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Autore: saffyj    25/06/2015    2 recensioni
Seguendo i dialoghi e la storia originale... vi racconterò New Moon vissuto nei panni di Edward Cullen e soprattutto cosa è successo nei mesi passati lontano da Bella!
E' il mio primo libro ... Mi auguro vi piaccia.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Passai un’estate indimenticabile, la migliore della mia esistenza, insieme alla donna che aveva fatto ricomparire in me la parte umana che avevo dimenticato per troppo tempo. Bella, con il suo profumo unico, con i suoi pensieri celati, con la sua curiosità infinita, con il calore e la morbidezza del suo corpo, era riuscita a farmi rivivere ed il tempo che passavo con lei non sembrava mai abbastanza.
Trascorrevamo le soleggiate giornate estive nella valletta nascosta in mezzo alla foresta di Forks, parlando del passato, del presente e del futuro, sdraiati sul manto d’erba che ci sfiorava la pelle e circondati dai fiori di campo colorati. Ero avido, curioso di conoscerla nel profondo, sapere ogni piccola sfaccettatura del suo carattere, dei suoi pensieri, dei suoi sogni. Mi incantava quando arrossiva per una domanda e adoravo la luce che nasceva nei suoi occhi quando la prendevo in giro. Rimanevamo anche in silenzio ad ammirare il cielo, mano nella mano, il vento le scompigliava i capelli ed il sole si rifletteva sulla sua candida e vellutata pelle. Vivevo in un sogno.
Nelle giornate di pioggia rimanevamo a casa Cullen insieme alla mia famiglia.
Bella era diventata molto amica di Alice, la mia esuberate e veggente sorellina. Erano molto affiatate, si confidavano e si capivano al volo. Mia sorella si divertiva a vestirla e a truccarla come fosse una bambolina ed ogni tanto usciva dalla camera da letto esasperata per l’avversione che di Bella per la moda.
Bella passava ore con occhi affascinati e curiosi ad ascoltare le avventure del mio padre adottivo Carlisle, dalla sua nascita in Europa, alla sua traversata in America e la sua vita dopo aver incontrato gli altri membri della nostra famiglia. Esme, la mia madre adottiva, la trattava come una figlia, e sedeva sovente con noi mentre Carlisle narrava la sua storia e si divertiva a raccontare aneddoti che mi riguardavano, mettendomi ogni volta in imbarazzo.
Emmett, il mio fratellone corpulento e sempre allegro, si divertiva a scherzare con lei, la reputava la sua delicata e timida sorellina minore.  
Jasper e Rosalie, invece, rappresentavano un problema.
Jasper, essendo l’ultimo arrivato della famiglia aveva difficoltà a starle vicino senza dover combattere contro l’istinto di morderla, ma le voleva bene e sapeva che se le avesse fatto del male sia io che la sua amata Alice non lo avremmo mai perdonato, quindi cercava di mantenere le distanze adeguate mentre ascoltava i nostri discorsi.
Rosalie invece solo gelosa, anche se era intensamente innamorata di Emmett, l’arrivo di Bella aveva urtato la sua vanità. Quando mio padre trovò Rosalie pensò che potesse essere la mia compagna, ma non fui mai attratto da lei in quel senso, l’avevo sempre reputata mia sorella e per lei non provavo nient’altro che un sincero affetto fraterno. Oltre che essere offesa perché reputavo Bella più attraente di lei, Rose invidiava la mia amata, invidiava la sua mortalità, la sua vita da umana.
Tra le giornate appartati nel nostro piccolo paradiso e le giornate insieme alla mia particolare famiglia le vacanze estive giunsero velocemente al termine.
Io ed Alice saremmo ritornati a scuola per frequentare l’ultimo anno, Jasper sarebbe rimasto a casa per prendersi un anno sabbatico e per quanto riguardava i miei due fratelli maggiori Rosalie ed Emmett, anche se in paese tutti pensavano che sarebbero partiti per un rinomato college del Dartmouth, in realtà si sarebbero presi una vacanza. Quando partirono per l’Africa, Emmett disse alla famiglia che era per addolcire Rose portandola ad assaggiare i suoi animali preferiti, ma sapevo che era per allontanarla da Bella, in attesa che le passasse quella stupida gelosia.
La scuola stava per ricominciare ed il giorno del compleanno di Bella si stava avvicinando inesorabile. Mi spaventava il pensiero di come sarebbe stata la mia esistenza quando la sua vita sarebbe terminata, come ogni vita umana, ma non importava, volevo gustarmi ogni singolo momento con lei, ogni suo singolo sguardo, ogni suo singolo sorriso, ogni sfumatura della sua carnagione che cambiava in base alle sue emozioni. Era colei che amavo sopra ogni cosa, e sapevo che non sarei sopravvissuto alla sua dipartita, quindi anche io ero diventato per così dire mortale.
