voi siete difensori della pace, quindi posso presumere che stiamo dalla stessa parte. »
Luke depose la sua spada luminosa, dopo averla spenta premendo un pulsante sull’impugnatura. Usò dunque la mano libera per porgerla a Hellboy, in un evidente gesto d’amicizia.
« Sei dei nostri, allora » disse il diavolo, stringendogli la mano. « Io sono Hellboy, per gli amici Red. »
« Io sono Sora. »
« Lara Croft. »
« Harry Potter. »
« Piacere di conoscervi » disse Luke dopo aver stretto la mano a tutti. « E vi sono grato per avermi aiutato contro quell’essere malvagio. Devo però chiedere ancora il vostro aiuto, domandandovi su quale pianeta sono finito. »
Harry, Lara e Hellboy si guardarono con aria sorpresa, fissando Luke e l’astronave distrutta contemporaneamente. Sora invece rimaneva tranquillo, non condividendo il loro stato d’animo.
« L’atterraggio deve averti scombussolato parecchio, bello » rispose Hellboy, « ma se credi di aver lasciato la Terra ti sbagli di grosso. »
« La Terra? » ripeté Luke, visibilmente perplesso.
« Sì, bello, la Terra, hai presente? Quella piccola palla azzurra dove abitiamo... è il pianeta su cui ci troviamo in questo momento. Ignoro dove volessi andare con la tua astronave, ma non hai fatto molta strada. È chiaro che hai avuto un problema dopo il decollo e ti sei schiantato sulla città. »
« Vi sbagliate » rispose Luke, restando tranquillo. « In realtà ho percorso parecchia strada... perché la Terra non è il pianeta da cui sono partito. Io sono partito da Coruscant, capitale della Nuova Repubblica. »
Di nuovo i compagni si guardarono tra loro, ancora più stupiti di prima, ad eccezione di Sora.
« Terra... non l’avevo mai sentita nominare » mormorò Luke, guardandosi intorno con curiosità. « Deve sicuramente trovarsi nell’Orlo Esterno, se non conoscete i Jedi e la Repubblica. Ho idea che non sarà facile recuperare la rotta per tornare indietro. »
« Ehi, sono l’unico qua in mezzo a non stupirsi così tanto? » chiese Sora, stufo di vedere la reazione dei suoi compagni. « È ovvio che Luke viene da un altro mondo... che c’è di male? »
« Per te sarà anche normale » spiegò Harry, « ma non per noi. Luke è praticamente un alieno dal nostro punto di vista... una roba che sulla Terra non si è mai vista. Molta gente non crede nemmeno negli alieni. »
« Va bene, ne parleremo con calma più tardi » tagliò corto Lara. « Vi ricordo che questo posto rischia ancora di crollare, a causa dei danni provocati dall’astronave di Luke. Dobbiamo abbandonare l’edificio al più presto, prima che ci crolli tutto addosso. »
« Oh, perché diavolo non ci ho pensato prima? » esclamò Harry all’improvviso, guardando la sua bacchetta. « Forse posso riuscirci, non si sa mai. »
Il giovane mago agitò la bacchetta in aria, descrivendo un grande cerchio, ed urlò « Reparo! ». Un attimo dopo l’intero appartamento iniziò a tremare, dapprima leggermente, poi sempre più forte. Ma non stava affatto crollando: Sora, Luke e gli altri videro i muri e il soffitto ripararsi da soli, i mobili tornare al loro posto, le crepe sparire come se non fossero mai esistite. In breve tempo tornò tutto in ordine, a parte l’astronave di Luke, che invadeva ancora parte della stanza.