Avevo passato ottant’anni da immortale, sapendo che la mia esistenza non avrebbe mai avuto una fine. Ero annoiato e senza uno scopo, mi trascinavo nel grigio delle giornate, in attesa di nulla, perché nulla mi stava attendendo. Da quando la incontrai la luce aveva inondato la mia non-vita, la stavo vivendo appieno, avevo un motivo per attendere il nuovo giorno, per vivere ogni secondo e ogni momento. Anche se la mia esistenza aveva di nuovo una data di scadenza ero felice.
Non avevo mai espresso la mia decisione a Carlisle ed Esme, non mi avrebbero permesso di annullare la mia esistenza e non avrebbero accettato di perdermi. Io non volevo esistere senza di lei, il mio mondo sarebbe ritornato ad essere buio ed inutile, oltre che straziante perché ormai avevo conosciuto l’amore e ne ero drogato.
Come ogni notte la passai nella sua camera da letto, era mezzanotte passata e la casa di Bella era buia e silenziosa. Il suo pick up era parcheggiato sul bordo della strada e l'automobile della polizia del padre nel vialetto. Non c'erano pensieri coscienti nelle vicinanze, Charlie stava sognando grandi specchi d’acqua ed enormi pesci. Bella giaceva nel piccolo letto, le coperte sul pavimento e le lenzuola attorcigliate tra le gambe. Mentre la osservavo, seduto sulla ormai famigliare sedia a dondolo, si girò irrequieta e spostò un braccio sulla testa. Stava sognando qualcosa che la disturbava. Mi avvicinai silenziosamente, mi coricai vicino a lei mettendo la coperta tra di noi per evitare che il freddo del mio corpo la svegliasse e le accarezzai i capelli cantandole la sua ninna nanna.
“No Edward, lei ti vedrà!” disse nel sogno con un fremito, stava sognando me, anche io avrei sognato lei, se solo mi fosse stato concesso di poter dormire.
Pensai a chi potesse essere la persona con il quale Bella stesse parlando nel sogno, passai al vaglio tutte le sue conoscenze. Tutti i suoi amici e suo padre mi conoscevano e mi avevano visto, non al sole ovviamente, lo scintillio della mia pelle non sarebbe stato facile da spiegare senza poter dire quale era la mia vera natura. Forse aveva sognato che suo padre mi aveva scoperto in camera sua nelle mie incursioni notturne? Era impensabile, i pensieri di Charlie mi davano sempre un certo preavviso.
Quando il sole sorse, sentii suo padre svegliarsi nella camera adiacente.
Ho dimenticato di sotto i regali … perché mi sono fatto convincere da Renée? E’ vero che i diciotto anni si compiono una sola volta nella vita ed è un traguardo importante, ma a Bella non piacciono i regali… …
Avevo a disposizione ancora pochi minuti prima che Charlie entrasse nella camera della figlia, li passai imprimendo il suo sereno volto addormentato nei miei pensieri e a riempire i miei polmoni del suo profumo.
Sentii i passi ed i pensieri di Charlie avvicinarsi alla stanza, si fermò incerto di fronte alla porta e fece un profondo respiro.
Forza Charlie, mettila sul ridere e vedrai che non te li tirerà addosso … mmmh meglio scartare la macchina fotografica, così sembrerà meno un regalo … pensò mentre strappava la carta.
Sorrisi e in un soffio mi precipitai fuori dalla finestra. La guardai ancora una volta e le soffiai un bacio augurandole buon compleanno. Mi voltai e corsi verso casa per cambiarmi e prendere Alice per portarla a scuola.
 
Bentornato pensò Alice che mi aspettava sulla porta di casa con un sorriso smagliante ed un viso troppo allegro per il solo fatto di vedermi.
“Cosa stai macchinando?” le chiesi alzando il sopracciglio. Conoscevo mia sorella e le sue idee bizzarre.
Oggi è il compleanno di Bella!!! Urlò nei pensieri.
“A lei non piace essere festeggiata ed ha più volte ribadito di non voler regali!” le ricordai con uno sguardo che non ammetteva repliche, ma con la voce influenzata dal suo buonumore.
Sono anni che non festeggiamo un compleanno, non puoi negarmi questo divertimento! Ti prego falle cambiare idea, convincila a festeggiare! Ti prego! Ti prego! Ti prego!
Mi guardava con occhioni dolci e il labbro leggermente imbronciato.
“Ci proverò, ma non posso prometterti niente! In quanto a testardaggine tu e Bella siete molto simili!”
Ho già visto tutto, il regalo che le abbiamo fatto le piacerà e la festa sarà perfetta!
“Le abbiamo fatto un regalo?” non mi ricordavo di aver acquistato qualcosa per lei, e poi non mi sarei mai permesso di andare contro ad una richiesta di Bella, lei mi aveva scongiurato di non farle regali.
Sì, ma tranquillo, è speciale. Ho registrato le tue canzoni, la sua ninna nanna, la sonata d’amore che hai scritto per Carlisle ed Esme e tante altre! E poi anche suo padre e sua madre le hanno fatto dei regali!
Era un’idea deliziosa, avrebbe avuto sempre a ricordarle quanto la amavo, le mie composizioni, la parte più intima di me, le mie emozioni.
“Hai detto festa?” spalancai gli occhi dalla sorpresa, il regalo poteva andare, ma Bella non avrebbe mai accettato una festa in suo onore.
Siiii! Qui a casa nostra, fiori, ghirlande, luci, candele … ed anche la torta! Sarà un compleanno indimenticabile!
“Devi essere impazzita! Non verrà mai e sicuramente si arrabbierà con me se la obbligo!”
Mi prenderò tutte le colpe, dai, dai, dai, ho già acquistato ed organizzato tutto! Ho disdetto i suoi impegni lavorativi! Ho acquistato i festoni e pure comprato i regali che gli altri le faranno. Emmett, Rosalie e Jasper le regaleranno un’autoradio – Rosalie che faceva un regalo a Bella? Che buffo! Ero curioso di vedere la faccia di Rose e sapere a cosa aveva pensato quando Alice glielo aveva proposto – Carlisle ed Esme un viaggio per voi due piccioncini a Jacksonville, da sua madre; io e te il CD! Vedi, non devi preoccuparti di nulla, devi solo portarla qui!!!
Era entusiasta, sembrava volare. Nella sua mente scorrevano tutte le immagini del prossimo futuro ed era la festa perfetta.
“Ok! Ti asseconderò, ma sarai tu a dirglielo!”
Volò su per le scale, prese gli oggetti di scena di scuola, si accomodò in macchina picchiettando nervosamente i piedi. Non vedeva l’ora di arrivare a scuola per invitare Bella. La mia Alice, avrebbe di nuovo festeggiano un vero compleanno, era questo che la faceva premere
Arrivati nel parcheggio della scuola, mi appoggiai alla mia Volvo in attesa di Bella. Quando vidi arrivare il pick up, notai lo sguardo cupo di Bella. Non capivo, quando l’avevo lasciata addormentata nel suo letto aveva un viso sereno, adesso era tirato e le occhiaie segnavano i suoi splendidi occhi.
Sbattè la portiera del Chevy così forte che una pioggia di ruggine cadde sull’asfalto. Si avvicinò lentamente a noi guardando accigliata il pacchetto avvolto nella carta d’argento che Alice teneva tra le mani. Non era contenta che mia sorella non avesse dato ascolto alle sue richieste, ma Alice fece finta di nulla e le svolazzò incontro con un sorriso smagliante ed il volto raggiante.
“Buon compleanno, Bella!”
“SSShhhh!” la zittì guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno avesse sentito. Non voleva che si venisse a sapere che quel giorno era il suo compleanno, faticava già ad accettare le attenzioni nei giorni normali, sicuramente non sarebbe riuscita a sopportare le maggiori attenzioni che le avrebbero riservato gli altri studenti per quel particolare giorno, era troppo timida e riservata per essere messa al centro dell’attenzione.
Alice la ignorò.
“Il regalo lo apri adesso o più tardi?” le chiese impaziente sporgendole il pacchetto mentre mi raggiungevano.
“Niente regali” borbottò.
“Va bene … più tardi allora.” Strinse il pacchetto tra le mani leggermente risentita e le chiese se le erano piaciuti i regali che le avevano fatto Renée e Charlie.
Beh! I loro regali li ha presi senza fare tante storie! Pensò leggermente stizzita.
Non mi arrendo glielo consegnerò stasera insieme agli altri! Mi fece l’occhiolino e continuò a discorrere come se niente fosse. “Secondo me la macchina fotografica è una bella idea. L’ultimo anno di scuola arriva una sola volta nella vita. Vale la pena di documentare l’evento”
“Tu quanti ultimi anni di scuola hai già vissuto?” Le rispose Bella con voce ironica.
“Questo è un altro discorso!”
Camminando a fianco di mia sorella, mi raggiunse ed io le offrii la mano. Al tocco con la mia pelle fredda il suo sguardo si addolcì. Il battito del suo cuore iniziò a rallentare ed io mi persi nei suoi occhi.
Sollevai la mano libera e sfiorandole le labbra con la punta del dito le chiesi conferma:
“Quindi, ho il divieto di augurarti buon compleanno, ho inteso bene?”
“Hai inteso benissimo” rispose in tono rigido.
“Ok. Speravo che avessi cambiato idea. Di solito la gente adora compleanni, regali e cose del genere”
La risata cristallina di Alice squillò come tanti campanellini “Vedrai che sarà un divertimento. Oggi tutti saranno gentili e faranno quello che dici tu, Bella. Cosa potrebbe succedere di tanto brutto?” Semplice, secondo Bella erano brutte le attenzioni che gli altri le rivolgevano.