« Fatto » dichiarò Harry soddisfatto. « Ho riparato tutto... ora il grattacielo non rischia più di crollare. »
« Accidenti » esclamò Sora con ammirazione. « Ci sei riuscito davvero? »
« Non ti facevo così in gamba, Potter » commentò Hellboy. « Riparare un posto così grande richiede un potere enorme. Lo nascondi bene dietro quegli occhialoni, eh? »
« Vorrei tanto che fosse merito mio, ma non è così » rispose Harry, guardando di nuovo la bacchetta. « Non sarei mai riuscito in un’impresa del genere, se non fosse stato per questa. »
« Che vuoi dire? » chiese Sora.
« Nel mio mondo, tutti i maghi hanno bisogno di una bacchetta per fare le magie, perché è lo strumento che permette di canalizzare il nostro potere. Come tutti, io ho comprato la mia bacchetta a undici anni, affinché potessi imparare ad usare la magia ad Hogwarts, la scuola in cui ho studiato. Ma questa non è la mia bacchetta. È uno strumento molto antico e potente, divenuto noto nei secoli come la Bacchetta di Sambuco: è la bacchetta più potente del mondo, e permette al suo padrone di eseguire incantesimi molto più potenti del normale. È per questo che sono riuscito a riparare l’edificio intero. »
« E dove hai rimediato un arnese del genere? » chiese Hellboy, ammirato e sconcertato allo stesso tempo.
« L’ho sottratta a Lord Voldemort, mio nemico giurato. È morto dopo il nostro duello nella battaglia di Hogwarts. Questa Bacchetta avrebbe causato danni terribili nelle sue mani, se fosse riuscito a controllarla. Per questo decisi di nasconderla, affinché nessuno potesse mai usarla. Ma ora non capisco perché si trova nuovamente nelle mie mani, dopo che l’avevo... un momento! »
Harry tacque all’improvviso, colto da un immenso stupore.
« Io non ho mai nascosto la Bacchetta... o meglio, non ricordo di averlo fatto. L’ultima cosa che ricordo è di essere andato a dormire dopo la battaglia... poi mi sono risvegliato in questa città, da solo, con in mano la Bacchetta. »
I compagni lo fissarono in silenzio, non sapendo cosa dire.
« Questo cosa dovrebbe significare? » domandò Luke.
« Non ne ho idea » rispose Harry con amarezza. « Ma di una cosa sono sicuro. Tutto questo non può essere accaduto per caso. Qualcosa, o qualcuno, mi ha portato in questo luogo misterioso per qualche motivo... e deve aver fatto lo stesso con tutti voi. Luke, non so ancora da dove provieni, ma di certo non ti trovi più nel tuo mondo. Noialtri stiamo cercando di scoprire cosa ci è accaduto e per quale motivo. Se lo desideri puoi unirti a noi, visto che condividiamo la stessa sorte. »
Luke annuì subito senza aggiungere altro.
« Molto bene » dichiarò Hellboy, gettando a terra il mozzicone del suo sigaro. « Abbiamo un nuovo compagno di viaggio... non resta che rimettersi in marcia. »
« Allora riprendiamo la scalata del grattacielo? » domandò Sora.
« Per il momento resta la cosa migliore da fare » disse Lara, guardando in alto. « Se l’edificio non rischia più di crollare, allora possiamo proseguire. Ma teniamo gli occhi bene aperti, nel caso quello strano individuo decida di tornare. »
La donna si mise in cammino subito dopo, dirigendosi all’uscita dell’appartamento. Tutti gli altri la seguirono, non avendo più nulla da fare; l’ultimo a muoversi fu Sora, che non poté fare a meno di ripensare alle parole pronunciate da Ansem mentre erano faccia a faccia. Lui prevedeva un nuovo incontro, dal quale uno dei due sarebbe uscito definitivamente vincitore. Ma soprattutto pensava al fatto che la sua resurrezione non dipendeva da lui. Quale forza lo aveva riportato in vita? Non sapeva rispondere a questa domanda, ma in compenso sorgeva in lui un nuovo dubbio: il dubbio che Ansem non fosse l’unico ad essere tornato dalla morte.
   
 
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