“Che sto invecchiando” la sua risposta mi stupì, come poteva pensare che stesse invecchiando? Aveva solo diciotto anni, era giovanissima ed aveva tutta una vita davanti … Alice diede voce ai miei pensieri:
” Diciotto anni non sono tanti. Sbaglio, o di solito le donne non aspettano di averne almeno ventinove, prima di farsi rovinare l’umore da un compleanno?”
“Sono più vecchia di Edward” mormorò.
Sospirai, lei aveva diciotto anni, mentre io ero congelato nei miei diciassette. Immutabile dal giorno in cui persi la mia umanità e divenni il mostro che sono.
“Tecnicamente sì. Ma di un annetto soltanto” disse Alice disinvolta senza perdere il buonumore. “A che ora vieni a trovarci?”
“Non sapevo di avere una visita in programma” le rispose, lanciandomi un’occhiata interrogativa e leggermente scocciata.
“Oh, sii buona! Non vorrai rovinarci il divertimento?” si lamentò Alice.
“Pensavo che al mio compleanno si esaudissero i miei desideri” disse acida, sperando in un mio aiuto, ma volutamente non la guardai e mantenni la promessa fatta a mia sorella quella mattina. Anche io volevo festeggiarla e volevo che capisse quanto fosse importante per me festeggiare il giorno in cui era nata la persona che mi aveva fatto rivivere. Evitai il suo sguardo e dissi ad Alice:
“Vado a prenderla da Charlie subito dopo la scuola”
“Devo andare al lavoro” rispose pronta. Ma Alice l’aveva battuta sul tempo ed aveva avvisato la signora Newton che Bella non sarebbe andata a lavorare.
“… non ho ancora guardato Romeo e Giulietta, per la lezione di inglese” ribatté cercando disperatamente una via di uscita dall’imboscata di mia sorella.
Era goffa nei suoi tentativi e se non l’avessi conosciuta bene mi sarei offeso per la sua resistenza a rifiutare l’invito, ma sapevo che per lei il problema non era passare una serata con ad un clan di vampiri, ma bensì essere l’ospite di una festa in suo onore.
Alice provò a convincerla, ma nessuna delle due intendeva cedere facilmente così, quando vidi l’avvilimento e la rabbia negli occhi di mia sorella ed il rossore sulle guance di Bella, decisi di intervenire.
“Tranquilla, Alice. Se Bella desidera vedere un film, lascia che lo faccia. E’ il suo compleanno …
Arriveremo verso le sette. Così avrai un po’ di tempo in più per prepararti.” Le feci l’occhiolino.
Grazie fratellino! 
La risata di Alice tornò a squillare: “Così va meglio. Allora ci vediamo stasera, Bella! Vedrai che ci divertiremo” e senza darle il tempo di rispondere, le diede un buffetto sulla guancia e si diresse a passo di danza verso la prima lezione.
Era incorreggibile: tutto ciò che riguardava le faccende umane la rendeva entusiasta e grazie a Bella stava riuscendo a vivere esperienze che non ricordava.
“Ti prego, Edward …” mi implorò con quei profondi occhi color cioccolato.
Le posai delicatamente un dito sul labbro per zittirla. Il suo fiato caldo mi accarezzò la mano ed io iniziai ad immaginarmi abbracciato a lei con le nostre labbra unite, ma mi trattenni, eravamo in ritardo per l’inizio delle lezioni.
“Ne parliamo dopo. Ora è tardi” le dissi prendendola per mano e trascinandola a lezione.
Cercai di non guardarla mentre ci accomodavamo nei soliti posti in fondo all’aula. Non volevo che mi accusasse di non aver rispettato il patto di non festeggiarla e di non aver preso le sue difese quando discuteva con Alice. Ero contrario al suo modo di affrontare quel bellissimo giorno e non capivo perché fosse così restia a festeggiare. Ero felice che Alice avesse esaudito il mio desiderio mai espresso di fare una festa in suo onore.
 
Ripensai ai nostri discorsi sulle ricorrenze. Diceva di sentirsi impacciata per i riflettori che certe occasioni le puntavano addosso. La rendevano nervosa mettendo maggiormente in crisi il suo già precario equilibro. Non si rendeva conto di quanto fosse bella quando inciampava, di quanto mi rendesse felice poterle offrire una mano per sostenerla. Il suo essere impacciata era sublime.
Fuori da scuola aveva sottolineato il fatto che adesso aveva un anno in più di me. Era solo un anno e non era assolutamente cambiata, la sua pelle era perfetta nel suo color porcellana, i suoi capelli erano di un luminoso color cioccolato, i suoi occhi erano profondi e il suo profumo era sempre irresistibile. Forse il suo umore era dettato dal fatto che non avevo voluto cedere alla sua richiesta di renderla come me, non l’avevo cristallizzata nei suoi diciassette anni come ero stato pietrificato io nei miei. Non si rendeva conto di quanto fosse fortunata ad essere un’umana, di quante cose poteva ancora sperimentare, provare, capire … di quanto fosse difficile essere immutabili, vivere un’eternità vuota in cui le uniche cose per cui lottare sono il potere ed il sangue che ti rende schiavo. La sete che supera ogni emozione, pensiero o desiderio.
Non mi importava che invecchiasse, che le venissero le rughe, che i suoi capelli diventassero bianchi, che i suoi occhi si velassero per la vecchiaia. Lei era e sarebbe sempre stata la mia Bella. Le sarei stato accanto, l’avrei accompagnata in tutte le esperienze umane che mi erano concesse e l’avrei attesa per quelle che non potevo vivere con lei, e poi l’avrei seguita quando avesse chiuso gli occhi per sempre.
Per tutto il giorno io ed Alice evitammo il discorso compleanno e Bella iniziò a rilassarsi, forse sperava che ce ne dimenticassimo … non sapeva capito quanto potessero essere tenaci i fratelli Cullen.
All’ora di pranzo, in sala mensa, ci sedemmo al tavolo degli amici di Bella. Era la sede di uno strano genere di tregua. Noi tre, io, Bella e Alice sedevamo ad un estremo della tavolata.
Sedevamo insieme a Mike, Jessica, Lauren, Ben, Angela e gli altri ragazzi della compagnia.
Mike finalmente aveva rinunciato a conquistare Bella e si sforzava di essergli amico, anche se a volte i suoi pensieri volavano verso fantasie impossibili riguardanti la mia amata. Jessica, che durante l’estate si era lasciata con Mike rivolgeva i pensieri pieni di veleno verso il ragazzo, dando tregua a Bella.
Chi non sopportavo affatto era Lauren: odiava Bella visceralmente. Ogni volta che Bella parlava, o il discorso si spostava su di lei, i pensieri di Lauren erano pieni di disprezzo. Cercavo di tener fuori dalla mia testa quei pensieri. Bella non aveva fatto nulla per attirare tutto quell’odio ed il mio senso di protezione mi spingeva a proteggerla, ma non potevo dare libero sfogo alle mie fantasie di rivalsa se volevo che continuasse a frequentare i suoi amici e non mi vedesse come un spietato assassino.
Angela e Ben avevano superato l’estate, erano ancora follemente innamorati, ne ero felice. Parte della loro felicità era dovuta al mio ritrovato istinto umano ed al mio desiderio di vedere una storia d’amore a lieto fine. Ricordai con un sorriso la scenetta improvvisata da me ed Emmett l’anno precedente nella classe di spagnolo per spingere Ben a dichiararsi ad Angela. Erano fatti per stare insieme, entrambi avevano pensieri puri ed erano perdutamente innamorati. Erano gli unici che potevo reputare veri amici di Bella. Loro l’avevano capita e le stavano vicino per il piacere della sua compagnia.
Nessuno di loro parlava apertamente a me e ad Alice o ci guardava negli occhi. Ci tolleravano perché eravamo amici di Bella, ma sicuramente non eravamo reputati parte del gruppo. Io non ci badavo e nemmeno Alice. Se non fosse stato per Bella noi saremmo rimasti al nostro solito tavolo, quello che l’anno precedente occupavamo con i nostri fratelli.
Era leggermente in disparte ed in un punto strategico, perché nessun profumo di umano riusciva a raggiungerlo accidentalmente. La vicinanza con altri umani non era mai stato un bisogno, anzi, a volte la loro vicinanza poteva essere un problema. Se non eravamo sazi, bastava un odore improvviso per far risalire il veleno alla bocca ed irrigidire i nostri muscoli in attesa di attaccare la preda. Eravamo sempre stati in disparte, ma adesso ero sempre sazio, non volevo rischiare di far riemergere il demone quando stavo con Bella, e quindi anche i suoi amici erano al sicuro.

Al termine delle lezioni Alice, emozionata come una bambina a Natale, prese la mia macchina per correre a casa ed iniziare con i preparativi. Mi aveva ordinato di rimanere con Bella per essere certa che mantenessi la promessa e le impedissi di scappare.
Quando arrivammo al pick-up aprii la portiera a Bella, ma incrociò le braccia al petto e non si mosse rimanendo sotto la pioggia.
“E’ il mio compleanno, non mi è concesso guidare?”
“Sto fingendo che non lo sia, come mi hai chiesto tu” dissi con un sorriso ammaliatore.
“Se non è il mio compleanno, stasera non sono obbligata a venire a casa tua …” No, non mi imbrogliava, volevo festeggiarla e casa Swan non era distante.
“Va bene” chiusi la portiera del passeggero, le aprii quella del guidatore e mi presi la rivincita dicendole apertamente e ad alta voce “Buon Compleanno!”
“Shhh” mi zittì salendo velocemente in macchina.
Nell’abitacolo iniziai a giocherellare con l’autoradio antiquata di Bella, non riuscivo a prendere un segnale decente, ma sarebbe stata l’ultima volta che avrei dovuto litigare con quell’arnese perché dopo quella sera avrebbe avuto un’autoradio moderna.
“La ricezione è pessima” la punzecchiai pensando al regalo che le avrebbero fatto i miei fratelli.
Si indispettì, non sopportava che criticassi il suo mezzo. Ci era affezionata e diceva che il suo pick up aveva una grande personalità. Io ci vedevo solo tanta ruggine e molte parti pericolanti.
“Vuoi un impianto migliore? Guida la tua macchina” mi rispose nervosa. Rimasi di stucco, non mi aveva mai trattato in modo così gelido, nemmeno quando avevo messo la sua vita in pericolo, ma non mi arrabbiai. Anzi trattenni una risata, per lei meglio rischiare la vita che dover andare ad una festa. Era veramente unica e piena di sorprese.

Parcheggiò il pick up di fronte a casa sua e appena spense il motore le presi il viso tra le mani. La sfiorai le tempie, le guance rosse di rabbia ed il mento. Lo feci con delicatezza, cercando di rilassarla, era adorabile quando era arrabbiata, ma la adoravo di più quando mi sorrideva.
“Dovresti essere di buonumore” le dissi così vicino al viso da sentire il suo calore passare sulla mia gelida pelle.
“E se non volessi essere di buonumore?”
“Peccato” risposi e la baciai sulle morbide labbra. Il suo cuore impazzì e mi baciò con entusiasmo. Il demone fece stridere le catene, il veleno mi riempì la bocca e i muscoli si contrassero pronti ad attaccare. La parte umana fremeva per continuare quel contatto, ma il demone scalpitava. Smisi di respirare e, delicatamente, sciolsi l’abbraccio e mi scostai.
“Fai la brava per favore” le sussurrai.
Per poterle salvare la vita avevo posto dei confini di sicurezza alla nostra relazione fisica. Non volevo che il demone si risvegliasse rendendo reali le visioni di Alice: lei trasformata in una di noi, o dissanguata tra le mie braccia. Bella, però, non riusciva a vedere il pericolo e si lasciava trasportare dalle emozioni, dimenticando i miei denti affilati e pieni di veleno.
“Pensi che migliorerà mai?” chiese più a se stessa che a me. “Che un giorno il mio cuore la smetterà di uscirmi dal petto ogni volta che mi sfiori?”
“Spero proprio di no” risposi senza nascondere la felicità che provavo nel sentire che il suo cuore impazzisse per me.
Alzò gli occhi al cielo “Adesso andiamo a vedere i Capuleti e i Montecchi che si fanno a pezzi, d’accordo?”
“Ogni tuo desiderio è un ordine” e la accompagnai dentro casa.
Sprofondai nel divano mentre faceva partire il film. Quando si accomodò, le cinsi i fianchi e la appoggiai al mio petto. Presi un vecchio plaid dallo schienale e la coprii per poterla tenere vicino senza congelarla con il mio corpo.
“Sai Romeo mi ha sempre dato sui nervi” commentai all’inizio del film.
“Cosa c’è che non va in Romeo?” mi chiese piccata, come se le avessi toccato il suo primo amore.
Beh, prima di tutto è innamorato di questa Rosalina … non ti pare un po’ volubile, il ragazzo? Poi, qualche minuto dopo il matrimonio, uccide il cugino di Giulietta. Poco intelligente, davvero. Un errore dopo l’altro. Peggio di così non avrebbe potuto fare per demolire la propria felicità” adesso che sapevo cosa era l’amore, non capivo come potesse mutare così velocemente. Forse perché per noi vampiri tutto è immutabile e il sentimento viene inciso nella pietra del nostro cuore. Gli umani, invece, sono volubili, l’amore viene e va, il cuore è di carne e non può essere scolpito.
“Vuoi che lo guardi da sola?” disse sospirando.
“No, non preoccuparti, tanto io resto qui a guardare te” avrei passato la mia esistenza a guardarla ed oggi avevo pure la scusante che non potevo perderla di vista… era attesa ad una festa.
Con le dita tracciai dei disegni immaginari sul suo braccio e la sua pelle si increspò.
“Pensi che piangerai?” le chiesi sfiorandole l’orecchio con le labbra.
“Probabilmente sì, se seguo la trama.”
“Allora cercherò di non distrarti” … ma non era facile, averla così vicino e restare immobile. Iniziai a baciarle i capelli che profumavano di lavanda e a sfiorarle la pelle vellutata.
Le sussurrai le battute del suo amato Romeo:
Perdonami, perdonami di amarti e di avertelo lasciato capire.” …
“E allora non ti muovere fin ch'io raccolga dalle labbra tue l'accoglimento della mia preghiera. Ecco, dalle tue labbra ora le mie purgate son così del lor peccato” … 
“Occhi, guardatela per l'ultima volta! Braccia, stringetela per l'ultima volta! E voi labbra, che siete le porte del respiro, suggellate con un bacio legittimo un contratto eterno con la Morte ingorda. Vieni, amaro capitano, vieni, guida disgustosa, tu, pilota disperato, scaglia la tua logora barca stanca di mare d'un colpo contro gli scogli taglienti. Ecco, bevo al mio amore!”
Mentre ripetevo le battute di commiato di Romeo ripensai alla primavera precedente, quando disperato correvo verso la mia Bella braccata dal sadico vampiro, ed ai pensieri che avevano accompagnato il viaggio in aereo verso Phoenix. Se fossi arrivato tardi, non sarei sopravvissuto a lei, ma a differenza di Romeo e Giulietta non mi bastava un po’ di veleno o una stilettata al cuore per porre fine al mio dolore. I pensieri si tramutarono in parole ancor prima che me ne accorgessi.
“Ti confesso che qui lo invidio un po’”, le asciugai le lacrime che alla scena finale avevano fatto capolino.
“In effetti lei è molto carina.”
“Non gli invidio la ragazza - la punzecchiai sul fianco con un dito - … ma la facilità con cui si è suicidato. Per voi umani è così facile. Vi basta buttare giù una fialetta di estratto vegetale …”
“Cosa?”
“Una volta ci ho dovuto pensare e, dall’esperienza di Carlisle, sapevo che non sarebbe stato semplice. Non so neanche a quanti tentativi di suicidio sia sopravvissuto lui, all’inizio … dopo essersi reso conto di ciò che era diventato …” cercai di smorzare la tensione che avevo creato inavvertitamente ed ironizzai rilassato “Ciononostante, è ancora in forma smagliante!”
Si voltò confusa “Cosa stai dicendo? Cosa vuol dire che una volta ci hai dovuto pensare?”
“La primavera scorsa, quando hai rischiato di … morire …” Presi un profondo respiro come quando ero umano: in qualche modo quel gesto mi tranquillizzò. “Ovviamente cercavo di concentrarmi per ritrovarti ancora viva, ma una parte di me valutava le alternative. Come ho detto però, per me non è facile come per gli esseri umani.”
Per un secondo vidi nei suoi occhi lo sgomento. Il ricordo della primavera precedente era ancora vivo in lei. Il cuore iniziò a batterle forte ed il sangue salì al suo viso. Chinò il capo verso la cicatrice che quel vile di James le aveva lasciato sul polso quando cercò di ucciderla.
Scosse il capo, come per liberarsi dei brutti ricordi, e preoccupata mi chiese: “Di quali alternative parli?”
Beh, non sarei mai riuscito a vivere senza di te. Ma non sapevo come avrei fatto… sapevo di non poter contare su Emmett e Jasper … perciò pensai di andare in Italia, a scatenare l’ira dei Volturi”
Mi rividi nella primavera passata. Riprovai il tormento del mio senso di protezione distrutto perché non ero riuscito a proteggere Bella ed avevo fatto fuggire James. Il vuoto che provai al solo pensiero di non arrivare in tempo a Phoenix per salvarla. Risentii la confusione di quando Alice mi avvertì della fuga di Bella. Mi rividi correre per l’aeroporto in preda al panico alla ricerca di lei. Il momento in cui persi le sue tracce. La rabbia che mi assalì quando sentii le urla di Bella nella scuola di danza. L’istinto assassino si era impossessato di me e desiderava far sparire per sempre James dalla faccia della terra quando me lo trovai davanti, vicino al corpo esanime di Bella. Il demone si risvegliò. Anche lui si ricordava l’estasi provata nell’assaggiare il sangue di Bella, quando dovetti berlo per eliminare il veleno del segugio… il disgusto mi assalì e ricacciai il mostro in catene. Rividi Bella nel letto d’ospedale di Phoenix, in lotta contro la morte e riprovai il dolore del vederla così fragile ed essere solo un impotente spettatore.
“Cosa sono i Volturi?” mi chiese.
“Una famiglia. Una famiglia di nostri simili, molto antica e potente. Quanto di più vicino abbiamo a una casata reale. Da giovane prima di trasferirsi in America, Carlisle ha vissuto per un po’ con loro in Italia … ti ricordi la sua storia?”
“Certo che sì!” rispose Bella. Anche lei ricordava il giorno in cui le raccontai la storia di Carlisle, aiutato dai quadri appesi sulle pareti dell’ufficio di mio padre. Sorrisi al ricordo dello sguardo meravigliato di Bella quando lo riconobbe raffigurato nel quadro di Francesco Solimena in compagnia di Aro, Caius e Marcus Volturi.
 “Comunque i Volturi non vanno fatti arrabbiare, a meno che non si cerchi la morte, o qualunque altra cosa che ci sia in serbo per noi.” Affermai in modo calmo sperando di non spaventarla. Il timore che il mio mondo la allontanasse da me era sempre presente.
Forse non avrei dovuto parlarle dei miei pensieri, ma con lei mi riusciva difficile nascondere le mie riflessioni ed i miei timori.
Mi prese il viso tra le sue calde mani e guardandomi con occhi ora pieni di sgomento e la voce spezzata mi rimproverò:
“Non devi mai, mai, mai più pensare a una cosa del genere! Non importa ciò che potrebbe accadere a me, non ti permetterò di fare del male a te stesso” continuava a volermi difendere da me stesso. Non sapeva che non ne avevo bisogno. Avevo imparato a gestire il mio demone.
“E’ un discorso inutile … non ti metterò più in pericolo”
“Come se fosse colpa tua! Come ti passa per la testa una cosa del genere?” era rossa in viso. “E tu? cosa faresti se i ruoli fossero invertiti?”
“Non è la stessa cosa” risposi scuotendo la testa. Lei era umana, il dolore sarebbe scomparso con il passare del tempo.
“Perché no? Se succedesse qualcosa a te? Ti piacerebbe se anch’io mi togliessi di mezzo?” Era così convinta che riuscii ad immaginarmela nell’atto di uccidersi. Il dolore mi trafisse e il senso di colpa per essere il motivo del suo gesto bloccò il mio cuore già morto.
“Penso di capirti, ma … cosa farei io senza di te?”
“Quello che facevi prima che arrivassi a complicarti la vita!” La faceva semplice. Prima che lei arrivasse la mia esistenza era vuota e faticavo ad accettarla. Nel momento in cui non ci fosse più stata, tutto sarebbe diventato insopportabile, il vuoto che avrebbe lasciato sarebbe stato straziante.
 “Tu la fai troppo semplice” le risposi scocciato.
“Lo è. In fondo non sono così interessante”
Volevo ribattere che non riusciva a vedere come la sua presenza avesse modificato completamente la mia non-vita. Volevo spiegarle come l’avesse resa completa. Adesso volevo vivere ed ero felice di non essere morto nel 1918. Ma non volevo litigare con lei proprio il giorno del suo compleanno e quindi tagliai corto: “Discorso inutile”.

Speriamo che sia di buonumore penso sia una buona idea farle trovare cena pronta per il suo compleanno…
I pensieri di Charlie che rientrava furono provvidenziali.
Mi ricomposi, tenendola per mano.
Charlie entrò in casa con la scatola della pizza in mano e ci salutò con un gran sorriso.
“Ciao, ragazzi! Pensavo che almeno il giorno del tuo compleanno ti facesse piacere non dover cucinare né lavare i piatti. Avete fame?” disse sporgendo il cartone della pizza verso Bella.
“Eccome. Grazie papà.”
Mangiarono con calma ed in silenzio. Sia Bella che il padre non provavano imbarazzo a restare in silenzio durante la cena. Era il loro modo di rispettare le reciproche privacy. Io non mangiai, come tutte le volte che mi fermavo all’ora di cena. Charlie non domandò mai il motivo della mia mancanza di appetito, ma vidi nei suoi pensieri che la mia inappetenza non lo convinceva. Preferiva non parlarne per evitare litigi inutili con la figlia.
Quando terminarono il pasto ed i pensieri di Charlie mi assicurarono che era tranquillo gli chiesi:
“E’ un problema se prendo in prestito Bella, per stasera?”
I suoi pensieri tornarono ai primi compleanni di Bella ancora neonata ed ai festeggiamenti con la famiglia ancora unita. Lui, Bella e Renée insieme. Pensò ai compleanni che aveva festeggiato da solo dopo il divorzio con la moglie e la figlia lontana. Cercò di scacciare la tristezza e guardò Bella cercando di non far trasparire le proprie emozioni.
Ormai è grande non posso costringerla a passare il compleanno con me, ormai ho perso le mie occasioni! Meglio lasciarla andare, sicuramente è quello che vuole!
Povero Charlie, non poteva sapere che Bella preferito evitare la festa che Alice aveva organizzato per lei!
Mi diede il consenso. Prese la macchina fotografica che le aveva regalato. Gliela lanciò. La afferrai prima che toccasse il linoleum.
“Bella presa!” si complimentò. “Se stasera dai Cullen ci sarà da divertirsi, è meglio che scatti qualche foto, Bella. Sai com’è tua madre… vorrà vederle”
“Buona idea!” commentai porgendo la macchina fotografica a Bella.
La prese e scattò una foto “Funziona!” disse sorridente.
“Meno male. Ehi! saluta Alice da parte mia. E’ da un po’ che non la vedo” un sorriso spuntò sul suo viso al pensiero della mia sorellina. Le si era affezionato la primavera precedente durante la convalescenza di Bella.

Avevo superato anche l’ultimo ostacolo.
Arrivati al pick up, le aprii la portiera, non disse nulla e si accomodò sul sedile senza protestare.
Il suo umore era buono. Perfetto!
   
 
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